Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna.
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Dopo la scissione del Partito Socialista Italiano, che a Livorno nel gennaio 1921 aveva portato alla fondazione del Partito Comunista d’Italia, Antonio Gramsci s’interroga a settembre, sulla rivista “L’Ordine Nuovo” che era passata da settimanale a quotidiano ufficiale del nuovo partito, sulle prospettive politiche che si potevano aprire ai comunisti sulla base di un ragionamento che aveva introdotto l’anno prima, e cioè la dipendenza della sorte dei partiti politici dalle classi sociali di riferimento. Allora aveva spiegato che «i partiti politici sono il riflesso e la nomenclatura delle classi sociali» e sorgono, si sviluppano e si decompongono secondo le variazioni d’esistenza che subiscono le classi rispettive quando «acquistano una maggiore e più chiara consapevolezza di sé e dei propri vitali interessi» (O.N., 9 ottobre 1920).
Le classi dunque, che sostanzialmente sono tre: la borghesia fondiaria e industriale, che detiene il controllo dello Stato; il proletariato di fabbrica e di campagna, che sta all’opposizione; e un coacervo di “ceti medi” in cui confluiscono piccoli borghesi, sia agrari che urbani, impiegati privati e pubblici e ceti professionali e intellettuali. Data la sua eterogeneità sociale, questa “classe media” è politicamente ondivaga, costantemente pencolando tra l’adesione agli interessi della borghesia oppure a quelli del proletariato.
Invece i partiti politici nelle elezioni del maggio 1921 erano stati sostanzialmente cinque: un Blocco Nazionale di diverse sigle di partiti borghesi che aveva raccolto 105 seggi; i due partiti del proletariato con il vecchio PSI che, nonostante la confusione d’indirizzo dimostrata nella convulsione del dopoguerra, aveva guadagnato 123 seggi, mentre il neonato PCdI si era fermato a 15 seggi; e infine le classi medie che si erano presentate con le due novità del Partito Popolare, d’ispirazione cattolica e d’espressione soprattutto contadina, che aveva ottenuto 108 parlamentari ed il Partito fascista, di estrazione più cittadina e d’ispirazione dichiaratamente eversiva, che aveva preso solo 35 parlamentari (peraltro eletti all’interno del Blocco Nazionale che aveva dato loro ospitalità).