Da:
https://www.ilsole24ore.com - Vittorio Pelligra - Professore Associato - Dipartimento di Scienze Economiche ed Aziendali - Università di Cagliari.
Leggi anche:
I
cambiamenti culturali della Confindustria - Alessandra Ciattini
Il
fallimento dell’America - Cornell West
Stiamo
vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze
CARLO SINI SUL 3° DE "Il CAPITALE" di Marx:
https://www.youtube.com/watch?v=AVWhAv3X9bc
Vedi anche:
'Progresso.
Progetti di una società migliore tra illuminismo e marxismo' -
Alberto Burgio
Dalla rivoluzione francese in poi il pensiero moderato ha criticato la modernità in quanto distruttrice dei valori sui quali si fondava la società umana (compresa la gerarchia politica ed economica e le forme tradizionali del potere). Avevano ragione, avevano torto? Dipende. La cosa certa è che nelle società eredi delle rivoluzioni borghesi, vale a dire in quelle industrialmente e tecnologicamente sviluppate, vivere è diventato per tutti sempre più difficile, duro e insensato. È colpa del "capitalismo"? Chi sostiene di sì, come gli autori citati nell'articolo, non può cavarsela pensando a un capitalismo razionalizzato, ma deve mettere in discussione vari problemi fra i quali la cosiddetta morte di dio di cui parlava Nietzsche.
Una società socialista risolverebbe il problema del senso della vita? Non lo sappiamo. Può darsi che, anche solo istintivamente, larghe masse, abbandonate dall'ideologia rivoluzionaria e dalla religione, soprattutto nelle nazioni a più diffuso e intenso dominio della forma capitalistica, possano sentire quel vuoto che una certa alta borghesia (ma non tutta la borghesia) conosce da tempo e a cui reagisce col cinismo, col lusso o, a sua volta, con le droghe.
Già in Montaigne e Pascal questa dimensione spirituale di angoscia e smarrimento si è resa presente alla coscienza filosofica.
Il punto di vista autenticamente critico sulla società capitalistica è quello di classe, vale a dire comunista. Un' intellettuale borghese può essere in grado di scorgere le contraddizioni e i limiti storici del capitale, ma non riesce a pensarne il superamento. Può al massimo ipotizzare delle correzioni o delle riforme sul piano della redistribuzione della ricchezza (del plusvalore). Non gli verrà mai in mente la socializzazione dei mezzi di produzione e l'economia pianificata. (il collettivo)
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16/08/2020 di Antonio Pelligra
Arrivano
dagli Usa, storica avanguardia delle tendenze che poi invaderanno
gran parte del mondo economicamente avanzato, segni nefasti: uno dei
più tragici è legato alla diffusione delle “morti per
disperazione”. Una vera e propria epidemia che ha visto, solo negli
Stati Uniti, nel 2017, morire 158.000 persone di suicidio, overdose o
malattie correlate all'abuso di alcool
La
ricerca di un senso profondo per la nostra vita, le relazioni, il
lavoro, rappresenta il bisogno più fondamentale che ogni essere
umano cerca consciamente o inconsciamente di soddisfare. Riuscire a
costruire una narrazione logica e coerente della propria vicenda
esistenziale, sentirsi utili agli altri, capaci di fare la
differenza, consapevoli di operare in vista di un fine che riteniamo
giusto e degno di valore; sono questi gli elementi che ci aiutano ad
attribuire significato alle nostre azioni. Ne stiamo parlando ormai
da varie settimane, qui su “Mind the Economy”, anche in ambito
economico. Poi, naturalmente, c'è il contesto, l'ambiente nel quale
ci muoviamo, il microcosmo e il macrocosmo che abitiamo e che è
determinante nel facilitare o ostacolare questo processo di
costruzione del senso.