sabato 28 giugno 2025

Fame e speculazione a Gaza - Chris Hedges intervista Francesca Albanese

Da: https://chrishedges.substack.com - https://www.lantidiplomatico.it - (Traduzione de l’AntiDiplomatico) - 

Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell'Ufficio per il Medio Oriente e dell'Ufficio balcanico per il giornale. - 

Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.

Leggi anche: “In Italia si fa disinformazione su Gaza. Rai e La7 non mi vogliono perché accuso Israele di genocidio” - Francesca Albanese a Enrico Mingori (TPI) 

La follia di una guerra con l'Iran - Chris Hedges 

Vi presentiamo la trascrizione del colloquio – intervista tra il giornalista Premio Pulitzer, Chris Hegdes e la relatrice ONU per la Palestina, Francesca Albanese, sul genocidio di Israele nella Striscia di Gaza. 

Quando verrà scritta la storia del genocidio a Gaza, una delle figure più coraggiose e schiette nella difesa della giustizia e del rispetto del diritto internazionale sarà Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi. Albanese, giurista italiana, ricopre la carica di relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi dal 2022. Il suo ufficio ha il compito di monitorare e segnalare le “violazioni dei diritti umani” commesse da Israele contro i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza.

Albanese, che riceve minacce di morte e subisce campagne diffamatorie ben orchestrate da Israele e dai suoi alleati, cerca coraggiosamente di assicurare alla giustizia coloro che sostengono e alimentano il genocidio. Lei denuncia aspramente quella che definisce “la corruzione morale e politica del mondo” per il genocidio. Il suo ufficio ha pubblicato rapporti dettagliati che documentano i crimini di guerra commessi da Israele a Gaza e in Cisgiordania, uno dei quali, Genocide as Colonial Erasure, ho ristampato come appendice nel mio ultimo libro A Genocide Foretold.

Sta lavorando a un nuovo rapporto che smaschera le banche, i fondi pensione, le aziende tecnologiche e le università che aiutano e favoriscono le violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e i crimini di guerra da parte di Israele. Ha informato le organizzazioni private che sono “penalmente responsabili” per aver aiutato Israele a compiere il “genocidio” a Gaza. Ha annunciato che se, come è stato riportato, l'ex ministro degli Esteri britannico David Cameron ha minacciato di tagliare i fondi e ritirarsi dalla Corte penale internazionale (ICC) qualora questa emettesse mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, Cameron e l'ex primo ministro britannico Rishi Sunak potrebbero essere accusati di reato penale ai sensi dello Statuto di Roma. 

venerdì 27 giugno 2025

IA: le differenze tra la Cina socialista e l'occidente - Pino Arlacchi

Da: Il Fatto Quotidiano | 24 giugno 2025 - https://www.lantidiplomatico.it - Pino Arlacchi è un sociologo, politico e Ex vice-segretario dell'Onu. (https://www.facebook.com/PinoArlacchi - Pino Arlacchi). 

La narrativa corrente sull’intelligenza artificiale assomiglia a quella sulla globalizzazione. Mostra solo il lato illuminato della medaglia. I costi umani dell’applicazione dell’Ia al mondo dell’industria, del commercio e della finanza vengono ignorati o minimizzati. Essi sono in realtà molto alti, e sono temuti soprattutto nell’Occidente più avanzato. Non è un caso che siano gli Stati Uniti il paese dove vige il minore entusiasmo verso l’Ia. La gente teme che la cosiddetta “distruzione creativa” di Schumpeter – l’innovazione che distrugge le produzioni esistenti per crearne di nuove, come appunto l’Ia – sia la ripetizione di quanto accaduto negli anni 70 e 80 con la deindustrializzazione di un bel pezzo dell’America, trasformata dal capitale finanziario in un deserto di fabbriche arrugginite e di popolazione disperata e ammalata senza che ci sia stata alcuna rinascita.

L’impatto dell’Ia sul capitalismo occidentale lo obbligherà ad attraversare una valle di lacrime prima di emergere trasformato e, secondo le speranze dei suoi fedeli, potenzialmente più dinamico. Si stima che entro il 2030-35, 50 milioni di lavoratori americani dovranno cambiare occupazione, creando costi di riqualificazione stimati in 1 trilione di dollari. Un peso che il sistema non ha alcun modo di gestire, semplicemente perché la sua logica profonda non lo consente. Il capitalismo occidentale non è congegnato per ridurre la distruzione creativa ma per favorirla. In Europa e negli Usa il welfare pubblico è già sotto pressione e non è in grado di assorbire i costi dell’estesa sofferenza sociale generata dall’automazione della sua economia.

giovedì 26 giugno 2025

Forza militare per coprire debolezza economica. Al b-movie di Trump pare credere solo l’Europa - Alessandro Volpi

Da: https://altreconomia.it - Alessandro Volpi docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. 


Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il segretario generale della Nato, Mark Rutte, all'avvio del vertice dell'Alleanza atlantica a L'Aia il 24 giugno 2025 © Shutterstock Editorial / IPA 


Di fronte allo sgretolamento dei beni rifugio simbolo degli Stati Uniti, ovvero il dollaro e il debito, il presidente, mettendosi un cappellino rosso in testa e creando una war room da film di quart’ordine, ha pensato di persuadere il mondo del “Primato” statunitense, schierando la potenza militare, ormai l’unico vero elemento di forza degli Usa. Che però sanno, a queste condizioni, di potersi permettere ancora per poco. L’analisi di Alessandro Volpi 


Uno dei motivi principali dell’attacco degli Stati Uniti all’Iran è stato probabilmente la volontà di Donald Trump di dimostrare la propria forza militare nel tentativo di riconquistare la “fiducia” del mondo, o di una parte di esso, nei confronti dei simboli dell’economia statunitense, costituiti dal dollaro e dai titoli del debito pubblico.  

In realtà non si tratta solo di simboli perché il dollaro sta perdendo sempre più rapidamente la condizione di valuta di riserva e di scambio internazionale; una condizione che permetteva alla Federal reserve (Fed) di stampare dollari a suo piacimento per finanziare la spesa federale americana, dunque per coprire gli investimenti militari, per fare giganteschi salvataggi come nel caso delle banche dopo la crisi economica del 2007-2008, per stimolare i consumi interni con continui incentivi e per evitare di aumentare le imposte.  

Oggi questa prerogativa, di fatto, non esiste più: solo nei confronti dell’euro il dollaro è ormai ben sotto la parità, con un cambio sceso da 0,95 a 0,86 in pochissimo tempo e non si tratta solo di una manovra di voluta svalutazione ma di vera perdita di credibilità, ancora più marcata verso altre monete mondiali. In queste condizioni se gli Stati Uniti emettessero carta moneta per affrontare la crisi -cosa che non fanno peraltro dal 2020- è molto probabile che il dollaro vedrebbe ulteriormente ridotto il proprio valore. 

mercoledì 25 giugno 2025

L’intelligenza filologica - Luciano Canfora e Federico Condello

Da: Pandora Rivista - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast) -
Federico Condello è professore ordinario di Filologia classica all'Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Insegna Filologia classica e coordina il Laboratorio di traduzione specialistica dalle lingue antiche (TraSLA)

                                                                            

martedì 24 giugno 2025

IL VELO E LA BOMBA - Lavinia Marchetti

 Da: Lavinia Marchetti - 


"Il nemico del mio nemico non è mio amico."
 voce di donna in esilio, Teheran, giugno 2025 

È di nuovo tempo di salvezza. Salvezza coatta, militare, mediatica, commossa. È di nuovo tempo di guerra. Guerra giusta, guerra umanitaria, guerra femminista. Le due cose, quando si parla di Medio Oriente, coincidono sempre. 

Da vent’anni, o da due secoli, l’Occidente ama salvare le donne orientali. Le salva con insistenza, con superiorità, con esibizionismo. Le salva, ma non le ascolta. Le salva, ma le sorvola. Le salva, infine, bombardandole. 

Lo avevamo già visto. 

L’Afghanistan dei talebani divenne, nel 2001, lo scenario perfetto per esercitare una nuova grammatica imperiale: la donna come soggetto da redimere, il burqa come simbolo da abbattere, la bomba come chiave dell’autonomia. La democrazia divenne sinonimo di svelamento forzato, e l’esercito americano si travestì da liberatore con in mano uno specchio occidentale: “guardati, adesso sei libera”. 

Nel 2025 la scena si ripete. Cambia l’oggetto, non più Kabul ma Tehran, ma la macchina retorica resta intatta. Le rivolte sacrosante delle donne iraniane, Zan, Zendegi, Azadi, vengono cooptate, disarticolate, brandite. Il femminismo diventa un oggetto bellico. Il velo ritorna ad essere un casus belli. La nudità, la ribellione, il canto, la danza, le chiome al vento: tutto può essere piegato alla logica imperiale, se lo si rende icona. E quando il corpo femminile diventa immagine, allora può giustificare tutto. Anche la distruzione. 

lunedì 23 giugno 2025

L'intero pianeta è tenuto in ostaggio da un culto della morte - Pepe Escobar

Da:  La Zona Grigia - Fonte: https://www.unz.com/.../the-whole-planet-is-being-kept... - Traduzione: La Zona Grigia - Emilio Pepe Escobar è un giornalista brasiliano. È noto per la sua collaborazione con i media alternativi online e i suoi lavori sono apparsi su riviste come Asia Times, Mondialisation.ca, CounterPunch, Al-Jazeera, Press TV, Russia Today, Sputnik, Strategic Culture Foundation e Guancha. 


Non c'è da stupirsi che Washington sia completamente coinvolta. Questa è ormai la Guerra del Direttore del Circo.
Di Pepe Escobar - 13 giugno 2025 

Andiamo al dunque. Il devastante attacco all'Iran da parte dell'etno-suprematista psicopatico e Genocida "scelto" insediato a Tel Aviv, una dichiarazione di guerra di fatto, è stato coordinato nei dettagli con il Presidente degli Stati Uniti, il Direttore del Circo Donald Trump. 

Questo Narciso afflitto dall'infantilismo, annegato nella pozza della sua stessa immagine, ha svelato il gioco, lui stesso, in un post sconclusionato. Punti salienti selezionati: "Ho dato all'Iran una possibilità dopo l'altra per raggiungere un accordo". Nessun "accordo"; In realtà, le sue richieste unilaterali. Dopotutto, ha affossato l'accordo originale, il JCPOA, perché non era il suo "accordo". "Ho detto loro che sarebbe stato molto peggio di qualsiasi cosa sapessero, prevedessero o gli fosse stata detta". La decisione di colpire era già stata presa. "Alcuni estremisti iraniani hanno parlato coraggiosamente, ma ora sono tutti morti, e la situazione non potrà che peggiorare!". Il compiacimento fa parte del gioco. "I prossimi attacchi già pianificati saranno ancora più brutali". Totale allineamento con la tipica strategia israeliana della "decapitazione", un marchio di fabbrica. "L'Iran deve raggiungere un accordo, prima che non rimanga nulla, e salvare quello che un tempo era conosciuto come l'Impero iraniano". Era l'Impero persiano, ma dopotutto si tratta di un uomo che non legge né studia. Notate l'arte della diplomazia: accettate il mio accordo o morite. 

Questo decennio, incandescente, è stato inaugurato dall'assassinio del Generale Soleimani a Baghdad, come ho sottolineato nel mio libro del 2021 "Racing Twenties" (Corsa Degli Anni 2020). Era in missione diplomatica. Il via libera è arrivato personalmente dall'allora Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. 

La metà degli anni '20 è ora sull'orlo di una guerra devastante in Asia Occidentale, con ripercussioni globali, a causa dell'assassinio seriale dei vertici del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica a Teheran, da parte dell'entità Sionista Psico-Genocida. Dopo un elaborato teatrino di inganni, il via libera a Tel Aviv, avanti tutta, è arrivato anche dal Presidente degli Stati Uniti, Trump 2.0 (che ha affermato di essere "a conoscenza" degli attacchi). 

domenica 22 giugno 2025

COSA NON SI FA PER AMORE DELLA LIBERTÀ - Andrea Zhok (15/06/2025)

Da: https://www.facebook.com/andrea.zhok.5 - Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex. È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex. 

Leggi anche: La logica della crisi corrente - Andrea Zhok  

Il lavoro secondo Andrea Zhok - Alessandra Ciattini 


Il senso dei valori. Fenomenologia, etica e politica di Andrea ZhokMimesis, 2024.

Una rapida escursione sulle pagine dei principali giornali, telegiornali e talk show mostra come sia partito l’ordine di scuderia alle giumente da lavoro del giornalismo italiano: “È il momento del dissidente iraniano!” E così da ieri si fa a gara a intervistare fuoriusciti e dissidenti iraniani, a dare voce con sguardo compunto e addolorato alle loro sofferenze spirituali e materiali, nel sacro nome della Libertà. 

Il pattern è sempre lo stesso dall’era dei dissidenti russi, agli esuli cubani, ai rifugiati libici, iracheni, siriani, ecc. ecc. È come andare in bicicletta, una volta imparato lo fai anche ad occhi chiusi. Si alimenta e facilita economicamente, con permessi di soggiorno speciali, ecc. il costituirsi di reti di fuoriusciti, che devono alimentare la narrazione per cui il paese X, che vorremmo smantellare, altro non è che l’ennesima incarnazione del Male da espungere. Simultaneamente si esercitano tutte le pressioni sanzionatorie esterne per rendere la vita nel paese d’origine il più miserabile possibile, in modo da far crescere il numero degli scontenti. Se tutto funziona a dovere, prima o poi l’opinione pubblica è cotta abbastanza da giustificare qualunque porcata purché sia a detrimento di quell’incarnazione del Male, dalla Baia dei Porci al bombardamento di Baghdad. 

(Per inciso, ogni tanto mi domando cosa accadrebbe se qualcuno facesse lo stesso gioco con i 100.000 giovani che lasciano l’Italia ogni anno. Dubito sarebbe difficile trovarne qualche centinaio che applaudirebbe a reti unificate la prospettiva di un “regime change” in Italia). 

Bisogna dire che è sempre ammirevole vedere quanto terribilmente a cuore ci stanno i diritti umani violati (a nostro insindacabile giudizio) nel paese X, quando X possiede risorse che non è disposto a cedere per una bustarella. Allora il cuore dell’informazione italiana batte forte, desideroso di salvare dall’oppressione e dall’illibertà questa o quella “categoria debole” nei paesi oppressori. 

sabato 21 giugno 2025

Il genocidio di Gaza tra decolonizzazione e competizione vittimaria - Fabio Ciabatti

Da: https://www.carmillaonline.com - Fabio-Ciabatti Redattore della rivista Carmilla ha recentemente pubblicato insieme al Gruppo di studio Antongiulio Penequo “Il viaggio rivoluzionario dell’eroe” (Mimesis 2019) e ha partecipato ai libri collettanei “L’epidemia delle emergenze” (Il Galeone 2019) e “Guerra civile globale” (Il Galeone 2020). 

Pankaj Mishra  è un saggista, scrittore e attivista indiano. Collabora con testate di fama internazionale come il Guardian, il New York Times, il New Yorker. Per Guanda ha pubblicato il romanzo I romantici. 

Leggi anche: L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema - Fabio Ciabatti  

La rivoluzione oltre il comunismo novecentesco - Fabio Ciabatti

P. Mishra, Il mondo dopo Gaza, Guanda, Milano 2025, p. 187, edizione kindle.

Sentimento di impotenza di fronte alla tragedia, senso di “colpa metafisica” per non aver fatto tutto il possibile per evitare l’abisso, sensazioni di vertigine, di caos e di vuoto. Il libro Il mondo dopo Gaza ci descrive queste angoscianti emozioni del suo autore, lo scrittore e saggista indiano Pankaj Mishra, di fronte al terrificante destino riservato ai palestinesi. Reazioni più che giustificate se è vero che la posta in gioco, politica ed etica, non è mai stata così alta come quella che ci propongono le vicende della martoriata Striscia di terra tra Israele e Egitto: le atrocità commesse a Gaza, approvate senza vergogna dall’élite politica e mediatica del cosiddetto mondo libero e sfacciatamente rivendicate dagli israeliani, non si limitano a minare la nostra fiducia nel progresso, ma mettono in discussione la nostra stessa concezione della natura umana, soprattutto l’idea che essa sia capace di empatia.

L’antisemitismo, oramai lo sappiamo, è stato cinicamente trasformato nella foglia di fico dietro cui si nasconde la ferocia di un genocidio trasmesso in diretta. Ma “La narrazione secondo cui la Shoah conferisce legittimità morale illimitata a Israele non è mai apparsa più debole”.1 Infatti “molta più gente, dentro l’Occidente e fuori, ha iniziato ad abbracciare una contronarrazione secondo cui la memoria della Shoah è stata pervertita per consentire degli omicidi di massa, mentre al tempo stesso si oscurava una storia più ampia di moderna violenza occidentale al di fuori dell’Occidente”.2 

Come è possibile che tanta atrocità abbia un appoggio internazionale così ampio, nonostante il comportamento israeliano neghi alla radice qualsiasi forma di autorappresentazione della civiltà occidentale? Certamente ci sono fondamentali ragioni di natura geopolitica. Ma c’è anche qualcosa di più che ha a che fare con il fatto che il cosiddetto mondo sviluppato si rispecchia in qualche modo nello stato sionista.

Tra i movimenti maggioritari c’è un forte senso di identificazione con uno stato etnonazionale che scatena la sua forza letale senza alcun vincolo. Questo spiega, molto meglio di qualsiasi calcolo di interesse geopolitico ed economico, la sorprendente complicità di molti occidentali in quella che è una trasgressione morale assoluta, vale a dire un genocidio3

Tutto ciò ha a che fare con il ritorno del suprematismo bianco nel cuore dell’Occidente che, a differenza del passato, non è la baldanzosa ideologia di una civiltà che si impadronisce del resto del mondo, ma l’espressione delle paure di quella stessa civiltà che oggi si percepisce sotto assedio.

venerdì 20 giugno 2025

Il pianeta Marx meticolosamente illustrato. 1. Farsi l’idea di un fatto. Cronache marXZiane n. 17 - Giorgio Gattei

Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 


I precedenti: Tassazione e interesse (solo per astronomi esperti). Cronache marXZiane n. 16 - Giorgio Gattei




«Perché? – Perché l’universo non è una favola».
(Cixin Liu, Nella quarta dimensione, 2018)





1. A questo punto devo dar conto del significato d’esistenza di quel “pianeta Marx” che sto lentamente esplorando e descrivendo in queste mie Cronache. Ho già detto altrove che, dopo Nietzsche, siamo consapevoli che ci sono i fatti ma pure le loro interpretazioni e che noi, che viviamo nei fatti, ci muoviamo secondo le interpretazioni che ce ne facciamo. Abitiamo così in due ambiti simultanei di esistenza: quello delle esperienze concrete (che rimangono personali e indicibili, dato che soltanto noi sappiamo quanto è veramente accaduto), ma pure dentro quei concreti di pensiero di cui ha detto Karl Marx nelle uniche pagine sul metodo che ha lasciato nella Introduzione alla critica della economia politica (1857) contrapponendo al “concreto fuori di noi”, che è «sintesi di molte determinazioni, cioè unità del molteplice», un “concreto dentro di noi” che altro non è se non «la riproduzione del concreto lungo il cammino del pensiero» come lo riflette il cervello, «come un tutto del pensiero che è un prodotto dal cervello che pensa e che si appropria del mondo nell’unico modo a lui possibile, almeno fino a quando il soggetto si comporta solo speculativamente, solo teoricamente». Certamente sono i fatti che inducono al pensiero (se nulla accade, nemmeno nulla si pensa), però su quei fatti noi ci facciamo dei penseri e sono questi che indirizzano il nostro comportamento nel confronto di quei fatti.

giovedì 19 giugno 2025

“Sono ebrea” - Natalia Ginzburg

Da: https://abianchi.altervista.org/gli-ebrei/- Natalia Ginzburg, Gli ebrei, La Stampa del 14 settembre 1972. - Natalia Ginzburg è stata una scrittrice, drammaturga, traduttrice e politica italiana, figura di primo piano della letteratura italiana del Novecento

Vedi anche: Mixer - Faccia a faccia - Intervista a Netanyahu (1986) - https://www.raiplay.it/video/2025/05/Mixer-Intervista-a-Benjamin-Netanyahu-


Questo è il link all’archivio de La Stampa con la scansione dell’originale.


II giorno successivo ai fatti di Monaco, l’Associazione della stampa cattolica mi ha telefonato dicendo che faceva un’inchiesta a proposito della strage e mi chiedeva di esprimere un’opinione. Ho rifiutato di rispondere. Ho detto che non rispondo mai alle inchieste. Pronunciare al telefono quattro frasi mi sembrava stupido e inutile. Ma in seguito, mi è venuto il desiderio di rispondere ai Giornalisti cattolici a lungo e per disteso. Non avevo una sola opinione da esprimere, ne avevo molte, e soprattutto volevo radunare alcuni pensieri che trovavo dentro di me sparpagliati. Rispondo qui. Quando avviene una disgrazia nel mondo, ci accade di pensare, come avremmo agito noi stessi se ne fossimo stati i protagonisti o se avessimo avuto il potere di agire. Essendo il potere lontanissimo dalle nostre mani, questi pensieri sono solo vacue fantasie. Però anche se si tratta di vacue fantasie, dirò lo stesso come avrei agito nei fatti di Monaco se avessi avuto il potere di agire.

Se fossi stata Golda Meir, avrei liberato i duecento prigionieri, come i guerriglieri chiedevano. Dicono che non si deve, mai sottostare ai ricatti. A me sembra che anche i ricatti si devono accettare, nel caso di una grande disgrazia comune. Dicono che i duecento prigionieri, una volta liberi, avrebbero ancora catturalo innocenti e disseminalo stragi. Ma il mondo oggi è costruito in una forma così disastrosa che è necessario decidere di minuto in minuto come difendersi e chi difendere. Penso che quei nove ostaggi andavano salvati e ogni altra considerazione lasciala in disparte. Penso che se Golda Meir avesse liberato i duecento prigionieri, avrebbe dato al mondo una lezione, non di debolezza, ma di forza. O almeno dell’unica forza in cui è legittimo credere, la forza che se ne infischia di vincere ed è pronta a perdere, la forza che non risiede nelle armi, nel petrolio o nell’orgoglio ma nello spirito.

Se fossi stata il capo della polizia tedesca, avrei lasciato che i guerriglieri andassero via illesi e portassero i nove ostaggi dove essi credevano. Se esisteva anche solo un atomo di possibilità che uno fra i nove ostaggi riuscisse a salvarsi, questo atomo doveva da tutti essere contemplato come essenziale.

Aggiornamento sulle regole per discutere delle guerre israeliane - Caitlin Johnstone

Da: https://www.facebook.com/assopace.palestina - https://www.assopacepalestina.org - Caitlin-Johnstone è una giornalista, saggista, pittrice e poetessa finanziata dai lettori che vive a Melbourne, in Australia. Scrive con il marito americano, Tim Foley. Ha pubblicato i suoi scritti su numerose testate.

Regola 1: Israele non è mai l'aggressore. Se Israele attacca qualcuno, lo fa in risposta a un'aggressione avvenuta in passato, oppure in via preventiva per sventare un'aggressione imminente in futuro. 

Regola 2: La storia ricomincia automaticamente dalla data dell'ultimo atto di aggressione contro Israele. Se qualcuno attacca Israele, lo fa senza alcuna provocazione, perché prima dell'attacco a Israele non è successo nulla. 

Regola 3: Qualsiasi azione negativa compiuta da Israele è giustificata dalla Regola 2. Questo è vero anche se compie azioni che sarebbero considerate del tutto ingiustificabili se fossero compiute da una nazione come la Russia o la Cina. 

Regola 4: Israele ha il diritto di difendersi, ma nessun altro lo ha. 

Regola 5: Israele non bombarda mai i civili, bombarda i Cattivi. Se un numero impressionante di civili muore è perché in realtà erano Cattivi, o perché i Cattivi li hanno uccisi, o perché un Cattivo si è trovato troppo vicino a loro. Se nessuna di queste ragioni è valida, allora è per qualche altra misteriosa ragione che stiamo ancora aspettando che l'IDF indaghi. 

Regola 6: Criticare qualsiasi cosa faccia Israele significa odiare il popolo ebraico. Non c'è altra ragione possibile per cui qualcuno si opponga ad atti di massacri militari se non un odio ardente e ossessivo per una piccola fede abramitica. 

Regola 7: Nulla di ciò che Israele fa è mai grave quanto le critiche odiose descritte nella Regola 6. Le critiche alle azioni di Israele sono sempre peggiori delle azioni stesse di Israele, perché quei critici odiano gli ebrei e desiderano commettere un altro Olocausto. Prevenirlo deve assorbire il 100% della nostra energia e attenzione politica. 

Regola 8: Gli israeliani sono sempre e solo le vittime e mai i carnefici. Se gli israeliani uccidono gli iraniani, è perché gli iraniani odiano gli ebrei. Se gli iraniani uccidono gli israeliani, è perché gli iraniani odiano gli ebrei. Israele è un agnellino innocente che vuole solo farsi gli affari suoi in pace. 

Regola 9: Il fatto che Israele sia letteralmente sempre in stato di guerra con i suoi vicini e con le popolazioni indigene sfollate deve essere interpretato come prova che la Regola 8 è vera, anziché come prova che la Regola 8 è una ridicola assurdità. 

Regola 10: Le vite dei musulmani sono molto, molto meno importanti per noi delle vite degli occidentali o degli israeliani. A nessuno è permesso di riflettere troppo sul perché questo accada. 

Regola 11: I media dicono sempre la verità su Israele e sui suoi vari conflitti. Se ne dubitate, probabilmente state violando la Regola 6. 

Regola 12: Affermazioni infondate che ritraggono i nemici di Israele in una luce negativa possono essere riportate come notizie di fatto senza alcuna verifica dei fatti o qualificazioni, mentre i precedenti ampiamente comprovati di criminalità israeliana devono essere riportati con estremo scetticismo e qualificazioni discutibili come "Hezbollah dice" o "secondo il Ministero della Salute guidato da Hamas". Questo è importante perché altrimenti si potrebbe essere accusati di essere propagandisti. 

Regola 13: Israele deve continuare a esistere nella sua attuale forma, a prescindere da quanto costi o da quante persone debbano morire. Non è necessario presentare ragioni logiche o morali che giustifichino questa affermazione. Se lo contestate, probabilmente violate la Regola 6. 

Regola 14: Il governo degli Stati Uniti non ha mai mentito su nulla ed è sempre dalla parte giusta in ogni conflitto. 

Regola 15: Israele è l'ultimo baluardo di libertà e democrazia in Medio Oriente e pertanto deve essere difeso, non importa quanti giornalisti debba assassinare, non importa quante istituzioni di stampa debba chiudere, non importa quante proteste debbano smantellare i suoi sostenitori, non importa quanta libertà di parola debba eliminare, non importa quanti diritti civili debbano cancellare i suoi sostenitori occidentali e non importa quante elezioni debbano comprare i suoi lobbisti. 

mercoledì 18 giugno 2025

Il filo rosso che lega Israele all’Ucraina - Gianandrea Gaiani

Da: https://www.analisidifesa.it - Il Contesto - Gianandrea Gaiani. Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. 

Leggi anche: Il vero motivo per cui Israele ha attaccato l’Iran https://www.aljazeera.com/.../the-real-reason-israel... 

Dopo una fase di titubanza che aveva indotto a ritenere che fosse stato messo irreparabilmente in ginocchio dall’attacco israeliano, l’Iran ha sferrato una durissima rappresaglia che ha palesemente colto di sorpresa la classe dirigente di Tel Aviv per portata ed efficacia. Al punto da spingere il governo guidato da Netanyahu a richiedere l’intervento degli Stati Uniti, che per tramite del presidente Trump si sono mostrati possibilisti in merito al raggiungimento di un accordo, nonostante l’Iran abbia annunciato il ritiro dai negoziati accusando Washington di coinvolgimento nell’Operazione Rising Lion. Posizioni critiche nei confronti della Casa Bianca di fatto speculari a quelle iraniane sono state assunte anche da figure chiave della galassia che sostiene il movimento “Maga”, come Tucker Carlson, Rand Paul e Merjorie Taylor Greene. Parallelamente, le monarchie sunnite del Golfo Persico e la stessa Turchia condannano l’attacco israeliano senza tuttavia assumere misure concrete. Il Pakistan, al contrario, ha espresso pieno sostegno all’Iran e invocato l’unità dei Paesi musulmani dinnanzi all’affronto israeliano. Cina e Russia, dal canto loro, hanno condannato l’attacco israeliano in sede Onu, mentre il presidente Putin si accredita come mediatore tra Tel Aviv e Teheran incassando il sostegno di Trump. Verso quale scenario ci stiamo orientando? Cerchiamo di comprenderlo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa».     
                                                             
                                                                         

La vicenda di Alessandra...

 Da: https://www.facebook.com/Mortidilavoro - 


La vicenda di Alessandra Casilli - l’insegnante precaria morta a 54 anni mercoledì 11 giugno in un incidente stradale in galleria a Macchia d’Isernia, mentre tornava a Fiano Romano da Campobasso dopo aver sostenuto gli esami del concorso docenti – ha mosso prima le coscienze e i cuori di studenti e docenti del liceo Lorenzo Rocci di Fara in Sabina (Rieti), dove quest’anno aveva insegnato come supplente di matematica, e ora deflagra sui media e sui social nel silenzio del ministro Valditara, che tutti chiamano in causa. 

Riproponiamo qui la lettera aperta indirizzata al ministro dai colleghi di Alessandra Casilli.
 


Gentile ministro,
questa è una lettera aperta che le invia la comunità scolastica del Liceo Rocci di Fara in Sabina, in provincia di Rieti. 

Lo scorso 11 giugno la nostra comunità è stata colpita da una notizia devastante: la nostra collega Alessandra Casilli ha perso la vita in un incidente stradale. La sua macchina, per ragioni ancora da accertare, ha invaso la corsia vicina scontrandosi con un mezzo che procedeva in direzione opposta. Non c’è stato nulla da fare. 

Alessandra era sulla statale 85 Venafrana in direzione di Passo Corese, dove la sera la sua classe la attendeva per la cena di fine anno a cui non è mai arrivata. Alessandra era ripartita da poco da Campobasso, dove era andata a sostenere la prova orale del concorso per la classe di concorso A040 – Scienze e tecnologie elettriche ed elettroniche. 

Chi di noi in questi anni si è sottoposto ai concorsi per uscire dal precariato conosce bene la stanchezza, la pressione, l’ansia di queste situazioni valutative. E tante volte ci siamo domandati se davvero tali prove servano a valutare le nostre competenze didattiche e non siano piuttosto solo un modo per scoraggiarci, per far sì che molti rinuncino prima di tentare. 

Non riusciamo a smettere di pensare ad Alessandra. Soprattutto, non riusciamo a smettere di pensare che non sia stata solo un’assurda tragedia, ma l’epilogo peggiore di una situazione inaccettabile, quella della precarietà e del sistema folle dei concorsi in questo paese. 

In un anno passato con noi come supplente Alessandra ha mostrato sempre grande professionalità: si è messa in gioco nella valutazione educativa, ha studiato, fatto didattica, frequentato corsi di formazione; il tutto mentre preparava i concorsi. Non sappiamo se Alessandra sia stata sopraffatta dalla stanchezza, ma sicuramente era andata così lontano per poter avere un lavoro stabile nella scuola. Crediamo che la sua professionalità meriti di essere rivendicata, che la sua perdita sia una responsabilità che anche lo Stato si deve assumere. 

Il precariato, signor ministro, è una realtà strutturale della scuola italiana. Una realtà spesso comoda per le casse dello Stato. Per andare a fare i concorsi, ad esempio, i docenti non di ruolo debbono chiedere un giorno di permesso, che però non viene loro retribuito. E infatti i posti messi a bando nei concorsi non bastano mai per coprire le cattedre disponibili. 

I concorsi poi sono spesso lontani perché, per risparmiare, si accorpano le commissioni di più regioni e non sempre c’è la possibilità di farsi accompagnare da un familiare, un parente, un’amica che guidi al posto tuo, dopo una prova tanto spossante. Perché sì, è stressante fisicamente e mentalmente sostenere una prova che prevede l’estrazione di una traccia su cui costruire una lezione da discutere il giorno successivo: la notte passata davanti al pc, poi la prova, poi si guida verso casa perché il giorno dopo c’è il lavoro e perché una notte d’hotel non ce la rimborserà nessuno. 

Ma anche se ci fossero le possibilità economiche, fermarsi in hotel dopo una notte insonne sarebbe comunque complesso, se non impossibile, soprattutto in certi periodi. Periodi tipo questo, quando ci sono gli scrutini ed è difficile se non impossibile assentarsi per più di un giorno. 

Signor ministro, crediamo che l’unico modo sensato di impiegare questa rabbia che sentiamo per la morte di una collega è denunciare l’inaccettabilità di certe nostre condizioni lavorative, che se anche non sono direttamente la causa della morte di Alessandra sicuramente hanno contribuito a precarizzarne la vita. 

La scuola, signor ministro, è fatta da lavoratori e lavoratrici che sono persone. E queste persone spesso viaggiano, si muovono da una provincia all’altra, a volte da una regione all’altra, per essere ogni mattina alle 8 in classe, con la lezione pronta, i compiti corretti. La salute, la sicurezza sul lavoro, la sostenibilità della didattica non sono tuttavia mai al centro dell’attenzione né mediatica né politica. 

I concorsi, i diritti, gli stipendi, i dimensionamenti, ci permetta di dirlo, sembrano anzi avallare quella retorica nazionale di una categoria che lavora poco, fa tante vacanze e quindi merita stipendi tra i più bassi d’Europa, magari dopo anni di precariato. A ben poco serve inasprire la normativa sulla condotta quando nemmeno il nostro datore di lavoro sembra volerci riconoscere condizioni di lavoro adeguate. La nostra autorevolezza passa prima di tutto per l’essere rispettati come lavoratori e lavoratrici. 

Non si può morire sul lavoro, di lavoro, per un lavoro. Lo dice anche la Costituzione. Noi ci teniamo a ribadirlo a lei e a tutti i ministri che l’hanno preceduta e che hanno avallato questo sistema di precarietà e di concorsi scellerati. 

Ci sembra giusto farlo anche per la memoria di Alessandra. 

Le docenti e i docenti del Liceo Lorenzo Rocci

martedì 17 giugno 2025

Trump, visto da Pechino - Vincenzo Comito

Da: https://fuoricollana.it - https://www.sinistrainrete.info - Vincenzo Comito, ha lavorato a lungo nell’industria (gruppo Iri, Olivetti) e nel movimento cooperativo, nelle aree dell’amministrazione e finanza, del controllo di gestione e del personale. Docente di finanza aziendale ha insegnato all’Università Luiss di Roma e all’Università di Urbino. Fa parte del gruppo “Sbilanciamoci” e di quello di "Fuoricollana". Tra i suoi ultimi libri: “La globalizzazione degli antichi e dei moderni” (Manifesto libri, 2019) e "Come cambia l'industria" (Futura editrice, Roma, 2023). 

Pianeta Cina. - Stefano Zecchinelli intervista Carlo Formenti https://www.youtube.com/watch?v=SCPvcfL6FVQ


La Cina reagisce con savoir-faire alla guerra commerciale. Prova, anzi, ad approfittarne per presentarsi al mondo come l’alternativa al caos economico dei dazi e la garante di una globalizzazione maggiormente condivisa. È possibile un riavvicinamento con l’UE?

Può darsi che gli obiettivi complessivi che il presidente Trump mira a raggiungere con la sua campagna dei dazi non siano del tutto chiari, ma forse si può ricorrere a quanto scrive Kroebler (Kroebler, 2025) in proposito: «lo scopo della sua guerra commerciale è quello di rimuovere i vincoli imposti dall’attuale ordine economico internazionale sull’esercizio del potere unilaterale statunitense e in particolare l’esercizio del potere da parte del presidente…quello che Trump vuole soprattutto è di mostrare la sua dominazione sul mondo e di ottenere sottomissione. I paesi che non resistono attivamente ai suoi dazi verranno graziosamente risparmiati dall’imposizione di dazi troppo elevati, il paese che osa resistergli è selvaggiamente punito…». 

La “crociata” contro la Cina viene da lontano

lunedì 16 giugno 2025

Gaza al buio: Israele taglia internet. Ancora fuoco sugli affamati - Eliana Riva

Da: https://ilmanifesto.it - Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (https://www.facebook.com/eliana.riva1


La famiglia di Ahmed al-Sharbasi, ucciso mentre cercava cibo in un centro della Ghf – Ali Jadallah/ Getty 


Un blackout totale delle comunicazioni ha interrotto ieri i contatti tra le squadre di soccorso della Mezzaluna palestinese di Gaza e la centrale operativa a Ramallah, che smista le ambulanze verso le richieste di soccorso. Israele ha distrutto le infrastrutture che garantivano internet e linea fissa, isolando la Striscia durante i bombardamenti.

LE ORGANIZZAZIONI internazionali e le Nazioni unite hanno denunciato le gravi conseguenze umanitarie dell’attacco e l’Autorità palestinese delle telecomunicazioni ha chiesto un intervento internazionale per garantire un accesso sicuro alle squadre tecniche sui siti colpiti da Israele. Ma l’esercito non ha risposto alle richieste di coordinamento degli interventi di riparazione e anzi ha usato le linee mobili per contattare centinaia di palestinesi intimando loro di evacuare immediatamente.

domenica 15 giugno 2025

Israele ha aperto il vaso di pandora dell’atomica - Pino Arlacchi

Da: Il Fatto Quotidiano | 14 giugno 2025 (https://www.ilfattoquotidiano.it) - Pino Arlacchi è un sociologo, politico e funzionario italiano (https://www.facebook.com/PinoArlacchi - Pino Arlacchi).

Leggi anche: Il falso mito della Cina capitalista e gli occhi strabici dell’Occidente - Pino Arlacchi 


Gli eventi della notte tra il 12 e il 13 giugno 2025 rimarranno nella storia come il momento in cui l’irresponsabilità criminale di Tel Aviv, sostenuta dalla complicità di Washington e dall’impotenza dell’Europa, ha dato un colpo, forse mortale, al maggiore ostacolo verso la guerra atomica: il regime di non proliferazione nucleare stabilito dal Trattato del 1970 (Tnp) e costruito pazientemente nei decenni successivi alla Guerra fredda. 

Israele ha commesso un delitto di proporzioni storiche. Bombardando le installazioni nucleari civili di uno Stato parte del Tnp, posto sotto il controllo dell’Agenzia Atomica di Vienna (Aiea), Netanyahu ha violato simultaneamente il diritto internazionale, la Carta Onu e ogni principio di proporzionalità. Ma l’aspetto più grave è che questo atto ha fornito all’Iran la giustificazione giuridica perfetta per ritirarsi dal Tnp e sviluppare armi nucleari in piena legalità internazionale. L’articolo 10 del Tnp permette il ritiro quando “eventi straordinari abbiano messo in pericolo gli interessi supremi” di uno Stato. È difficile immaginare evento più straordinario di un assalto militare. La Corea del Nord invocò lo stesso articolo nel 2003 per molto meno. E tre anni dopo aveva la bomba, in regime di legalità internazionale perché non si è mai riusciti a proibire l’atomica. 

L’Iran può ora citare un pesante attacco militare contro la sua sovranità territoriale e le sue installazioni militari legali. Netanyahu ha appena regalato all’Iran la strada legale verso l’arma nucleare. Gli Stati Uniti si sono resi complici di questa catastrofe diplomatica. La dichiarazione del Segretario di Stato Rubio di “non essere coinvolti” nell’attacco è farsesca: Israele non può operare senza il tacito consenso americano. Ma è la minaccia di Trump di altri attacchi “ancora più brutali” se l’Iran non firmerà l’accordo nucleare in discussione a rivelare la vera, demenziale strategia: costringere con la forza l’Iran a firmare un accordo che da adesso in poi non potrà firmare. Se l’Iran dovesse cedere all’ultimatum militare sui negoziati, si creerà un precedente terrificante: qualsiasi Stato nucleare potrà bombardare i vicini per ottenere concessioni politiche o per punirli. Quale fiducia potranno più riporre gli Stati non nucleari in un trattato che non è riuscito a proteggerli dall’aggressione militare proprio mentre rispettavano i loro obblighi internazionali? 

L’Iran, nonostante tutte le controversie degli ultimi anni, rimaneva sotto il regime di salvaguardia dell’Agenzia atomica. La bomba atomica era stata oggetto di una fatwa lanciata dai suoi leader supremi. I suoi impianti di arricchimento erano sottoposti a ispezioni internazionali. I suoi scienziati lavoravano in un contesto legale, seppur reso scomodo dalle sanzioni occidentali. Ucciderli significa aver trasformato il nucleare civile in un obiettivo militare, distruggendo – stile Gaza – una delle più importanti distinzioni del diritto internazionale. L’Europa sta assistendo impotente al crollo di un suo capolavoro politico e diplomatico. L’accordo del 2015 che toglieva le sanzioni e reintegrava Teheran nel contesto internazionale era il simbolo del multilateralismo europeo, una prova che l’Europa poteva essere un attore globale autonomo. L’accordo fu stracciato da Trump nel 2018, ma è rimasto in vigore dal lato europeo. Oggi, Francia, Germania e Regno Unito si limitano a timidi appelli alla “moderazione” mentre il loro capolavoro viene distrutto sotto i loro occhi. 

Questa impotenza europea non è soltanto strategica, è esistenziale. Se l’Europa non riesce a difendere il multilateralismo quando viene attaccato, quale è la sua ragion d’essere geopolitica? Il precedente è devastante: se uno Stato può bombardare le installazioni nucleari civili di un altro senza conseguenze, il Tnp è carta straccia. 

Il Consiglio di Sicurezza, paralizzato dai veti incrociati, starà a guardare come già fece con la Corea del Nord. Il risultato sarà una spirale di proliferazione nucleare che coinvolgerà Arabia Saudita, Turchia, Egitto e altri attori regionali. L’incubo che abbiamo evitato per settant’anni potrebbe diventare realtà. L’Iran ha ora 90 giorni per ritirarsi dal Tnp, e avrà il diritto internazionale dalla sua parte. Un Iran nucleare non sarà più un “regime canaglia”, ma uno Stato sovrano che si difende in un mondo dove la forza sembra avere, al momento, sostituito il diritto. 

Netanyahu, Trump e l’Europa hanno appena aperto il vaso di Pandora nucleare. Le conseguenze di questa irresponsabilità ricadranno sulle prossime generazioni.

Israele: l'euforia cede il passo alla paura dopo la pioggia di missili iraniani su Tel Aviv - Lubna Masarwa

Da: https://www.middleeasteye.net - Lubna Masarwa è una giornalista e responsabile dell'ufficio Palestina e Israele di Middle East Eye, con sede a Gerusalemme.


Gli israeliani raccontano di essere stati presi dalla paura dopo che gli attacchi iraniani hanno causato una distruzione diffusa a Tel Aviv e altrove 

Gli israeliani  hanno affermato che l'euforia iniziale per gli attacchi a sorpresa contro l'Iran ha lasciato il posto alla paura, dopo che i missili iraniani si sono schiantati sul centro di Tel Aviv e in altre parti di Israele, provocando devastazioni diffuse e uccidendo almeno tre persone.

Lampi arancioni brillanti hanno illuminato il cielo di Tel Aviv nelle prime ore di sabato, mentre i sistemi di difesa aerea israeliani sembravano aver abbattuto alcuni missili in arrivo.

Tuttavia, incendi e colonne di fumo sono stati visti in diverse zone di Tel Aviv, mentre sono state segnalate esplosioni anche a Gerusalemme.

Immagini e video verificati da Middle East Eye hanno mostrato condomini nella periferia di Tel Aviv e nella vicina città di Ramat Gan quasi completamente distrutti e, tra le macerie, i resti di diversi veicoli.

I servizi di emergenza hanno riferito nelle prime ore di sabato che almeno tre persone sono state uccise in Israele e più di 40 sono rimaste ferite. 

Da venerdì sarebbero più di 200 gli israeliani rimasti feriti.

La follia di una guerra con l'Iran - Chris Hedges

Da: https://chrishedges.substack.com - La Zona Grigia https://www.facebook.comChris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell'Ufficio per il Medio Oriente e dell'Ufficio balcanico per il giornale. In precedenza ha lavorato all'estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore dello spettacolo RT America nominato agli Emmy Award On Contact. 

Leggi anche: IL GENOCIDIO IN STILE OCCIDENTALE - Chris Hedges 
L'ULTIMO CAPITOLO DEL GENOCIDIO - CHRIS HEDGES 

I neoconservatori che hanno orchestrato le guerre disastrose in Afghanistan, Iraq, Siria e Libia, e che non sono mai stati ritenuti responsabili dello sperpero di 8 trilioni di dollari dei contribuenti, nonché dei 69 miliardi di dollari sperperati in Ucraina, sembrano destinati a trascinarci in un altro fiasco militare con l'Iran.

L'Iran non è l'Iraq. L'Iran non è l'Afghanistan. L'Iran non è il Libano. L'Iran non è la Libia. L'Iran non è la Siria. L'Iran non è lo Yemen. L'Iran è il diciassettesimo paese più grande del mondo, con una superficie equivalente a quella dell'Europa occidentale. Ha una popolazione di quasi 90 milioni di abitanti – 10 volte più di Israele – e le sue risorse militari, così come le alleanze con Cina e Russia, lo rendono un avversario formidabile.

L'Iran ha lanciato oggi attacchi di rappresaglia contro Israele a seguito di ondate di attacchi israeliani che hanno colpito impianti nucleari e ucciso diversi alti comandanti militari iraniani e sei scienziati nucleari. Ci sono state decine di esplosioni sopra lo skyline di Tel Aviv e Gerusalemme. Esistono riprese video di almeno una grande esplosione al suolo a Tel Aviv, causata da un apparente attacco missilistico, e segnalazioni di altre esplosioni in una mezza dozzina di siti a Tel Aviv e dintorni.

"La nostra vendetta è appena iniziata, pagheranno a caro prezzo l'uccisione dei nostri comandanti, scienziati e personale", ha dichiarato a Reuters un alto funzionario iraniano. Il funzionario ha aggiunto che "nessun luogo in Israele sarà sicuro" e che "la nostra vendetta sarà dolorosa".

sabato 14 giugno 2025

Wang Wen: La Cina Sta Costruendo un Nuovo Ordine Mondiale


Nel corso di una lunga intervista con Glenn Diesen, Wang Wen esplora i «mutamenti secolari storici» in atto a livello geopolitico, tecnologico e istituzionale, illustrando come la Cina intenda guidare una profonda transizione globale ordinata verso il nuovo equilibrio mondiale.

                                                                           

Il 2 giugno 2025, Wang Wen, direttore dell’Istituto di Ricerca Finanziaria Chongyang e dell’Accademia di Leadership Globale presso l’Università del Popolo della Cina, ha rilasciato un’intervista su YouTube a Glenn Diesen, professore di Relazioni Internazionali alla Southeast University of Norway e noto politologo. Nel corso del dialogo sono stati approfonditi temi quali la storica trasformazione dell’ordine mondiale, la ricostruzione del sistema internazionale e il significato globale del grande risveglio della nazione cinese. Dopo la sua pubblicazione online, l’intervista ha rapidamente catturato l’attenzione mondiale ed è stata tradotta in otto lingue diverse, tra cui spagnolo, russo, francese, tedesco, portoghese, italiano e giapponese. Ad oggi ha raccolto oltre 300 commenti internazionali. Utenti provenienti da background culturali differenti hanno intrapreso vivaci discussioni sul percorso di sviluppo cinese e sull’innovazione nella governance globale. Di seguito trovate raccolti e tradotti in italiano i contenuti originali dell’intervista e il video sia in inglese che in italiano.

Glenn Diesen: Ciao a tutti e benvenuti. Oggi sono insieme a Wang Wen, professore e direttore dell’Istituto di Studi Finanziari Chongyang presso l’Università del Popolo della Cina. Lei è anche vicedirettore della Silk Road School, oltre a ricoprire numerosi altri incarichi. Non so come faccia a gestire tutto così brillantemente, complimenti e, naturalmente, benvenuto al programma.

Wang Wen: Grazie, professor Diesen. È da tanto che non ci vediamo. Sono molto onorato di partecipare al suo programma.

venerdì 13 giugno 2025

Una lettura marxista della dottrina sociale della Chiesa nell’ultimo libro di Roberto Fineschi - Ascanio Bernardeschi

Da: https://futurasocieta.com - Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa), La Città futura e Futura Società [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)]. 
Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). 


L’intervista ad uno dei maggiori filosofi marxisti viventi sul suo recente lavoro Da Pio IX a Leone XIV. Prospettive marxiste sulla dottrina sociale della Chiesaper aprire una riflessione critica sull’evoluzione del pensiero e del “magistero” cattolico.

L’elezione del nuovo papa ha innescato la gara fra i commentatori per qualificare questo nuovo pontificato. Riteniamo che saranno i fatti a poter dare un giudizio informato, anche se le premesse non ci paiono promettenti a partire proprio dalla decisione di assumere del nome di Leone come richiamo all’autore della Rerum Novarum. Se, infatti, questa scelta viene da molti, forse dai più, vista come un’attenzione alla questione sociale che con quell’enciclica la Chiesa affrontava per la prima volta, non deve sfuggirci, invece, il carattere antisocialista di quel documento che vedeva come un elemento di natura la proprietà privata dei mezzi di produzione e, di conseguenza, contro natura le aspirazioni socialistiche e si poneva l’obiettivo di arginare il montante movimento delle classi lavoratrici proponendo palliativi alla terribile condizione dei lavoratori.

Vorremmo parlarne con Roberto Fineschi, fra i maggiori filosofi marxisti viventi, il quale recentemente ha pubblicato un libro che definisce come “rimaneggiamento di articoli recenti e passati” ma che, in realtà, affronta abbastanza sistematicamente il tema dell’evoluzione della dottrina cattolica attraverso i vari papi, da Pio IX in poi, con una intera parte opportunamente dedicata al solo papa Ratzinger. In un’altra, la prima, affronta il tema della dottrina sociale della Chiesa.