martedì 30 novembre 2021

“Storia e Politica”: un dialogo tra Angelo d'Orsi e Alessandro Barbero

Da: Da: Angelo d'Orsi
Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. 
Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.


La storia nasce come ricostruzione e riflessione sul potere. 
Tra la storia e la politica si stabilisce subito un nesso forte, al punto che v’è chi ha definito la storia la politica del passato e la politica la storia del presente. 
In altre parole, è impossibile occuparsi di storia eliminando la sfera politica.

                                                                           

domenica 28 novembre 2021

L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema - Fabio Ciabatti

 Da: https://www.carmillaonline.com - Fabio Ciabatti - Favilli Paolo insegna Storia Contemporanea all’Università di Genova.

Paolo Favilli, A proposito de “Il Capitale”. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea, Franco Angeli, Milano 2021, Edizione Kindle, pp. 535, € 35,99.

Marx non può essere considerato un classico. Sono troppe le passioni che ancora suscita la lettura dei suoi scritti per la radicalità della loro critica al sistema capitalistico. Ma c’è di più. Marx rimane un nostro contemporaneo per il carattere aperto della sua opera che, ancora oggi, ci consente di dipanare il filo dei suoi ragionamenti in molteplici direzioni utili per indagare le radici del nostro presente, anche al di là degli originari programmi di ricerca del rivoluzionario tedesco. Per comprendere questo carattere di apertura, sostiene Paolo Favilli nel suo ultimo libro A proposito de “Il capitale”, bisogna prendere in considerazione il rapporto tra la teoria marxiana e la storia, in un duplice senso. Da una parte bisogna comprendere fino in fondo la “fusione chimica” tra due dimensioni teoriche, quella economica e quella storica, che si intrecciano profondamente nella sua opera e in particolare ne Il capitale; dall’altra occorre capire come le vicende storiche concrete, e in particolare quelle del movimento operaio, abbiano inciso sulla ricezione, l’interpretazione e l’utilizzo del testo marxiano.

Per quanto riguarda il primo punto, bisogna partire dal fatto che per Marx dietro a ogni categoria, anche la più astratta,  c’è sempre una realtà concreta storicamente determinata, mai una realtà universale e eterna. La ricerca della logica specifica dell’oggetto specifico non può prescindere da un’incessante messa a punto degli strumenti concettuali che, per essere adeguati, devono con continuità consumare produttivamente una grande quantità di dati empirici.

giovedì 18 novembre 2021

Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Il mondo prospettato dall’Agenda dell’Onu 2030 prefigura un mondo veramente realizzabile? 

Il clima farsesco e grottesco in cui stiamo vivendo non mi suggerisce un incipit serioso, ma accende in me il ricordo di un vecchio film con Aldo Fabrizi nel quale si cantava “È Pasqua, è Pasqua, noi siamo tutti buoni, l’autore, il regista, il pubblico e Carloni”. In effetti, è proprio così: finita la pandemia grazie ai vaccini (?), abbiamo imparato e ci avviamo verso la costruzione di un mondo sostenibile, privo di povertà, di conflitti, solidale, affratellato, carico di comprensione per tutti. È questo il mondo che ci aspetta e che viene dettagliatamente descritto nell’Agenda Onu 2030, alquanto carente tuttavia riguardo ai mezzi, agli strumenti con i quali potremmo renderlo concreto. Essa così si autodefinisce: l’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. Un piano d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto il 25 settembre 2015 da 193 paesi delle Nazioni unite, tra cui l’Italia, per condividere l’impegno a garantire un presente e un futuro migliore al nostro pianeta e alle persone che lo abitano. Essa si propone il raggiungimento entro il 2030 di 17 obiettivi tra loro interconnessi.

Vale la pena citarli, anche perché richiamano alla mente le famose 17 contraddizioni individuate da David Harvey nel Capitale, solo cancellando le quali sarebbe possibile e con fatica realizzare i fatidici obiettivi. Una coincidenza? vedremo. Vale la pena menzionarli. 1) sconfiggere la povertà (mi pare dovesse esser già stato fatto entro il 2020); 2) sconfiggere la fame (idem); 3) salute e benessere (si è visto quanto sono stati importanti nell’attuale fase pandemica in cui 10 Stati detengono l’80% delle dosi vaccinali); 4) istruzione di qualità, trasformando però l’educazione in merce; 5) parità di genere (ottimo conflitto verso cui scaricare le tensioni scaturenti da tutti gli altri); 6) acqua pulita e servizi igienico-sanitari (mantenendo di acqua in mano alle transnazionali); 7) energia pulita e accessibile (la transizione ecologica sempre altamente inquinante); 8) lavoro dignitoso e crescita economica (magari distruggendo qualche altro diritto); 9) imprese, innovazione e infrastrutture (a vantaggio di chi?); 10) ridurre le disuguaglianze (che però crescono a dismisura); 11) città e comunità (ormai meri agglomerati invivibili); 12) consumo e produzione responsabili (senza pianificazione?); 13) lotta al cambiamento climatico (già oggi sappiamo che se ne parla al 2050); 14) vita sott’acqua; 15) vita sulla terra (l’agronegozio?); 16) pace, giustizia e istituzioni solide (costruendo qualche sottomarino nucleare e violando ogni giorno il diritto internazionale?); 17) partnership per gli obiettivi (avvantaggiando i privati con i soldi degli Stati).

martedì 16 novembre 2021

Sulla meccanica aristotelica - Giorgio Israel

Da: Giorgio Israel - Matematica, Fisica e Bellezza! - Giorgio Israel (Roma, 6 marzo 1945Roma, 25 settembre 2015) è stato uno storico della scienza ed epistemologo italiano. Membro della Académie Internationale d'Histoire des Sciences e professore dell'Università di Roma La Sapienza, è stato autore di più di 200 articoli scientifici e 30 volumi, nei quali ha esplorato il ruolo della scienza nella storia della cultura europea e ha condotto una critica dell'idea di razionalità matematica e del meccanicismo.

"Io credo che il vero scopritore del metodo scientifico non sia stato Galileo, ma la Filosofia greca, poiché è stata la prima a parlare di "intelligibilità dell'Universo", senza la quale sarebbe inutile qualunque forma di studio della Fisica. Galileo ha reso più sofisticato e moderno il metodo sperimentale, ma la Filosofia greca lo ha reso possibile. Trovo che Aristotele dovrebbe in effetti essere molto più apprezzato. Spesso la sua Fisica viene liquidata come "un cumulo di sciocchezze", mentre un cumulo di sciocchezze le dice chi perpetra questa liquidazione. Ad es., vero è che Aristotele dice che l'aria non pesa, ma lo dice dopo aver fatto l'esperimento. Aristotele difetta non nell'effettuazione dell'esperimento, ma nell'interpretazione del medesimo. Ho apprezzato sopratutto l'ultima parte del video, in cui si dice che la "matematizzazione" dell'Universo non è dimostrabile: spero che la gente si convinca sempre di più che, in sostanza, l'attività scientifica si basa sui dei veri e propri ATTI DI FEDE. 
Piccoli appunti: 
a) Il cosiddetto PRINCIPIO D'INERZIA non è un Principio, ma un teorema del Principio fondamentale; 
b) Dal punto di vista fisico è più corretto dire ma = f, anziché il contrario, perché nelle leggi fisiche la causa si mette sempre al 2° membro, e la Fisica DEVE distinguere fra causa e effetto, la Matematica no. 
c) Il Principio d'inerzia è comunque stato formulato per la prima volta né da Aristotele, né da Newton, ma da Democrito, le cui dottrine purtroppo sono state imbastardite da Epicuro prima, e da Lucrezio poi, come nota Enriques nella sua bellissima Storia del pensiero scientifico." 
(Giorgio Israel) 
                                                                           

sabato 13 novembre 2021

Se Marx fosse stato… - Marco Veronese Passarella

 Da: https://www.marcopassarella.it - Marco Veronese Passarella è docente di economia presso la Leeds University. 

…uno di “quelli del lavoro vivo”

Se Marx avesse sviluppato fino in fondo la categoria di “lavoro diretto”, accantonando quella di “lavoro morto” cristallizzato nei mezzi di produzione, vi sarebbe stata un’implicazione di rilievo per la definizione del saggio generale del profitto e delle relative componenti.

Come è noto, il saggio generale del profitto è definito da Marx come: 

dove S  è la massa totale di plusvalore erogato nella produzione (ipotizzando, per semplicità, un coefficiente di rotazione unitario), C è il nuovo capitale costante impiegato nel processo produttivo e V è il capitale variabile. Sempre per semplicità, possiamo ipotizzare che l’unità di misura nominale sia stata definita in modo tale che l’espressione monetaria del tempo di lavoro sociale necessario sia unitaria, dato il prodotto per unità di lavoro.

mercoledì 3 novembre 2021

IMPERIALISMO E SOCIALISMO IN ITALIA - Vladimir Lenin (1915)

Da: https://contropiano.org/documenti/2018/11/03/il-centenario-del-grande-massacro-non-ce-nulla-da-festeggiare- Pubblicato sul «Kommunist» N° 1-2, 1915 [LENIN, Polnoe sobranie sočinenij, 5°ed., Moskva 1962; vol. 27, pagg.14-23 – traduzione di fp]. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete - https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] -

La conferenza delle sezioni estere del Partito operaio socialdemocratico russo - Vladimir Lenin  https://www.marxists.org/italiano/lenin/1915/primav/posdrest.htm 

Il socialismo e la guerra - Vladimir Lenin (1915) 

Marxismo e revisionismo - Vladimir Lenin (1908) 

Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale*- Vladimir Lenin (1917) 

Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale - Lenin

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo 

Socialismo e rivoluzione nella concezione di Rosa Luxemburg - Lelio Basso 


Per l’interpretazione di quelle questioni che l’attuale guerra imperialista ha posto di fronte al socialismo, non è superfluo gettare uno sguardo sui diversi paesi europei, per imparare a isolare le modificazioni nazionali e i dettagli del quadro complessivo, da ciò che è basilare e sostanziale. Dal di fuori, dicono, le cose sono più evidenti. Perciò, quante meno analogie tra Italia e Russia, tanto più interessante, sotto certi aspetti, è paragonare imperialismo e socialismo in entrambi i paesi.

Nella presente nota abbiamo intenzione soltanto di evidenziare il materiale che offrono su questa questione le opere, uscite dopo l’inizio della guerra, del professore borghese Roberto Michels: «L’imperialismo italiano» e del socialista T. Barboni: «Internazionalismo o nazionalismo di classe?» (Il proletariato d’Italia e la guerra europea ). Il ciarliero Michels, rimasto superficiale come nelle altre sue opere, sfiora appena il lato economico dell’imperialismo, ma nel suo libro è raccolto un materiale di valore sulle origini dell’imperialismo italiano e su quel passaggio che costituisce la sostanza dell’epoca contempo­ranea e che, in Italia, ha un particolare risalto e precisamente: il passaggio dall’epoca delle guerre di liberazione nazionale all’epoca delle guerre imperialiste di rapina e reazionarie. L’Italia democratico-rivoluzionaria, vale a dire rivoluzionaria-borghese che abbatteva il giogo dell’Austria, l’Italia dell’epoca di Garibaldi, si trasforma definitivamente sotto i nostri occhi nell’Italia che opprime altri popoli, che saccheggia Turchia e Austria, nell’Italia di una borghesia rozza, reazionaria in misura rivoltante, sporca, che sbava per la soddisfazione di esser stata ammessa alla spartizione del bot­tino. Michels, come ogni altro decoroso pro­fessore, reputa, s’intende, «obiettività scientifica», il suo servilismo di fronte alla borghesia e definisce questa divisione del bottino una «spartizione di quella parte del mondo rimasta ancora nelle mani dei popoli deboli» ( p. 179). Respingendo in modo sprezzante, come «utopistico» il punto di vista di quei socialisti ostili a ogni politica coloniale, Michels ripete i ragionamenti di quanti ritengono che l’Italia «dovrebbe essere la seconda potenza coloniale», cedendo il primato alla sola Inghilterra, per densità di popolazione e vigore del movimento migratorio. Per quanto riguarda il fatto che in Italia il 40% della popo­lazione sia analfabeta, che ancor oggi vi scoppino rivolte per il colera, ecc. ecc., questi argomenti vengono contestati basandosi sull’esempio dell’Inghilterra: non era forse essa il paese della incredibile desolazione, dell’abiezione, della morte per fame delle masse operaie, dell’alcolismo, della miseria e della sozzura mostruose nei quartieri poveri delle città, nella prima metà del XIX secolo, quando la borghesia inglese gettava con così grande successo le basi della propria attuale potenza coloniale?

mercoledì 27 ottobre 2021

L’INCREDIBILE STORIA DIMENTICATA DEI 5000 PARTIGIANI SOVIETICI CHE AIUTARONO LA RESISTENZA ITALIANA - SILVIA GRANZIERO

Da: https://thevision.com - Photo courtesy e colorizzazione di Olga Shirnina - Segui Silvia Granziero su The Vision 

L’Italia è punteggiata di cippi e lapidi commemorative con la stella rossa dell’Unione Sovietica o scritte in cirillico. È questo quasi tutto quel che rimane di un aspetto poco noto della liberazione, la fase della nostra storia senza cui l’Italia repubblicana che oggi diamo per scontata non esisterebbe. Vista l’ambiguità con cui da qualche anno si parla di liberazione e Resistenza, non stupisce che la conoscenza diffusa su questi temi escluda diversi aspetti ed episodi densi di significato, come la partecipazione di partigiani di nazionalità non italiana alla guerra di liberazione dal nazifascismo. Tra questi, i circa 5000 soldati sovietici che combatterono al fianco dei partigiani, ma che dal dopoguerra furono relegati nell’oblio quasi totale. Eppure quelle vicende storiche testimoniano una solidarietà che travalica i confini nazionali, in nome dello stesso fine della liberazione dal nazifascismo, che ancora oggi merita di essere celebrata. 

Per capire come i sovietici arrivarono in Italia bisogna risalire all’Operazione Edelweiss, il piano con cui Hitler pianificò la conquista di tutta l’area del Caucaso per impossessarsi dei pozzi di petrolio di cui l’Azerbaijan era ricco. Si trattava di un obiettivo strategico anche perché, dopo l’occupazione tedesca dei territori dell’attuale Ucraina, la Repubblica Socialista Sovietica Azera era rimasto l’unico fornitore di petrolio dello schieramento alleato e la sua capitale, Baku, era un importante centro di manifattura di 130 tipi diversi di armi, tra cui i leggendari razzi Katjusha – così chiamati dalla celebre canzone popolare russa che dopo la guerra assunse un forte significato patriottico, e la sua melodia, portata in Italia dai reduci di ritorno dalla Russia, diventerà la base per “Fischia il vento”. Oltre alle motivazioni strategiche però ci sono quelle “esoteriche”: Hitler infatti vuole il Caucaso anche per prendere il monte Elbrus, ritenuto la sede mitica del Valhalla, dimora degli eroi della mitologia germanica. Così, violando il patto Molotov-Von Ribbentrop, nel giugno 1941 invade l’Unione Sovietica, puntando verso il Caucaso. Alla notizia, tra i volontari che si arruolano nell’Armata Rossa per fermarlo ci sono anche 40mila azerbaijani, che si costituiscono in diverse divisioni su base nazionale, i cui posti di comando, però, spettano a ufficiali russi, cosa che comporta qualche difficoltà a livello di gestione e coordinamento per la distanza culturale e linguistica tra i soldati e i gradi superiori. 

venerdì 22 ottobre 2021

Una Libia sparita e spartita - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - https://www.facebook.com - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017).

Leggi anche: Afghanistan: «Fallimento politico-militare ma anche ideologico» - Alberto Negri

Vedi anche: In viaggio in Medio Oriente: Iraq/Afghanistan - Alberto Negri
In Viaggio in Medio Oriente: Siria - Alberto Negri
Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre


Nel nulla di fatto la Libia è sparita e spartita. Nel decennale dell’uccisione di Gheddafi alla Sirte della Libia importa poco. Se non per elevare appelli più o meno credibili alla “stabilità”, di cui si è parlato anche ieri alla conferenza internazionale di Tripoli. 



Nel nulla di fatto la Libia è sparita e spartita. Nel decennale dell’uccisione di Gheddafi alla Sirte della Libia importa poco. Se non per elevare appelli più o meno credibili alla “stabilità”, di cui si è parlato anche ieri alla conferenza internazionale di Tripoli, la prima del genere tenuta in Libia, unica nota positiva dell’evento. Stabilità e sicurezza della Libia hanno in realtà per noi un significato assai limitato: prima di tutto bloccare le ondate migratorie, il resto viene tutto dopo, dalle elezioni al ritiro delle truppe mercenarie la cui presenza il premier Dabaiba ha definito ieri “inquietante”. Ma a Tripoli non si è giunti a nessuna conclusione né sui soldati e i mercenari turchi e russi né sulle elezioni presidenziali e legislative. 

Neppure una parola è stata spesa per le migliaia di esseri umani schiavizzati nei campi libici. Eppure i giudici di Agrigento che hanno archiviato le accuse alla nave della Ong Mediterranea _ che si rifiutò di consegnare i migranti ai libici _ sono stati espliciti: non solo è giusto non comunicare con la “guardia costiera libica” ma dalle conclusioni della magistratura emerge una stridente contraddizione. Chi finanzia e addestra la “guardia costiera libica”, ovvero l’Italia, è contro il diritto internazionale ed è complice di condotte criminali. 

martedì 19 ottobre 2021

Giorgio Parisi e la fisica della complessità

Da: Campobianco Gian Luca - Giorgio Parisi è un fisico e accademico italiano, premio Nobel per la fisica nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi. 
Vedi anche: Giorgio Parisi - A che serve la scienza - https://www.youtube.com/watch?v=_wlwbpDmTjE


I risultati che hanno reso noto Giorgio Parisi a livello internazionale riguardano principalmente i sistemi disordinati ed i vetri di spin (anche noti come spin glass), una classe di modelli della meccanica statistica di cui lo stesso Parisi ha fornito numerose applicazioni in teoria dell'ottimizzazione, biologia ed immunologia. Notevoli anche i suoi contributi nel campo della fisica delle particelle elementari, in particolare di cromodinamica quantistica e sulla teoria delle stringhe. Insegna Meccanica statistica. Insieme a Carlo Rubbia, è l'unico italiano membro della National Academy of Sciences degli Stati Uniti. A trent'anni è diventato membro dell'Accademia dei Lincei. È stato insignito della Medaglia Boltzmann, del Premio Dirac, del Premio Galileo, del Premio Lagrange e della Medaglia Max Planck, che mostra alla fine del film.    
Premio Nobel per la fisica nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi. 
 
                                                                            


sabato 16 ottobre 2021

La guerra civile inglese - Alessandro Barbero

Da: nimal4 - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.

Le origini delle guerre civili
La guerra civile inglese: 
                                                                           



giovedì 14 ottobre 2021

Si può ancora ragionare sulla pandemia? - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: L’importante libro di Rob Wallace sull’origine delle pandemie - Alessandra Ciattini 

Pandemia nel capitalismo del XXI secolo - A cura di Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone 

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione a cura di Alessandra Ciattini e Marco A. Pirrone



I massimi esperti in materia affermano che non abbiamo affrontato in maniera adeguata la pandemia e che se non cambiamo rotta fenomeni di questo genere potrebbero ripetersi.

Penso che ormai sia chiaro a tutti che la narrazione ufficiale della pandemia abbia stravinto e che sia persino diventato fastidioso ai più, compreso ai sedicenti oppositori al sistema, sollevare dubbi e riproporre perplessità.

In primo luogo, ricordo che proprio nei giorni passati, nonostante alcuni costituzionalisti avessero manifestato in passato preoccupazioni, la Corte costituzionale ha giudicato non fondate le critiche di incostituzionalità al decreto-legge 19 del 2020, perché al presidente del Consiglio sarebbe stata attribuita con esso solo la funzione attuativa (non legislativa) dello stesso decreto, da esercitare mediante atti di natura amministrativa. Quindi, i numerosi decreti del presidente del Consiglio sarebbero tutti legittimi.

In secondo luogo, l’altro punto della narrazione, ripetuto all’estenuazione da tutti (scienziati, virologi, politici, filosofi), che presenta questi vaccini come la panacea della pandemia, ci ha sbaragliato. Eppure eminenti biologi hanno analizzato con cura la relazione tra sistema produttivo capitalistico e sviluppo delle pandemie, hanno messo in evidenza che siamo ormai a un punto di non ritorno in cui catastrofi di vario genere potranno presentarsi e di fatto si presentano, hanno dimostrato che la Sars-CoV-2 è una sindemia, ossia il risultato dell’attacco concomitante di agenti patogeni, della presenza di malattie negli organismi e delle condizioni climatico-ambientali (compresa la mancanza di un adeguato sistema sanitario). Questi temi sono completamente censurati e non è possibile trattarli, perché metterebbero seriamente in discussione il sistema e l’arrogante governo Draghi che di questo fa orgogliosamente parte. O peggio ancora si finirebbe per essere insultati, oltraggiati e catalogati come no-vax, degli egoisti, degli asociali, dato che si osa mettere in discussione qualcosa che è ormai un dogma.

domenica 10 ottobre 2021

LA LOTTA CONTRO L’ORTODOSSIA - GIORGIO PARISI

Da: https://fisicamente.blog  - Giorgio Parisi è un fisico e accademico italiano, premio Nobel per la fisica nel 2021 per i suoi studi sui sistemi complessi. Attivo in fisica teorica, soprattutto nel campo della fisica statistica e in teoria dei campi, con Carlo Rubbia e Michele Parrinello è uno dei tre fisici italiani membri della National Academy of Sciences degli Stati Uniti d'America. 

Leggi anche: The Nobel Prize ln Physics 2021 - Luca Perri


Questo scritto di Giorgio Parisi (caro amico, come del resto Ciccotti e De Maria, oggi Presidente dell’Accademia dei Lincei) compare, come nuovo contributo, su la riedizione de L’Ape e l’Architetto. Giorgio Parisi mostra, come sempre, la sua acutezza di analisi che unisce alla capacità di farsi capire. Credo sia molto utile una lettura di questo scritto che dovrebbe accompagnare l’altro, quello di Ciccotti e De Maria. Vi sono molte cose da capire e ripensare dopo tanti anni e tutti gli autori di questi scritti ci aiutano. (Roberto Renzetti - https://fisicamente.blog


Quando mi fu chiesto di scrivere una presentazione per la ristampa, da tempo attesa, di L’Ape e l’architetto, pensai tra me e me: “Facile: è un libro che conosco perfettamente e che ho letto molte volte. Basta che gli dia uno sguardo veloce, trovo qualche citazione e so già che cosa dire”. Detto fatto: abbastanza velocemente scrissi una prima stesura che cominciava con: “Ricordo quando ho letto questo libro la prima volta: era il 1973 e mi trovavo nel mio ufficio a New York alla Columbia University…”. Tuttavia in un successivo sprazzo di lucidità mi venne lo scrupolo di controllare la data di pubblicazione e con mio grande stupore scoprii che L’Ape e l’architetto era stato stampato per la prima volta nel 1976. Mi domando ancora che cosa avessi letto a New York nel 1973: forse uno dei saggi degli autori che a queltempo circolava come preprint in forma separata. In ogni caso buttai via quello che avevo scritto e rilessi il libro molto attentamente (come se fosse la prima volta), cercando di non sovrapporre i miei ricordi a quello che leggevo, cercando di capire quale fosse adesso il suo messaggio e quale impressione potesse lasciare al lettore.

Forse la prima sensazione che si ha adesso è di spaesamento. Quando un libro viene scritto – e questo è vero in particolar modo per una serie di saggi – gli autori hanno molto bene in mente il pubblico con cui cercano di comunicare. Una delle preoccupazioni che risultano molto chiare, specialmente nella prima parte di alcuni dei saggi che compongono L’Ape e l’architetto, è dimostrare che le tesi degli autori sono completamente in linea con i testi originali marxiani e ne sono la naturale conseguenza, e che se mostri sacri del marxismo (in un caso anche Lenin) affermano tesi contrarie, sono questi ultimi a uscire dalla corretta strada. L’origine di questa preoccupazione si capiva benissimo nel 1976: da molto tempo si era andata costruendo un’ortodossia marxista per la quale c’erano alcune verità indiscutibili; a questa rigidità ideologica corrispondevano partiti comunisti che nella loro enorme varietà di prassi politica, erano spesso caratterizzati da una forte repressione del dissenso interno: gli avversari della linea vincente erano tipicamente accusati di essere devianti (in genere verso destra) dalla linea corretta. Il grande prestigio ottenuto dall’Unione Sovietica per il suo contributo decisivo a sconfiggere il nazifascismo, la guerra fredda che divideva il mondo in due parti e la conseguente necessità di schierarsi, avevano contribuito moltissimo a questa cristallizzazione. La sinistra in Italia per anni era stata dominata dal PCI e l’egemonia culturale del PCI si faceva sentire pesantemente in tutta l’area della sinistra progressista.

venerdì 8 ottobre 2021

Il fantasma della libertà - Aristide Bellacicco

Da: https://www.lacittafutura.it - Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni"

Leggi anche: Epidemia e potere - Aristide Bellacicco
La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco 



Dopo decenni di predominio assoluto delle ragioni del cosiddetto libero mercato, lo Stato riappare solo con misure emergenziali che per frenare l’epidemia da Coronavirus vengono avvertite come peggiorative delle condizioni di vita dei cittadini.


Esiste un settore della società italiana – piccolo, in verità – il quale, fin dall’inizio dell’epidemia nel 2020, sostiene che sia in atto un tentativo di restringere le libertà individuali attraverso l’instaurazione di una “dittatura sanitaria” che prescinderebbe dalle effettive necessità legate al contenimento dell’infezione. Saremmo, dunque, in presenza di una strumentalizzazione del fenomeno epidemico a fini genericamente autoritari. La modesta entità di questa corrente di opinione, che non si è mai efficacemente organizzata in forma stabile, è facilmente desumibile da vari indicatori empirici.

Cercherò di elencarne alcuni:

- il cosiddetto lockdown del marzo-giugno 2020 è stato ampiamente rispettato in tutto il paese senza dar luogo a fenomeni significativi di protesta o di insubordinazione;

- l'obbligo delle mascherine al chiuso, successivamente esteso ai luoghi aperti, non ha incontrato opposizioni consistenti: anzi, è ancora esperienza comune incontrare persone, perlopiù anziane, che continuano a indossarle anche per la strada sebbene le relative ordinanze siano attualmente non più in vigore;

- la successiva istituzione delle zone (gialla, arancione, rossa ecc.) è stata tollerata, nonostante l’elevato costo economico per varie categorie e le pesanti limitazioni della vita quotidiana dei cittadini tutti, con un elevato grado di consenso o, se si preferisce, di acquiescenza. In ogni caso, anche questa misura non ha visto il formarsi di movimenti di protesta capaci di mettere in discussione le decisioni governative;

- le vaccinazioni: risulta, da fonti del ministero della Salute di oggi 27 settembre 2021, che si è sottoposto al ciclo vaccinale completo oltre il 77% della popolazione di età maggiore di dodici anni. Non sembra quindi sostenibile che esista nel paese una significativa contrarietà alla profilassi tramite i vaccini attualmente disponibili.

mercoledì 6 ottobre 2021

The Nobel Prize ln Physics 2021 - Luca Perri

Da: https://www.facebook.com/luca.perri? - luca-perri (1986) è dottorando in astrofisica all’Università dell’Insubria e all’Osservatorio di Brera e astronomo dell’Osservatorio di Merate. https://www.youtube.com/watch?v=_I7kkK42Ihw 



Negli ultimi anni, da che collaboro con Serena Giacomin su diversi progetti (il libro Pinguini all’Equatore, sì, ma non solo), cerchiamo di trasmettere a più persone possibile il messaggio che la scienza, di per sé, è un sistema complesso.

Sistema "complesso" non vuol dire necessariamente "complicato" da studiare e comprendere. Vuol dire che è composto da più parti fra loro interdipendenti. Va quindi descritto matematicamente, analizzato in profondità se si vogliono capire le relazioni che lo governano, osservato da ogni possibile punto di vista e in ogni possibile sfaccettatura. Solo in questo modo è possibile sperare di comprendere come evolva nel tempo, capendo come anche piccole variazioni - magari casuali - in una o più componenti possano determinare enormi differenze in una fase successiva, facendo previsioni sul medio-lungo periodo.

Ho detto che complesso non vuol necessariamente dire complicato. Quel che non ho detto, però, è che lo è spesso. Magari per la descrizione matematica non immediata, magari per le dimensioni, magari per la parte relativa a variazioni casuali e magari per la determinazione del numero di variabili in gioco. Magari per tutte queste 4 cose assieme e anche per altre.

Ma perché ve ne sto parlando? Perché poco fa sono stati annunciati i Premi Nobel per la Fisica di quest’anno, e questi sono proprio legati ai sistemi complessi.

domenica 3 ottobre 2021

Una notte al museo? Alta cultura e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Da: https://www.lacittafutura.itRoberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels. 



Il capitalismo crepuscolare utilizza la cultura come una componente accessoria di pacchetti elaborati per fare profitti. Le masse popolari sono storicamente escluse dalla vera cultura, appannaggio esclusivo delle classi dominanti. 

Le statistiche dell'italico popolo relative a lettura e frequentazione di musei sono, notoriamente, drammatiche. All'italiano medio di arte e cultura importa poco o niente. Dovendo per lavoro andare spesso per musei e facendolo altrettanto per piacere, mi capita, non spesso ma sempre, la seguente tragicomica esperienza: tutti mi si rivolgono in inglese dando per scontato che io non sia italiano. Se è pur vero che sono alto, biondo (ora abbastanza bianco in verità) e con gli occhi azzurri, anche dopo che mi sono palesato per nativo utilizzando l'idioma locale (per giunta con marcato accento toscano), talvolta insistono con l'inglese perché proprio non ci possono credere. In genere mi prendono per inglese o, in subordine, per uno sgarrupato tedesco a seconda di quanto arrivo sudato in biglietteria (nel loro immaginario un inglese è considerato in media più signore). Alcuni si giustificano commentando "mi scusi sa, ma di italiani non se ne vedono mai".

domenica 26 settembre 2021

L’importante libro di Rob Wallace sull’origine delle pandemie - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. 

Leggi anche: Pandemia nel capitalismo del XXI secolo - A cura di Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone



I media non fanno che parlare di vaccini e della necessità di vaccinarci, ma è davvero questo il modo migliore e unico per affrontare la pandemia?



Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che solo “il manifesto” abbia dato notizia della pubblicazione nel 2016 dell’importante libro del biologo evolutivo statunitense Rob Wallace intitolato Big Farms Make Big Flu (“Grandi fattorie producono grandi malattie”), cui è seguita l’edizione in spagnolo nel 2020. Se così fosse, sarebbe un’ulteriore conferma dell’approccio semplicistico e interessato con cui i paesi a capitalismo avanzato intendono far fronte all’attuale pandemia, sorta successivamente all’emergenza di altre pandemie non meno pericolose ma che hanno toccato meno i nostri paesi. Ricordiamo che negli ultimi 20 si sono registrate 4 pandemie, alcune non ancora spente; del resto, il cosiddetto virus della spagnola (in realtà “americana” come tutte le cose buone) è ancora circolante.

Rob Wallace insegna nell’Università del Minnesota e da circa 25 anni studia le relazioni tra il modello produttivo capitalistico e l’insorgere di nuovi agenti patogeni. Un argomento che dovrebbe essere al centro del nostro interesse, ma che viene accantonato perché ci si vuole convincere che i vaccini – solo quelli ammessi e scelti sulla base di precisi interessi politici ed economici – sono la panacea delle pandemie, nonostante la loro effettiva protezione, i loro possibili effetti dannosi, il loro funzionamento presentino ancora tanti buchi neri su cui far luce. Inoltre, bisogna aggiungere che le scienze mediche hanno sviluppato il concetto di iatrogenesi per confrontarsi con gli eventuali danni indesiderati provocati dai farmaci o dagli interventi medici. Ma di questi tempi di iatrogenesi è meglio non parlare.

sabato 25 settembre 2021

Riflessioni sull’Italia dopo i fatti del Cile - Enrico Berlinguer

 Da: https://enricoberlinguer.org - Rinascita, 12 ottobre 1973 - Enrico Berlinguer (Sassari, 25 maggio 1922 – Padova, 11 giugno 1984) è stato Segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 17 marzo 1972 al 11 giugno 1984. 

Leggi anche: Cosa diceva Berlinguer: discorso al "Convegno degli intellettuali" (1977) 

Vedi anche: La parabola dal Pci al Pd: un bilancio - Aldo Giannuli

Abbiamo constatato che la via democratica non è né rettilinea né indolore. Più in generale il cammino del movimento operaio quali che siano le forme di lotta, non è stato mai né può essere una ascesa ininterrotta. Ci sono sempre alti e bassi, fasi di avanzata cui seguono fasi in cui il compito è di consolidare le conquiste raggiunte, e anche fasi in cui bisogna saper compiere una ritirata per evitare la disfatta, per raccogliere le forze e per preparare le condizioni di una ripresa del cammino in avanti. Questo vale sia quando il movimento operaio combatte stando all’opposizione sia quando esso conquista il potere o va al governo. Ha scritto Lenin: «Bisogna comprendere – e la classe rivoluzionaria impara a comprendere dalla propria amara esperienza – che non si può vincere senza aver appreso la scienza dell’offensiva e la scienza della ritirata». Lenin stesso, che è stato certamente il capo rivoluzionario più audace nella scienza dell’offensiva, è stato anche il più audace nel saper cogliere tempestivamente i momenti del consolidamento e della ritirata, e nell’utilizzare questi momenti per prendere tempo, per riorganizzare le forze e per riprendere l’avanzata. Due esempi rivelatori di queste geniali capacità di Lenin furono il compromesso con l’imperialismo tedesco sancito con la pace di Brest Litovsk, e il compromesso con forze capitalistiche interne che caratterizzò quell’indirizzo che va sotto il nome di Nep (Nuova Politica Economica). Né va dimenticato che Lenin non esitò a compiere tali scelte andando contro corrente. Queste due grandi operazioni rivoluzionarie, che contribuirono in modo decisivo a salvare il potere sovietico e a garantirgli l’avvenire, vennero attuate in condizioni storiche irripetibili, ma il loro insegnamento di lungimiranza e sapienza tattica rimane integro.

L’obiettivo di una forza rivoluzionaria, che è quello di trasformare concretamente i dati di una determinata realtà storica e sociale, non è raggiungibile fondandosi sul puro volontarismo e sulle spinte spontanee di classe dei settori più combattivi delle masse lavoratrici, ma muovendo sempre dalla visione del possibile, unendo la combattività e la risolutezza alla prudenza e alla capacità di manovra. Il punto di partenza della strategia e della tattica del movimento rivoluzionario è la esatta individuazione dello stato dei rapporti di forza esistenti in ogni momento e, più in generale, la comprensione del quadro complessivo della situazione internazionale e interna in tutti i suoi aspetti, non isolando mai unilateralmente questo o quello elemento.

La via democratica al socialismo è una trasformazione progressiva – che in Italia si può realizzare nell’ambito della Costituzione antifascista – dell’intera struttura economica e sociale, dei valori e delle idee guida della nazione, del sistema di potere e del blocco di forze sociali in cui esso si esprime. Quello che è certo è che la generale trasformazione per via democratica che noi vogliamo compiere in Italia, ha bisogno, in tutte le sue fasi, e della forza e del consenso.