lunedì 1 aprile 2024

SVEGLIA! SIAMO GIÀ IN GUERRA (anche se nessun parlamento l’ha votata...) - Salvatore Minolfi

Da: https://www.facebook.com/friends/? - Salvatore Minolfi, studioso di storia contemporanea, si è occupato delle problematiche dell'ordine mondiale dopo la fine della guerra fredda, con particolare riferimento all'evoluzione del pensiero strategico americano. È autore di Tra due crolli. 


L’altro ieri i dirigenti polacchi hanno dato il loro peculiare contributo al clima di isteria pre(pro)bellica che pervade da settimane il Vecchio Continente. Hanno gridato allo scandalo perché un missile russo ha lambito lo spazio aereo della Polonia per 39 secondi. 
L’estrema precisione della segnalazione mi ha sorpreso, poiché contrasta con l’assoluto silenzio osservato dal governo di Varsavia sul caso della morte del suo Generale di Brigata Adam Marczak (Deputy Chief of Staff, Support & Enabling EUROCORPS), che assieme ad un folto gruppo di ufficiali della NATO si trovava in un bunker di comando, profondo sei piani, a Chasiv Yar, quando è arrivato (quattro giorni fa) l’attacco missilistico dei russi che ha distrutto l’intero edificio: l’esplosione di un Iskander (un missile balistico ipersonico a corto raggio) ha provocato la morte “per cause naturali” del generale polacco. 

Chasiv Yar è ad appena 17 km da Bakhmut, che a sua volta è a circa 200 km dal confine russo, più o meno 1500 km da Varsavia. 

SVEGLIA! Che ci faceva (che ci fanno) alti ufficiali della NATO nelle regioni orientali dell’Ucraina? Quello che fanno da due anni (dieci, se preferite un conto più accurato). Con risultati che definire disastrosi è un eufemismo. 

La razionalità non ha mai brillato nella vicenda iniziata circa quindici anni fa, allorché il polacco Radek Sikorski e lo svedese Carl Bildt inziarono a giocare a risiko con la “Eastern Partnership”, innescando la dinamica a somma zero della competizione geopolitica con i russi. I tedeschi, che erano contrari, non si opposero e li lasciarono fare, convinti che non sarebbero approdati a nulla. Furbi, i tedeschi! 

Dopo una devastante seconda guerra mondiale e cinquant’anni di guerra fredda che avevano spaccato la Germania, Berlino preferiva – comprensibilmente, finalmente, thank God!, assa’ fa’ ‘a Maronna! – fare affari con la Russia. Ma il polacco gridava allo scandalo: commerciare con la Russia e costruire il Nord Stream equivaleva ad un nuovo “patto Molotov-Ribbentrop”. Così parlò Sikorski. Era il 2006. I polacchi erano da poco entrati nella UE (2004) e già vendevano come “buona e giusta” la "loro" idea di Europa ad un Vecchio Continente disabituato a ragionare, a scegliere, a progettare da un cinquantennio di subalternità atlantica. 

E fu così che anni di costante, silenziosa e tenace tessitura (con l’indispensabile regia del boss d’Oltreatlantico) riportarono l’Europa, ancora una volta, indietro di trent’anni, quando Mosca era, per definizione, l’impero del Male. 

No. Di razionalità ce n’è stata sempre poca in questa storia. Ma ora è peggio. Ora c’è la disperazione. La disperazione atlantica. Aver distrutto tutte le novità dell’89, aver alzato nuovi muri, aver riportato l’aria da guerra fredda, aver soffiato per otto anni sul fuoco della guerra, averla finalmente avuta (affinché il bene potesse nuovamente trionfare sul male!) per poi perderla... No. Non si può perdere così. Il male non può trionfare! E se i nostri deliri urtano contro la realtà, tanto peggio per la realtà. 

Ed ecco gli attacchi alla cieca nel Mar Nero e sulla Crimea, la “guerra asimmetrica” (come l’ha chiamata Victoria Nuland il mese scorso) sul territorio russo e, infine, l'accorrere disperato di generali NATO per allestire le difese nelle regioni orientali ed impedire ai russi di raggiungere il Dnieper... (è lì che ha trovato la morte il generale polacco). 

L’Ucraina non ne trarrà vantaggio: il paese è stanco, i giovani sono morti a decine di migliaia e la popolazione comincia chiedersi nell’interesse di chi la lunga costruzione della guerra sia stata perseguita. 

No. L’Ucraina non trarrà vantaggio alcuno dalla disperazione atlantica. 

In compenso, noi saremo trascinati nella guerra, andando incontro alle richieste di tutti coloro che ritengono “oltraggiosa” anche solo la parola “pace” (ultimo, anche per importanza, il nostro ineffabile Premio Strega, Paolo Giordano).
Saremo trascinati nella guerra, senza un voto, senza una decisione pubblica, senza neanche capire, alla fin fine, come siamo passati dalle patetiche farneticazioni di un piccolo Napoleone in crisi di consenso, all’improvviso crollo del solaio vero sulla nostra testa.
I più – all’oscuro dei mille passaggi intermedi – si troveranno all’improvviso nell’inferno senza essersi accorti di nulla. 

Nonostante le migliaia di Pierini dei nostri giornaloni continuino a ripetere che, dopo Kiev, Putin arriverà a Lisbona (dunque, molto più ad Ovest di quanto, notoriamente, si spinse la cavalleria cosacca nelle elezioni italiane del 1948), tutte le persone oneste sanno che la Russia non potrà e, soprattutto, non vorrà reggere il confronto con le forze convenzionali del mondo atlantico, che possono contare su un PIL TRENTA VOLTE superiore. 

La soglia nucleare sarà rapidamente varcata – come appare ormai chiaro dalla “Declaratory Policy” del Cremlino – magari nella convinzione che uno o due attacchi su questa o quella città del nostro Vecchio e sfortunato Continente facciano rinsavire i decisori e li spingano ad arrestarsi e a negoziare. 

Tecnicamente, si chiama “intra-war deterrence”. Ma non fatevi illusioni. Non servirà a niente. È una mera perversione tassonomica del linguaggio strategico. Quando la guerra scoppia, la deterrenza è già fallita. E il Sapiens (perennemente esposto agli inganni della sua coscienza) deve raccontare a se stesso e agli altri che sta facendo la guerra con l’obiettivo di non farla, riproponendo l’argomento già fallito prima dello scoppio della stessa. 

Abbiamo perso il conto delle linee rosse superate dalla Conferenza di Monaco del 2007 ad oggi. Nell’ultimo quindicennio, ogni cazzata fatta (e, credetemi, sono veramente tante) ha solo alzato il costo politico del doverlo ammettere. 

Dunque, nessuno si fermerà. 

Solo che, all’inizio, i Sapiens più evoluti (stando, almeno, a quel che pensano di se stessi) si illuderanno di poter colpire, con un attacco “counterforce”, disarmante, tutte o quasi tutte le forze nucleari del nemico. Ma quando risulterà chiara la sopravvivenza di un robusto arsenale strategico dell’oppositore, inzieranno gli scambi “countervalue”. 

Una ad una, tutte le più importanti città registrate nei rispettivi SIOP (Single Integrated Operational Plan) dei contendenti saranno sgranate come in un rosario... alla ricerca di una veloce scorciatoia verso quella che Elizabeth Kolbert ha definito la “sesta estinzione”.
Quelli che sopravviveranno – di certo le zanzare e molti centri di provincia (di solito ignorati dal targeting nucleare) – avranno dinanzi a sé, accanto alla prospettiva di una vita grama e disgraziata, il compito veramente penoso di spiegare come sia stato possibile che miliardi di persone, appartenenti a civiltà millenarie ricche di saperi e di saggezza accumulata, si siano fatte infinocchiare e condurre da una manica di sprovveduti sull’orlo del baratro, proprio nel nome dei superiori interessi della civiltà umana. 

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