Le “Riflessioni” di Stefano Garroni in forma di aforismi, dal suo imponente lavoro di una vita dedicata allo studio e alla militanza:
"Riflessioni" - Stefano Garroni; "Riflessioni" 2.0; "Riflessioni" 3.0; "Riflessioni" 4.0; "Riflessioni" 5.0; "Riflessioni" 6...; "Riflesssioni" 7...; "Riflessioni" 8...; Riflessioni 9...; Riflessioni 10...; Riflessioni 11...; Riflessioni 12...; Riflessioni 13...; Riflessioni 14...; Riflessioni 15...; Riflessioni 16...; Riflessioni 17...;
E’ interessante che spesso il punto di vista così
detto materialistico è il punto di vista del senso comune, che
ovviamente viene offeso da questo fatto che il pensiero pone
l’oggettività, però non è dubbio che il medico che descrive una
certa malattia, la descrive sulla base di strumentazione tecnica
raffinatissima, e arriva a conclusioni che sono molto diverse da
quelle dell’esperienza comune della mamma contadina che ha avuto
tanti bambini che hanno avuto la stessa malattia.
Ed è interessante
anche questo fatto, che se la teoria pone la realtà in questo senso
che dicevo, allora arriviamo anche a capire una cosa che è curiosa
perché è un tema diffusissimo nella coscienza comune, e cioè:
pensare, elaborare, significa in fin dei conti rendere
progressivamente sempre più chiara l’esperienza, fino al punto di
renderla chiara ricorrendo a strumenti astratti. Ma si tratta di
rendere chiara l’esperienza, il che vuol dire che in qualche modo
nell’esperienza GIA' ERA CONTENUTO quello che io mano a mano vado
chiarendo, e che quindi al punto di partenza NON C'E' IL PENSIERO DA
UNA PARTE E IL MONDO DALL'ALTRO, ma c’è quest’esperienza
dell’uomo nel mondo e lo sforzo progressivo di render chiaro, di
mettere di fronte agli occhi quello di cui ho esperienza: cioè il
punto di partenza è questa unione immediata, unione non chiara,
unione confusa, e tutto il progresso del sapere è cercare di mettere
in chiaro che cosa era contenuto in quell’esperienza.
Appunto: il
punto di partenza non è il pensiero da una parte e il mondo
dall’altra...Ma in questo progressivo mettere in chiaro – questa
è la sintesi, la mediazione – succede che quei livelli più
elevati di astrazione da parte del pensiero, sono quelli che
rimettono in evidenza gli aspetti più nascosti del reale, e quindi
nel massimo dell’astrazione io ho il massimo di rapporto con la
cosa: questa è la sintesi.
Ed è per questo che allora nasce il
problema: come è possibile isolarsi? Come è possibile l’esperienza
dell’uomo singolo, dell’uomo separato, dell’uomo emarginato,
dell’uomo che non domina il suo mondo? ed è chiaro che la risposta
dialettica sarà sicuramente: questa situazione di lacerazione
esprime paradossalmente il contrario di sé, cioè esprime il fatto
che il mondo di quegli uomini è un mondo di lacerati. Cioè il
problema non è che lui non ha rapporto con il mondo, ma è che il
suo mondo è scisso, e quindi - ponendosi il problema dell’io
isolato di fronte al mondo – non riuscirà mai a capirci nulla. Il
problema è quello di andare ad AGGREDIRE L'ESPERIENZA, cioè già
hai rapporto con il mondo, e capire come è costruita
quell’esperienza e trovare in questa la ragione del suo isolamento,
perché l’esperienza è frantumata.
Allora si comprende anche come
la mediazione non è solo un fatto teoretico, ma significa anche
cogliere quella logica delle cose, dell’esperienza, del MONDO
CUI SONO ISCRITTO E COLLOCATO che eventualmente produce la
lacerazione, e come all’INTERNO di questo mondo sia possibile
trovare gli strumenti del mondo per superare questo tipo di mondo, e
allora la mediazione diventa anche un’operazione di liberazione
dell’uomo."
Nessun commento:
Posta un commento