lunedì 29 gennaio 2018

"Riflesssioni" 7... - Stefano Garroni


"...qualunque lettore del Capitale.1 non può non convenire sul fatto che un aspetto centrale dell’analisi, che lì conduce Marx, è la denuncia del feticismo e della reificazione. In altri termini, Marx attribuisce al modo di produzione capitalistico lo stravolgimento di ciò, che è frutto di una forma storico-sociale, a <cosa>, ovvero a realtà a se stante e indifferente al soggetto umano (nel senso di quel soggetto collettivo, che, in condizioni date, organizza così e così i suoi rapporti con la natura, attraverso la mediazione di certi, storici rapporti sociali). Naturalmente, questa posizione di Marx non ha solo senso in ambito strettamente storico-sociale, se è vero –com’è vero- che sullo sfondo dell’indagine marxiana c’è una presa di posizione filosofica, che poi è quella che fa centro su una visione dialettica del movimento storico e delle procedure metodologiche. 

Insomma, se è vero –com’è vero- che alle spalle di Marx, per così dire, c’è Hegel.

Fin qui penso di poter incontrare poche opposizioni. La faccenda si fa più complessa se mi azzardo a ricordare una cosa (per altro ben nota a chi realmente si occupa di filosofia e non si limita a costruire frasi con terminologia filosofica): che lo stesso Hegel considerava Kant un momento centrale della riflessione filosofica ed una condizione imprescindibile per comprendere il suo stesso atteggiamento; d’altra parte, più volte anche Engels vede in Kant un momento centrale della prospettiva dialettica.

Insomma la netta alternativa <o con Kant o con Hegel> è semplicemente falsa e frutto della dogmatizzazione sovietico-stalinista del marxismo.

Per fare un solo esempio contemporaneo, ricordo che il compagno H.H.Holz –uno dei filosofi marxisti più eminenti e sciaguratamente morto di recente- nella sua monumentale storia del pensiero dialettico, scrive un ampio ed importante capitolo su Kant, nello spirito di quanto sto sostenendo. Mi si obietterà che quella storia della dialettica non è mai stata tradotta e, quindi, si trova solo in tedesco. Ma –come si dice?- l’ignoranza non scusa nessuno: se mi occupo di filosofia e non so il tedesco, debbo essere io il primo ad esprimermi con cautela e cartesiana coscienza del dubbio, in particolare quando tratto di classici della filosofia appunto tedesca (Hegel, Kant).

Che cosa spiega l’atteggiamento, che critico, cioè, quello di chi, appresa dai manuali sovietici la lezioncina del materialismo dialettico -di cui quello storico sarebbe un caso- non demorde dalla fedeltà a quel testo, e addirittura cita con piena sicumera Engels, trascurando l’ampia discussione, intorno al senso della sua diversità da Marx?

Mi pare semplice la risposta: il campo socialista europeo è ‘crollato’ (come erroneamente si dice, ma anche si crede) ed anni ed anni di militanza comunista sembrano così essere stati un clamoroso errore. Di qui l’attaccamento fideistico ai sacri testi della tradizione - come potrebbe fare un cattolico che, di fronte alla criminalità della chiesa di Roma, piuttosto che fare un’analisi storica per comprendere il perché e il per come di quella criminalità, si abbarbichi al testo dei Vangeli.

Scripsi et salvavi animam meam."

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