In
questo libro sono
raccolti interventi di Hyman Misky, eretico economista keynesiano
famoso per la sua tesi sulla instabilità intrinseca del capitalismo,
che vanno dal 1965 al 1994 (l’autore muore nel 1996, prima che i
crolli del 2001 e 2007 gli dessero clamorosamente ragione). Si
tratta, come recita il titolo di interventi sul piano del lavoro, in
polemica molto forte con la “guerra
alla povertà”
delle amministrazioni democratiche americane soprattutto perché
imperniata sull’assistenza e non sull’offerta diretta di lavoro.
Queste politiche (anche nelle varianti ben viste da destra che
includono salari minimi e/o tasse negative) per Minsky sono
conservatrici del sistema disfunzionale esistente ed incontrano
peraltro il limite strutturale, in un capitalismo intrinsecamente
fondato sulla speculazione, di poter provocare eccesso di
investimenti (speculativi) e per questa via instabilità esplosiva.
Se
questa strada è chiusa, quella invece da esplorare passa per il
cambiamento del sistema; cioè per l’occupazione di ultima istanza
diretta da parte dello stato, per il controllo degli investimenti e
della natura delle produzioni per finalità utili. Sembra socialismo,
ma Minsky amava il capitalismo e cercava invece di salvarlo da se
stesso, attraverso la proposta di un “’nuovo’ nuovo modello
di capitalismo” fondato sull’impegno per il pieno impiego e
lo sviluppo delle risorse affidato ad una partnership tra agenzie
pubbliche e private. Che unisca alla fallace visione a breve termine
del mercato una visione lunga posseduta dal governo. Che prenda atto
che “in quel complesso sistema di prodotti, lavoro e mercati
finanziari che è l’economia capitalistica, il meccanismo di
mercato non può raggiungere e mantenere il pieno impiego. Affinché
il capitalismo possa avere successo sono necessarie istituzioni che
integrino l’occupazione privata attraverso un’offerta illimitata
di lavoro” (p. 258).









