sabato 16 febbraio 2019

There is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard e Emiliano Brancaccio

Da: Emiliano Brancaccio - http://www.emilianobrancaccio.it/

Fondazione Feltrinelli, Milano, 19 dicembre 2018 - There is (no) alternative: pensare un'alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard (Peterson Institute, già capo economista del Fondo Monetario Internazionale) ed Emiliano Brancaccio (Università del Sannio, autore del saggio "Anti-Blanchard"). Modera Pietro Raitano.
              
                                                 
Confronto interesante tra  Brancaccio e Blanchard che, però, prende realmente quota solo, a partire dalla parte finale dell'intervento di Blanchard (49,18) e dai secondi interventi dei due interlocutori  e, ancora, dalle domande intelligenti, del pubblico alle quali  però non ci sembra sia stata data una risposta esaustiva e convincente. (il collettivo) 

                          

venerdì 15 febbraio 2019

I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (III parte) - Renato Caputo



Renato Caputo insegna storia e filosofia. 

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi


Segue da: I concetti fondamentali della filosofia di Hegel - Renato Caputo - 
     "          : I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (II parte) - Renato Caputo - 




La struttura a spirale della verità

Lo sviluppo in tre momenti dell’assoluto – logica, filosofia della natura e dello spirito – non segue un ordine cronologico, ma un ordine logico. In effetti, dal punto di vista cronologico la logica – ossia la grammatica del reale – può essere estrapolata per astrazione sempre solo dopo che la lingua, la realtà si è sviluppata e consolidata.
Dal punto di vista cronologico avremo, quindi, prima lo sviluppo della natura, oggetto della filosofia della natura, poi lo sviluppo storico dello spirito umano, studiato dalla filosofia dello spirito e, solo infine, l’astrazione della logica in cui si articola inconsapevolmente l’evoluzione della natura e poi il suo divenire più o meno consapevole nella storia dello sviluppo dello spirito dell’umanità. Anche se, dal punto di vista sempre cronologico, si potrebbe meglio dire che viene sempre prima lo sviluppo fino al suo apice storico della filosofia dello spirito umano, che diviene così consapevole di ricostruire l’evoluzione della natura che è divenuta, consapevole di sé proprio nel genere umano e, infine, ricostruisce (estrapolandola) la logica seguita tanto dallo sviluppo naturale, che da quello storico e spirituale. Quindi, dal punto di vista temporale, è l’ultimo momento – ovvero lo spirito dell’umanità che, giunto al suo massimo sviluppo in un determinato momento storico – che, in quanto risultato, consente di porre, di ricostruire, i momenti precedenti, ovvero la natura e la logica. D’altra parte è quest’ultima a presiedere allo sviluppo tanto della storia della natura quanto di quella dello spirito umano, dal punto di vista logico ovviamente.
La verità, in effetti, ha per Hegel una struttura solo apparentemente circolare in quanto, con il compiersi della filosofia dello spirito, è possibile sì ricostruire la logica, ma si tratterà di una logica più evoluta e complessa della precedente. Dunque, il risultato solo apparentemente ritorna al suo inizio, compiendo il circolo, ma in realtà sviluppa la struttura circolare a un grado più elevato, come avviene nella spirale, che proprio per questo costituisce la migliore metafora in grado di spiegare l’articolarsi dei tre diversi momenti dell’assoluto. Del resto, anche quest’ultimo naturalmente tende a mutare essendo non qualcosa di morto, di dato una volta per tutte, ma qualcosa di vivente in un continuo sviluppo storico. Così, da un punto di vista storico più avanzato diviene, almeno possibile, sviluppare una nuova versione aggiornata e riveduta, più complessa dell’assoluto e del suo articolarsi e svilupparsi nella sua storia. Ossia saranno possibili, necessariamente, elaborare interpretazione sempre migliore, potendo prendere le mosse dalle precedenti e avendo in più una maggiore esperienza storica dell’assoluto, per cui la stessa storia della interpretazioni non può che esse anch’essa infinita.
Sottolineiamo ciò, in particolare, in polemica con i troppi che, persino oggi, continuano a equivocare, in modo più o meno consapevole, accusando a torto il sistema hegeliano di essere chiuso e di pretendere di voler dire l’ultima parola sullo sviluppo storico dell’assoluto o, addirittura, di avere l’assurda pretesa di porsi come fine della storia.

giovedì 14 febbraio 2019

mercoledì 13 febbraio 2019

La spirale della storia per Luciano Canfora - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Vedi anche: Il moto violento della storia - Luciano Canfora (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/il-moto-violento-della-storia-luciano.html)



Il moto della storia non è ciclico, né rettilineo, né ottimisticamente progressivo, si dispiega sinuosamente come una spirale.

Luciano Canfora è un instancabile produttore di libri, con i quali analizza il passato e il presente, cercando anche di individuare i passi, i ritmi, i movimenti attraverso cui dal primo si passa tormentosamente e tortuosamente al secondo, nel quale persistono elementi antichi, ma senz’altro profondamente trasmutati e rielaborati secondo un modo di procedere che sembra accomunare fasi storiche assai diverse nel loro dipanarsi.
Nella sua più recente pubblicazione La scopa di Don Abbondio. Il moto violento della storia [1](Laterza 2018)richiamandosi a Guerra e pace di Lev Tolstoj, Canfora sottolinea che per il grande scrittore russo ogni divisione del corso storico in eventi discreti costituisce un’operazione arbitraria, giacché a suo parere quest’ultimo si caratterizza per “l’assoluta continuità del moto”, inconcepibile per la mente umana. Questa concezione della storia è radicata nella convinzione che essa sia un prodotto collettivo creato dall’azione delle grandi masse che si va a concretare in episodi o personaggi precisi, come la Grande Rivoluzione o Napoleone.
Questo flusso continuo non si dispiega in maniera rettilinea [2] né segue il monotono ritmo dell’eterno ritorno; assomiglia piuttosto ad una spirale, figura metaforica di sapore certamente hegeliano, che descrive un processo irreversibile che non ritorna mai su se stesso, ma che nell’avanzare si trasmuta senza liberarsi completamente delle scorie precedenti. 

martedì 12 febbraio 2019

Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.consecutio.org - Carla_Maria_Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - http://www.dialetticaefilosofia.it - https://www.facebook.com/dialettica.filosofia/




1. Definire lo Stato: prima Hegel e poi Marx


È bene soffermarsi su una definizione non marxiana del potere dello Stato, ma irrinunciabile ai fini dell’analisi che svolgerò nelle pagine successive, in merito a quanto Marx espone nel celebre capitolo su «La cosiddetta accumulazione originaria» (Marx, 2011, 787-839).

Mi riferisco alla definizione hegeliana presente nella Fenomenologia dello spirito, ancor prima che nei Lineamenti di filosofia del diritto, a proposito del potere dello Stato, come sostanza che permane di contro alla ricchezza definita invece come sostanza che si sacrifica[1]. Quei passi delineano il passaggio da una concezione premoderna dello Stato a una concezione pienamente moderna: dallo Stato teocratico/assolutistico allo Stato monarchico costituzionale, così come verrà poi più dettagliatamente configurato nei Lineamenti.

La struttura cetuale della società dell’Ançien Régime, sostenuta dalla stabilità del potere statale – l’Io voglio del sovrano assoluto –, si sacrifica allo spirito del tempo moderno, che afferma con Smith: «La ricchezza, come dice Hobbes, è potere.» (Smith, 1995, 83).

Tale sacrificio non elimina il potere dello Stato in sé; rende ambivalente la sua definizione e la sua cognizione, da parte dei soggetti agenti all’interno di quella che più tardi sarà chiamata società civile, stato esterno, sistema dell’atomistica.

Il potere statale è perciò sia la sostanza semplice (l’Io voglio), principio di spiegazione e fondamento del fare di tutti e di ciascuno (di tutti i ceti), dimensione autonoma e autosufficiente del politico (l’État c’est moi!); ma anche l’opera universale, cioè proprio il risultato effettuale del fare di tutti e di ciascuno, la dimensione propriamente economica, alla quale il politico sacrifica la sua autonomia e dalla quale riceve legittimità e sussistenza (il mondo liberale della ricchezza). La ricchezza è la sostanza statuale che si sacrifica: è il potere dello Stato che sacrifica la propria trascendenza ed autonomia a favore del ceto e del mondo borghese[2].

L’alterità è immediata: il potere è in sé immediatamente l’opposto di se stesso, è la ricchezza. Definire l’uno implica la definizione dell’altro. Il sussistere dell’uno implica il sussistere dell’altro. 

lunedì 11 febbraio 2019

"Occidente/Modernità e Islam. Convivenza o contrasto?" - Franco Cardini

Da: Comune di Terranuova Bracciolini - Franco Cardini è uno storico, saggista e blogger italiano, specializzato nello studio del Medioevo. 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/10/la-dignita-e-lorgoglio-che-ci-fanno.html 
    "        "     : «Laudato si’» - Jorge Mario Bergoglio
Vedi anche: alberto negri: Politica estera Italia, audizione su pace nel Mediterraneo (https://webtv.camera.it/evento

                                           

domenica 10 febbraio 2019

Lavoro e politica, inchiesta sulle classi popolari.

Da: https://www.facebook.com/cantiereperidee - http://sbilanciamoci.info/


Chi è il popolo, cosa vuole, come si rappresenta. Inchiesta di un gruppo di ricercatori nelle periferie di quattro grandi città, battute tra novembre e marzo attraverso focus group e interviste in profondità.

Nell’Italia degli anni post-crisi, le questioni del lavoro (mancanza o peggioramento delle condizioni), della sanità (assenza di servizi o sempre più costosi) e della casa (degrado infrastrutturale o affitti non più sostenibili) sembrano ancora rappresentare i problemi centrali vissuti quotidianamente dai settori popolari della società. Questo è ciò che emerge da una ricerca realizzata da una rete di ricercatori e attivisti (“Il Cantiere delle Idee”), che tra novembre e marzo hanno letteralmente girato l’Italia e visitato le periferie di quattro città (Milano, Firenze, Roma e Cosenza) incontrando e intervistando circa 50 persone (tramite focus group e interviste in profondità) per approfondire le condizioni sociali e il rapporto con la politica di un ampio settore, quello con maggiori difficoltà economiche, della popolazione italiana.

Sabato 19 maggio (2018) dalle 10 alle 17 a Firenze (Palazzo Bastogi – Regione Toscana, Sala delle Feste, Via Cavour 18), i/le ricercatori/ricercatrici e gli/le attivisti/e del Cantiere presenteranno pubblicamente i risultati della ricerca in un evento significativamente titolato Popolo? Chi? Al lavoro per nuove idee, partendo da un’indagine sulle classi popolari.

Il quadro che emerge dalle interviste è per molti aspetti inedito e sorprendente, e merita una seria e approfondita riflessione da parte della classe politica, in particolare di quelle forze politiche che hanno storicamente avuto nella funzione di rappresentanza del popolo e dei settori socialmente più svantaggiati, la loro ragione di esistere. 

(https://www.facebook.com/sinistratoscana/videos/) (https://www.facebook.com/ControradioFirenze/videos/)

LORENZO CINI, UNO DEI RICERCATORI, CI ILLUSTRA L'INDAGINE: https://archive.org/details/ClassiPopolariLorenzoCini 


Il lavoro – dicevamo – o meglio, la sua mancanza e/o la sua precarizzazione, sembra essere la questione dirimente nel vissuto della larga maggioranza degli intervistati. Dal Nord al Sud, dalle periferie della metropoli a quelle della città di provincia, non c’è nessuno che non abbia sottolineato le difficoltà incontrate al lavoro (dall’intervistato/a medesimo/o e/o riferite ai suoi cari, vedi alla voce figli, amici e genitori) come il problema principale delle loro vita. Fin qui, purtroppo, nulla di nuovo. Dieci anni di crisi economica e,  soprattutto, di soluzioni politiche inadeguate alla risoluzione di questi problemi non potevano che generare e perpetrare questa generalizzata situazione di “povertà” lavorativa e sociale.

sabato 9 febbraio 2019

venerdì 8 febbraio 2019

Nuovi scenari in America Latina - Da Lula da Silva a Bolsonaro

Da: Università Popolare Antonio Gramsci - https://www.facebook.com/unigramsci/?ref=settings - https://www.unigramsci.it/
31/01/2019, Università La Sapienza, Facoltà di Lettere e Filosofia, Aula A, Istituto di Studi Religiosi.

Il primo Gennaio si è insediato a palazzo Planalto il neoeletto presidente del Brasile Jair  Bolsonaro. La sua elezione è avvenuta dopo una campagna elettorale a dir poco surreale perché segnata dall'assenza del principale esponente di sinistra, l’ex presidente Lula, arrestato nella scorsa primavera,  nonché dalle ripetute dichiarazioni controverse, se non apertamente reazionarie, dell’attuale presidente. Una elezione che pone interrogativi sulle caratteristiche del processo di fascistizzazione in corso nel paese carioca e sulle similitudini con processi analoghi in corso in altri paesi europei e negli stessi  Stati Uniti.

Quali sono i fattori che hanno determinato l’elezione di Bolsonaro? Alcuni analisti pongono l’attenzione su diversi elementi quali l’aumentata percezione del problema della sicurezza, un sentimento di risentimento sociale generalizzato quale risultato della crisi economica,   il ruolo della chiesa evangelica e soprattutto  l’interesse degli Stati Uniti a sostenere l’unica opzione politica, quella di estrema destra,  in grado di poter governare la crisi e contemporaneamente destabilizzare la stessa borghesia brasiliana. Inoltre c’è da chiedersi quali siano le possibilità che quello che si presenta come un "fascismo d’istinto"  possa invece  radicarsi e divenire una dittatura aperta e quali saranno le relazioni politiche tra il Brasile e gli altri paesi dell’America Latina, tra cui il Venezuela, nell'attuale quadro di crisi capitalistica mondiale.

L’iniziativa che qui si propone mira ad analizzare tali questioni nel tentativo di  trovare un quadro analitico coerente attraverso il quale leggere i fenomeni in corso in Sud America.
                                                
Relazioni di:
- Matteo Bifone dottorando presso l’Università di San Paolo e collaboratore del giornale La Città Futura.

- Geraldina Colotti giornalista del Manifesto.

- Interventi dei collettivi Militant e Tanas

- Dibattito al quale parteciperà il pubblico e il Prof. Marco Ramazzotti.

Modera Alessandra Ciattini docente di Antropologia alla Sapienza e all'Università Popolare A.Gramsci.

giovedì 7 febbraio 2019

Per una sovranità democratica e popolare. Cioè costituzionale. L’ultimo libro di Alessandro Somma: “Sovranismi” - Vladimiro Giacché -

Da: http://www.marx21.it - Vladimiro Giacché è un economista italiano. - alessandro-somma è professore ordinario di diritto comparato nell’Università di Ferrara.
Vedi anche: La Costituzione italiana e i trattati europei: convivenza possibile?*- Vladimiro Giacché 
Leggi anche: L'Europa e le false credenze della Sinistra - Alessandro Somma
     "       "    : Impoverimento reale e cause immaginarie. L’euro come capro espiatorio che serve a nascondere l’aumento dello sfruttamento –  Maurizio Donato
 

"Quando un regno è condotto verso l'abisso da bande di briganti che si sono impadronite del governo, coloro che predicono la fine trovano scarso credito per le seguenti ragioni: i grandi regni hanno in sé qualcosa di durevole già per la loro stessa grandezza. La vita in piccolo continua al solito modo, i panettieri vendono il pane, si stampano libri, escono i giornali, si celebrano matrimoni, si seppelliscono i morti, si costruiscono case. In tutto ciò è ancora all'opera la ragione. L'osservatore spera quindi, senza cercare di rendersi esattamente conto della questione, che questa grande riserva di ragione, questa collaudatissima attività quotidiana, debba pure rimediare ai tratti demenziali dei reggitori. Questi tratti demenziali desumono da ciò una parvenza di plausibilità, di ragione addirittura." (B. Brecht, Me-ti libro delle svolte)

E già... Ma questo potrebbe valere in grande per l'UE e in piccolo per ogni singolo Stato... 
(il collettivo)



Poche parole hanno conosciuto un improvviso boom negli ultimi anni come i termini “sovranismo” e “sovranisti”. Di queste parole, ormai onnipresenti nel nostro dibattito politico, chi compulsasse i quotidiani anche solo di due-tre anni non troverebbe quasi traccia. E francamente di un’altra parola-contenitore di incerto significato, oltretutto in genere adoperata come etichetta denigratoria e dispregiativa, proprio non si sentiva la mancanza.

Un motivo in più per apprezzare l’ultimo libro di Alessandro Somma, “Sovranismi. Stato, popolo e conflitto sociale” (Roma, Derive/Approdi, 2018), dedicato precisamente al compito di risalire ai diversi significati che oggi assume il concetto di “sovranità”, al quale quello di “sovranismo” confusamente allude, e i limiti ai quali è sottoposto nel contesto dell’Unione Europea. Al termine di questa disamina, l’autore descrive nell’ultimo capitolo i compiti e gli obiettivi di un “sovranismo democratico” che voglia porsi all’altezza delle sfide del presente.

Prima di procedere a un esame sommario dei contenuti di questo testo, la cui facilità di lettura - un pregio ben noto ai lettori dei libri di Alessandro Somma - non deve trarre in inganno (i temi trattati infatti sono molti, importanti e molto ben approfonditi), devo premettere che mi occuperò qui della linea argomentativa che mi pare centrale, mentre per motivi di spazio dovrò lasciare ai lettori del libro il piacere di scoprire numerosi altri temi importanti. 

Il testo parte da un assunto forte sulla fase che stiamo vivendo: “L’epoca attuale è indubbiamente caratterizzata dal rigetto del mercato autoregolato e del processo di denazionalizzazione che ha accompagnato la sua affermazione”. Un rigetto che non si verifica oggi per la prima volta: il rifiuto del mercato autoregolato quale fondamento della società si ebbe tra la prima e la seconda guerra mondiale, e diede luogo a esperienze sociali e politiche radicalmente diverse tra loro quali l’Unione Sovietica e i fascismi. Dopo la seconda guerra mondiale, l’esigenza di una regolamentazione del mercato si tradusse in una rottura con la tradizione liberista che si realizzò da un lato nella drastica limitazione dei movimenti di capitale conseguente agli accordi di Bretton Woods, dall’altro nella costruzione - anche all’interno del mondo capitalista - di strutture sociali e politiche di redistribuzione della ricchezza che facessero da contrappeso al naturale squilibrio a favore del capitale dei rapporti capitale/lavoro ove lasciati a meri meccanismi di mercato (il cosiddetto “compromesso keynesiano” tra capitale e lavoro). 

martedì 5 febbraio 2019

Homo sacer - Giorgio Agamben

 Da: AccademiaIISF - Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
 Giorgio_Agamben è un filosofo italiano.

In occasione della pubblicazione dell’edizione integrale di "Homo sacer" Quodlibet, Giorgio Agamben dialoga con Carlo Galli e Geminello Preterossi, introduce Massimiliano Marotta, coordina Paolo Vinci:
                                                 

sabato 2 febbraio 2019

L'algoritmo sovrano - Renato Curcio

Da: Centro Sociale 28 Maggio - Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui:L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016; La società artificiale, 2017. http://www.sensibiliallefoglie.it

                                

venerdì 1 febbraio 2019

La giornata lavorativa - Maria Grazia Meriggi

Da: http://www.consecutio.org - Maria Grazia Meriggi, Accademia di Brera, Milano - mgmeriggi@fastwebnet.it -


Parlerò da storica soprattutto e quindi cercando di dare conto della pertinenza delle analogie ed esemplificazioni storiche che Marx fornisce intorno al tema della giornata lavorativa e ricordando inoltre, per semplificare, che la durata cronologica della giornata lavorativa, legale e poi anche contrattuale, è il frutto dei rapporti di forza prodotti nel conflitto di classe. Si inizia a definire che cos’è – al di sotto dell’evidenza empirica e contrattuale – la giornata lavorativa.

Una precisazione si rende però necessaria. Dei molti modi in cui sono presenti le narrazioni storiche nel Capitale ne sottolineo soprattutto due. Marx talvolta riassume e sintetizza comprimendo nel tempo in una narrazione in raccourci vicende che si sono sviluppate secondo le linee di tendenza da lui indicate in un lungo arco di tempo. Esempio caratteristico: l’accumulazione originaria in cui Marx comprime il passaggio secolare dall’agricoltura di villaggio con ampie aree comuni alla formazione di una eccedenza di popolazione che alimenta il proletariato industriale passando attraverso le enclosures. Agli inizi del Novecento Paul Mantoux (1906) ha ricostruito analiticamente i passaggi indicati da Marx, attraverso la formazione di un numeroso proletariato di salariati agricoli, attestandone anche la lucidità interpretativa. Altre volte invece – come nel caso di questo capitolo – Marx descrive processi in atto e ricorre a fonti di prima mano che sono le stesse cui ricorrono anche gli storici successivi dell’economia e della società inglesi ed europee del XIX secolo. Queste fonti sono gli atti ufficiali e i materiali statistici prodotti dagli ispettorati del lavoro che di mano in mano si formano presso i ministeri economici. In particolare i famosi blue books, i «libri azzurri» degli ispettori incaricati di verificare il rispetto della legislazione sulle fabbriche. In questo caso Marx è al tempo interprete e cronista appassionato dei processi che descrive con grande fedeltà.

1. Limiti della giornata lavorativa 

giovedì 31 gennaio 2019

Rispecchiamento, dialettica e neo-positivismo - Stefano Garroni


Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, lacittadelsole.Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.




Nell’aggiunta 2 al § 19 della sua Enciclopedia1, Hegel descrive una rigida alternativa intorno al sapere, affrontando così un tema, di cui si discuteva non solo al suo tempo, perché al contrario proprio l’alternativa, di cui Hegel dice, è tornata d’attualità anche in epoca a noi contemporanea. Leggiamo, dunque, la pagina hegeliana.

“Due opposte opinioni che si hanno intorno al pensiero: «questo è solo un pensiero (Gedanke)!» lo si dice, per intendere che si tratta di qualcosa di soggettivo, arbitrario e casuale, che nulla ha a che vedere con la cosa stessa, con il vero e con il reale. Oppure, si può avere del pensiero un’opinione così diversa, da sostenere che solo mediante esso può conoscersi la natura di dio e non certo mediante i sensi.”

Come si vede, – una volta che si ricordi l’identificazione tra dio e logos o ragione, che Hegel eredita dalla tradizione classica – qui è perfettamente delineata l’alternativa fra una concezione del conoscere, fondata sulla mediazione del pensiero; ed un’altra concezione – che ad es. ritroviamo senz’altro in Schopenhauer e in Bergson (ma anche in tanti autori ad Hegel contemporanei), secondo cui la conoscenza effettiva, profonda, reale è resa im-possibile, proprio dalla presenza della mediazione del pensiero; nel proseguo della nostra analisi, vedremo che appunto questi due filosofi saranno oggetto privilegiato della critica neopositivista di Moritz Schlick.

Insomma, Hegel delinea l’opposizione fra una concezione scientifica e razionale del conoscere, ed un’altra, che punta piuttosto su cose come, il sentimento, l’intuizione, l’immedesimazione del soggetto con l’oggetto. In definitiva, il misticismo.

“Il sentimento in quanto tale – continua Hegel – è la forma della sensibilità, che ci accomuna all’animale; quella del sentimento è la forma più vile per il contenuto spirituale. Questo contenuto – cioè, dio stesso (ovvero, per chiarire ancora una volta, la razionalità, che si dispiega nel mondo, perché è la razionalità del mondo. Nota mia, S.G.) – è nella sua verità solo nel pensiero e in quanto pensiero. In questo senso, dunque, il pensiero non è solo pensiero, sì piuttosto il modo sommo e, se ben esaminato, l’unico, in cui l’Eterno, ciò-che-è-in-sé-e-per-sé può esser colto. La logica non serve solo a pensare – cosa che si presterebbe all’obiezione che gli uomini pensano normalmente, anche senza saper nulla di logica. Ma, da quando si è capito che del pensiero va fatta esperienza (erfahren) anche come il Sommo, il Vero, la logica non serve solo a questo: se la scienza della logica analizza il pensare nella sua attività e nella sua produzione (e il pensare non è un’attività priva di contenuto, poiché produce pensanti e pensati), allora il contenuto è il mondo soprasensibile (cioè quella dimensione, che non si riduce all’immediatezza del sentire, dell’esperire. Nota mia, S.G.) ed occuparsi di esso è mantenersi in tale mondo.

Raggiunta una prima chiarezza a proposito della pagina hegeliana, azzardiamo un accostamento, che ha effettivamente qualcosa di provocatorio.

martedì 29 gennaio 2019

La strana nascita dello spazio e del tempo - Guido Tonelli

Da: Festa Scienza Filosofia - Guido_Tonelli è un fisico del CERN, professore dell’Università degli Studi di Pisa e ricercatore associato dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è uno dei protagonisti della scoperta del bosone di Higgs.

                             

lunedì 28 gennaio 2019

I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (II parte) - Renato Caputo

Da: https://www.lacittafutura.it - Approfondimenti teorici (Unigramsci) - Renato Caputo insegna storia e filosofia. 
Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi

La filosofia come comprensione del proprio tempo con il pensiero
La verità, secondo Hegel, non è mai qualche cosa di dato, di finito, ma è il risultato di un processo e dei momenti necessari che sono stati superati dialetticamente – ovvero tolti in ciò che c’era di non più attuale e tesaurizzati per quanto c’era di ancora vitale – per raggiungere tale risultato. La filosofia hegeliana è filosofia reale e, perciò, segna una cesura con il pensiero utopistico, improntato non alla conoscenza scientifica della realtà storica, ma alla pura aspirazione del dover essereL’idea in effetti non è, sottolinea Hegel, così impotente da restare un mero dover essere, una pura aspirazione, un mero concetto astratto in quanto tale soggettivo.
Al contrario la filosofia ha come missione fondamentale quella di far comprendere la realtà nella sua razionalità, nella sua necessità, ovvero in modo scientifico. Deve dunque, innanzitutto, consentire di comprendere concettualmente la propria epoca storica – comprese le leggi, la morale e la religione di cui occorre intendere la razionalità-necessità – per consentire così all’uomo d’azione, al Politico di intervenire in modo razionale su di essa, con profitto, per razionalizzare ulteriormente l’esistente, realizzando nell’idea il concetto che ne costituiva, in modo generalmente non del tutto consapevole, il movente. Una volta ricompresa razionalmente la nuova realtà storica, diverrà la base per elaborare un nuovo concetto, che richiedere, per essere a sua volta realizzato, una nuova azione storica.
L’indissolubile nesso dialettico fra filosofia e storia, pensiero e azione, teoria e prassi
Hegel utilizza, per rappresentare la filosofia, la metafora della Nottola (la civetta) di Atena-Minerva, l’uccello notturno posto come simbolo della Dea della ragione, che indica la visione dall’alto che consente al filosofo di comprendere la realtà nella sua verità, ovvero nel suo insieme, nella sua totalità, levandosi in volo sul far della sera, ossia quando l’azione storica, che necessariamente la precede, si è compiuta. Più grande è l’azione storica più significativa sarà, dunque, la sua comprensione filosofica e, proprio per questo, secondo Hegel i grandi sistemi filosofici, che sintetizzano in sé tutti i precedenti sviluppi delle scienze filosofiche compendiandole, sono realizzabili solo quando un’intera epoca storica si è compiuta e si è così giunti nella notte che precede l’alba di un nuovo mondo. La grande azione storica su cui riflette la filosofia di Hegel è la Rivoluzione francese e la sua affermazione in Europa – prima con le imprese napoleoniche e poi con la lotta dei popoli nazionali contro l’impero bonapartista – e la coeva rivoluzione industriale che segnano il tramonto della grande epoca storica cristiano-medievale, dal cui compimento-superamento nascerà il mondo moderno capitalista-borghese.