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venerdì 26 aprile 2024

Il FASCISMO e la RESISTENZA - raccontati da Luciano Canfora

Da: Circolo Metafisico - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast)

                                                                            

martedì 16 aprile 2024

martedì 9 aprile 2024

Lenin, a cento anni dalla morte -


Jutta Scherrer m.13,47 - Luciano Canfora m.36,02 - Rita Di Leo m.50,57 - 
Etienne Balibar m.1,09,25 - Luciana Castellina m.1,34,13 - 
Giacomo Marramao m.2,03,41 - Stefano G. Azzarà m.2,24,51 -

                                                                          


giovedì 21 marzo 2024

Luciano Canfora presenta "Il fascismo non è mai morto"

Da: PDE promozione -  Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast
           
[...] Canfora discute il concetto di fascismo come categoria metastorica, rifiutando la sua espansione a sinonimo di “totalitarismo” o “tirannia”, troppo generalizzante e per questo svuotata di valore. Il fascismo è qualcosa di preciso, con una origine, una storia e caratteristiche peculiari, a partire dal razzismo e da una concezione di nazione come “comunità naturale”. A quel fascismo, precisamente collocabile nella storia si sono rifatti poi tutti i movimenti a seguire, dagli “allievi” nazisti, falangisti, salazaristi a tutti i neofascismi a seguire. [...] 

Per tutti quelli che sono impegnati a convincere soprattutto se stessi che il fascismo "è finito nell'aprile 1945".
                             

domenica 4 febbraio 2024

Luciano Canfora: Sovranità limitata

Da: transformitalia - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast

                                                                         

giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.

mercoledì 10 gennaio 2024

L. Canfora e C. Esposito, "Marx e i suoi scolari".

Da: Costantino Esposito • Conversazioni - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast) - 
Costantino Esposito. Dipartimento di Filosofia, Letteratura, Storia e Scienze Sociali [FLESS]Università degli Studi di Bari «Aldo Moro» - 

                                                                        

mercoledì 27 settembre 2023

STORIA EUROPEA - Luciano Canfora, Franco Cardini

Da: ScipioneTV - Il video proviene dal canale Università dell'Età Libera  ( / @universitadelletalibera-pe7659). - 
Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast)
Franco Cardini, è professore emerito di Storia medievale presso l'Istituto di Scienze Umane e Sociali (Firenze, oggi aggregato alla Scuola Normale Superiore di Pisa), saggista e blogger italiano (https://www.francocardini.it).          

                                                                          

domenica 10 settembre 2023

Dal laissez-faire al laissez-mourir - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 



Sembra proprio che siamo arrivati al redde rationem: come sfuggiremo alla policrisi innestata da molteplici fattori. I vulnerabili saranno destinati a pagare per tutti? 

Che alcuni tra i padroni del mondo pensino che la soluzione ai gravi problemi (ecologici, sociali, politici) del nostro pianeta sia una sorta di eugenetica, magari applicata con l’aiuto della guerra, non credo possa essere smentito. Certo, sino ad oggi mancano prese di posizione ufficiali che potrebbero solo suscitare orrore e raccapriccio tra la popolazione. Ma con la scusa che è lecito esprimere liberamente le proprie idee (chiamiamole così), qualsiasi esse siano, utilizzando però la censura quando si tratta di contrastare i propri nemici, esse circolano e vengono diffuse, anzi celebrate, come per esempio la necessità di introdurre la pratica dell’eutanasia nel nostro paese, già in uso in altri, senza domandarci come e a che scopo potrebbe essere surrettiziamente usata. L’eutanasia viene presentata come una scelta di massima libertà, presupponendo astrattamente che un individuo profondamente sofferente e magari isolato sia pienamente consapevole delle sue scelte anche estreme.

Dietro questa concezione della finta libertà senza limiti sta l’individualismo sfrenato che illude gli individui che possono essere completamente liberi, sganciati dalle regole sociali, che possono drogarsi, ubriacarsi, praticare il sesso nelle sue più variegate forme, quando la libertà che conta è quella di coloro che gestiscono il potere economico, militare e politico, i quali possono tranquillamente lasciare gli altri a baloccarsi con questi diversivi, da loro stessi non disdegnati, cui viene tolta la dimensione umana e sociale più profonda. D’altra parte, la tanto ricercata e propagandata trasgressività si fonda su un assurdo: non seguire una regola è anch’essa una regola, quella di non seguire regole, come del resto “vietato proibire” implica sempre l’esistenza di un’autorità che proibisce di proibire. Paradossi logici che fanno pensare pochi, ma che non tormentano i sonni degli autodichiarati anarco-libertari.

sabato 8 luglio 2023

Benjamin Abelow: "Come l'Occidente ha provocato la guerra in Ucraina" - Prefazione di Luciano Canfora

 Da: https://fazieditore.it/catalogo-libri/come-loccidente-ha-provocato-la-guerra-in-ucraina 

Prefazione di Luciano Canfora

Quando, nel 1961, lo storico britannico Alan John Percival Taylor (1906-1990) pubblicò Le origini della seconda guerra mondiale1 si sprigionò una bufera mediatica. I detrattori insorsero perché Taylor aveva, tra l’altro, sostenuto e argomentato tesi che in verità oggi non inquietano più nessuno: per esempio che i vincitori del primo conflitto mondiale, con la loro miope gestione della vittoria, avevano posto alcune non secondarie premesse del successivo conflitto mondiale. Perciò al principio dell’opera figurava un capitolo intitolato “L’eredità della prima guerra mondiale”. E merita attenzione, a questo proposito, la periodizzazione proposta da ultimo da Richard Overy: una «Grande guerra imperiale, 1931-1945»2. 

Taylor, militante laburista e avversario della politica conciliante dei conservatori inglesi verso Hitler, non si lasciava intimidire dagli automatismi del “politicamente corretto”. Per esempio – a proposito di un altro scottante tema, sommerso da interpretazioni propagandistiche – argomentava lucidamente che nell’agosto 1939 l’unica strada praticabile per l’URSS – avversata dai governi occidentali, da quello tedesco e dalla Polonia – era il patto di non aggressione con la Germania: «È difficile vedere», scriveva Taylor nel capitolo conclusivo, «quale altra strada avrebbe potuto prendere la Russia sovietica»; e spiegava: «Poiché i polacchi rifiutavano l’aiuto sovietico e gli inglesi tiravano per le lunghe i negoziati a Mosca senza cercare sul serio di giungere a una conclusione, la neutralità, con o senza un atto formale, era il massimo cui la diplomazia sovietica potesse aspirare»3. 

Come si sa, il “patto” del 23 agosto 1939 fu violato dai tedeschi meno di due anni più tardi, con l’attacco alla Russia del giugno 1941. Qualcosa di analogo è successo nel caso della recente guerra NATO-Russia che si sta combattendo sul territorio dell’Ucraina. Al momento del disfacimento del patto di Varsavia (1990), l’assicurazione, non formalizzata in accordo scritto (formulata dal segretario di Stato degli Stati Uniti James Baker a Gorbačëv), da parte statunitense e a nome della NATO, era stata che la NATO non avrebbe cercato di estendersi verso est. E invece nel volgere di pochi anni tutti gli Stati euro-orientali confinanti con la Russia (i Baltici) o con la Bielorussia (la Polonia) o con l’Ucraina (la Romania) – a tacere della fomentata crisi caucasica – divennero membri della NATO. Eppure non erano mancati appelli alla saggezza come, ad esempio, la lettera di George Kennan e Robert McNamara (giugno 1997) a Bill Clinton, che additava il rischio insito nell’espansione a est della NATO. Era un nuovo, pericoloso caso di gestione miope della vittoria: ovvero della vittoria della NATO, cioè di fatto degli Stati Uniti e dei loro più o meno docili satelliti, nella lunga guerra fredda (1947-1991). È in genere l’impulso a “stravincere” che innesca nuove guerre. La lezione del dopo-trattato di Versailles (1919- 1939), così efficacemente posta in luce da Taylor, non era servita a nulla. (E nemmeno esperienze più remote, come l’errore imperdonabile di Bonaparte nel 1812, che mirava a estendere, ancora una volta a est, l’egemonia: in quel caso, dell’impero francese).

martedì 6 giugno 2023

Catilina, una rivoluzione mancata - Luciano Canfora

Da: Literature for Aliens - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast)



                                                                                      

giovedì 11 maggio 2023

Marx e la cultura antica: tra Epicuro e Catilina - Luciano Canfora e Mauro Bonazzi

Da: Fondazione Circolo dei lettori - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast) - 
Mauro Bonazzi insegna Storia della filosofia antica presso l'Università di Utrecht e l'Università Statale di Milano. Ha insegnato anche a Clermont-Ferrand, Bordeaux, Lille e all'École Pratique des Hautes Études di Parigi. Specialista del pensiero politico antico, di Platone e del platonismo.

                                                                             

domenica 29 gennaio 2023

Quello che Dante non è - Lelio La Porta

Lelio La Porta è membro del “Centro per la filosofia italiana” e della “International Gramsci Society Italia”. È studioso di Gramsci, Lukács e Arendt. 

Leggi anche: Dante nei “Quaderni del carcere”: il canto decimo dell’Inferno di Antonio Gramsci. - Giorgio Gattei 

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi 

Marx apprende l’italiano leggendo Dante e Machiavelli. La Divina Commedia e specialmente l’Inferno, nonostante l’orientamento metafisico di Dante, risultano essere in linea con gli interessi della vita di Marx, come il Faust di Goethe e la traduzione di Lutero della Bibbia.

Vanno ricordati alcuni passi significativi dell’opera marxiana nei quali i versi danteschi assumono una torsione non soltanto descrittiva ma anche fortemente contenutistica se non perfino, in alcuni momenti, autobiografica. La conclusione della Prefazione del 1867 alla prima edizione del Capitale suona nel modo seguente:

Segui il tuo corso, e lascia dir le genti! 1

In realtà, Marx opera una variazione rispetto al verso originale che suona così:

Vien dietro me, e lascia dir le genti…

A parlare è Virgilio; sostituendosi al poeta mantovano è come se Marx affidasse a se stesso il compito di percorrere le strade della ricerca seguendo i propri interessi. Ancora: Marx condivide con Dante la sorte di esule. Rispondendo ad “un insultante articolo di fondo del Times” nei confronti degli esuli, in particolare dei rifugiati politici, Marx, dalle colonne del New York Daily Tribune del 4 aprile 1853, risponde con le parole con cui l’antenato Cacciaguida, nel canto XVII del Paradiso, predice a Dante l’esilio ricordandogli com’è amaro il pane degli altri, elemosinato nella povertà dell’esilio, e com’è duro e penoso il cammino nello scendere e salire le scale degli altri in cerca di aiuto e di protezione. Chiosa Marx:

- Beato Dante, un altro esponente di quella infelice categoria chiamata dei “profughi politici”, che i nemici non potevano minacciare con l’infamia di un articolo di fondo del Times! E ancor più beato il Times al quale non è capitato un “posto riservato” nel suo Inferno! -

Eppure anche Dante avrebbe trovato difficoltà a descrivere come luogo infernale una manifattura di fiammiferi del 1833, luogo in cui la disumanizzazione e la brutalità del capitalismo trovano un’esemplificazione così bestiale da non poter essere espressa con un linguaggio letterario2. 

lunedì 22 agosto 2022

Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini

Da: la Città Futura - https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini intervista un giovane ricercatore indipendente Giacomo Gabellini, sul suo ultimo libro Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale, Diarkos 2022.



Partendo dall’enunciazione della Dottrina Monroe, avvenuta nel 1823, si finisce col ricostruire due secoli di storia del nostro mondo, giacché essa è sempre stata il fondamento, implicito o esplicito, di tutta la politica statunitense, che ha praticamente coinvolto tutte le regioni del pianeta.

Richiamandosi a un’opera assai nota di John Perkins, Confessioni di un sicario dell’economia (2004), l’autore illustra i vari metodi usati per favorire l’espansione statunitense, il cui scopo primario era ed è quello di garantire lauti profitti al capitale statunitense e ai suoi monopoli. Dall’analisi di Gabellini risulta pertanto evidente come lo Stato statunitense sia stato un semplice strumento nelle mani di voraci élite che per incrementare i loro profitti non si sono fermate dinanzi a nessuna sofferenza e distruzione che le loro scelte politiche hanno provocato e continuano a provocare.

                                                                                                                                                  


venerdì 19 agosto 2022

domenica 3 luglio 2022

"Ipocrisia" - Carlo Rovelli

Da: Carlo Rovelli - https://www.kulturjam.it - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia. 

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Fare la pace o fare la guerra? - Roberto Fineschi

Occidentali’s Karma - Giovanni Iozzoli

NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare

 Vedi anche: Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA


Poche volte mi sono sentito come in questo periodo, così lontano da tutto quanto leggo sui giornali e vedo alla televisione riguardo alla guerra ora in corso in Europa orientale. 

Poche volte mi sono sentito così in dissidio con i discorsi dominanti. Forse era dai tempi della mia adolescenza inquieta che non mi sentivo così ferito e offeso dal discorso pubblico intorno a me. 

Mi sono chiesto perché. In fondo, sono spesso in disaccordo con le scelte politiche e ideologiche dei paesi in cui vivo, ma questo è normale — siamo in tanti e abbiamo opinioni diverse, letture del mondo diverse. Anche del mio pacifismo, poi, sono poi così sicuro? Ho dubbi, come tutti. 

Allora perché mi sento così turbato, ferito, spaventato, da quanto leggo su tutti i giornali, e sento ripetere all’infinito alla televisione, nei continui discorsi sulla guerra? 

Oggi l’ho capito. L’ho capito proprio ritornando col pensiero al periodo della mia prima adolescenza, quando tanti anni fa la gioventù di tanti paesi del mondo cominciava a ribellarsi a uno stato di cose che le sembrava sbagliato. Cos’era stata quella prima spinta al cambiamento? Non era l’ingiustizia sociale, non erano i popoli massacrati dal Napalm come i Vietnamiti, non era il perbenismo, la bigotteria, l’autoritarismo sciocco delle università e delle scuole, c’era qualcosa di più semplice, immediato, viscerale che ha ferito l’adolescenza di mezzo secolo fa e ha innescato le rivolte di tanti ragazzi di allora: l’ipocrisia del mondo adulto. 

L’istintiva realizzazione da parte della limpidezza della gioventù che gli ideali ostentati erano sepolcri imbiancati. Che i nobili valori dichiarati erano coperture per un egoismo gretto. Che l’ostentato moralismo, la pomposa prosopopea della scuola, la pretesa autorità delle istituzioni erano coperture per privilegi, sfruttamento e bassezze. Questo d’un tratto era insopportabile, per gli occhi limpidi di un ragazzo o una ragazza. 

Sono passati tanti anni da allora. Il mondo mi appare infinitamente più complesso, difficile da decifrare, difficile da giudicare, di quanto non mi apparisse allora. L’illusione che tutto possa essere pulito e onesto nel mondo l’ho persa da tempo. Ma l’esplosione dell’ipocrisia dell’Occidente in questo ultimo anno è senza pari. 

mercoledì 22 giugno 2022

mercoledì 25 maggio 2022

I confini della libertà - Luciano Canfora

Da: Fondazione Circolo dei lettori - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni)

"La democrazia: da governo di tutti a governo dei meno"- Luciano Canfora

Critica della retorica democratica - L. Canfora, A. Burgio

Tucidide e la Storia - Luciano Canfora

                                                                             

venerdì 29 aprile 2022

Note su “Il Mediterraneo” di Fernand Braudel - Andrea Baldazzini

 Da: https://www.pandorarivista.it - Fernand Braudel, Il Mediterraneo: lo spazio la storia gli uomini le tradizioni, Bompiani, Milano 2008, p. 43. - Andrea Baldazzini Ricercatore Senior presso AICCON, centro di ricerca dell’Università di Bologna dedicato alla promozione della cultura della cooperazione e del non profit, dove si occupa di imprenditoria sociale, innovazione e trasformazioni dei sistemi di welfare territoriale. Svolge inoltre attività di formazione e consulenza per organizzazioni di terzo settore e pubbliche amministrazioni. Per «Pandora Rivista» è membro della Redazione. 

Leggi anche: A che serve la storia?*- Luciano Canfora  

FILOSOFIA DELLA STORIA - G. G. Federico Hegel  

Storia del pensiero scientifico e filosofico* – Ludovico Geymonat  

Marc Bloch oltre la nouvelle histoire: prospettive teoriche da riscoprire*- Adriana Garroni 

Vedi anche:  Marc Bloch - Alessandro Barbero  

"che scienza è la Storia?" - Aldo Giannuli 



Quest’opera, pubblicata per la prima volta nel 1949, ha rappresentato un vero e proprio momento di rottura nella storiografia contemporanea. Fernand Braudel è stato il principale rappresentante della cosiddetta seconda generazione dell’École des Annales, fondata da Lucien Febvre e Marc Bloch alla fine degli anni Venti a partire dalla rivista «Annales d’histoire économique et sociale», una rivista dalla quale nascerà un modo totalmente nuovo di studiare la storia, probabilmente il più rivoluzionario di tutto il Novecento.

Quali sono dunque i tratti distintivi di questo approccio storiografico? Perché il libro di Braudel sul Mediterraneo fornisce ancora oggi molti spunti imprescindibili, non solo per leggere la storia, ma anche per riflettere, ad esempio, sulla geopolitica di questo spazio? Perché la storia è necessaria a immaginare un futuro aperto e potenziale?

Andiamo con ordine, per quanto riguarda la prima domanda si può rispondere affermando che sono almeno quattro le caratteristiche peculiari dell’École des Annales:

  • L’interdisciplinarietà, ovvero, l’idea che la storia debba fuoriuscire dal suo «immobilismo accademico» aprendosi alle altre discipline, e lo stesso titolo della prima rivista Annales d’histoire économique et sociale mostra chiaramente come essa venga fin da subito pensata nelle sue strette correlazioni che la legano all’economia e al sociale. Non a caso infatti, soprattutto Febvre e Bloch guardano con interesse al marxismo e alla psicanalisi intendendoli entrambi come nuove modalità di presentare la pluralità dell’esperienza umana. Da qui poi l’interesse storico per le «dimensioni viventi della persona», come il lavoro o gli stili di vita, segni di una pratica storiografica radicalmente differente rispetto a quella ottocentesca classica.
  • Oggetto della storia può così diventare lo stesso mondo contemporaneo e non solo ciò che è temporalmente lontano. Lo storico può finalmente cominciare a occuparsi anche di fatti che lo coinvolgono in prima persona, e rispetto ai quali non vi deve essere per forza quel distacco solitamente richiesto in nome di un presunto oggettivismo epistemologico.
  • Nasce allora il desiderio di scrivere una «storia totale», non limitandosi più ai meri aspetti politici, militari o diplomatici.
  • Il racconto storiografico passa dunque dallo studio degli ‘eventi’ (l’histoire événementielle come la chiamano Bloch e Febvre che schiaccia la storia sulla storia-politica) a quello delle strutture, delle ricorrenze, delle interconnessioni, guardando al passato come ad un «flusso» e non come ad una somma di epoche o manifestazioni di qualche Spirito.