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martedì 19 giugno 2018

Antigone, o i rischi della secolarizzazione - Mauro Bonazzi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - mauro-bonazzi insegna Storia della filosofia antica.
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/antigone-di-sofocle-vittorio-cottafavi.html
                      https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/08/tragedia-come-paideia-eva-cantarella.html
                        https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/06/edipo-la-conoscenza-e-il-destino-mauro.html
Leggi anche:      https://air.unimi.it/retrieve/handle/2434/142291/119966/10%20bonazzi.pdf




Nella secolarizzazione della tradizione europea la religione è stata interpretata come una forma di devozione personale. Dopo la massima espansione capitalistica e la parallela crisi culturale e politica, la religione cristiana ha ripreso un suo senso molto ampio come insegnamento morale e come contenuto politico. Una forte accentuazione di questa caratteristica è nella religione dell'Islam, l'altra grande religione monoteistica con al centro l'idea di salvezza. Ma il mondo è molto più ampio, e miliardi di persone, in India come in Cina, esercitano forme religiose o naturalistiche o confuciane. Conoscere queste culture fa capire il mondo contemporaneo. 

lunedì 1 ottobre 2018

- "LO SPECCHIO DI ATENE": LA GIUSTIZIA, LA FORZA, IL POTERE - Mario Vegetti e Mauro Bonazzi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano

In occasione della presentazione dei libri:
"Chi comanda nella città. I greci e il potere" di Mario Vegetti (Carocci Editore)
"Atene, la città inquieta" di Mauro Bonazzi (Einaudi Editore)
Intervengono oltre agli autori Eva Cantarella e Franco Trabattoni

giovedì 11 maggio 2023

Marx e la cultura antica: tra Epicuro e Catilina - Luciano Canfora e Mauro Bonazzi

Da: Fondazione Circolo dei lettori - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast) - 
Mauro Bonazzi insegna Storia della filosofia antica presso l'Università di Utrecht e l'Università Statale di Milano. Ha insegnato anche a Clermont-Ferrand, Bordeaux, Lille e all'École Pratique des Hautes Études di Parigi. Specialista del pensiero politico antico, di Platone e del platonismo.

                                                                             

martedì 6 giugno 2023

Catilina, una rivoluzione mancata - Luciano Canfora

Da: Literature for Aliens - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast)



                                                                                      

sabato 15 agosto 2020

Che "cosa" è la verità? - Umberto Curi

Da: Festivalfilosofia - Umberto Curi è un filosofo italiano.
Vedi anche: Marx - Umberto Curi 
                     Chi ha paura di Cassandra? - Umberto Curi 

                                                                             

                   Leggi anche: Platone - Il mito della caverna (Repubblica, 508c-521c): http://www.libreriafilosofica.com/platone-mito-caverna/?upm_export=pdf

                   Vedi anche: "EDIPO, LA CONOSCENZA E IL DESTINO"- Mauro Bonazzi, Silvia Vegetti Finzi 

mercoledì 20 maggio 2020

Edipo. Dall'enigma alla colpa - Maurizio Bettini

Da: Teatro Franco Parenti -
Maurizio Bettini è professore ordinario di Filologia Classica all'Università di Siena e direttore del centro interdipartimentale di studi 'Antropologia del mondo antico'.
Vedi anche:  Tragedia come Paideia*- Eva Cantarella 
                      Medea migrante - Eva Cantarella 
                     "EDIPO, LA CONOSCENZA E IL DESTINO"- Mauro Bonazzi, Silvia Vegetti Finzi 
                      Antigone di Sofocle - Vittorio Cottafavi 
                      Le troiane - Euripide
                                                                            

mercoledì 2 giugno 2021

Crisi storiche e naturalismo capitalistico - Stefano G. Azzarà


Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020 (vol. IX), a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico) - Riproduciamo qui, con qualche lieve modifica, il primo capitolo del libro di Stefano G. Azzarà Pensare la pandemia. Universalismo astratto e sovranismo particolaristico di fronte allo stato d’eccezione, Mimesis, Milano 2020.
Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo. 



Le crisi acute mettono in evidenza le contraddizioni, le fragilità e linee di faglia di ogni società storica come di ogni sistema politico  e economico. In tutte le epoche, guerre su vasta scala, cadute repentine della produzione, eruzioni rivoluzionarie, terremoti, carestie ma anche epidemie hanno interrotto il normale funzionamento della vita delle nazioni e hanno sottoposto a stress imprevisti i loro assetti, conducendole a volte anche al collasso quando queste tensioni superavano  il livello di soglia e in  particolare quando  potevano  far leva su fratture profonde pregresse che sino a quel momento erano rimaste più o meno celate o erano state in qualche modo suturate. Così che sarebbe interessante completare l’indagine di Walter Scheidel sull’impatto livellatore e redistributivo dei «Quattro Cavalieri» – «guerre di massa, rivoluzioni trasformative,  fallimenti  degli  Stati  e  pandemie  letali» – indagando  «se  e  come»  la presenza di gravi forme di disuguaglianza sociale o altre asimmetrie abbiano potuto «contribuire a generare questi shock violenti»1. 

Sotto questo aspetto, le società capitalistiche, e tanto più quelle avanzate come la maggior parte dei paesi appartenenti alla civiltà occidentale, dovrebbero  comunque  dimostrarsi  in  linea  di  principio  avvantaggiate rispetto  alle società tradizionali o a quelle improntate a una diversa organizzazione della produzione e della riproduzione. Per quanto certamente più complesse delle formazioni sociali precedenti o di quelle concorrenti, come già Gramsci aveva compreso nel cartografare la loro «robusta catena di fortezze e di casematte»2 – una  complessità  che  per  il  suo  pluralismo,  oltretutto, viene  di  solito  fatta valere anche come una caratteristica positiva di fronte a possibili configura-zioni alternative e più centralizzate del legame sociale –, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra queste società hanno in gran parte superato il problema della sussistenza e dei bisogni primari su scala di massa. Inoltre, la razionalità tecnica e scientifica che presiede alla loro organizzazione, progettata vieppiù per adattarsi alle fluttuazioni improvvise dei mercati, dovrebbe essere in grado in linea di principio di reagire in maniera adattiva e persino proattiva ad ogni contingenza: in questo modo quantomeno, come ha fatto notare Richard  Sennet3, è stato con  insistenza promosso  nel corso di troppi  decenni alle nostre spalle il processo di «specializzazione flessibile» del lavoro sociale complessivo, al fine di sconfiggere tramite le «reti  aperte» i «mali della routine». E di rispondere, abituandosi a «cambiamenti improvvisi e decisi», alle esigenze di un’epoca che, si diceva, con la sua continua accelerazione dei ritmi di vita e di consumo e con i suoi problemi ogni giorno più globali imponeva una  sempre  nuova  ridefinizione just  in  time di  tutte  le  funzioni  sociali  man mano che le esigenze della società stessa mutavano, in risposta alla sua prepotente evoluzione interna come agli stimoli esterni (in realtà, per «ridurre il costo diretto e indiretto del lavoro»4 e per «ridurre il rischio d’impresa», avvertiva più prosaicamente Luciano Gallino).