"Delle mie personali attidudini fisiche e intellettuali, e delle mie personali possibilità di azione io posso... alienare ad un altro un uso limitato nel tempo, giacche esse, dopo tale limitazione, conservano un rapporto esteriore con la mia totalità e universalità. Alienando tutto il mio tempo realizzato tramite il lavoro e la totalità della mia produzione, io darei in proprietà ad un altro quello che essi hanno di essenziale, la mia attività e realtà universali, la mia personalità". Hegel (Philosopie des Rechts, Berlino, 1840, p. 104, § 67)
"...si odia l'usura a pieno diritto in quanto qui il denaro stesso è la fonte del guadagno e non lo si usa allo scopo per cui fu inventato. Giacché ebbe origine per lo scambio di merci, ma l'interesse fa dal denaro più denaro, e da questo ebbe origine anche il suo nome (interesse e nato). In quanto i nati sono simili ai loro genitori. E l'interesse è denaro originato dal denaro, in maniera che esso è, tra tutti i modi di guadagno, quello maggiormente contro natura". Aristotele (DeRepubblica,vol.I,cap.10) "...la formazione del capitale deve essere possibile anche se il prezzo delle merci è eguale al valore delle merci. Non può essere spiegata con la differenza fra i prezzi e i valori delle merci. Se i prezzi differiscono realmente dai valori, occorre ridurre i prezzi ai valori, cioè fare astrazione da questa circostanza come casuale, se si vuole avere davanti a sé puro il fenomeno della formazione del capitale sulla base dello scambio di merci, e se non si vuole essere confusi nell'osservarlo da circostanze secondarie perturbatrici ed estranee al vero e proprio andamento del fenomeno. Si sa del resto che tale riduzione non è affatto un puro e semplice procedimento scientifico. Le oscillazioni continue dei prezzi di mercato, i loro rialzi e i loro ribassi, si compensano, si eliminano reciprocamente e si riducono a prezzo medio, che è la loro regola interna. Ed essa costituisce la stella polare p. es. del mercante o dell'industriale in ogni impresa che abbracci un periodo di tempo d'una certa durata. Dunque essi sanno che, considerato nel suo insieme un periodo di una certa durata, le merci vengono vendute non sopra e non sotto il loro prezzo medio, ma proprio al loro prezzo medio. E se il pensiero disinteressato fosse semmai il loro interesse. il mercante e l'industriale si dovrebbero porre il problema della formazione del capitale a questo modo: data la regolazione dei prezzi mediante il prezzo medio, cioè in ultima istanza, mediante il valore della merce, come può nascere capitale? Dico «in ultima istanza», perché i prezzi medi non coincidono direttamente con le grandezze di valore delle merci, come credono A. Smith, il Ricardo, ecc". [...] "Perciò, comunque si giri la cosa, il risultato è sempre il medesimo. Scambiando equivalenti, non sorge alcun plusvalore, e non sorge neanche scambiando non equivalenti. La circolazione, cioè lo scambio delle merci, non crea alcun valore". Karl Marx
http://www.rottacomunista.org/classici/marx-engels/capitale/cap_4.htm
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
mercoledì 4 dicembre 2013
martedì 26 novembre 2013
E. Cassirer, Scienza e funzione… - Stefano Garroni -
Stefano Garroni (Roma, 26 gennaio 1939 – Roma, 13 aprile 2014) è stato un filosofo italiano. Assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica (Roma Sapienza) diretta, nell'ordine, dai Proff. U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nel 1973 entrò a far parte del Centro di Pensiero Antico del CNR diretto dal Prof G. Giannantoni.
“La nuova posizione, che la filosofia contemporanea viene
gradualmente assumendo riguardo ai fondamenti della scienza teoretica, forse in
nessuna cosa si è manifestata con maggior chiarezza che nelle trasformazioni
subite in essa dalle principali dottrine della logica formale.
Solo nella logica lo sviluppo del pensiero filosofico sembrò aver finalmente
raggiunto un sicuro punto d’appoggio; sembrò che in essa fosse stato delimitato
un campo al sicuro dai dubbi sempre sollevati contro le diverse dottrine e
opinioni gnoseologiche … Perfino la successiva affermazione secondo la quale la
logica dopo Aristotele, come non fece nessun passo indietro, così non riuscì a
compiere alcun passo avanti, dovette valere sotto questo punto di vista come
una conferma del suo peculiare carattere di certezza. Non influenzata dal vero
vivere e dal continuo trasformarsi di ogni sapere oggettivo, essa
sola sembrò affermarsi in modo costante e uniforme.” (Cassirer, 0521: 9).[1]
“Tuttavia, se si segue più da vicino il corso preso dalla
evoluzione scientifica negli ultimi decenni, ne risulta subito anche per la
logica formale un quadro diverso. Essa appare ovunque impegnata in nuove
questioni e dominata da nuove tendenze di pensiero (c’è un’evoluzione
storica anche della logica formale).
Anche per il rinnovamento della logica formale è
fondamentale la teoria matematica degli insiemi.(Cassirer,0521: 10) “Questa
teoria si rivela sempre più quale meta comune di questioni logiche diverse,
prima trattate di solito separatamente, le quali ricevono da essa la loro unità
ideale. In tal modo la logica vien tolta dal suo isolamento e ricondotta a
compiti e risultati concreti. Infatti l’orizzonte della moderna teoria degli insiemi non rimane
circoscritto a problemi puramente matematici, ma si allarga in una visione
generale che si estende e si conferma anche nella metodica speciale
della conoscenza della natura.” (Cassirer, 0521). “La critica della logica
formale si compendia in una critica della teoria generale della formazione dei
concetti.” (Cassirer, 0521: 11)
Nota che la nozione tradizionale di concetto viene
descritta da Cassirer, in forte analogia con il modo in cui Hegel e Marx
descrivono il metodo speculativo. (Cassirer, 0521: 12).[2]
Nell’accezione tradizionale il concetto non duplica la
realtà,ma semplicemente la ordina e la classifica.(Cassirer, 0531: 12).
“Se dunque si denomina l’insieme delle note di un concetto
la grandezza della sua comprensione, questa grandezza crescerà
quando dal concetto superiore si scende all’inferiore, diminuendo in tal modo
il numero delle specie che si pensano subordinate al concetto …” (Cassirer.
0531: 12s).
Contro la concezione tradizionale del concetto:”Ciò
che anzitutto chiediamo e ci aspettiamo [e che il concetto in senso
tradizionale non dà] dal concetto scientifico è che, in luogo
dell’indeterminatezza e ambiguità del contenuto rappresentativo, esso instauri
una netta e univoca determinatezza.” (Cassirer, 0531: 13); “il concetto
perderebbe se esso significasse semplicemente la negazione dei
casi particolari, dalla cui considerazione prende le mosse, e se volesse dire
distruzione della loro natura specifica.” (Cassirer, 0531: 14). Se noi –per
usare un drastico esempio di Lotze- facciamo rientrare ciliege e carne nel
gruppo connotativo dei corpi rossi, succosi e commestibili, non otteniamo con
questo alcun oggetto logico valido, bensì una connessione verbale priva di
senso e di utilità per la comprensione dei casi particolari. Da ciò risulta
chiaro che la generale norma formale di per sé sola non basta, e che invece
viene sempre tacitamene integrata da un altro criterio di pensiero.” (Cassirer,
0531: 14).
[Concetto e telos in Aristotele] - “La
definizione (aristotelica) del concetto mediante il suo genere prossimo e la
differenza specifica rispecchia il processo in virtù del quale la sostanza
reale si dispiega successivamente nei suoi particolari modi di essere.”
(Cassirer, 0531: 14); per Aristotele almeno il concetto non è un semplice
schema soggettivo in cui noi raccogliamo gli elementi comuni di un gruppo
qualsiasi di cose. Rilevare ciò che è comune rimarrebbe un vano gioco
dell’immaginazione se alla base non ci fosse il pensiero secondo cui ciò, che
in tal maniera viene ottenuto è al tempo stesso la forma reale,
che garantisce il nesso causale e teleologico delle cose singole.”
(Cassirer, 0531: 14s)[3] “Il pensiero non fa che isolare il tipo
specifico che è contenuto nella concreta realtà singola come fattore
attivo e che conferisce ai particolari esseri formati l’impronta universale. La
specie biologica indica al tempo stesso la meta, a cui la singola forma vitale
tende, e la forza immanente onde il suo sviluppo è guidato … La definizione del
concetto mediante il suo genere prossimo e la differenza specifica rispecchia
il processo in virtù del quale la sostanza reale si dispiega successivamente
nei suoi particolari modi di essere.[4]
“A questo fondamentale concetto di sostanza rimangono
pertanto sostanzialmente legate anche le teorie puramente logiche di
Aristotele. Il sistema completo delle definizioni scientifiche sarebbe al tempo
stesso l’espressione completa delle potenze sostanziali che dominano la realtà.
La struttura specifica della logica aristotelica è in tal modo condizionata
dalla struttura specifica del suo concetto di essere.” (Cassirer, 0531: 15)
Giusta la sua concezione di sostanza, Aristotele fa passare
in secondo piano il concetto di relazione, mentre rimane incontrastato il
primato logico di sostanza … anzitutto è la categoria di relazione a essere
degradata, in conseguenza di questa fondamentale dottrina metafisica di
Aristotele, a un rango dipendente e subordinato.” (Cassirer, 0531: 16). “Nei
manuali di logica formale questa concezione si manifesta nel fatto che
di solito i rapporti o le relazioni vengono annoverati fra le note <non
essenziali> di un concetto, le quali perciò possono essere tralasciate senza
danno nella definizione di esso.”(Cassirer, 0531: 16).
Particolarmente lo sviluppo scientifico moderno, mostra
sempre più la contrapposizione tra una logica basata sul concetto di cosa e
una logica basata sul concetto di relazione.(Cassirer, 0531: 16).
J.S.Mill “ribadisce esplicitamente che la vera realtà positiva di
ogni relazione risiede sempre soltanto nei singoli termini da essa collegati, e
che in tal modo, poiché questi termini possono esser dati soltanto nella
differenziazione individuale, non si può parlare neppure di una
rappresentazione concreta e con tutte le caratteristiche di tale rappresentazione
..” (Cassirer, 0531: 18s). La psicologia dell’astrazione e la disputa
scolastica sugli universali. (Cassirer, 0531: 19-20)
“I concetti, che in definitiva Aristotele cerca e
a cui il suo interesse è principalmente rivolto, son i conceti-generi della
scienza naturale descrittiva e classificatrice. La <forma> dell’ulivo,
del cavallo, del leone è ciò che si tratta di raggiungere e di stabilire.”
(Cassirer: 20)
“I concetto di punto, di linea, di superficie può essere
mostrato come parte diretta del corpo fisicamente presente, e
quindi essere da esso separato per semplice « astrazione ». Già di fronte
a questi semplicissimi esempi, che sono forniti dalla scienza esatta, la
tecnica logica si vede posta di fronte a un compito nuovo. I concetti
matematici, che nascono mediante una definizione genetica, si distinguono dai
concetti empirici, che vogliono essere soltanto la riproduzione di certi tratti
effettivamente esistenti nella realtà delle cose. Se in quest'ultimo caso la
molteplicità delle cose sussiste in sé e per sé e deve soltanto essere raccolta
in un'espressione abbreviata linguistica o concettuale, nel primo caso invece
si tratta appena di creare la molteplicità che forma l'oggetto della
considerazione, in quanto da un semplice atto del porre viene prodotta per
sintesi progressiva una connessione sistematica di creazioni del pensiero. Qui
pertanto alla semplice «astrazione>> si contrappone un atto speciale del
pensiero, una libera produzione di determinati nessi di relazioni. Si comprende
facilmente che la teoria logica dell'astrazione abbia sempre tentato, ancora
nella sua forma moderna, di cancellare questa opposizione, poiché
su questo punto si decide la questione del suo valore e della sua intrinseca
unità. Ma questo stesso tentativo conduce tosto a una trasformazione e
dissolvimento della teoria per il cui vantaggio viene intrapreso. La
teoria dell'astrazione perde qui o la sua validità universale o lo specifico
carattere logico che originariamente le apparteneva.”(Cassirer: 20s).
“Così J.S. Mil1, per esempio, per mantenere l'unità del
supremo principio esplicativo, cerca d'interpretare anche le verità e i
concetti matematici semplicemente come l'espressione di concreti fatti fisici.
La proposizione affermante 1 + 1 = 2 descrive semplicemente
un'esperienza che ci si è imposta nella giustapposizione di cose; in un mondo
di oggetti altrimenti costituito, in un mondo, per esempio, in cui mediante la
connessione di due cose ne nascesse ogni volta spontaneamente una terza,
essa perderebbe ogni significato e valore. Lo stesso vale per gli assiomi
riguardanti rapporti spaziali: un «quadrato rotondo» significa per noi un c o n
c e t t o contraddittorio solo in quanto ci risulta, da un'esperienza senza
eccezioni che una cosa, nel momento in cui assume la proprietà rotonda, perde
la forma quadrata, cosicché l’inizio di una proposizione è inseparabilmente
associata alla cessazione dell’altra. In tal modo, in virtù di questa
interpretazione la geometria e l’aritmetica sembrano di nuovo risolte in
semplici enunciati intorno a determinati gruppi di immagini rappresentative. Ma
questa concezione fallisce lo scopo quando Mill cerca poi di giustificare il
valore e il significato specifico che nel campo complessivo della conoscenza sono
propri di quelle speciali esperienze del numerare e del misurare. Qui si mostra
anzitutto l’esattezza e la fedeltà delle immagini che noi conserviamo dei
rapporti spaziali e numerici.. In questo caso, la rappresentazione riprodotta è
simile in tutte le sue parti alla rappresentazione originaria, come ci è stato
mostrato da un’esperienza ripetuta; l’immagine che la geometria abbozza
corrisponde perfettamente nei suoi particolari all’impressione originaria
secondo la quale era stata abbozzata. Appare perciò comprensibile che noi, per
giungere a nuove verità geometriche o aritmetiche, non abbiamo bisogno ogni
volta di rinnovate percezioni di oggetti fisici: l’immagine mnemonica può
sostituire, grazie alla sua precisione e chiarezza, l’oggetto stesso. Ma questa
spiegazione viene tosto a incrociarsi con un’altra. La peculiare certezza
‘deduttiva’ che attribuiamo alle proposizioni viene ora ricondotta al fatto che
in queste proposizioni non abbiamo mai a che fare con enunciati intorno a fatti
concreti, bensì con rapporti fra creazioni ipotetiche. Non vi sono cose reali
che corrispondano esattamente alle definizioni della geometria: non vi è un
punto senza grandezza, non una retta perfetta, non un cerchio i cui raggi siano
tutti uguali. E non soltanto la realtà attuale, ma la stessa possibilità di
questi insiemi di note deve essere contestata in base alla nostra esperienza:
essa è esclusa in virtù della struttura fisica del nostro pianeta, se non di
quella dell’universo.
Non meno dell’esistenza fisica, è negata anche
l’esistenza psichica agli oggetti delle definizioni geometriche. Infatti anche
nel nostro spirito non si trova mai la rappresentazione di un punto matematico,
ma sempre soltanto quella della minima estensione sensibile; anche qui non
«concepiamo» mai una linea senza larghezza, giacché ogni immagine psichica, che
possiamo abbozzare, ci mostra sempre soltanto linee di una determinata
larghezza. Si vede subito come questa duplice spiegazione annu1li se stessa. Da
un lato viene dato il massimo rilievo alla s o m i g 1 i a n z a fra le idee
matematiche e le impressioni originarie; dall'altro appare subito che tale
somiglianza, almeno per quelle formazioni che nella stessa scienza matematica
vengono definite e indicate solo come «concetti», non esiste né può esistere.
Queste formazioni non possono essere ottenute per semplice separazione dai
fatti della natura e della rappresentazione, perchè esse non posseggono alcun
riscontro concreto nel complesso di questi fatti. L'«astrazione», come finora è
stata intesa, non m o di f i c a realmente ciò che si trova nella coscienza e
nella realtà oggettiva, ma traccia soltanto in esso determinate linee di
separazione e suddivisioni; separa le parti costitutive dell'impressione
sensibile, ma non aggiunge ad esse alcun dato nuovo. Se non ché, nella
matematica pura, come insegnano le stesse considerazioni svolte dal
Mill, i1 mondo delle cose sensibili e delle rappresentazioni non tanto è
rispecchiato quanto piuttosto trasformato e sostituito da un ordine d'altra
natura. Se si indaga il modo e la via di questa trasformazione, si rivelano
determinate forme di relazione, si rivela un sistema articolato, e
rigorosamente distinto di funzioni del pensiero, le quali non possono venire
indicate e ancor meno giustificate mediante l'uniforme schema dell'astrazione.
E questo risultato è confermato anche quando si passa dai concetti puramente
matematici a quelli della fisica teorica. Anche questi presentano nella loro
origine -come si può notare nei casi particolari -lo stesso processo di
trasformazione della concreta realtà sensibile, il quale non può essere
giustificato dalla dottrina tradizionale; neppure essi vogliono creare semplici
copie dei dati della percezione, bensì porre in luogo della molteplicità
sensibile un’altra molteplicità conforme a certe condizioni teoretiche.
(Cassirer: 21-24).
“ … ogni formazione di concetti è legata a una determinata f
o r m a di c o s t r u z i o n e di serie.
Diciamo concettualmente compresa e ordinata una molteplicità offerta
dall'intuizione allorché i suoi termini non stanno l'uno accanto all'altro
senza rapporti, ma derivano in successione necessaria da un determinato termine
iniziale secondo una fondamentale relazione generatrice. L' i d e n t i t à di
questa relazione generatrice, che viene mantenuta pur nel mutare dei singoli
contenuti, è ciò che costituisce 1a forma specifica del concetto. Il problema
se dal mantenersi di questa identità di relazione si sviluppi alla fine un o g
g e t t o astratto, una r a p p r e s e n t a z i o n e universale, in cui i
tratti simili siano riuniti, è solo una questione psico-logica secondaria. La
nascita di una siffatta rappresentazione comune può essere esclusa, data la
natura della relazione generatrice, senza che per questo venga distrutta la
deduzione di ciascun elemento da quello che precede. Si riconosce in questi
rapporti che il vero difetto della teoria dell'astrazione consiste
nell'unilateralità con cui dal grande numero di possibili principi di
coordinazione logica si sceglie soltanto il principio della somiglianza. In
verità risulterà che una sèrie di contenuti, per dirsi compresa e ordinata, può
essere disposta secondo i punti di vista più diversi, a condizione soltanto che
nella costruzione della serie il punto di vista assunto come guida venga
mantenuto invariato nella sua specifica natura qualitativa. Per esempio, oltre
alle serie fondate sulla somiglianza, in cui nei singoli contenuti ritorna
costantemente un comune elemento costitutivo, possiamo stabilire delle serie in
cui fra ciascun termine e quello che lo segue sussista un certo grado di d i v
e r s i t à ; possiamo pensare che i termini siano ordinati secondo
l'uguaglianza o la disuguaglianza, secondo la grandezza e il loro grado di
dipendenza causale. Decisiva in ogni caso è solo la relazione di necessità, che
un tal modo viene creata e di cui il concetto è solo l’espressione e
l’involucro, non già la rappresentazione generica, che in determinate
circostanze si può aggiungere, ma che non entra come elemento determinante
nella definizione.” (Cassirer: 25s)[5]
Note
[1] - Nota la posizione tradizonale, secondo
cui se la realtà muta, la logica invece no.
[2] - E’ interessante Cassirer,
0521:13-4 che, contro il concetto nell’accezione tradizionale, avanza una
critica à la Hegel: “E perfino dal punto di vista immanente della
logica formale nasce subito un nuovo problema.. Se ogni formazione di concetti
consiste nel processo per cui noi da una pluralità di oggetti, che ci sta di
fronte, isoliamo le note comuni, tralasciando tutte le rimanenti, è chiaro che
con siffatta riduzione è sottentrata, in luogo dell’originaria totalità intuita,
una parte soltanto degli elementi contenuti in essa.”; altro elemento hegeliano
in Cassirer, che continua la sua critica al concetto nel senso tradizionale:
“il concetto perderebbe ogni valore se esso significasse semplicemente la
negazione dei casi particolari, dalla cui considerazione prende le mosse, e se
volesse dire distruzione della loro natura specifica.” (Cassirer, 0521:14).E’
interessante anche che Kant, di contro alla tradizionale teoria del concetto,
si senta attratto verso il costruttivismo leibniziano, come testimonia Cassirer
in leibniz.doc.
[3] - Per comprendere il ruolo fondamentale
della teleologia in Aristotele.
[4] - Tutto questo c’è in Hegel e Marx.
[5] - Due notazioni: (a) è probabile che
questa pagina possa essere utilizzata da me, per mostrare che Wittgenstein non
nega il concetto; (B) possibilità di vari concetti a seconda del punto di vista
o dell’ipotesi (Galilei).
giovedì 21 novembre 2013
Un omaggio a Paul Mattick - AAVV -
Il testo consiste in una raccolta di scritti di varia natura
che spaziano dalla critica alle teorie delle crisi ad una eventuale economia di
produttori associati attraverso la critica del modello sovietico
Questa pubblicazione non intende stabilire un “dialogato coi
morti” come ultima risorsa di una sinistra ormai orfana di iniziativa. Non
sappiamo se per pigrizia o per oggettiva impotenza, ma coloro che intendono
ancora pensare di cambiare questo stato di cose credono di poterlo fare solo
leggendo qualche “marxista” del passato per poi inserirlo nelle solite correnti
di un movimento operaio esistente solo nella immaginazione del radicalismo o
nelle descrizioni romantiche di qualche nostalgico. Mattick, nonostante i
limiti che presenterebbe attualmente, ci può aiutare a ripartire dall’analisi
marxiana, cioè scientifica, dei fenomeni che caratterizzano il capitalismo
contemporaneo anche perché oggi è possibile attingere a numerose informazioni e
dati empirici che spesso vengono disattesi da chi pretende di insegnare
qualcosa propagandando ideologie prese a prestito da giornali e settimanali di
modesta fattura. I fenomeni economici e
sociali vanno costatati scrupolosamente alla maniera delle scienze naturali,
come invitava a fare Marx nella Introduzione a “Per la critica dell’economia
politica”.
mercoledì 20 novembre 2013
Il Partito Comunista Cinese al 15° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai
Da un lato, la crisi finanziaria
internazionale ha gettato il capitalismo in un dilemma strutturale, confermando
la critica di Marx sul capitalismo. I valori socialisti di equità, di
giustizia, di solidarietà e di aiuto reciproco hanno messo radici più profonde.
Ci siamo resi conto che il capitalismo selvaggio deve essere frenato da un
efficace controllo democratico e da efficaci e democratiche regolamentazioni.
Il modello di sviluppo del neoliberismo non può più sostenersi oltre,
confermando la necessità di un cambiamento e di un riaggiustamento. Deve essere
introdotto un modello di sviluppo che combini economia di mercato e controllo
del governo, un modello che assicuri uno sviluppo equilibrato tra economia
reale ed economia virtuale indirizzato sia verso l'equità che verso
l’efficienza. D'altra parte, non possiamo non vedere la capacità del
capitalismo di produrre sia la propria auto-regolazione che la flessibilità
delle sue istituzioni e dei suoi sistemi. Un certo numero di paesi capitalisti
sta spostando gli oneri della crisi sugli altri paesi attraverso il leveraggio
finanziario e monetario mentre l’effetto di ricaduta della loro politica
monetaria ha creato una pressione esterna sulla crescita economica dei paesi
emergenti e in via di sviluppo. Per affrontare la crisi economica, alcuni paesi
hanno tagliato i servizi pubblici e la spesa destinata al welfare, erodendo i
diritti e gli interessi dei lavoratori. In campo internazionale, saltuariamente
si manifestano l'unilateralismo e la politica di potenza, in violazione della
Carta delle Nazioni Unite e dei principi fondamentali del diritto
internazionale. Alcuni paesi capitalisti hanno intensificato gli sforzi per
raggiungere il dominio sul nuovo ciclo della rivoluzione industriale e della
globalizzazione e ottenere un vantaggio iniziale nel ridisegnare le regole
internazionali, in modo da limitare lo spazio di sviluppo e d’azione del
socialismo attraverso la concorrenza sleale, l’ordine irrazionale e regole
inique. Pertanto, noi comunisti dobbiamo essere uniti per perseguire il nostro
proprio sviluppo attraverso la cooperazione.
Compagni!
Viviamo in un mondo interdipendente, un mondo che sta diventando sempre più una comunità dal destino comune. In questa nuova era storica, tutte le forze progressiste di questo mondo devono unirsi e lavorare di concerto per salvaguardare la pace mondiale, promuovere lo sviluppo comune e raggiungere il progresso sociale. La Cina terrà alta la bandiera della pace, dello sviluppo, della cooperazione e del mutuo vantaggio e perseguirà l'uguaglianza, la democrazia e l'inclusione in modo da rendere l'ordine e il sistema internazionale più giusti ed equi. Sulla base dei principi relativi ai rapporti tra i partiti di "indipendenza, completa uguaglianza, rispetto reciproco e non ingerenza nei reciproci affari interni", saremo impegnati a rafforzare gli scambi e il dialogo con i partiti comunisti e operai e le altre forze progressiste dei vari paesi, per condividere le esperienze nella direzione del partito e del paese, per studiare i modi per affrontare le sfide globali e per promuovere il continuo sviluppo della causa del socialismo nel mondo! http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/23139-il-partito-comunista-cinese-al-15d-incontro-internazionale-dei-partiti-comunisti-e-operai.html http://www.china-files.com/it/link/34078/cina-speciale-terzo-plenum http://www.agichina24.it/in-primo-piano/politica-interna/notizie/post-plenum-sul-tavolo-la-riforma-delle-imposte http://www.contropiano.org/internazionale/item/20270-cina-la-muraglia-sembra-reggere-ancora http://www.marx21.it/internazionale/cina/23167-smith-schumpeter-e-marx-a-pechino-in-merito-al-plenum-del-partito-comunista-cinese.html http://china-files.com/it/link/34549/caratteri-cinesi-le-principali-riforme-economiche
Viviamo in un mondo interdipendente, un mondo che sta diventando sempre più una comunità dal destino comune. In questa nuova era storica, tutte le forze progressiste di questo mondo devono unirsi e lavorare di concerto per salvaguardare la pace mondiale, promuovere lo sviluppo comune e raggiungere il progresso sociale. La Cina terrà alta la bandiera della pace, dello sviluppo, della cooperazione e del mutuo vantaggio e perseguirà l'uguaglianza, la democrazia e l'inclusione in modo da rendere l'ordine e il sistema internazionale più giusti ed equi. Sulla base dei principi relativi ai rapporti tra i partiti di "indipendenza, completa uguaglianza, rispetto reciproco e non ingerenza nei reciproci affari interni", saremo impegnati a rafforzare gli scambi e il dialogo con i partiti comunisti e operai e le altre forze progressiste dei vari paesi, per condividere le esperienze nella direzione del partito e del paese, per studiare i modi per affrontare le sfide globali e per promuovere il continuo sviluppo della causa del socialismo nel mondo! http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/23139-il-partito-comunista-cinese-al-15d-incontro-internazionale-dei-partiti-comunisti-e-operai.html http://www.china-files.com/it/link/34078/cina-speciale-terzo-plenum http://www.agichina24.it/in-primo-piano/politica-interna/notizie/post-plenum-sul-tavolo-la-riforma-delle-imposte http://www.contropiano.org/internazionale/item/20270-cina-la-muraglia-sembra-reggere-ancora http://www.marx21.it/internazionale/cina/23167-smith-schumpeter-e-marx-a-pechino-in-merito-al-plenum-del-partito-comunista-cinese.html http://china-files.com/it/link/34549/caratteri-cinesi-le-principali-riforme-economiche
giovedì 14 novembre 2013
Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia - Friedrich Engels (1876) -
Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. [...] Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle nel modo più appropriato. http://www.controappuntoblog.org/2012/11/24/parte-avuta-dal-lavoro-nel-processo-di-umanizzazione-della-scimmia-friedrich-engels-1876/
giovedì 31 ottobre 2013
Appunti per una comparazione fra le tre ondate del processo di modernizzazione. - Aldo Giannuli -
L’estensione del termine (peraltro recentissimo), tendente
ad assorbire nella globalizzazione tutta la modernità o gran parte di
essa, è una operazione ideologica finalizzata ad espungere o ridurre a
mero incidente di percorso qualsiasi alternativa allo sviluppo capitalistico.
In ogni caso, si tratta di un’operazione che non ha alcun fondamento
scientifico. [...] Se Fukuyama ha rappresentato l’aspetto utopico ed eretico
della corrente neo cons, Huntington ne rappresenta l’indirizzo realistico e
“ortodosso”. Ma entrambi si sono ritrovati nel medesimo “club neocon” autore del
progetto “per un nuovo secolo americano” (Irving Kristol, Daniel Bell, Seymour
Martin Lipset, Nathan Glazer) dichiaratamente orientato a consolidare il ruolo
di potenza unica globale degli Usa. E ciò nella previsione di non avere alcuno
sfidante credibile, tanto sul piano finanziario, quanto, ancor più, su quello
militare, almeno sino al 2025. E questo è il cotè politico del progetto di
modernizzazione neo liberista. [...] Quanto poi al progetto di ordine monopolare
del “nuovo secolo americano”, gli Usa sono ancora l’unica superpotenza in grado
di intervenire in qualsiasi angolo del pianeta grazie alle loro 6 flotte ed
alle 745 basi all’estero, mantengono una supremazia incontrastata nel settore
satellitare e nell’infosfera, hanno ancora una netta supremazia tecnologica
negli armamenti convenzionali, ma, se nel 1998, la loro spesa militare era
oltre la metà di quella mondiale e la loro flotta aerea era l’equivalente della
somma delle prime 19 flotte mondiali, oggi i rapporti di forza non sono più
quelli. La spesa militare americana è ferma o decresce mentre sale vistosamente
quella di Russi, Cinesi ed Indiani, che si affermano sempre più come potenze
regionali in grado di difendere il proprio spazio strategico. E la crisi
economica che investe Usa ed Europa appare ancora lontana dalla sua soluzione.
[...] Nel tipo di modernità cui ogni
paese perviene giocano diversi elementi:
-il retroterra storico di ciascun contesto nazionale
-il concreto intrecciarsi delle dinamiche internazionali
le cause e le modalità immediate dell’innesco dei processi di modernizzazione
-la qualità dei progetti di modernizzazione che si
manifestano via viale cause e le modalità immediate dell’innesco dei processi di modernizzazione
-le concrete scelte politiche dei vari attori nazionali.
L’osservazione dei processi in atto contribuirà in modo
determinante a modificare molti dei punti di vista consolidati cui siamo
abituati e ci obbligherà a riconsiderare anche la nostra identità occidentale:
la modernità è il racconto che l’Europa (intendendo per essa non solo quella
dell’omonimo continente ma anche quell’Europa fuori Europa che sono le Americhe
e l’Oceania) ha fatto a sé stessa della propria storia fissando la sua
identità. Oggi, con la globalizzazione quell’identità ci torna indietro come il
riflesso in uno specchio che ci rivela un volto diverso da quello che avevamo
immaginato. E questo ci induce a rimeditare la nostra storia, a partire da
quella categoria di modernità che è stata l’architrave delle scienze storico
sociali degli ultimi due secoli. http://www.aldogiannuli.it/2013/10/appunti-per-una-comparazione-fra-modernizzazioni/#more-3139 mercoledì 30 ottobre 2013
Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione. - Sulla (dis)continuità Marx-Hegel. - Riccardo Bellofiore -
Come i miei scritti,
a partire dalla fine degli anni Settanta, testimoniano, l’approccio che ho
indipendentemente sviluppato è molto vicino a quello di Arthur,. La ragione è
presto detta. Un’influenza chiave per me è stato Lucio Colletti, soprattutto
tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Settanta: in particolare
la sua innovativa (e, come dirò, rubiniana) lettura della teoria del valore,
dalla sua introduzione a Bernstein agli ultimi due capitoli del suo Il
marxismo e Hegel. Di quest’ultimo volume, in particolare, l’ultimo
capitolo, “L’idea della società «cristiano-borghese»”, ha molti parallelismi
con le argomentazioni successivamente sviluppate da Murray e Arthur.
Ma prima di andare più a fondo in questo tema, vorrei
sgombrare il campo da ciò che penso possa essere un possibile (falso) problema:
il tema della natura dell’idealismo di Hegel, e ancora di più la questione se
Marx sia stato o meno ingiusto nella sua critica al filosofo di Stoccarda. La
mia opinione è simile a quella di Suchting (1997) in un suo articolo inedito
sulla Scienza della logica di Hegel come logica della scienza.
Hegel ha colto, meglio di ogni altro prima di lui e di molti dopo di lui, le
caratteristiche fondamentali della ricerca scientifica moderna. Il suo metodo
era nondimeno fondamentalmente idealista. Non sono però un conoscitore di
Hegel, e potrei sbagliarmi.
Per quanto tali questioni possano essere rilevanti in se
stesse, esse sono irrilevanti per la problematica che sto trattando in questo
lavoro. Quello che è importante per il mio filo di discorso è
che la Scienza della Logica di Hegel fu essenziale per il Marx
maturo proprio perché il suo idealismo riflette la
natura ‘idealista’ e ‘totalitaria’ della circolarità capitalistica del
capitale, in quanto denaro che genera (più) denaro. Per dirla in modo
esplicito: anche se l’Hegel di Marx non fosse il ‘vero’ Hegel, è l’Hegel
‘falso’ che conta davvero per leggere Il Capitale. Allo stesso
tempo la tesi di un’omologia stretta tra Hegel e Marx non può essere intesa in
senso troppo rigido ed estremo. Più che fondarsi in una duplicazione formale
della struttura U-P-S che riprodurrebbe una corrispondenza uno-a-uno tra i tre
volume de Il Capitale e La Scienza della Logica,
l’omologia sulla quale insisto nelle pagine che seguono è costruita (e
dissolta!) nei primi cinque capitoli del Libro Primo, dove il Capitale come
Soggetto è plasmato sull’Idea Assoluta come Soggetto.
Leggi tutto: http://www.sinistrainrete.info/marxismo/3144-riccardo-bellofiore-il-capitale-come-feticcio-automatico-e-come-soggetto-e-la-sua-costituzione.html
Leggi tutto: http://www.sinistrainrete.info/marxismo/3144-riccardo-bellofiore-il-capitale-come-feticcio-automatico-e-come-soggetto-e-la-sua-costituzione.html
giovedì 17 ottobre 2013
Wannsee - Aristide Bellacicco -
Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni"
Altri Brevi racconti dello stesso autore:
- morti –
Leggi anche: http://it.wikipedia.org/wiki/Conferenza_di_Wannsee
Gli uomini sono arrivati con un lieve
anticipo e a tutti è stato servito del cognac. Si conoscono da tempo, si sono
stretti la mano e qualcuno ha sbattuto i tacchi. La riunione comincia fra dieci
minuti, forse anche prima, il Capo talvolta non è puntuale. Nell’attesa hanno
acceso le sigarette e guardano dalle finestre, c’è fra loro chi
ammira la magnifica spalliera di rose che avvolge il cortile come una sciarpa.
Di fuori, gli autisti chiacchierano appoggiati alle carrozzerie
schizzate di fango e fanno scricchiolare la ghiaia sotto gli stivali. Fra poco
gli porteranno un po’ di vino e più tardi potranno mangiare in
cucina, scherzare con le serve e toccar loro il sedere. Ma forse non si
arriverà a tanto, la riunione sarà più breve di quanto ci si aspetti e potrebbe
concludersi prima di cena. In fondo si tratta solo di prendere un paio di
decisioni, anzi, una sola, e senza nemmeno entrare nel dettaglio.
Alcuni degli uomini trovano che tutto ciò sia una perdita di
tempo e che non era il caso di distoglierli, sia pure per qualche ora, dalle
occupazioni della guerra. Ma ciascuno di loro sa di essere a Wannsee, dove
molti altri, che pure lo desiderano, non potranno mai entrare nemmeno in sogno,
e questo fa loro piacere, naturalmente.
A un certo punto la porta si apre e si chiude, entra il
Capo, fa cenno di sedersi e gli uomini obbediscono volentieri, prendendo
ciascuno il proprio posto attorno al tavolo.
Il cognac sparisce e le sigarette vengono spente di fretta.
Anche noi dobbiamo uscire dalla stanza. La porta viene chiusa a chiave e
un ufficiale vestito di nero passeggia su e giù nell’atrio, le
mani dietro la schiena, la destra chiusa attorno al polso della sinistra che
stringe i guanti.
Da questo momento non possiamo più ascoltare
quello che verrà detto fra le mura di Wannsee. Siamo confinati in giardino,
insieme agli autisti, che ci salutano distrattamente.
“E di cosa?”
“Di questo. Di Wannsee. Di quegli uomini nella stanza.”
sabato 12 ottobre 2013
Confronto tra il testo francese e quello tedesco di Marx. Perché Marx accusa di cinismo l'economia politica? L'ambiguità della merce. Valore d'uso e la valutazione del bisogno che scompare. Il valore di scambio. Lo scambio mercantile e la società capitalistica. Il processo produttivo che diventa strumento di arricchimento. Rapporto tra religione e capitalismo. La trasformazione del sapere: l'idiota specializzato. L'introduzione del 1857 a "Per la critica dell'economia politica": il concetto di produzione in generale. Anassagora e la scienza contemporanea. Perché a noi piace la tragedia greca? Sul rapporto tra struttura e sovrastruttura. L'importanza del dubbio. Il lavoro produttivo. Il plusvalore. Operai e classe operaia: la funzione del lavoratore. Democrazia e dittatura del proletariato http://www.youtube.com/watch?v=olyTJoQp8Xs&hd=1
giovedì 10 ottobre 2013
A chi serve la menzogna? Sull’informazione economica negli Stati Uniti - Alfio Neri -
Non sta a me fare previsioni o, peggio, profetizzare il futuro. Sta di fatto che se gli Stati Uniti avessero il loro debito in una valuta straniera, oggi si porrebbe già la questione dell’intervento provvidenziale dell’FMI. Non voglio insistere sulla possibilità oggettiva di uno scenario argentino. Voglio solo rilevare che quando un’intera nazione è accecata dal ritornello secondo cui “tutto va bene, stiamo tornando alla normalità” mentre danza di fianco al baratro, chi è cosciente del problema deve anche porsi la questione del “a chi giova tutto questo” L’unica vera riflessione giornalistica sulla crisi americana è di un inglese, Edward Luce, un giornalista del Financial Times che ha scritto un libro che ho comprato in Inghilterra e che non credo di avere notato nelle librerie degli Stati Uniti. Si tratta di un lungo reportage sulla necessità di iniziare a pensare al declino statunitense. Primeggiano le descrizioni di catastrofi, come quella che ha colpito Detroit, e di mancate eccellenze, come quelle di un settore industriale importante ma privo di appoggi politici. Luce pone l’accento più volte che, negli Stati Uniti, l’ignoranza del mondo esterno è elevata mentre la lettura è scarsa. L’istruzione obbligatoria del paese è estremamente scadente, gli alunni sanno fare i test a risposta multipla ma non si sanno esprimere. Nell’industria è la stessa storia, i dottorati in fisica non sono frequentati da americani mentre i brevetti sono in gran parte fatti da stranieri. Luce rileva anche le difficoltà dei governi nell’implementare politiche pubbliche appropriate, sia per oggettivi limiti culturali, sia per una serie di disastrosi veti incrociati statali e federali, che impediscono un’azione di governo coerente. Il punto non è che tra dieci anni il PIL cinese sarà più alto di quello americano (ormai è un dato acquisito), ma che dove è possibile fare qualcosa (come per esempio nell’educazione), non viene fatto nulla. Gli Stati Uniti sono in una traiettoria discendente visibile nel veloce declino della classe media. La crisi ha contribuito a polarizzare le posizioni ideologiche e ha reso più difficili l’elaborazione di risposte politiche coerenti. Nell’insieme non esiste neppure una vera risposta alla crisi e forse neppure la volontà di rovesciare la situazione. La bolla economica statunitense è cresciuta a dismisura perché era stata preceduta da una bolla politica. Dietro una bolla finanziaria che ha spinto un’intera nazione ha indebitarsi c’è molto di più di un ristretto gruppo di banchieri senza cuore. Vi è un’ideologia del libero mercato di tipo fondamentalista, ci sono potenti interessi economici che influenzano l’azione politica e ci sono anche delle debolezze istituzionali che hanno impedito alla politica statunitense di prendere delle decisioni forti. Il risultato è stato patologico. http://www.carmillaonline.com/2013/10/09/chi-serve-la-menzogna-sullinformazione-economica-negli-stati-uniti/
mercoledì 9 ottobre 2013
- Miseria della filosofia e differenze tra la teoria del valore tradizionale - 27.1.98 - Stefano Garroni -
L'audio si può ascoltare a questo link:
1/10
La
Miseria della
Filosofia di Marx è senza dubbio un testo molto ricco e denso di cose e
va esaminato con molta attenzione. Per quanto riguarda la differenza tra la
teoria del valore tradizionale e la teoria del valore che introduce Marx
bisogna tener presente il seguente aspetto: l’affermazione “è il lavoro umano che dà
valore alla cosa” è un affermazione che risale addirittura al Medioevo. In
questa formulazione il senso della tesi è che il mio
lavoro e quindi il lavoro particolare, determinato, la mia sofferenza, il mio
travaglio, il mio sforzo: è questo che dà valore alla cosa in questione! In
questo senso la cosa viene spiritualizzata, viene umanizzata dalla fatica
dell’uomo, il suo valore è il quanto di umanità è depositato in essa; non a
caso ciò è presente in ambiente medioevale in quanto l’analogia di rapporto
anima e corpo è evidente nel senso che l’anima viene concepita come l’impronta
del divino nel corpo e da qui ne deriva la tesi conseguente dell’impronta
dell’uomo nella cosa alla quale dà, appunto, valore. Questa stessa tesi è
all’origine della giustificazione
della proprietà
privata la quale nasce, appunto, come diritto mio al possesso di tutto ciò che le mie
braccia sono riuscite a coltivare, la proprietà privata quindi nasce nella
prospettiva del rapporto con la terra, della fatica mia a coltivarla e di conseguenza si
origina il diritto al possesso (o meglio alla proprietà) di tutte le cose che
risultano dal mio lavoro. E’ molto interessante il fatto che tra il ‘600 ed il
‘700 questo modo di considerare il valore delle cose e questo modo di
giustificare la proprietà privata si ripresenta in pieno e quindi, per usare il
linguaggio di Marx, si ripresenta la tesi per cui il valore della cosa è dato
dal lavoro determinato, concreto (per esempio il lavoro dell’artigiano che ha
fatto questo oggetto o il lavoro del contadino che ha coltivato quest’altro
etc.); di conseguenza fin dove si estendono le mie forze lì c’è la mia
proprietà! All’interno, però, della riflessione seicentesca e settecentesca
appare un elemento
contraddittorio con quanto abbiamo detto finora: Locke dice, appunto,
che “gli uomini ad un certo punto si misero d’accordo nel considerare l’oro,
l’argento come qualcosa che ha valore al di là della fatica necessaria ad
estrarli”. Una volta fatta questa convenzione
è cambiato tutto, gli uomini follemente hanno fatto questa convenzione e quindi
non c’è una
giustificazione. Abbiamo questo atto strano: “è successo questo”! Tutto
ciò ha cambiato, di conseguenza, le regole del gioco perchè è successo che chi
ha più pezzi di oro o di argento può diventare proprietario ossia può
acquistare ben al di là delle sue capacità di lavoro, questa mostruosità Locke
la lega al denaro, alla moneta ma la moneta, a sua volta, è il frutto di una
convenzione folle che gli uomini hanno fatto, cioè essa non ha una
giustificazione reale! E’ anche molto interessante il fatto che tutto ciò non
preoccupa più di tanto Locke perchè egli dice che esistono le Americhe che sono
talmente grandi, sono talmente estese per cui se uno non ha terra qua se ne va
là e se la prende. Tra il ‘600 ed il ‘700, quindi, appare il mito dell’America
come luogo della ricchezza disponibile in cui chiunque può andare e si può
impossessare della terra. E’ risaputo che Locke faceva parte di un ente
commerciale che si occupava del commercio di schiavi e, ovviamente, quella
terra disponibile in America si collega alle sue convinzioni in base alle quali
era possibile avere la disponibilità di...; quando, infatti, Locke parla dello Stato di natura in
cui non c’è ancora lo Stato, non c’è il denaro, in cui c’è però questa
proprietà mia, di
ciò che io lavoro,
che è giusta in quanto essa è l’espressione della mia fatica, allora quel mio, quel io è inteso come
“io, mia moglie, i miei figli e i miei schiavi” cioè i miei schiavi sono nati
subito per incanto e non c’è un motivo: io sono proprietario di ciò che lavoro
insieme a mia moglie, ai miei figli ed ai miei schiavi! Lo schiavo, quindi, è
una condizione naturale
e di conseguenza non c’era bisogno di scoprire che Locke aveva a che fare
con il traffico degli schiavi perchè già nel suo pensiero lo schiavo è
introdotto naturalmente, automaticamente. Questo finora detto è di estrema
importanza in quanto si rifà al fatto che lo Stato borghese allarga o restringe
le libertà sulla base principale di un esigenza fondamentale: la difesa della
proprietà privata! Democrazia, libertà vogliono significare, vogliono dire
qualunque cosa purchè salvino la proprietà privata e sulla base di tale
esigenza è molto interessante notare che quando serve si allarga il potere del
legislativo, quando serve lo si restringe, quando lo si allarga lo si svuota
però di contenuto reale: lo Stato borghese, di conseguenza, è una cosa molto
seria e si struttura sulla base della difesa della proprietà privata! Ecco perchè
si assiste allo schiavo introdotto naturalmente in quanto l’ottica da cui si
parte, in realtà, è l’ottica del proprietario privato. Assistiamo, allora, al
fatto evidente che le condizioni della proprietà privata sono l’espropriazione
della proprietà di alcuni e quindi lo schiavo è una condizione naturale! A questo punto,
come dicevamo, il ruolo del denaro cambia tutto perchè introduce questa
bizzarria, questo accordo, questa convenzione in base alla quale io posso
diventare proprietario anche di ciò che non coltivo (siamo, appunto, nel ‘600
-‘700).
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