domenica 19 agosto 2018

Fascismo. Misurare la parola. - Palmiro Togliatti

Da: PALMIRO TOGLIATTI, Lezioni sul fascismo - Editori Riuniti - http://www.marx21.it
Leggi anche: Il revisionismo storico*- Luciano Canfora
                      Legge elettorale, Costituzione, Democrazia*- Un discorso di Palmiro Togliatti
                      Le prospettive di una evoluzione mondiale - Trotsky (1924)


"Prima di iniziare il nostro corso voglio dire qualche parola sul termine avversari per evitare una falsa interpretazione, da parte di qualcuno di voi, di questo termine, falsa interpretazione la quale potrebbe portare a degli errori politici. 
Quando noi parliamo di avversari non abbiamo in vista le masse che sono iscritte alle organizzazioni fasciste, socialdemocratiche, cattoliche. Ma le masse che vi aderiscono non sono nostri avversari, sono delle masse di lavoratori che noi dobbiamo far tutti gli sforzi per conquistare". 


Il fascismo, la sua essenza, le sue origini, il suo sviluppo, come oggetto di studio, sembrano interessare sempre di più il mondo del lavoro e i partiti che costituiscono l’Internazionale comunista. Tuttavia non penso che a questo bisogno di conoscere corrisponda sempre una concezione esatta del fenomeno fascista esaminato sotto i suoi vari aspetti; credo che questo desiderio di sapere non sia sempre accompagnato dalla ferma intenzione di arrivare al sapere studiando attentamente il fascismo quale si manifesta concretamente in Italia e negli altri paesi. Mi pare anzi che invece ci si lasci andare a sostituire allo studio approfondito di questo fenomeno l’esposizione di generalizzazioni del tutto astratte e non corrispondenti dunque completamente alla realtà.

Pur tuttavia il difetto che consiste nel generalizzare a oltranza non è ancora la cosa peggiore, poiché non è raro che parlando del fascismo si commettano errori veramente grossolani di giudizio e d’interpretazione politica e storica. Non mi propongo qui di rilevare tutti questi errori; voglio semplicemente insistere su qualche aspetto del problema e tirarne alcune conclusioni. Mi servirò a questo fine dei risultati ottenuti mediante l’analisi e le ricerche effettuate in questo campo dal nostro stesso partito.

sabato 18 agosto 2018

L'identità politica stato - "Sulla questione ebraica" - Stefano Garroni

Da: http://www.youtube.com/user/mirkobe79 https://www.facebook.com/groups Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. 

"...noi siamo per la scienza, per l'ordine razionale. E lo siamo talmente che vogliamo anche capire come è usata la scienza, chi la usa, dove viene indirizzata e contestiamo questo! Non perché siamo contro la scienza ma perché la vogliamo..." (S. Garroni)

Torniamo, ancora, su una tematica di importanza fondamentale, come Stefano Garroni  ribadiva, per la comprensione delle radici teoriche "forti" e profonde del movimento comunista. Questo anche per chiarirci le idee, se possibile, su argomenti d'attualità molto stringenti  e centrali del nostro tempo. La questione europea, per esempio, con la riproposizione di una ambiguità interna alle sua fondamenta che, gli anni, i decenni ormai, passati  dal suo avvio, non hanno minimamente messo in discussione e, semmai, confermato. Cioè a dire la facciata ideale: uguaglianza di tutti i cittadini, libera circolazione, moneta unica, ecc. E la sua realtà concreta: ogni paese con le sue leggi, una moneta unica ma con diverso "valore" effettivo in ogni paese, salari differenti, sacche di povertà sempre più grandi e localizzate, ecc. Come diceva Marx – gli eventi si presentano due volte nella storia: la prima sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di farsa. Ora, l’Europa è insieme una tragedia e una farsa.  La farsa sta nella stantia riproposizione del mondo dei “diritti” in forma astratta e mistificata (il discorso di Marx nella “Questione Ebraica”).  Ma c’è anche la tragedia: vale a dire che – almeno, questa è la nostra impressione – il capitalismo si sta esibendo sempre di più senza veli e in forma via via più spudorata (basti pensare  a certe dichiarazioni di Padoan e del precedente semi-omonimo Padoa Schioppa, o a quelle di organizzazioni bancarie e finanziarie che lamentano l’eccessiva crescita della popolazione anziana, o ancora ai discorsi sulla “eccessiva” democraticità delle costituzioni di alcune nazioni europee, fra cui l’Italia, e così via. Insomma,  ci sembra, che il capitale ormai tenda a governare direttamente con le leggi del suo sistema di produzione e che abbia sempre meno bisogno  della mediazione politica: o meglio, la politica assume sempre di più – come suoi obiettivi – quelli delle necessità del capitale all’epoca della sua più grave crisi (ma ci sarà questa crisi? E che cos’è veramente?). Quando si parla di lavoro nei termini in cui se ne parla oggi (Renzi, Merkel ecc.) è abbastanza evidente che la sussunzione del lavoro al capitale è stata assunta una volta per tutte come una verità incontrovertibile, come una cosa “normale”: peggio ancora che ai tempi di Adam Smith. Quindi, le leggi che regolano l’estrazione di plusvalore diventano le “leggi” dell’intera società, e vengono  - esse stesse - recepite nel diritto.  Ecco la tragedia, secondo noi. (il collettivo - 2014) 


Buona lettura... 

venerdì 17 agosto 2018

Samir Amin: “La crisi” - Alessandro Visalli

Da: http://tempofertile.blogspot.com - AlessandroVisalli è architetto e dottore di ricerca in pianificazione urbanistica; si occupa di ambiente ed energie rinnovabili.


Il libro di Samir Amin, “La crisi”, del 2009, il cui sottotitolo è “Uscire dalla crisi del capitalismo o uscire dal capitalismo in crisi?” conclude per ora la lettura di alcuni testi dell’economista egiziano che ha visto prima il suo testo del 1973 “Lo sviluppo ineguale”, poi il libro del 1999 “Oltre la mondializzazione”, e quello del 2006 “Per un mondo multipolare”. Dieci anni dopo abbiamo letto l’intervento “La sovranità popolare unico antidoto all’offensiva del capitale”, nel quale la pluridecennale riflessione dell’alfiere della liberazione terzomondista e instancabile denunciatore della polarizzazione generata dallo sviluppo capitalista perviene alla determinazione, apparentemente di chiave tattica, di dover far leva sulle lotte nazionali e popolari, punto per punto, dai luoghi più deboli. Il riscatto deve, cioè, pervenire dai luoghi in cui la contraddizione tra la promessa di prosperità e la realtà di assoggettamento e alienazione è più ampia. Ciò che bisogna combattere è una tendenza intrinseca al capitalismo, al quale non è riconosciuta alcuna capacità emancipatoria o di sviluppo delle forze produttive: quella di schiacciare le periferie, creandole come tali. Creandole in quanto periferie, rispetto ai centri dominanti nei quali il capitale si concentra e dalle quali domina, accade che la logica intrinseca della macchina produttiva (di valore) tende quindi continuamente a fare della natura (e degli uomini) risorse e per questo ad estrarle, ad alienarle.
Per contrastare questa tendenza, dice Amin, non bisogna aspettare che una qualche contromeccanica automatica intervenga a salvarci: bisogna prendere il potere. Occorre, cioè, lottare per il potere. Costringerlo a fare i conti con le forze popolari, schiacciate, ma che vogliono rivendicare il proprio. 

       Dunque:
-          Rivendicare la propria capacità di essere autonomi, di non essere dipendenti e subalterni;
-          Decostruire sempre, in noi e nelle cose, le relazioni di potere e dominazione;
-          Disconnettersi dai vincoli del capitale, specificatamente dalla logica della competizione selvaggia della mondializzazione, ponendo anche la questione             della sovranità.

Essere ciò che si vuole, e volere quel che si è.

giovedì 16 agosto 2018

Il 25 luglio 1943 tra rottura e continuità - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - ALESSANDRA CIATTINI insegna Antropologia culturale alla Sapienza.

 Chi si ricorda del 25 luglio 1943? Impreparazione, cinismo e corruzione della classe dirigente.

Mi pare che lo scorso 25 luglio, anniversario di vicende che hanno sconquassato il nostro paese, sia stato ricordato quasi esclusivamente per la “pastacciuttata” voluta da Aldo Cervi, successivamente torturato e assassinato con i suoi sei fratelli dai fascisti, offerta ai vicini per celebrare la cacciata di Mussolini a seguito dell'approvazione dell'ordine Grandi (v. La Repubblica, 25 luglio 2018, p. 9, ma anche il Fatto Quotidiano dello stesso giorno). Eppure avremo tante ragioni per rievocare quegli eventi, se come viene affermato da noti esponenti dei finti democratici – dobbiamo smettere di etichettarli come “sinistra” per non fomentare l'imbroglio della politica italiana – abbiamo un governo “sempre più nero”. Ma, come disse Gramsci, la storia è un'ottima maestra, sono gli uomini che sono dei pessimi discepoli.
Riflettere sul 25 luglio 1943 è assai utile ed opportuno non per fare un semplice esercizio di memoria storica, ma per sviluppare un tentativo di comparazione tra il nostro tragico passato e il disgustante presente, che può condurci a vicende ugualmente tragiche. In particolare, mi sembra importante mettere in risalto almeno due aspetti: l'impreparazione e la cialtroneria di coloro che si sono trovati e si trovano a decidere della nostra sorte, e le straordinarie capacità trasformistiche della classe dirigente, disposta a disfarsi anche dei più stretti complici, pur di salvare se stessa.
Sappiamo che nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 si realizza la destituzione di Mussolini, cui nel 1922 Vittorio Emanuele III aveva consegnato il paese senza nessuno scrupolo, rifiutandosi di firmare lo stato d’assedio che avrebbe liquidato le squadre fasciste [1]; destituzione da mesi preparata dietro le quinte in seguito al pessimo andamento della guerra (conquista del Nord Africa da parte degli alleati, miserrima fine delle truppe italiane in Unione Sovietica dopo la straordinaria vittoria di quest'ultima a Stalingrado, bombardamenti delle città italiane, disaffezione per il regime fascista che aveva precipitato il paese in tanta devastazione e miseria).

mercoledì 15 agosto 2018

Le prospettive di una evoluzione mondiale - Trotsky (1924)

Da: Discorso pronunciato il 28 luglio 1924. Fonte Falce e Martello. - https://www.marxists.org 



[...] 
Il fascismo, a seconda dei paesi, può avere aspetti differenti, una composizione sociale diversa, può cioè reclutarsi tra gruppi differenti; ma è essenzialmente il raggruppamento combattivo delle forze che la società borghese minacciata fa nascere per respingere il proletariato nella guerra civile. Quando l’apparato statale democratico-parlamentare si impegola nelle proprie contraddizioni interne, quando la legalità borghese è un intralcio per la borghesia stessa, quest’ultima mette in azione gli elementi più combattivi di cui dispone, li libera dai freni della legalità, li obbliga ad agire con tutti i metodi di distruzione e di terrore. Ed ecco il fascismo. Il fascismo dunque è lo stato di guerra civile per la borghesia, che raduna le sue truppe, allo stesso modo in cui il proletariato raggruppa le sue forze e le sue organizzazioni per l’insurrezione armata nel momento della presa del potere. Di conseguenza, il fascismo non può essere di lunga durata; non può essere uno stato normale della società borghese, proprio come lo stato di insurrezione armata non può essere lo stato costante, normale, del proletariato. 

O l’insurrezione, scontrandosi con il fascismo, porta alla sconfitta del proletariato, e allora la borghesia restaura progressivamente il suo apparato statale normale; oppure il proletariato è vincitore, e allora non vi è più posto per il fascismo, ma per tutt’altre ragioni. Come sappiamo per nostra esperienza, il proletariato vittorioso dispone di mezzi efficaci per impedire al fascismo di esistere e, a maggior ragione, di svilupparsi. 

[...]
Ho detto che noi affrontavamo la storia dal punto di vista della rivoluzione che deve trasmettere il potere nelle mani della classe operaia per la ricostruzione comunista della società. Quali sono i presupposti della rivoluzione sociale, in quali condizioni può sorgere, svilupparsi e vincere? Questi presupposti sono molto numerosi. Ma possono essere riuniti in tre e anche in due gruppi: i presupposti oggettivi e soggettivi. 

lunedì 13 agosto 2018

I rischi della guerra economica Usa-Cina - Vincenzo Comito

Da: http://sbilanciamoci.info/ - https://www.sinistrainrete.info - vincenzo-comito è docente di finanza aziendale prima all’Università Luiss di Roma, attualmente insegna all’Università di Urbino.

La guerra economica tra Stati Uniti e Cina è partita il 6 luglio. Potrebbe riguardare, tra dazi, controdazi e perdita di produzioni, qualcosa come mille miliardi di dollari e portare a una recessione mondiale
La guerra economica tra Stati Uniti e Cina, nell’ambito di una offensiva commerciale più vasta scatenata da Trump contro quasi tutto il resto del mondo, è dunque partita davvero, il 6 luglio, nonostante lo scetticismo e l’incredulità di molti.
Sull’argomento sono state scritte molte migliaia di pagine e sono state dette moltissime cose. Cercheremo quindi di concentrare la nostra attenzione, per la gran parte, su alcuni degli argomenti meno esplorati dai media.
Le motivazioni di Trump
Ci si è a lungo interrogati sulle ragioni di queste iniziative di Trump.
La spiegazione ufficiale fornita dal presidente è quella che sono presenti degli squilibri inaccettabili nella bilancia commerciale del Paese con la controparte asiatica, mentre per di più le imprese cinesi rubano con la frode o con contratti iniqui le tecnologie americane, mentre intanto le imprese Usa vengono bloccate nei loro tentativi di penetrazione del mercato cinese e mentre infine la Cina sostiene con grandi aiuti statali lo sviluppo delle nuove tecnologie da parte delle imprese locali. 
Ma queste motivazioni non sembrano tenere conto, tra l’altro, del fatto che circa il 50% delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti sono fatte da imprese statunitensi e che, più in generale, oggi le catene del valore dei singoli prodotti sono molto complesse e che spesso la loro produzione tocca oggi anche 10-20 Paesi. 
Per altro verso e più in generale, come ci ricorda Paul Krugman (Krugman, 2018), Trump e soci fanno affermazioni sugli effetti delle loro politiche che non hanno alcun riscontro nella realtà: Trump inventa cose di sana pianta e i suoi consiglieri di solito raccontano trionfi economici immaginari.

domenica 12 agosto 2018

Una scuola anticostituzionale Ovvero come il progetto Berlinguer ha spianato la strada al piano Berlusconi-Moratti. - Mario Alighiero Manacorda

Da: "Liberazione"  Roma, 5 giugno 2002- http://www.fisicamente.net - Mario_Alighiero_Manacorda  è stato un docente, pedagogista e traduttore italiano.


Riflessioni di Mario Alighiero Manacorda, storico dell'educazione, sulla riforma scolastica.


Fa un certo effetto leggere nell'agile libro dell'ex ministro dell'istruzione del centro sinistra, Luigi Berlinguer, La scuola nuova, l'annuncio, che «la riforma della scuola è un'opera compiuta». In realtà, se c'è un'incompiuta, è questa: il nuovo ministro del centro destra, Letizia Moratti, felicemente trionfante al meeting di Comunione e liberazione, la sta già smantellando e il libro, come la riforma, è ormai cosa d'altri tempi. Ma che cosa era questa riforma, e che rischi ha comportato e ancora oggi comporta?


Ma quale riforma?

Per la sua ispirazione la riforma Berlinguer era parte integrante di tutta la politica, così squallidamente conclusa, del centro-sinistra e in particolare dei dirigenti diessini: un'affannosa rincorsa dietro agli obiettivi della destra, nazionale e internazionale, quasi a voler dimostrare di essere altrettanto bravi a perseguirli: modernizzazione, liberalizzazione, destatalizzazione, privatizzazione, decentramento, autonomia. Col bel risultato di aver aperto la strada a una più smaccata modernizzazione, liberalizzazione ecc. ecc. per la destra oggi al governo.
Eppure nel suo libro Berlinguer enuncia principi di grande rilievo pedagogico. Dice, ad esempio, che «il successo di tutti i bambini è il vero successo della scuola», la quale perciò deve essere "senza bocciature"; che, mentre «oggi la scuola è quasi esclusivamente l'aula», occorrono «attività integrative collegate al curricolo»; che occorre intervenire sul curricolo o i "saperi" per superare la frattura tra scuola culturale e scuola professionale, coniugando "il conoscere e l'operare"; che col riordino dei cicli, ridotti da tre a due, occorre superare anche «la cesura traumatica tra elementare e media»; che per garantire l'attiva partecipazione di docenti e studenti occorre dare alle scuole più autonomia, ecc. 

venerdì 10 agosto 2018

Alle operaie - Vladimir Lenin (1920)

Scritto il 21 febbraio 1920 Pravda n°40, del 22 febbraio 1920. Trascritto da mishu, Dicembre 1999 per https://www.marxists.org
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2015/10/la-rivoluzione-delle-donne.html
                      https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/la-donna-la-nuova-morale-sessuale-e-la.html

Compagne, 
le elezioni al Soviet di Mosca dimostrano che il partito comunista si afferma sempre di più in seno alla classe operaia. 

Le operaie devono partecipare in maggior numero alle elezioni. Primo e unico al mondo, il potere dei Soviet ha abolito completamente tutte le vecchie leggi borghesi, le leggi vergognose che ponevano la donna in uno stato d'inferiorità rispetto all'uomo, che all'uomo, tanto per citare un esempio, riconoscevano una posizione di privilegio nella sfera del diritto matrimoniale o dei rapporti con i figli. Primo e unico al mondo, il potere dei Soviet, in quanto potere dei lavoratori, ha abolito tutti quei vantaggi che, originati dalla proprietà, tuttora vengono attribuiti all'uomo dal diritto familiare anche nelle repubbliche borghesi più democratiche. 

Dove esistono grandi proprietari fondiari, capitalisti e commercianti, non può esistere l'uguaglianza tra uomo e donna, nemmeno di fronte alla legge. 

Dove non esistono grandi proprietari fondiari, capitalisti e commercianti, dove il potere dei lavoratori edifica una nuova vita senza questi sfruttatori, esiste l'eguaglianza di fronte alla legge tra uomo e donna. 

Ma non basta. 
L'eguaglianza di fronte alla legge non è ancora l'eguaglianza nella vita. 

Ci occorre che l'operaia conquisti l'eguaglianza con l'operaio non soltanto di fronte alla legge, ma anche nella vita. Per questo le operaie debbono partecipare in misura sempre maggiore alla gestione delle imprese pubbliche e all'Amministrazione dello Stato. 

Le donne faranno presto il loro tirocinio nell'amministrazione e saranno all'altezza degli uomini. 

Eleggete dunque al Soviet un maggior numero di operaie, sia comuniste sia senza partito. Purché un'operaia sia onesta, coscienziosa nel suo lavoro, che importa se non appartiene al partito? Eleggetela al Soviet di Mosca! 

Più operaie al Soviet di Mosca! Dimostri il proletariato moscovita che è disposto a tutto e fa di tutto per lottare fino alla vittoria contro la vecchia ineguaglianza, contro il vecchio, borghese, avvilimento della donna. 

Il proletariato non raggiungerà una completa emancipazione se non sarà prima conquistata una completa libertà per le donne.

N. Lenin

giovedì 9 agosto 2018

Hyman Minsky: “Combattere la povertà. Lavoro non assistenza” - Alessandro Visalli

Da: http://tempofertile.blogspot.com - AlessandroVisalli è architetto e dottore di ricerca in pianificazione urbanistica.



In questo libro sono raccolti interventi di Hyman Misky, eretico economista keynesiano famoso per la sua tesi sulla instabilità intrinseca del capitalismo, che vanno dal 1965 al 1994 (l’autore muore nel 1996, prima che i crolli del 2001 e 2007 gli dessero clamorosamente ragione). Si tratta, come recita il titolo di interventi sul piano del lavoro, in polemica molto forte con la “guerra alla povertà” delle amministrazioni democratiche americane soprattutto perché imperniata sull’assistenza e non sull’offerta diretta di lavoro. Queste politiche (anche nelle varianti ben viste da destra che includono salari minimi e/o tasse negative) per Minsky sono conservatrici del sistema disfunzionale esistente ed incontrano peraltro il limite strutturale, in un capitalismo intrinsecamente fondato sulla speculazione, di poter provocare eccesso di investimenti (speculativi) e per questa via instabilità esplosiva.

Se questa strada è chiusa, quella invece da esplorare passa per il cambiamento del sistema; cioè per l’occupazione di ultima istanza diretta da parte dello stato, per il controllo degli investimenti e della natura delle produzioni per finalità utili. Sembra socialismo, ma Minsky amava il capitalismo e cercava invece di salvarlo da se stesso, attraverso la proposta di un “’nuovo’ nuovo modello di capitalismo” fondato sull’impegno per il pieno impiego e lo sviluppo delle risorse affidato ad una partnership tra agenzie pubbliche e private. Che unisca alla fallace visione a breve termine del mercato una visione lunga posseduta dal governo. Che prenda atto che “in quel complesso sistema di prodotti, lavoro e mercati finanziari che è l’economia capitalistica, il meccanismo di mercato non può raggiungere e mantenere il pieno impiego. Affinché il capitalismo possa avere successo sono necessarie istituzioni che integrino l’occupazione privata attraverso un’offerta illimitata di lavoro” (p. 258).

mercoledì 8 agosto 2018

"I poteri del mondo globale" - Giacomo Marramao

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Giacomo_Marramao  è un filosofo e professore universitario italiano.

ALLA RICERCA DELLA SPERANZA POLITICA NEL TEMPO DELLE PAURE E DEL RANCORE - http://www.scuoladiculturapolitica.it/index2018.html
Parte Prima: MONDO GLOBALE, SOVRANISMO E POPULISMI



lunedì 6 agosto 2018

Introduzione al MANIFESTO - Stefano Garroni

Da: Introduzione al Manifesto del Partito Comunista Edizioni Laboratorio politico, gennaio 1994.- Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. 
http://www.youtube.com/user/mirkobe79 - https://www.facebook.com/groups 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/03/una-rilettura-teorica-e-politica-del.html 


Com’è ben noto il Manifesto fu scritto da Marx ed Engels su commissione della Lega dei comunisti, organizzazione londinese, che però raccoglieva anche lavoratori di altri paesi e che aveva una consistente rete di rapporti internazionali.

Lo scopo dell’opuscolo – perché di questo si trattava – era di propagandare un unitario orientamento politico, che fosse, nello stesso tempo, capace di rinserrare le file dei più decisi e combattivi rivoluzionari europei, come anche di fornire a quell’orientamento uno spessore storico e teorico. Insomma, si trattava anche – e forse fondamentalmente – di organizzare un effettivo argine contro il dilagare, nel movimento rivoluzionario, di orientamenti utopistici, spesso costruiti su ispirazioni di tipo francamente religioso e, generalmente, tanto roboanti sul piano verbale, quanto inconcludenti su quello effettivamente pratico e politico.

Ricordiamo che tutta la vicenda si ambienta nel 1848, in un’epoca, dunque, ricca di fermenti rivoluzionari, ma pure caratterizzata ancora dal fatto che il movimento proletario e persino gli ambienti rivoluzionari più solidi, mancano di una propria autonomia teorica, non sanno discriminare adeguatamente tra le critiche alla società presente che esprimono i rimpianti delle classi tramontate; e quelle, invece, che rappresentano un nuovo punto di vista, legato al moderno proletariato di fabbrica.
È' un’epoca, dunque, di incertezze teoriche, che si esprimono sia in oscillazioni politiche, sia nella proclamazioni di tesi francamente utopistiche e spesso “colorate” – lo ripeto – in senso religioso e sentimentale.

La battaglia per dare al movimento rivoluzionario un orientamento teorico diverso, che fosse fondato dal punto di vista critico-scientifico, già aveva visto nettamente impegnati sia Marx che Engels: l’incarico, dunque, ottenuto dalla Lega dei comunisti era anche una loro personale vittoria. Tuttavia, il compito assegnato era sempre – e solo – quello di scrivere un opuscolo agitatorio. Ricordare ciò può sembrare bizzarro, quasi si insistesse su un’ovvietà. 

venerdì 3 agosto 2018

I fratelli Karamazov di Fedor Dostoievskij - Sandro Bolchi

Da: margrant - Sandro_Bolchi è stato un regista italiano.
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/01/e-un-romanzo-filosofico-delitto-e.html



I fratelli Karamazov di Fedor Dostoievskij - Regia di Sandro Bolchi 1969, riduzione televisiva di Diego Fabbri - con Corrado Pani, Carlo Simoni, Umberto Orsini, Lea Massari, Salvo Randone, Antonio Salines, Carla Gravina, Sergio Tofano, Cesare Polacco, Laura Carli, Antonio Battistella, Roldano Lupi, Orso Maria Guerrini, Gianni Agus, Glauco Onorato, Carlo D'Angelo, Mariolina Bovo, Cecilia Sacchi, Franca Mazzoni, Alessandro D'Alatri, Giovanna Galletti, Neda Naldi, Antonio Pierfederici, Lucio Rama.

giovedì 2 agosto 2018

Il disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del profitto. - Alan Freeman

Da: https://www.lacittafutura.it - Articolo pubblicato su Academia.edu - Traduzione dall’inglese a cura di Ascanio Bernardeschi  
alan-freeman  is a cultural economist, formerly a principal economists with the Greater London Authority. He is a visiting Professor at London Metropolitan University, and a Research Fellow of Queensland University of Technology, Australia.  
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/05/la-teoria-marxiana-del-valore-le.html 
Vedi anche:   https://ilcomunista23.blogspot.com/2015/03/la-caduta-tendenziale-del-saggio-del.html 


Alcune affermazioni sulla crisi che trovano riscontro nella realtà ma possono rendere infelici gli economisti borghesi, ma anche molti marxisti

Niente è più difficile e niente richiede più carattere che essere in aperta opposizione al proprio tempo e dire ad alta voce: NO (Tucholsky) 
Dire come stanno le cose, rimane l'atto più rivoluzionario (Luxemburg)


Inizierò parafrasando George Bernard Shaw: sono state dette molte cose apprezzate sull’economia, e molte cose vere. Però ciò che è apprezzato è sempre falso e ciò che è vero è sempre impopolare.
Detto in altri termini ogni verità in economia infastidisce qualcuno e talvolta infastidisce quasi tutti. Eppure, come disse Rosa Luxemburg, l'azione più rivoluzionaria è dire come stanno le cose. Quindi l'affronto è inevitabile se si persegue la verità.
Perciò intendo dire alcune cose impopolari che, credo, si siano dimostrate vere. Potete decidere se siete d'accordo dopo aver letto i materiali in cui si presentano l’evidenza e le argomentazioni. Li cito alla fine. Alcuni non sono ancora stati pubblicati, ma scrivetemi e invierò un testo preliminare alla pubblicazione.
Potere scegliere di ignorare queste affermazioni se non concordano col vostro modo di pensare. Per aiutarvi sono disponibili molte strategie di diniego: potete liquidarle come assurde o irrilevanti; potete usare la tecnica adhominem per ridicolizzare gli autori; potete incitare gli altri a schierarsi contro di esse, o semplicemente far finta che non esistano.
Oppure, come Marx, potete riconoscere che la conoscenza procede attraverso la contraddizione e il contrasto. Quindi che è preferibile spendere il tempo per disputare con gli avversari piuttosto che per concordare con gli amici.
In breve, il compito del marxismo, nello spirito di Marx, è di ri-imparare l'arte dell’opposizione. Con questo spirito, comincio con alcune dichiarazioni aggressive che spero vi disturbino. Altrimenti, avrò fallito.
Ecco la prima: non esiste il sottoconsumo e non esiste la sovrapproduzione

lunedì 30 luglio 2018

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni

Da: http://www.marxismo-oggi.it

Per evitare che la reazione al cosmopolitismo astratto del pensiero liberale ricada in un feticismo della sovranità, ovvero in un amore per le identità nazionali fisse e immutabili, per impedire che la rabbia sacrosanta verso il massacro sociale compiuto dal governo Renzi-Gentiloni assuma, anche tra i militanti di sinistra, le forme di una simpatia nei confronti di Salvini, con Marxismo Oggi abbiamo qui radunato alcuni testi di Domenico Losurdo che riteniamo particolarmente educativi nella fase attuale e che crediamo valga la pena leggere fino in fondo. Gli abbiamo dato per titolo "Il fondamentalismo occidentale." (emiliano.alessandroni)



Solo in seguito a una più profonda conoscenza [...]
l'elemento logico si eleva [...] fino a valere non già
semplicemente come un universale astratto, ma
come l'universale che abbraccia in sé
la ricchezza del particolare
Hegel - Scienza della Logica

Il testo che segue unisce brani tratti dal volume di Domenico Losurdo, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana(Laterza, Roma-Bari, 2007, pp. 48-78). Si è qui deciso di riproporli in quanto appaiono particolarmente rilevanti per la fase storica che stiamo attraversando. L'Occidente registra infatti, da qualche tempo, l'assenza di una sinistra capace di rendersi promotrice di un Universale concreto (cfr. su ciò D. Losurdo, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, Roma 2014).
La reazione all'Universale astratto promosso dal liberalismo viene pertanto condotta dall'iniziativa delle destre, siano esse sociali o postmoderne, che per propria vocazione tendono a ripiegare lo sguardo su un'astrattezza egolatrica e particolaristica. È quest'ultima a scolpire oggi, in Europa e negli Usa, le forme della critica al liberalismo. Alla prospettiva cosmopolita di un mondo senza Stati e sans frontières che l'ideologia anarcocapitalista insegue, fanno fronte gli arroccamenti identitari e i tradizionalismi localistici, all'insegna di miti genealogici spontanei che sorreggono fisionomie sociali gelose e protettive. L'ideologia dell'imperialismo statunitense, a seconda dei governi e delle circostanze storiche, tende a muoversi su questi due fronti, oscillando tra cosmopolitismo e tradizionalismo, tra Universale e particolare astratto. Pur avversi tra loro essi risultano ancora più ostili all'Universale concreto, che ha bisogno di superare entrambe le unilateralità per realizzarsi.
Nel cammino che conduce a una simile realizzazione è possibile talvolta approfittare dello scontro tra i propri nemici, tendendo la mano ora all'uno e ora all'altro. Nondimeno, un punto tutt'altro che irrilevante va tenuto in considerazione: se sul piano militare e politico una disposizione particolaristica può caricarsi di un valore universale quando si trova a confliggere con una disposizione universalistico-astratta suscettibile di rovesciarsi nel proprio contrario (di trasformarsi, quindi, in una forza universalmente repressiva), diverso è il caso del piano culturale: qui è l'Universale astratto, anziché il particolare, a costituire un terreno più avanzato per la comprensione dell'Universale concreto e per il suo radicamento nelle coscienze.
Ai giorni nostri, in cui la sinistra occidentale risulta pressoché priva di capacità organizzativa e di forza politica, diverse anime che ancora si rivedono nel suo orizzonte pagano l'assenza di un collante e, a partire dall'ostilità istintivamente nutrita verso il cosmopolitismo astratto che ha egemonizzato il discorso politico degli ultimi decenni, cominciano ad avvertire una forte attrazione verso il particolarismo, recepito come elemento di novità e dotato di forza rivoluzionaria. Ma si tratta, a ben vedere, di un arretramento del discorso. La crescente fascinazione verso i conflitti altrui non è altro che il frutto della propria impotenza.
Contro l'idea per la quale il particolare possa costituire un punto di vista rivoluzionario da contrapporre all'astrattezza dell'Universale, i testi di Losurdo che qui proponiamo ci sembrano particolarmente eloquenti. Leggerli con attenzione può senz'altro aiutarci a comprendere in modo più adeguato il nostro presente, ovvero a diradare la nebbia che decenni di arretramenti sociali e politici hanno addensato tra le "ragioni della mente" e le "ragioni del mondo". (E. A.)
 Che cos'è il fondamentalismo? 

sabato 28 luglio 2018

L'Europa e le false credenze della Sinistra - Alessandro Somma

Da: http://temi.repubblica.it/micromega-online - AlessandroSomma è professore ordinario di diritto comparato all’Università di Ferrara.

Questo articolo (23 luglio 2018) traccia una breve cronistoria del processo di “unificazione” europea. 
Nelle dichiarazioni degli esponenti liberali dell’epoca, e dello stesso Guido Carli, si ritrovano i contenuti del famoso discorso di Cefis: la grande borghesia capitalistica, compresi i grand commis che sono al suo servizio, si stava allineando e compattando attorno a un progetto che avrebbe portato al progressivo svuotamento dell’idea di politica intesa come emancipazione umana e  sociale che si era andata formando nel corso del diciannovesimo e del ventesimo secolo. (Il Collettivo)  

Un interessante contributo di Zbigniew Brzezinski (1968): https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/10/usamerica-nellepoca-tecnetronica.html 


L’Unione europea ha finalmente dichiarato la conclusione del programma di assistenza finanziaria imposto alla Grecia nel maggio del 2010. In questi otto anni il Paese ha ricevuto prestiti per 243 miliardi di Euro dal fondi Salva-Stati, e per 32 miliardi di Euro dal Fondo monetario internazionale. In cambio ha realizzato centinaia di riforme strutturali con le quali ha tagliato la spesa sociale per l’istruzione, la sanità e le pensioni, ridimensionato la pubblica amministrazione, privatizzato i beni pubblici e le principali infrastrutture, liberalizzato i servizi, precarizzato il lavoro e indebolito il sindacato. 

La dimensione della macelleria sociale provocata da queste misure si coglie dai dati che documentano l’esplosione della povertà, la compressione dei salari e delle pensioni, la crescita della disoccupazione soprattutto giovanile, la perdita dei posti di lavoro nel settore pubblico, la condizione miserevole in cui è ridotta la sanità e il sistema della sicurezza sociale nel suo complesso. Anche i parametri economici documentano in modo incontrovertibile l’insuccesso della cura imposta dall’Europa: il deficit è stato annullato e anzi il Paese è ora in surplus, ma al prezzo di un rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo passato dal 146% dell’anno in cui la Troika è giunta ad Atene, al 178,6% di adesso. Sono cresciuti anche la pressione fiscale e l’ammontare dei prestiti in sofferenza delle banche, mentre sono calati la competitività e il potere di acquisto. 

Vi sono dunque riscontri notevoli di quanto l’assistenza finanziaria fornita alla Grecia sia stata fallimentare se non criminale, tenuto conto che il 90% delle somme prese a prestito hanno beneficiato le banche francesi e tedesche espostesi per aver tentato di lucrare sui titoli del debito greco. Ciò nonostante Atene sarà costretta a proseguire lungo la strada imposta da Bruxelles come contropartita per l’assistenza, e continuerà a essere sorvegliata da Commissione, Banca centrale e Fondo monetario internazionale. Il Paese sarà infatti sottoposto alla “sorveglianza rafforzata” prevista per i casi in cui si temono “gravi difficoltà per quanto riguarda la sua stabilità finanziaria, con probabili ripercussioni negative su altri Stati membri nella zona euro”[1]. Sebbene il programma di assistenza finanziaria sia formalmente concluso, di fatto esso prosegue, così come la cessione di sovranità politica ed economica alla Troika, presumibilmente sino al 2022. 

venerdì 27 luglio 2018

L’ASSURDA CRISI (DELLA) “FISIOLOGICA” - Paolo Massucci

Da: CorriereSaute del Corriere della Sera - http://www.peripato.org/news/l-assurda-crisi-della-fisiologica - Paolo Massucci (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni)
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/06/il-capitalismo-e-in-crisi-ma-come.html



Contraddizione tra profitto capitalistico e bisogni umani nella sanità


Fa riflettere l’articolo di fondo di Sergio Harari (presidente associazione peripato -http://www.peripato.org) sull’ottimo inserto settimanale CorriereSaute del Corriere della Sera dedicato alla medicina, pubblicato il 6 maggio 2018 e intitolato “L’assurda crisi della “fisiologica”.

L’Autore, partendo dal grave episodio della indisponibilità della soluzione fisiologica per i pazienti negli Stati Uniti d’America, quale conseguenza del disinteresse dell’industria del farmaco a produrla per ragioni di profitto, conclude -condivisibilmente- che ciò deve far pensare a dove possono condurre le pericolose derive di un esasperato liberismo applicato anche alla sanità e all’importanza di preservare i nostro prezioso Servizio Sanitario pubblico.

L’assurda mancanza sistematica della soluzione fisiologica negli ospedali americani sta infatti determinando seri problemi ai pazienti (e ai medici), analoghi a quelli immaginabili nei paesi più sottosviluppati del pianeta.

Ancora si può credere che il capitalismo allochi con efficienza e a tutti i cittadini ciò di cui hanno realmente bisogno? Che il capitalismo tenda naturalmente ad uno sviluppo equilibrato ? Che la ricerca del profitto sia autolimitante e non possa andare contro i principi di giustizia umana e sociale ? Al contrario, il profitto nel capitalismo si basa proprio sugli squilibri sociali stessi, sul fatto che un essere umano pagherebbe qualsiasi prezzo per poter sopravvivere. Pertanto allo sfruttamento del lavoro di chi ha necessità di un salario per vivere, punto centrale dell’economia capitalistica (e ovvio per un marxista), va aggiunto sempre più, man mano che le possibilità tecniche della medicina si perfezionano, lo sfruttamento del bisogno di cure mediche per la salute e la sopravvivenza delle persone. Il bisogno di salute diviene sempre più centrale e pertanto allo stesso tempo diviene terreno di sfruttamento capitalistico.

La situazione pur bizzarra, oltre che drammatica, della mancanza della soluzione fisiologica negli ospedali americani, conseguenza di meri calcoli economici dell’industria farmaceutica, rappresenta un caso esemplare. E fa pensare anche al qui da noi inapplicato articolo 41 della nostra Costituzione italiana che recita: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”

Articolo costituzionale, come molti altri, teoricamente in vigore ma del tutto disatteso e paradossalmente oggi considerato obsoleto -ma dobbiamo chiederci negli interessi di chi-, quando potrebbe costituire invece una difesa proprio per il diritto alla salute e alle cure mediche oggi sempre più a rischio. In realtà, nonostante tutti i compromessi da cui è nata la Costituzione italiana, molti principi contenuti, pur annacquati, mostrano un livello di consapevolezza e di emancipazione oggi, nella politica dominata dai populismi, pressoché sconosciuto.