Da: Scuola
di filosofia Roccella Jonica
vittorio-morfino insegna Storia della filosofia presso la Facoltà di Scienze della formazione dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2015/09/ernst-bloch-e-la-stratigrafia-delle.html
https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/05/marx-e-laccumulazione-originaria.html
Leggi: https://ilcomunista23.blogspot.com/2015/06/storiografia-degli-strati-di-tempouna.html
Un carteggio molto stimolante...
«Caro cittadino,
Lei non ignora che il Suo Capitale gode di grande popolarità in Russia... Negli ultimi tempi abbiamo sentito affermare con forza che la comune agricola sarebbe una forma arcaica che la storia, il socialismo scientifico, in una parola, tutto ciò che c’è di indiscutibile, condannano a perire. Le persone che predicano ciò si dicono Suoi discepoli per eccellenza: “marxisti”... Ma come deducono tale idea dal Suo Capitale?... a noi interessa la Sua opinione al riguardo e il grande servizio che ci farebbe esponendo le Sue idee in merito al possibile destino della nostra comunità rurale e in merito alla teoria della necessità storica, per tutti i paesi del mondo, di passare per tutte le fasi della produzione capitalistica» [...] «Delle due l’una: o la comune rurale, liberata dal peso delle smisurate esigenze del fisco, dei pagamenti ai signori e di un governo arbitrario, è in grado di evolvere sulla strada socialista, cioè di organizzare a poco a poco su basi collettivistiche la sua produzione e distribuzione dei prodotti, e allora il socialista rivoluzionario deve sacrificare tutte le sue energie all’affrancamento della comune e al suo sviluppo; o invece la comune è destinata a morire, e allora al socialista, in quanto tale, non resta che abbandonarsi a calcoli più o meno infondati per stabilire in quante decine d’anni la terra del contadino russo finirà nelle mani della borghesia e in quante centinaia d’anni, forse, il capitalismo raggiungerà in Russia un grado di sviluppo simile a quello dell’Europa occidentale, e quindi egli dovrà svolgere la sua propaganda unicamente fra i lavoratori cittadini che, nel frattempo, si troveranno immersi in una marca di contadini gettati dalla disgregazione della comune rurale sul lastrico delle grandi città, in cerca di salario.» (Vera Zasulič, 16 febbraio 1881)
«Cara cittadina,
Una malattia nervosa che da dieci anni periodicamente mi colpisce mi ha impedito di rispondere prima alla vostra del 18 febbraio. Mi spiace di non potervi dare un esposto succinto, e destinato alla pubblicazione, sul quesito che mi avete fatto l’onore di propormi. Già da mesi ho promesso un lavoro sullo stesso tema al Comitato di Pietroburgo. Spero tuttavia che bastino alcune righe a togliervi ogni dubbio circa il malinteso intorno alla mia sedicente teoria. Analizzando la genesi della produzione capitalistica io dico: «Al fondo del sistema capitalistico v’è dunque la separazione radicale del produttore dai mezzi di produzione ... La base di tutta questa evoluzione è l’espropriazione dei coltivatori agricoli, dei contadini. Essa non si è finora compiuta in modo radicale che in Inghilterra ... Ma tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale percorrono lo stesso movimento» (Le Capital, ed. franc., p. 315). La «fatalità storica» di questo movimento è dunque espressamente limitata ai paesi dell’Europa occidentale. Il perché di questa limitazione è spiegato nel cap. XXXII : «La proprietà privata fondata sul lavoro personale...sarà sostituita dalla proprietà privata capitalistica fondata sullo sfruttamento del lavoro altrui, sul salariato» (op. cit.,p. 340). In questo movimento occidentale, si tratta quindi della trasformazione di una forma di proprietà privata in un’altra forma di proprietà privata. Per i contadini russi, si tratterebbe invece di trasformare in proprietà privata la loro proprietà comune. Perciò, l’analisi data nel Capitale non fornisce ragioni né pro né contro la vitalità della comune rurale; ma lo studio apposito che ne ho fatto, e di cui ho cercato i materiali nelle fonti originali, mi ha convinto che la comune è il punto di appoggio della rigenerazione sociale in Russia. Tuttavia, perché essa possa funzionare come tale, occorrerebbe prima eliminare le influenze deleterie che l’assalgono da tutte le parti, poi assicurarle condizioni normali di sviluppo organico. Ho l’onore, cara cittadina, d’essere il vostro devotissimo KARL MARX»
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
giovedì 20 settembre 2018
martedì 18 settembre 2018
L’ALGORITMO SOVRANO - Renato Curcio
Da: http://www.sensibiliallefoglie.it - Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui:L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016;La società artificiale, 2017.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/04/colonizzazione-dellimmaginario-e.html
METAMORFOSI IDENTITARIE E RISCHI TOTALITARI NELLA SOCIETÀ ARTIFICIALE
Potremmo immaginare quella parte di Internet che ci è permesso frequentare come un giovane continente – non ha più di trent’anni – già ampiamente colonizzato. In esso, i coloni che si sono aggiudicati le posizioni migliori, pur continuando a essere in conflitto tra loro, come nelle migliori tradizioni capitalistiche, innalzano i vessilli dei marchi più noti dell’oligarchia digitale planetaria. In questo continente, algoritmi “intelligenti” col volto nascosto ma con grandi ambizioni classificatorie, predittive e giudicanti, si mimetizzano dentro i più diversi strumenti e negli immancabili smartphone, al servizio di piattaforme variamente specializzate nella costruzione di nuove dipendenze in molti campi: dalle comunicazioni, ai consumi, alle competizioni online, non disdegnando affatto esperimenti psico-sociali o politici di ampia portata.
Ripercorrendo le tappe salienti della colonizzazione della rete e delle identità virtuali dei suoi frequentatori, nella prima parte del libro si porta l’attenzione su alcuni dei dispositivi nascosti che stanno velocemente dissodando il terreno di una nuova e inedita deriva totalitaria. Nella seconda parte, si spinge lo sguardo sulle frontiere opache in cui gli Stati a più alta propensione digitale, provano a difendere da questa sfida transumanista il loro stesso futuro, ma in una prospettiva cieca, “al rialzo”. Come in un incubo – documentato e niente affatto distopico – si profilano così i contorni di simil-democrazie dalle libertà sostanziali vacillanti in cui i cittadini, assoggettati biometricamente a un codice unico personale, si dispongono a riprodursi come cloni volontari di un algoritmo sovrano. Naturalmente, un’alternativa c’è ancora: prendere atto della nostra incompiutezza come specie e riportare la barra della nostra vita sociale anzitutto sui legami, sulle comunità istituenti e sulle relazioni faccia-a-faccia. Non “contro le tecnologie digitali” ma portando la critica direttamente alla radice del modo di produzione capitalistico che esse riproducono. L’homo sapiens dopotutto può e sa fare di meglio che lasciarsi guidare da un algoritmo.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/04/colonizzazione-dellimmaginario-e.html
METAMORFOSI IDENTITARIE E RISCHI TOTALITARI NELLA SOCIETÀ ARTIFICIALE
Potremmo immaginare quella parte di Internet che ci è permesso frequentare come un giovane continente – non ha più di trent’anni – già ampiamente colonizzato. In esso, i coloni che si sono aggiudicati le posizioni migliori, pur continuando a essere in conflitto tra loro, come nelle migliori tradizioni capitalistiche, innalzano i vessilli dei marchi più noti dell’oligarchia digitale planetaria. In questo continente, algoritmi “intelligenti” col volto nascosto ma con grandi ambizioni classificatorie, predittive e giudicanti, si mimetizzano dentro i più diversi strumenti e negli immancabili smartphone, al servizio di piattaforme variamente specializzate nella costruzione di nuove dipendenze in molti campi: dalle comunicazioni, ai consumi, alle competizioni online, non disdegnando affatto esperimenti psico-sociali o politici di ampia portata.
Ripercorrendo le tappe salienti della colonizzazione della rete e delle identità virtuali dei suoi frequentatori, nella prima parte del libro si porta l’attenzione su alcuni dei dispositivi nascosti che stanno velocemente dissodando il terreno di una nuova e inedita deriva totalitaria. Nella seconda parte, si spinge lo sguardo sulle frontiere opache in cui gli Stati a più alta propensione digitale, provano a difendere da questa sfida transumanista il loro stesso futuro, ma in una prospettiva cieca, “al rialzo”. Come in un incubo – documentato e niente affatto distopico – si profilano così i contorni di simil-democrazie dalle libertà sostanziali vacillanti in cui i cittadini, assoggettati biometricamente a un codice unico personale, si dispongono a riprodursi come cloni volontari di un algoritmo sovrano. Naturalmente, un’alternativa c’è ancora: prendere atto della nostra incompiutezza come specie e riportare la barra della nostra vita sociale anzitutto sui legami, sulle comunità istituenti e sulle relazioni faccia-a-faccia. Non “contro le tecnologie digitali” ma portando la critica direttamente alla radice del modo di produzione capitalistico che esse riproducono. L’homo sapiens dopotutto può e sa fare di meglio che lasciarsi guidare da un algoritmo.
lunedì 17 settembre 2018
Le varie forme di ideologia - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Approfondimenti teorici (Unigramsci) -
Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Vedi: https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/le-scienze-sociali-e-lantropologia.html
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/06/il-fattore-religioso-nellattuale.html
https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/10/la-protestantizzazione-dellamerica.html
La concezione gramsciana dell’ideologia e il compito della scienza
Ovviamente
la religione non è l’unica forma di ideologia e, quindi, è
necessario soffermarsi rapidamente sulle sue espressioni più
importanti.
Gramsci
considerava l’ideologia come un grappolo di concetti tra i quali
includeva la religione, la scienza, la filosofia, il conformismo, il
buon senso, il senso comune, il folclore, la religiosità popolare e
il blocco storico. Egli considera l’ideologia, compresa la scienza,
una concezione
del mondo,
trascurando la questione della falsa coscienza. Guido Liguori osserva
che questo discrimine tra falsa
coscienza e concezione
del mondo costituisce
una frontiera che divide gli studiosi marxisti.
Come
si è già detto, la riflessione sulle varie forme di ideologia ha
per Gramsci un obiettivo squisitamente politico: come operare
concretamente per modificare la coscienza delle masse popolari, che
si può esprimere nel folclore, nel senso comune, nella religiosità
popolare etc. E ciò con l’intento di rendere attivo il ruolo delle
stesse masse nel radicale processo di trasformazione sociale da lui
auspicato. Alcuni contemporanei mettono tra parentesi questa
prospettiva e ragionano su Gramsci (ma anche su Marx) come se fossero
solo dei filosofi.
La
concezione gramsciana dell’ideologia si fonda su tre presupposti,
evidenziati da Liguori (2005: 3) a proposito del senso comune ma
proprie anche delle altre forme ideologiche: 1) ogni stato sociale ha
la sua propria “concezione del mondo”; 2) essa il frutto
articolato e complesso di un lungo processo di sedimentazione delle
correnti filosofiche e culturali precedenti; 3) ogni “concezione
del mondo” si trasforma incessantemente secondo le sollecitazioni
ricevute dal mondo esteriore.
domenica 16 settembre 2018
sabato 15 settembre 2018
Riflessioni 15... - Stefano Garroni
Da: Mirko
Bertasi - Stefano_Garroni è
stato un filosofo italiano. - https://www.facebook.com/groups
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/05/riflessioni-14-stefano-garroni.html
Empirismo e sapere assoluto.
[...] Se questo tu intendi per empirismo, cioè l’esigenza di un sapere determinato, sicuramente sia Hegel che Marx sono aperti all’empirismo. In Hegel due termini compaiono mille e mille volte: unterschied e Verschiedenheit. Unterschied vuol dire differenza e Verschiedenheit diversità, cioè l’attenzione alla differenza delle cose, cioè alla determinatezza delle cose, e quindi in questo senso all’empirismo, la diversità tra le cose (sempre empirismo). Per questo è un imbroglio quando i partiti comunisti dicevano “via nazionale al socialismo”, perché un’applicazione dialettica della politica ovviamente diversifica. È ovvio che se tu ragioni dialetticamente in politica è chiaro che il capitalismo che c’è in Vietnam non è quello che c’è in Danimarca, è ovvio. È chiaro però – riprendendo l’esempio di prima -, che a questo punto noi stiamo parlando dei parlanti cinesi, non della grammatica del cinese: stiamo parlando di come, di fatto, in contesti determinati, si usa la lingua cinese. Il filosofo si occupa della grammatica, quindi il suo è un sapere formale, vuoto di contenuti, e questo Hegel lo chiama il sapere assoluto, che però ha la caratteristica appunto, di non essere sapere determinato, perché è un sapere semplicemente grammaticale e non dell’applicazione.
INTERVENTO: Ma questo sapere assoluto, questo aggettivo assoluto, perché assoluto?
Stefano Garroni: Perché siccome è un sapere della ragione sulla grammatica della lingua, è un sapere della ragione sulla ragione della lingua: la ragione studia sé stessa, quindi è assoluta, cioè sciolta da ogni condizionamento.
I.:Non nel senso di quantità insomma?
Stefano Garroni: No, ma che è sciolta da determinati, però appunto, Hegel chiarisce: il sapere assoluto non è mai il sapere di qualcosa di determinato, come è chiaro che l’economista per esempio che vuol studiare il sistema capitalistico di produzione ha bisogno di un sapere determinato, ma sulla base di quel sapere assoluto che gli ha dato l’impostazione.[...]
----------------------------------
[...]nei Manoscritti parigini Marx riconosce alla Fenomenologia di Hegel di aver visto il carattere propulsivo storicamente del lavoro: il lavoro umano come ciò che produce la storia dell'uomo. Per capirci, voi sapete quella breve opera di Engels sulla scimmia: il passaggio dalla scimmia all'uomo, in cui lui sottolinea come, attraverso il lavoro, si va formando la mano e quindi l'individuo acquista delle attività nuove; le quali attività nuove lo mettono in condizione di operare in maniera più sviluppata rispetto a prima; il che interviene sullo sviluppo psichico dell'individuo eccetera... Questi sono temi hegeliani, nettamente hegeliani: proprio questo discorso sulla mano, sulla trasformazione della mano attraverso il lavoro e le conseguenti trasformazioni psicologiche, morali, mentali che il rapporto lavorativo con la natura produce nell'uomo. È un tema largamente svolto nella Fenomenologia di Hegel e che a noi ci interessa perché, in realtà, è questo aspetto che poi Marx terrà particolarmente presente nelle pagine successive, anche nelle pagine che noi vedremo.
«Hegel si pone dal punto di vista della moderna economia nazionale, egli coglie il lavoro come l'essenza, come l'essenza che si va verificando dell'uomo, che verifica sé stessa; egli vede il lato positivo del lavoro, ma non anche il lato negativo» [citazione dai Manoscritti]. Il lato negativo è la produzione della miseria: i Manoscritti serviranno anche a mostrare come l'economia politica, questa scienza della produzione della ricchezza, nasconda però il fatto che la ricchezza si produce proprio sulla miseria. Però, appunto, qui viene sottolineato come Hegel coglie non solo l'importanza dell'economia politica, ma questa centralità del lavoro come l'essenza che va confermando sé stessa svolgendosi dall'uomo.[...]
---------------------------------------
[...]l'approccio di Marx è questo: quando c'è la critica a un settore dell'insieme sociale, questa critica è sempre insufficiente, se non si collega al cuore della società, quindi alla logica complessiva dell'insieme. Quello che interessa è appunto sottolineare questo fatto: il tutto ha il primato sulla parte, la comprensione della logica globale mi permette di capire effettivamente le logiche particolari dei settori. Noi sappiamo che, nella tradizione del pensiero borghese, c'è il principio opposto: la parte vale più del tutto (Pascal, per esempio) che è un principio religioso: infatti dio ha dato l'anima a ognuno, a ogni singolo, e quindi ogni singolo ha una sacralità, un valore che non può essere messo in discussione neanche dalla maggioranza numerica. Il discorso che Marx fa, invece parte da questo primato del tutto sulla parte, per cui se io non capisco la logica complessiva dell'insieme, non posso capire effettivamente le singole parti.[...]
Empirismo e sapere assoluto.
[...] Se questo tu intendi per empirismo, cioè l’esigenza di un sapere determinato, sicuramente sia Hegel che Marx sono aperti all’empirismo. In Hegel due termini compaiono mille e mille volte: unterschied e Verschiedenheit. Unterschied vuol dire differenza e Verschiedenheit diversità, cioè l’attenzione alla differenza delle cose, cioè alla determinatezza delle cose, e quindi in questo senso all’empirismo, la diversità tra le cose (sempre empirismo). Per questo è un imbroglio quando i partiti comunisti dicevano “via nazionale al socialismo”, perché un’applicazione dialettica della politica ovviamente diversifica. È ovvio che se tu ragioni dialetticamente in politica è chiaro che il capitalismo che c’è in Vietnam non è quello che c’è in Danimarca, è ovvio. È chiaro però – riprendendo l’esempio di prima -, che a questo punto noi stiamo parlando dei parlanti cinesi, non della grammatica del cinese: stiamo parlando di come, di fatto, in contesti determinati, si usa la lingua cinese. Il filosofo si occupa della grammatica, quindi il suo è un sapere formale, vuoto di contenuti, e questo Hegel lo chiama il sapere assoluto, che però ha la caratteristica appunto, di non essere sapere determinato, perché è un sapere semplicemente grammaticale e non dell’applicazione.
INTERVENTO: Ma questo sapere assoluto, questo aggettivo assoluto, perché assoluto?
Stefano Garroni: Perché siccome è un sapere della ragione sulla grammatica della lingua, è un sapere della ragione sulla ragione della lingua: la ragione studia sé stessa, quindi è assoluta, cioè sciolta da ogni condizionamento.
I.:Non nel senso di quantità insomma?
Stefano Garroni: No, ma che è sciolta da determinati, però appunto, Hegel chiarisce: il sapere assoluto non è mai il sapere di qualcosa di determinato, come è chiaro che l’economista per esempio che vuol studiare il sistema capitalistico di produzione ha bisogno di un sapere determinato, ma sulla base di quel sapere assoluto che gli ha dato l’impostazione.[...]
----------------------------------
[...]nei Manoscritti parigini Marx riconosce alla Fenomenologia di Hegel di aver visto il carattere propulsivo storicamente del lavoro: il lavoro umano come ciò che produce la storia dell'uomo. Per capirci, voi sapete quella breve opera di Engels sulla scimmia: il passaggio dalla scimmia all'uomo, in cui lui sottolinea come, attraverso il lavoro, si va formando la mano e quindi l'individuo acquista delle attività nuove; le quali attività nuove lo mettono in condizione di operare in maniera più sviluppata rispetto a prima; il che interviene sullo sviluppo psichico dell'individuo eccetera... Questi sono temi hegeliani, nettamente hegeliani: proprio questo discorso sulla mano, sulla trasformazione della mano attraverso il lavoro e le conseguenti trasformazioni psicologiche, morali, mentali che il rapporto lavorativo con la natura produce nell'uomo. È un tema largamente svolto nella Fenomenologia di Hegel e che a noi ci interessa perché, in realtà, è questo aspetto che poi Marx terrà particolarmente presente nelle pagine successive, anche nelle pagine che noi vedremo.
«Hegel si pone dal punto di vista della moderna economia nazionale, egli coglie il lavoro come l'essenza, come l'essenza che si va verificando dell'uomo, che verifica sé stessa; egli vede il lato positivo del lavoro, ma non anche il lato negativo» [citazione dai Manoscritti]. Il lato negativo è la produzione della miseria: i Manoscritti serviranno anche a mostrare come l'economia politica, questa scienza della produzione della ricchezza, nasconda però il fatto che la ricchezza si produce proprio sulla miseria. Però, appunto, qui viene sottolineato come Hegel coglie non solo l'importanza dell'economia politica, ma questa centralità del lavoro come l'essenza che va confermando sé stessa svolgendosi dall'uomo.[...]
---------------------------------------
[...]l'approccio di Marx è questo: quando c'è la critica a un settore dell'insieme sociale, questa critica è sempre insufficiente, se non si collega al cuore della società, quindi alla logica complessiva dell'insieme. Quello che interessa è appunto sottolineare questo fatto: il tutto ha il primato sulla parte, la comprensione della logica globale mi permette di capire effettivamente le logiche particolari dei settori. Noi sappiamo che, nella tradizione del pensiero borghese, c'è il principio opposto: la parte vale più del tutto (Pascal, per esempio) che è un principio religioso: infatti dio ha dato l'anima a ognuno, a ogni singolo, e quindi ogni singolo ha una sacralità, un valore che non può essere messo in discussione neanche dalla maggioranza numerica. Il discorso che Marx fa, invece parte da questo primato del tutto sulla parte, per cui se io non capisco la logica complessiva dell'insieme, non posso capire effettivamente le singole parti.[...]
giovedì 13 settembre 2018
"La curiosità di Erodoto"- Eva Cantarella
Da: Pistoia
- Dialoghi sull'uomo -
Eva_Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global visiting professor alla New York University Law School.
Eva_Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global visiting professor alla New York University Law School.
mercoledì 12 settembre 2018
La robotica come forza autodistruttiva del capitalismo - Marco Beccari
Da: https://www.lacittafutura.it - Marco
Beccari - Approfondimenti
teorici (Unigramsci) - L’articolo
trae spunto dal materiale didattico (lucidi) preparato e presentato
da Domenico Laise, docente dell’Università La Sapienza di Roma, ad
un seminario, su: “La Teoria del valore-lavoro nell’epoca della
robotica”, tenuto presso l’Università Popolare A. Gramsci
nell’anno accademico 2017-2018. Il riferimento bibliografico
essenziale dei materiali presentati in tali seminari è: D. Laise, La
Natura dell'impresa capitalistica,
Egea, Milano, 2015. - Leggi anche: "News"
sulla crisi... - Friedrich Engels
L’incremento della robotica conduce al deperimento della legge del valore, entrando, così, in contraddizione con il fine capitalistico di estrarre plusvalore dalla produzione di merci.
In una serie di precedenti articoli si è osservato come l’introduzione dei robot nella produzione di fabbrica determina una sempre maggiore automazione del processo lavorativo, anche se le macchine non sostituiscono mai del tutto il lavoro umano, che rimane sempre l’unico elemento attivo. I capitalisti introducono l’automazione con il fine di ridurre i costi di produzione. Essi, in concorrenza tra loro, per vendere le proprie merci e conquistare i mercati, introducono le innovazioni tecnologiche e le nuove macchine nella produzione per ridurne i costi. In un sistema dominato dall’anarchia della produzione, il capitalista che riesce a produrre le merci a costi minori vince la sfida competitiva. Questa concorrenza è una vera e propria guerra tra “fratelli nemici”, dove alcuni soccombono, mentre altri riescono a sopravvivere.
L’incremento della robotica conduce al deperimento della legge del valore, entrando, così, in contraddizione con il fine capitalistico di estrarre plusvalore dalla produzione di merci.
In una serie di precedenti articoli si è osservato come l’introduzione dei robot nella produzione di fabbrica determina una sempre maggiore automazione del processo lavorativo, anche se le macchine non sostituiscono mai del tutto il lavoro umano, che rimane sempre l’unico elemento attivo. I capitalisti introducono l’automazione con il fine di ridurre i costi di produzione. Essi, in concorrenza tra loro, per vendere le proprie merci e conquistare i mercati, introducono le innovazioni tecnologiche e le nuove macchine nella produzione per ridurne i costi. In un sistema dominato dall’anarchia della produzione, il capitalista che riesce a produrre le merci a costi minori vince la sfida competitiva. Questa concorrenza è una vera e propria guerra tra “fratelli nemici”, dove alcuni soccombono, mentre altri riescono a sopravvivere.
Come
osservato sopra, il
robot è introdotto dai capitalisti poiché riduce il costo del
lavoro totale,
dato dal numero dei lavoratori moltiplicato per il salario di ogni
singolo lavoratore. Seguendo Marx, il salario di
ciascun lavoratore non è altro che il lavoro
contenuto nelle merci salario,
ovvero è il lavoro richiesto per produrre le merci necessarie perché
i lavoratori possano riprodursi come classe sociale, permettendo di
continuare il processo di accumulazione del capitale.
Con
la robotica la forza
produttiva del lavoro sociale si sviluppa enormemente oltre
ogni limite precedentemente immaginabile, permettendo di produrre
sempre più merci in tempi equivalenti. Il valore di ogni merce,
perciò, diminuisce in quanto sono necessarie meno ore di lavoro, o
meno lavoratori, per produrre la stessa massa di merci. Tuttavia se
la singola merce richiede meno lavoro per essere realizzata, allora
anche il valore
della merci salario diminuisce,
poiché occorrono meno ore di lavoro per produrre le merci necessarie
alla riproduzione della classe lavoratrice. Ciò causa una
diminuzione del salario unitario e, quindi, un aumento del plusvalore
relativo.
martedì 11 settembre 2018
su Marx - Manifesta Bologna
Da: Sergio
Caserta - http://marxdialecticalstudies.blogspot.com
"Ogni cosa oggi sembra portare in sé la sua contraddizione. Macchine, dotate del meraviglioso potere di ridurre e potenziare il lavoro umano, fanno morire l'uomo di fame e lo ammazzano di lavoro. Un misterioso e fatale incantesimo trasforma le nuove sorgenti della ricchezza in fonti di miseria. Le conquiste della tecnica sembrano ottenute a prezzo della loro stessa natura. Sembra che l'uomo nella misura in cui assoggetta la natura, si assoggetti ad altri uomini o alla propria abiezione. Perfino la pura luce della scienza sembra poter risplendere solo sullo sfondo tenebroso dell'ignoranza. Tutte le nostre scoperte e i nostri progressi sembrano infondere una vita spirituale alle forze materiali e al tempo stesso istupidire la vita umana, riducendola a una forza materiale. Questo antagonismo fra l'industria moderna e la scienza da un lato e la miseria moderna e lo sfacelo dall'altro; questo antagonismo fra le forze produttive e i rapporti sociali della nostra epoca è un fatto tangibile, macroscopico e incontrovertibile. Qualcuno può deplorarlo; altri possono desiderare di disfarsi delle tecniche moderne per sbarazzarsi dei conflitti moderni o possono pensare che un così grande progresso nell'industria esiga di essere integrato da un regresso altrettanto grande nella politica. Da parte nostra non disconosciamo lo spirito malizioso che si manifesta in tutte queste contraddizioni. Nei segni che confondono la borghesia e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione. La storia è il giudice e il proletariato il suo esecutore." (K. Marx, Discorso per l'anniversario del People's Paper, aprile 1856)
Manifesta Bologna 7 luglio 2108 su Marx presentazione dibattito 1
"Ogni cosa oggi sembra portare in sé la sua contraddizione. Macchine, dotate del meraviglioso potere di ridurre e potenziare il lavoro umano, fanno morire l'uomo di fame e lo ammazzano di lavoro. Un misterioso e fatale incantesimo trasforma le nuove sorgenti della ricchezza in fonti di miseria. Le conquiste della tecnica sembrano ottenute a prezzo della loro stessa natura. Sembra che l'uomo nella misura in cui assoggetta la natura, si assoggetti ad altri uomini o alla propria abiezione. Perfino la pura luce della scienza sembra poter risplendere solo sullo sfondo tenebroso dell'ignoranza. Tutte le nostre scoperte e i nostri progressi sembrano infondere una vita spirituale alle forze materiali e al tempo stesso istupidire la vita umana, riducendola a una forza materiale. Questo antagonismo fra l'industria moderna e la scienza da un lato e la miseria moderna e lo sfacelo dall'altro; questo antagonismo fra le forze produttive e i rapporti sociali della nostra epoca è un fatto tangibile, macroscopico e incontrovertibile. Qualcuno può deplorarlo; altri possono desiderare di disfarsi delle tecniche moderne per sbarazzarsi dei conflitti moderni o possono pensare che un così grande progresso nell'industria esiga di essere integrato da un regresso altrettanto grande nella politica. Da parte nostra non disconosciamo lo spirito malizioso che si manifesta in tutte queste contraddizioni. Nei segni che confondono la borghesia e i meschini profeti del regresso riconosciamo la mano del nostro valente amico, Robin Goodfellow, la vecchia talpa che scava tanto rapidamente, il grande minatore: la rivoluzione. La storia è il giudice e il proletariato il suo esecutore." (K. Marx, Discorso per l'anniversario del People's Paper, aprile 1856)
Manifesta Bologna 7 luglio 2108 su Marx presentazione dibattito 1
lunedì 10 settembre 2018
Alcune complessità della nozione di ideologia - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini - Approfondimenti teorici (Unigramsci)
Di seguito i temi del secondo incontro del corso Breve storia della riflessione sulla religione tenuti all’Università popolare Antonio Gramsci.
Di seguito i temi del secondo incontro del corso Breve storia della riflessione sulla religione tenuti all’Università popolare Antonio Gramsci.
- Segue da: Perché riflettere oggi sulla religione
Tornando
all’ideologia, mi soffermerò solo su due diversi modi di intendere
tale concetto, mostrando come alcuni studiosi abbiano praticato una
strada che ha permesso loro di uscire dalla relazione meccanicistica
struttura / sovrastruttura per aprirsi ad un’ampia e complessa
prospettiva dialettica, come del resto negli anni ’30 aveva
auspicato Volosinov.
Come
è noto, la parola ideologia nasce nell’Illuminismo e può esser
definita come lo studio dell’origine delle idee, le quali sarebbero
scaturite dalla ricomposizione ordinata dalle sensazioni e quindi non
avrebbero avuto un’origine trascendente. Napoleone polemizzava
contro gli idéologues,
che considerava uomini astratti incapaci di affrontare praticamente
le questioni politiche (quest’interpretazione è oggi dominante).
Se
analizziamo il linguaggio politico attuale, piuttosto rozzo nei suoi
contenuti e nelle sue espressioni, osserviamo una lampante
contraddizione: da un lato, secondo l’impostazione
relativistica ognuno
ha il diritto di esprimere la sua opinione e non è prevista la
possibilità di controbattere il contenuto di verità di
quest’ultima; dall’altro, è considerato ideologico tutto
ciò che per chi parla non sta in relazione con i fatti, come se
questi ultimi non fossero il prodotto di un’interpretazione
elaborata sulla base di certi schemi. Insomma, i politici non sono
riusciti a risolvere la contraddizione tra relativismo e oggettività,
tra punto
di vista e fatto,
e perciò oscillano tra le due posizioni, perché sostanzialmente
sono ancora vincolati all’idea di una verità
neutrale e apolitica,
non comprendendo che la sua ineliminabile storicità e
condizionatezza politica può non alterare la sua capacità
conoscitiva, opportunamente comprovata.
domenica 9 settembre 2018
Quale crisi, di quale capitalismo?- Riccardo Bellofiore
Da: Scuola
di filosofia Roccella Jonica
riccardo.bellofiore è docente di "Analisi Economica", "Economia Monetaria" e "International Monetary Economics" e "Dimensione Storica in Economia: le Teorie" presso il Dipartimento di Scienze Economiche "Hyman P. Minsky" dell'Università di Bergamo. (Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova)
Vedi anche: ECONOMIA PER I CITTADINI - RICCARDO BELLOFIORE (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/05/economia-per-i-cittadini-riccardo.html?
riccardo.bellofiore è docente di "Analisi Economica", "Economia Monetaria" e "International Monetary Economics" e "Dimensione Storica in Economia: le Teorie" presso il Dipartimento di Scienze Economiche "Hyman P. Minsky" dell'Università di Bergamo. (Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova)
Vedi anche: ECONOMIA PER I CITTADINI - RICCARDO BELLOFIORE (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/05/economia-per-i-cittadini-riccardo.html?
sabato 8 settembre 2018
Per Bruno Fanciullacci
Da: https://www.wumingfoundation.com
A Firenze è un “largo”, a Pontassieve una “via”. Largo e Via Bruno Fanciullacci. Due targhe inaugurate di recente (2002 e 2003), tra polemiche politiche e querele incrociate. Fanciullacci fu un partigiano gappista, medaglia d’oro della Resistenza. Alcuni lo ritengono un killer (“l’assassino di Giovanni Gentile”), altri – noi compresi – un eroe. Pochi sinora lo hanno considerato un filosofo. E’ tempo di omaggiarlo in quella veste.
Sì, filosofo. Una nomea da riscattare, dopo anni di utilizzi arrischiati tipo “il filosofo Rocco Buttiglione”, di torpore accademico e convegni trascorsi a spaccare in sedici il pelo trovato nell’uovo. La filosofia, la prassi del filosofare, deve tornare nelle strade, le strade dove stanziava Socrate, dove viveva come un clochard Diogene detto “il Cane”. Non c’è bisogno di imitare quest’ultimo e dormire in una botte: è sufficiente abbattere gli steccati tra quel che si dice e quel che si fa. Vivere eticamente.
Bruno studia da autodidatta, nel fatiscente carcere di Castelfranco Emilia. Mentre sopporta angherie e privazioni e si rovina per sempre la salute, discute di economia, storia e ingiustizie secolari. Tra i detenuti circolano, ben occultati o mandati a memoria, testi di Marx, Engels, Labriola. Sono gli anni dal 1938 al 1942, Bruno è appena un ragazzo, arrestato ancora minorenne per aver distribuito stampa clandestina antifascista. Aveva un buon lavoro in un hotel di Firenze, poteva farsi i cazzi suoi nel comfort della “zona grigia”, e invece ha scelto l’opposizione al regime. Da bambino, nel pistoiese, ha visto le camicie nere angariare suo padre e costringerlo a trasferirsi con tutta la famiglia. L’antifascismo è una scelta di vita.
Gli hanno dato sette anni. Mentre è in prigione scoppia la guerra. Sulla scia di Hitler, il Duce dichiara guerra a mezzo mondo. La catastrofe incombe, le SS dilagano in tutta Europa finché non trovano uno scoglio insuperabile: la resistenza di Stalingrado. Il corpo d’armata tedesco s’impantana e viene annichilito. L’esercito italiano è allo sbando. Parte la controffensiva sovietica e “dentro le prigioni l’aria brucia come se / cantasse il coro dell’Armata Rossa“. Anche a Castelfranco.
Gli scontano la condanna, Bruno torna libero alla fine del ’42, elettrizzato dal vento dell’Est. Sconfiggere tedeschi e fascisti è possibile. Diventa operaio alla FIAT di Firenze, giusto in tempo per i grandi scioperi contro la guerra del marzo 1943.
A luglio cade il fascismo e il Re fa arrestare Mussolini. Ne prende il posto Badoglio, che però annuncia: “La guerra continua”. Velleità stroncata poco dopo: l’8 settembre c’è l’Armistizio. L’Italia si spacca: a sud il governo ufficiale, al centro-nord l’occupazione tedesca e lo stato-fantoccio di Salò. I partigiani si organizzano, comincia la guerriglia.
venerdì 7 settembre 2018
"PRAGA '68 E LE CONTRADDIZIONI DELLA SINISTRA ITALIANA" - Franco Astengo
Da: http://www.pane-rose.it - Leggi anche: - 5-gennaio-1968-alexander-dubcek-eletto-segretario-del-partito-comunista-cecoslovacco-inizia-la-primavera-praga.
- A CINQUANT’ANNI DA PRAGA NEL VORTICE DELLA CRISI DELLA DEMOCRAZIA LIBERALE
- http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=35294
Tutto è legato, credo, alla questione del socialismo in un paese solo e arretrato, all'isolamento e alla forza economica dell'occidente capitalistico. Ciò ha determinato, come sappiamo, un irrigidimento del dibattito e una burocratizzazione antidemocratica del PCUS e dei partiti comunisti dei paesi socialisti. Ciò alla fine ha destabilizzato l'URSS e gli altri paesi socialisti. L'ideologia del capitalismo con la falsa libertà e il falso benessere hanno fatto il resto.
Azzardo anche un'ipotesi, in parte connessa a quanto sopra: il capitalismo, finché c'era l'URSS ed il rischio del comunismo, è stato costretto a fare politiche economiche molto più sociali o comunque keynesiane di quanto sarebbe stato "naturale" e questo ha portato ad una crescita economica molto elevata nel complesso dei paesi capitalistici e a miglioramenti sociali. Ciò è stato positivo, ma ha aiutato ideologicamente lo stesso capitalismo nei confronti del socialismo ed ha aiutato anche il capitalismo ad essere economicamente stabile e in crescita.
Oggi che non c'è più il pericolo comunista il capitalismo si svolge in maniera non forzata ma naturale e questo porta a crisi, instabilità, bassa crescita e aumento della povertà e dell'insicurezza sociale. Con il quadro politico economico attuale forse il confronto con il socialismo sarebbe stato più a vantaggio di quest'ultimo. Purtroppo andrebbe ricreata oggi la fiducia nel socialismo, ma l'ideologia odierna disgregante e individualistica senza progettualità rende tale compito al momento molto difficile.
Paolo Massucci per il collettivo
Ero a casa, in ferie forzate perché l’ufficio stava chiuso una settimana (chi mi ha conosciuto sa quanto non mi siano mai piaciute le ferie).
- A CINQUANT’ANNI DA PRAGA NEL VORTICE DELLA CRISI DELLA DEMOCRAZIA LIBERALE
- http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=35294
Tutto è legato, credo, alla questione del socialismo in un paese solo e arretrato, all'isolamento e alla forza economica dell'occidente capitalistico. Ciò ha determinato, come sappiamo, un irrigidimento del dibattito e una burocratizzazione antidemocratica del PCUS e dei partiti comunisti dei paesi socialisti. Ciò alla fine ha destabilizzato l'URSS e gli altri paesi socialisti. L'ideologia del capitalismo con la falsa libertà e il falso benessere hanno fatto il resto.
Azzardo anche un'ipotesi, in parte connessa a quanto sopra: il capitalismo, finché c'era l'URSS ed il rischio del comunismo, è stato costretto a fare politiche economiche molto più sociali o comunque keynesiane di quanto sarebbe stato "naturale" e questo ha portato ad una crescita economica molto elevata nel complesso dei paesi capitalistici e a miglioramenti sociali. Ciò è stato positivo, ma ha aiutato ideologicamente lo stesso capitalismo nei confronti del socialismo ed ha aiutato anche il capitalismo ad essere economicamente stabile e in crescita.
Oggi che non c'è più il pericolo comunista il capitalismo si svolge in maniera non forzata ma naturale e questo porta a crisi, instabilità, bassa crescita e aumento della povertà e dell'insicurezza sociale. Con il quadro politico economico attuale forse il confronto con il socialismo sarebbe stato più a vantaggio di quest'ultimo. Purtroppo andrebbe ricreata oggi la fiducia nel socialismo, ma l'ideologia odierna disgregante e individualistica senza progettualità rende tale compito al momento molto difficile.
Paolo Massucci per il collettivo
---------------------------------------
Mi auguro sia permesso avviare questo intervento con un ricordo personale.
Ero a casa, in ferie forzate perché l’ufficio stava chiuso una settimana (chi mi ha conosciuto sa quanto non mi siano mai piaciute le ferie).
Le 5,30 del mattino: mio padre si stava preparando per il turno in fabbrica e ascoltava, come sempre, la radio.
Ad un certo punto irruppe nella stanza che dividevo con mio fratello ed esclamò (tutto il dialogo rigorosamente in dialetto, naturalmente) “I russi hanno invaso Praga”.
Mi alzai seguendolo ad ascoltare il notiziario: camminavo nervosamente su e giù per la cucina e ad un certo punto, mentre stava per uscire di casa, lo appellai perentorio. “ Papà, questa volta rompiamo con Mosca". Poco profetico e molto ottimista.
21 Agosto 1968: i carri armati del Patto di Varsavia entrano a Praga, spezzando l'esperienza della “Primavera”, il tentativo di rinnovamento portato avanti dal Partito Comunista di Dubcek.
1968: l'anno dei portenti, l'anno della contestazione globale, del “maggio parigino”, di Berkeley, Valle Giulia, Dakar, della Freie Universitaat di Berlino: quell’anno magico vive in quel momento la svolta verso il dramma.
Si chiude bruscamente un capitolo importante nella storia del '900.
giovedì 6 settembre 2018
L'Arte della Guerra. Ponti crollati e ponti bombardati - Manlio Dinucci
Da: (il manifesto, 28 agosto 2018) - PandoraTV
«L’immagine è davvero apocalittica, sembra che una bomba sia caduta sopra questa importantissima arteria»: così un giornalista ha descritto il ponte Morandi appena crollato a Genova, stroncando la vita di decine di persone.
«L’immagine è davvero apocalittica, sembra che una bomba sia caduta sopra questa importantissima arteria»: così un giornalista ha descritto il ponte Morandi appena crollato a Genova, stroncando la vita di decine di persone.
Parole che richiamano alla mente altre immagini, quelle dei circa 40 ponti serbi distrutti dai bombardamenti Nato del 1999, tra cui il ponte sulla Morava meridionale dove due missili colpirono un treno facendo strage dei passeggeri.
Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane fornite dal governo D’Alema, 1100 aerei effettuarono 38 mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. Furono sistematicamente smantellate le strutture e infrastrutture della Serbia, provocando migliaia di vittime tra i civili.
Ai bombardamenti parteciparono 54 aerei italiani, che effettuarono 1378 sortite, attaccando gli obiettivi stabiliti dal comando statunitense. «Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa. L’Italia è un grande paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa guerra», dichiarò D’Alema.
Nello stesso anno in cui partecipava alla demolizione finale dello Stato jugoslavo, il governo D’Alema demoliva la proprietà pubblica della Società Autostrade (gestore anche del ponte Morandi), cedendone una parte a un gruppo di azionisti privati e quotando il resto in Borsa.
Il ponte Morandi è crollato fondamentalmente per responsabilità di un sistema incentrato sul profitto, lo stesso alla base dei potenti interessi rappresentati dalla Nato.
L’accostamento tra le immagini del ponte Morandi crollato e dei ponti serbi bombardati, che a prima vista può apparire forzato, è invece fondato. Anzitutto, la scena straziante delle vittime sepolte dal crollo ci dovrebbe far riflettere sulla orrenda realtà della guerra, fatta apparire dai grandi media ai nostri occhi come una sorta di wargame, con il pilota che inquadra il ponte e la bomba teleguidata che lo fa saltare in aria.
In secondo luogo ci dovremmo ricordare che la Commissione europea ha presentato il 28 marzo un piano d’azione che prevede il potenziamento delle infrastrutture della Ue, ponti compresi, non però per renderle più sicure per la mobilità civile ma più idonee alla mobilità militare (v. il manifesto, 3 aprile 2018).
Il piano è stato deciso in realtà dal Pentagono e dalla Nato, che hanno richiesto alla Ue di «migliorare le infrastrutture civili così che siano adattate alle esigenze militari», in modo da poter muovere con la massima rapidità carri armati, cannoni semoventi e altri mezzi militari pesanti da un paese europeo all’altro per fronteggiare «l’aggressione russa».
Ad esempio, se un ponte non è in grado di reggere il peso di una colonna di carrarmati, dovrà essere rafforzato o ricostruito. Qualcuno dirà che in tal modo il ponte diverrà più sicuro anche per i mezzi civili. La questione non è però così semplice. Tali modifiche verranno effettuate solo sulle tratte più importanti per la mobilità militare e l’enorme spesa sarà a carico dei singoli paesi, che dovranno sottrarre risorse al miglioramento generale delle infrastrutture.
È previsto un contributo finanziario Ue per l’ammontare di 6,5 miliardi di euro, ma – ha precisato Federica Mogherini, responsabile della «politica di sicurezza» della Ue – solo per «assicurare che infrastrutture di importanza strategica siano adatte alle esigenze militari».
I tempi stringono: entro settembre il Consiglio europeo dovrà specificare (su indicazione Nato) quali sono le infrastrutture da potenziare per la mobilità militare. Ci sarà anche il ponte Morandi, ricostruito in modo che i carri armati Usa/Nato possano transitare sicuri sulla testa dei genovesi?
Iscriviti a:
Post (Atom)