Torniamo, ancora, su una tematica di importanza fondamentale, come Stefano Garroni ribadiva, per la comprensione delle radici teoriche "forti" e profonde del movimento comunista. Questo anche per chiarirci le idee, se possibile, su argomenti d'attualità molto stringenti e centrali del nostro tempo. La questione europea, per esempio, con la riproposizione di una ambiguità interna alle sua fondamenta che, gli anni, i decenni ormai, passati dal suo avvio, non hanno minimamente messo in discussione e, semmai, confermato. Cioè a dire la facciata ideale: uguaglianza di tutti i cittadini, libera circolazione, moneta unica, ecc. E la sua realtà concreta: ogni paese con le sue leggi, una moneta unica ma con diverso "valore" effettivo in ogni paese, salari differenti, sacche di povertà sempre più grandi e localizzate, ecc. Come diceva Marx – gli eventi si presentano due volte nella storia: la prima sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di farsa. Ora, l’Europa è insieme una tragedia e una farsa. La farsa sta nella stantia riproposizione del mondo dei “diritti” in forma astratta e mistificata (il discorso di Marx nella “Questione Ebraica”). Ma c’è anche la tragedia: vale a dire che – almeno, questa è la nostra impressione – il capitalismo si sta esibendo sempre di più senza veli e in forma via via più spudorata (basti pensare a certe dichiarazioni di Padoan e del precedente semi-omonimo Padoa Schioppa, o a quelle di organizzazioni bancarie e finanziarie che lamentano l’eccessiva crescita della popolazione anziana, o ancora ai discorsi sulla “eccessiva” democraticità delle costituzioni di alcune nazioni europee, fra cui l’Italia, e così via. Insomma, ci sembra, che il capitale ormai tenda a governare direttamente con le leggi del suo sistema di produzione e che abbia sempre meno bisogno della mediazione politica: o meglio, la politica assume sempre di più – come suoi obiettivi – quelli delle necessità del capitale all’epoca della sua più grave crisi (ma ci sarà questa crisi? E che cos’è veramente?). Quando si parla di lavoro nei termini in cui se ne parla oggi (Renzi, Merkel ecc.) è abbastanza evidente che la sussunzione del lavoro al capitale è stata assunta una volta per tutte come una verità incontrovertibile, come una cosa “normale”: peggio ancora che ai tempi di Adam Smith. Quindi, le leggi che regolano l’estrazione di plusvalore diventano le “leggi” dell’intera società, e vengono - esse stesse - recepite nel diritto. Ecco la tragedia, secondo noi. (il collettivo - 2014)
Buona lettura...