La
guerra economica tra Stati Uniti e Cina è partita il 6 luglio.
Potrebbe riguardare, tra dazi, controdazi e perdita di produzioni,
qualcosa come mille miliardi di dollari e portare a una recessione
mondiale
La
guerra economica tra Stati Uniti e Cina, nell’ambito di una
offensiva commerciale più vasta scatenata da Trump contro quasi
tutto il resto del mondo, è dunque partita davvero, il 6 luglio,
nonostante lo scetticismo e l’incredulità di molti.
Sull’argomento
sono state scritte molte migliaia di pagine e sono state dette
moltissime cose. Cercheremo quindi di concentrare la nostra
attenzione, per la gran parte, su alcuni degli argomenti meno
esplorati dai media.
Le
motivazioni di Trump
Ci
si è a lungo interrogati sulle ragioni di queste iniziative di
Trump.
La
spiegazione ufficiale fornita dal presidente è quella che sono
presenti degli squilibri inaccettabili nella bilancia commerciale del
Paese con la controparte asiatica, mentre per di più le imprese
cinesi rubano con la frode o con contratti iniqui le tecnologie
americane, mentre intanto le imprese Usa vengono bloccate nei loro
tentativi di penetrazione del mercato cinese e mentre infine la Cina
sostiene con grandi aiuti statali lo sviluppo delle nuove tecnologie
da parte delle imprese locali.
Ma
queste motivazioni non sembrano tenere conto, tra l’altro, del
fatto che circa il 50% delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti
sono fatte da imprese statunitensi e che, più in generale, oggi le
catene del valore dei singoli prodotti sono molto complesse e che
spesso la loro produzione tocca oggi anche 10-20 Paesi.
Per
altro verso e più in generale, come ci ricorda Paul Krugman
(Krugman, 2018), Trump e soci fanno affermazioni sugli effetti delle
loro politiche che non hanno alcun riscontro nella realtà: Trump
inventa cose di sana pianta e i suoi consiglieri di solito raccontano
trionfi economici immaginari.