*Da: http://digitalcommons.macalester.edu/macintl/vol18/iss1/8 https://traduzionimarxiste.wordpress.com/
**Meisner, Maurice (1931-2012), storico della Cina contemporanea. “The Place of Communism in Chinese History: Reflections on the Past and Future of the People’s Republic of China,” Macalester International: Vol. 18, Article 8. (2007)
[…]
Questo non è il luogo adatto per discutere seriamente gli sviluppi
del capitalismo seguiti rapidamente alle riforme degli anni ottanta,
probabilmente il più massiccio processo di sviluppo capitalistico
della storia mondiale. Vorrei occuparmi esclusivamente di alcuni
aspetti strettamente correlati di tale esito: innanzitutto, il ruolo
dello stato nello sviluppo del capitalismo; secondo, il fenomeno del
“capitalismo burocratico” nella storia cinese; infine, alcuni
brevi commenti circa le conseguenze politiche e culturali del
capitalismo cinese contemporaneo, in particolare riguardo al posto
del comunismo nella storia cinese.
III.
Capitalismo e stato
Una
delle grandi ironie della storia moderna cinese è il fatto che la
dinamica capitalistica che ha trasformato la Cina nell’ultimo
quarto di secolo è il risultato di decisioni prese da un partito e
da un potente stato comunisti. Per quanto incongruo in termini di
classica ideologia liberale, nella fattualità storica un ruolo
cruciale dello stato nello sviluppo del capitalismo non è inusuale.
Lo stato bismarkiano, ad esempio, diede gran parte dell’impeto e
dell’orientamento per lo sviluppo del moderno capitalismo
industriale nella Germania del tardo XIX secolo, mentre
l’industrializzazione promossa dallo stato rappresentò la forza
dominante nella storia del Giappone nell’epoca Meiji (1868-1912).
Nelle cosiddette “nazioni di recente industrializzazione” del
secondo dopoguerra, la modernizzazione patrocinata dallo stato
costituì un fatto universale. Corea del sud, Taiwan e Singapore sono
alcuni degli esempi di maggior successo.
Di
fatto, non è solo nel caso della tarda modernizzazione (o di quella
che Barrington Moore ha definito “modernizzazione conservatrice”)
che si è assistito al coinvolgimento dello stato nella promozione
dello sviluppo capitalistico. Il potere statale ha giocato un ruolo
essenziale nel precedente sviluppo del capitalismo nei paesi
occidentali, ruolo oscurato dalla necessità ideologica di dipingerlo
come espressione naturale di una presunta natura umana essenziale.
Una necessità che ha trovato esternazione nell’ideologia del
“libero mercato”, secondo la quale il capitalismo opera meglio
laddove libero da qualsiasi ingerenza governativa esterna. Eppure,
anche in Inghilterra, la classica patria del capitalismo e
dell’ideologia liberale, fu l’intervento dello stato a creare il
mercato del lavoro, precondizione allo sviluppo di un moderno
capitalismo industriale. Le enclosure, che promossero il capitalismo
rurale espellendo dalla terra milioni di contadini trasformandoli in
proletari urbani, nono furono semplicemente frutto di leggi naturali
dell’economia, bensì di provvedimenti del parlamento applicati da
tribunali e polizia. E fu la riforma della Poor Law del 1834 a porre
fine ai tradizionali diritti di sussistenza in favore di un mercato
del lavoro “libero”, la funzione del quale venne rafforzata dalla
minaccia della Workhouse. Lo stato britannico era pesantemente
coinvolto nella creazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo
del moderno capitalismo industriale nella sua patria nonché classica
incarnazione (11).