domenica 27 novembre 2022

HEBE DE BONAFINI, UNA MADRE SENZA COMPROMESSI - Gianni Minà

Da: https://www.facebook.com/giannimina38 - https://ilmanifesto.it/hebe-cosi-lotto-una-madre - https://www.kulturjam.it

Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.

Leggi anche: Pace - Gianni Minà 

Per chi volesse continuare a sostenere Mina’s Rewind, volto alla digitalizzazione di tutto l’archivio audiovisivo storico inedito: https://www.produzionidalbasso.com/project/mina-s-rewind/  


Qualche giorno fa è scomparsa Hebe de Bonafini, una madre che ha trasformato la sua vita in pietra di inciampo per i collusi con la dittatura argentina. A fine anni ‘90 la intervistai per un programma televisivo che andava in onda nel cuore della notte, ma che mi lasciava molto tempo a disposizione per affrontare la complessità delle persone che hanno segnato un’epoca. Non fu un’intervista facile davanti a questa donna argentina con un carico di dolore immenso. 


Le Madri di Plaza de Mayo davanti alla Casa Rosada sono una delle immagini più angosciose del secolo scorso per chi ha una vera coscienza democratica. Fu dal 30 aprile 1977, da quando una feroce dittatura sottrasse loro e mai più restituiti un figlio, un nipote, un fratello, che queste donne si riunivano ogni giovedì della settimana. Donne che volevano sapere che fine avevano fatto i loro cari e che questo atto più crudele di un assassinio dichiarato sia rimasto impunito anche con il ritorno della democrazia. 

Con il ritorno e il fallimento di Peron e del suo regime, con l’uscita di scena di Isabel Peron prese il potere Videla il capo dell’Esercito che, insediandosi alla Casa Rosada, fece scattare, lo stesso giorno in una repressione selvaggia, una dittatura sanguinaria durata 7 anni. Le forze di repressione arrivavano, bloccavano il traffico, creavano una zona proibita, poi arrestavano o torturavano. I vicini tenevano la radio accesa per non sentire le urla. Si seppe ben presto che i desaparecidos erano più di 30mila, due generazioni di ragazzi. Spesso era sufficiente il numero di telefono trovato sull’agenda di un compagno di scuola per condannarli al nulla: “Non pianga signora, lo prendiamo per interrogarlo, poi glielo rendiamo” erano soliti dire. 

I due figli di Hebe de Bonafini non gliel’hanno più resi: 

venerdì 25 novembre 2022

“La logica del capitale. Ripartire da Marx” - Roberto Fineschi

Da: https://www.letture.org - https://www.sinistrainrete.info - Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschiMarx. Dialectical Studies  - laboratoriocritico.org!). 

(In questo video Roberto Fineschi, intervistato nel luglio 2022, parla del significato e dell’attualità del pensiero di Marx: https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2022/07/Lattualita-del-pensiero-di-Marx--8fa878ba-e675-418f-9c06-e8facc429af3.html?fbclid=IwAR0Z3anAKHAeuGpHHVuFyrlSZxutAWMWRvADzm5_CgBR0TFPvtX2JoL8CXk). 


 Prof. Roberto Fineschi, Lei è autore del libro La logica del capitale. Ripartire da Marx edito dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: quali condizioni consentono oggi una nuova lettura dell’opera di Karl Marx?

Le condizioni sostanziali sono due. La prima è di carattere scientifico: la nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels (la seconda Marx-Engels-Gesamtausgabe, MEGA2) sta mettendo a disposizione per la prima volta nella storia della ricezione marxiana una serie di testi fondamentali prima inaccessibili. Essi hanno cambiato la faccia di alcune delle opere fondamentali di Marx come i cosiddetti Manoscritti economico-filosofici del ‘44L’ideologia tedesca e, soprattutto, Il capitale. Il Marx che possiamo leggere oggi non è quello che è stato letto fino ad oggi.

La seconda è di carattere storico-politico. Senza esprimere sommari giudizi sulla storia novecentesca, è un dato di fatto che qualunque movimento politico organizzato ha bisogno di una dottrina certa e immutabile su cui basare la propria azione. Il marxismo inevitabilmente aveva ingessato il pensiero di Marx. L’ortodossia sovietica aveva poi finito per influenzare anche le posizioni anti-sovietiche o eclettiche. Al di là della valutazione che si voglia dare di queste esperienze (e sarebbe insensato liquidarle con sufficienza), è evidente che il venir meno di questo contesto nel suo complesso ha senz’altro permesso un più libero approccio al testo di Marx.

 Quali nuove interpretazioni un’analisi filologicamente rigorosa della teoria marxiana?

In primo luogo non bisogna cadere nell’ingenuità di cancellare le interpretazioni passate semplicemente perché non avevano tutti i testi a disposizione. Si tratta di un complesso e stratificato dibattito secolare che ha prodotto risultati importanti e, date certe premesse, credo anche definitivi. Lo stesso testo di Marx, soprattutto per il suo carattere incompiuto, permette sicuramente anche letture multiple che possono trovare appigli importanti nel testo. Detto questo, credo che, grazie ai testi ora disponibili, sia possibile un tentativo di ricostruzione più filologico di ciò che Marx ci ha lasciato. Una testualità più precisa a mio parere permette di considerare alcune delle interpretazioni storiche, anche quelle sviluppate fino alle estreme conseguente, come in sé coerenti, ma forse meno corrispondenti alle intenzioni marxiane.

mercoledì 23 novembre 2022

Democrazia in salsa ucraina - Alessandra Ciattini


Da: https://www.altrenotizie.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura.


Anche i nostri media, che ogni giorno cercano di convincerci della democraticità del governo ucraino, del suo leader e della loro appartenenza al “mondo libero”, non hanno potuto tralasciare la notizia secondo la quale, riappropriatosi di alcuni territori prima occupati dai russi (Kharkov e ora Kherson), il governo ucraino ha dato avvio a una spietata caccia ai collaborazionisti pro-russi, considerati traditori della patria, anche se si sono limitati ad accettare cibo e aiuto dagli invasori, con i quali evidentemente debbono avere spesso strette relazioni per la comune lingua e cultura d’origine.


D’altra parte, purtroppo per i nostri influencer, il fatto che l’Ucraina non sia rispettosa dei diritti umani è stato messo in evidenza anche da un recente pronunciamento della nostra Corte di Cassazione che, in data 3 marzo 2022, con l’ordinanza n. 7047, “ ha ritenuto fondata la richiesta di protezione internazionale ed umanitaria presentata da un cittadino ucraino, obiettore di coscienza, che si è sottratto al servizio di leva in Ucraina per evitare di essere coinvolto in azioni di guerra e di essere costretto a commettere crimini di guerra o contro l’umanità”. Nella nota all’ordinanza si può leggere anche che dall’inizio del conflitto nel Donbass ”oltre 26.000 cittadini ucraini sarebbero stati sottoposti nel loro paese ad azioni giudiziarie per aver evitato, in vario modo, il servizio militare”. Tuttavia, la nota riconosce che entrambi i contendenti (russi e ucraini) sono responsabili di gravi violazioni e di crimini di guerra (https://www.gazzettaamministrativa.it/servizicu/bancadatigari/viewnews/5898d8095428ee310bf7fa3da1864ff7 ).

lunedì 21 novembre 2022

L’Africa al centro dello scontro tra potenze - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

L’Africa al centro dello scontro tra potenze
 L’invasione russa dell’Ucraina ha rinfocolato il conflitto tra le diverse potenze impegnate nel continente africano. Di fatto l’Africa è diventata la principale arena della competizione tra le diverse potenze e le rispettive multinazionali alla ricerca di risorse, sbocchi economici, corridoi, alleanze politiche, militari e commerciali.

L’Africa, un’arena sempre più affollata
Negli ultimi anni il numero di paesi in gara per il controllo delle risorse e dei territori africani è costantemente cresciuto. Alle tradizionali potenze coloniali – in particolare Francia e Gran Bretagna – rimaste a spadroneggiare nonostante la conquista dell’indipendenza formale da parte dei paesi africani a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, si sono uniti ben presto gli Stati Uniti, interessati a condizionare i nuovi governi contro l’influenza dell’Unione Sovietica sulle correnti nazionaliste e progressiste e a perseguire i propri interessi economici e geopolitici.
Dopo il crollo dell’Urss, l’Africa si è gradualmente affollata di nuovi attori, protagonisti di una spoliazione del continente più o meno vorace, man mano che le potenze coloniali originarie perdevano posizioni. La Cina, la Russia e la Turchia sono entrate prepotentemente nell’agone, approfittando del rinnovato risentimento delle popolazioni africane e di alcuni governi nei confronti del dominio neocoloniale e perseguendo strategie di penetrazione di diverso tipo. Mentre Pechino consolida la sua egemonia economica, basata sulla realizzazione di grandi infrastrutture, Mosca forza le tappe offrendo assistenza militare e armi a governi e aziende alle prese con l’insorgenza islamista o semplicemente con i movimenti di opposizione. Da parte sua il sultano Erdogan si propone come partner alla pari in nome delle comune osservanza musulmana e di una presunta fratellanza terzomondista.
Ma se si guarda soprattutto il fronte degli investimenti e dei partenariati, risalta la crescente presenza nell’agone africano di molti altri paesi: dall’India al Giappone, dall’Indonesia alla Corea del Sud per quanto riguarda l’Asia, a praticamente tutti i paesi arabi – in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar – fino al Canada e all’Australia. 

sabato 19 novembre 2022

Tutto un altro mondo. Dove va l'Italia? - Lucio Caracciolo

Lucio Caracciolo è un giornalista e accademico italiano fondatore e direttore della rivista italiana di geopolitica Limes (https://www.limesonline.com)


Tutti i video del Festival ►https://bit.ly/Limes_Genova_2022

                                                                         

giovedì 17 novembre 2022

GORBACIOV E LA CONTROVERSA STAGIONE DELLE RIFORME - Luciano Beolchi

Da: alternative per il socialismo, N. 65, Castelvecchi ed. - Luciano Beolchi Università degli studi Milano.

Leggi anche: GORBACIOV E IL MONDO DI OGGI - Leonardo Masella 

EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur 


Il riformismo sovietico ha una lunga storia, pressochè ignorata dagli studiosi occidentali. Basti pensare che il ruolo dei Soviet, l’organo Istituzionle che dà il nome allo stato – Unione Sovietica - e attraverso cui si esercita il potere costituzionale del popolo, era stato modificato già tredici volte solo nei precedenti quindici anni prima che Gorbaciov, scomparso lo scorso 30 agosto, ne promuovesse la quattordicesima modifica nel 1987.

In tempi recenti, dopo quello di Kruscev, il tentativo più consistente di riforme si deve al Primo Ministro Alexsej Kosygin, negli anni sessanta ed era incentrato su una riforma delle imprese e della gestione dell’economia non molto diversa da quella poi avviata da Gorbaciov e che conosciamo come Perestrojka (ricostruzione o ristrutturazione).

Jurij Andropov, successore di Brežnev alla guida del Pcus, alla fine degli anni Settanta aveva commissionato uno studio per calcolare il Pil sovietico secondo criteri qualitativi occidentali, con l’integrazione del concetto di valore aggiunto e non più solamente basato sul volume della produzione: in base a quello studio l’Urss si vide sorpassata da Germania e Giappone1. 

Più o meno negli stessi anni, nel 1983, si pubblicò il documento noto come Manifesto di Novosibirsk, con una tesi suggestiva che Gorbaciov riprese pari pari nel suo libro Perestrojka, senza peraltro citare né la fonte né l’origine. È la tesi secondo cui la crisi economica dell’Urss sarebbe dipesa dal fatto che il sistema dei rapporti di produzione fosse notevolmente arretrato rispetto al livello di sviluppo delle forze produttive. Quindi proprio un eccesso di forze produttive a fronte di un’incapacità di un loro pieno utilizzo all’interno dei rapporti esistenti poteva spiegare compiutamente la situazione economica dell’Urss.

Nel 1985 Alexandr Jakovlev, tornato da poco dal Canada dove aveva ricoperto la carica di ambasciatore, elaborò un documento di indirizzo ben diverso intitolato “Gli imperativi dello sviluppo politico” che venne inviato a Gorbaciov e che costituì un abbozzo di quello che diventerà in seguito il programma della Glasnost (trasparenza). Un secondo documento che svilupperà le stesse tesi e quelle della Perestrojka fu sviluppato nel 1986. 

Insieme a Jakovlev, Grigorijj Javlinskij, tutt’ora sulla breccia come capo del partito d’opposizione liberale Jabloko, cominciava in quegli stessi anni, tra 1982 e1983, a esporre i principi di un passaggio rapido e violento dal sistema socialista a quello capitalista, quelli che poi sarebbero confluiti nel Programma dei Cinquecento giorni, sostanzialmente attuato da Boris Eltsin nel modo che portò al primo disastro dell’economia russa tra 1991 e 1994. Entrambi assunsero ruoli decisivi nella gestione dell’economia sotto Gorbaciov e conservarono la loro posizione con El’tsin che presto li sostituì con i più spregiudicati Egor Gajdar e Anatolij Chubajs, di orientamento decisamente filoliberista, mascherato dietro la cosiddetta “economia socialista di mercato”.

Il Manifesto di Novosibirsk corrisponde alla relazione della sociologa ed economista Tatyana Zaslavskaya (1927-2013) “Sul miglioramento dei rapporti di produzione del socialismo e dei compiti della sociologia economica” presentata al seminario scientifico “Il Meccanismo sociale dello Sviluppo Economico”) che si tenne appunto a Novosibirsk nell’aprile del 1983. 

Il manifesto si apriva con queste considerazioni sul peggioramento dell’economia sovietica: “Per decenni lo sviluppo sovietico è stato caratterizzato da tassi elevati e grandi stabilità. Ciò ha involontariamente ispirato l’idea che quelle caratteristiche fossero organiche per un’economia socialista pianificata. Tuttavia, nel corso degli ultimi dodici-quindici anni lo sviluppo dell’economia nazionale ha iniziato a mostrare una tendenza verso una notevole diminuzione del tasso di crescita del reddito nazionale. Se nell’VIII Piano quinquennale la crescita media era del 7.5% e nel IX del 5.8%, nel X è scesa al 3.8% e nei primi anni dell’XI è stata del 2.5% (con la crescita della popolazione in media dello 0.8% annuo). Ciò non garantisce né il tasso di crescita richiesto nel tenore di vita delle persone, né un intenso ammodernamento tecnico della produzione.”

Gorbaciov e le carte vincenti

martedì 15 novembre 2022

Crisi ucraina: un primo bilancio delle sanzioni contro la Russia - Andrea Vento

Da: https://www.marxismo-oggi.it - Andrea Vento. 3 novembre 2022 - Gruppo insegnanti di Geografia Autorganizzati. 

Leggi anche: A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Una sintesi storico-geopolitica della fase post-bipolare. - Andrea Vento 


Il 6 ottobre scorso l'Unione Europea ha varato l'ottavo pacchetto di misure sanzionatorie contro Mosca1 con il dichiarato fine di fiaccare l'economia russa e indurre Putin ad un accordo di pace da posizioni di debolezza o, addirittura, costringere le truppe impegnate nell'Operazione Militare Speciale alla sconfitta militare, grazie anche alle ingenti forniture militari di Usa e Ue ormai giunte ad oggi a 100 miliardi di dollari. Massiccio sostegno che, sommato al supporto di intelligence degli Usa e del Regno Unito, stanno mettendo in difficoltà sul campo le forze militari russe.

Rispetto alle previsioni dei governi occidentali che hanno accompagnato il varo del primo pacchetto di sanzioni introdotte dalla Ue e dagli Usa il 23 febbraio scorso, a seguito del riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass che ha preceduto di un giorno l'Operazione Militare Speciale, quale risulta l'effettiva entità dell'impatto delle sanzioni sull'economia russa e sulle sue relazioni internazionali? 

La recessione che avrebbero causato alla Russia dalla previsione del Fmi ad aprile di un pesante -8,5% per il 2022, si è più che dimezzata a -3,5% nel World Economic Outlook di ottobre della stessa istituzione, passando per il -6,0 di luglio, a testimonianza della capacità di tenuta e di resilienza dell'economia russa (tab. 1). Mentre a livello internazionale, seppur oggetto di condanna da parte di una Risoluzione dell'Assemblea Generale dell'Onu del 3 marzo per l'invasione dell'Ucraina votata da 141 Paesi su 193, la Russia, appare tutt'altro che isolata appurato che solo 37 Paesi (pari al 19% del totale) dopo 7 settimane dal 24 febbraio2, avevano aderito alle sanzioni promosse dagli Stati Uniti e imposte da questi ultimi anche all'Ue (carta 1). Anzi, la Russia, isolata verso occidente, ha ridisegnato la propria carta geopolitica approfondendo le relazioni economiche, commerciali e politiche non solo con le potenze emergenti (Cina e India) e regionali asiatiche (Pakistan e Turchia), ma anche con i Paesi africani e latinoamericani, contrari all'adozione delle sanzioni (carta 2).

domenica 13 novembre 2022

I laboratori ucraini e la guerra di distruzione di massa - Alessandra Ciattini

Da:  la Città FuturaAlessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura



Purtroppo il conflitto nel cuore dell’Europa continua a intensificarsi, lasciando spazio a poche speranze di pace.



Qualche giorno fa la Federazione Russa ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di costituire una commissione incaricata di investigare su qualcosa di più di un’ipotesi: la violazione da parte degli Stati Uniti e dell’Ucraina delle convenzioni internazionali, che proibiscono ai laboratori biologici di svolgere attività mirate alla individuazione di agenti patogeni, che potrebbero produrre armi di distruzione di massa. Questi laboratori si troverebbero in Ucraina e sarebbero finanziati dagli Usa (ovviamente ve ne sono molti altri sparsi per il mondo). La commissione dovrebbe essere formata da 15 membri e dovrebbe riferire i risultati della sua indagine alla fine di novembre nella sede delle UN a Ginevra.

Commentando questo evento, i nostri telegiornali hanno affermato a chiare lettere “Nessuno crede alla Russia”. Purtroppo per loro, il 9 marzo passato al Senato federale degli Usa la ormai famosa Victoria Nuland ha ammesso la presenza di laboratori di ricerca biologica in Ucraina, in particolare a Kiev e Odessa, e si è dichiarata preoccupata che i russi possano porli sotto il loro controllo. Nonostante ci siano voci negli Usa che smentiscono questa notizia, l’Organizzazione mondiale della sanità ha invitato il governo ucraino a distruggere gli agenti patogeni che potrebbero “fuggire” dai laboratori e provocare gravi disastri.

venerdì 11 novembre 2022

"Karl Marx. Gli anni giovanili" - Regia: Lev Kulidzhanov


"Karl Marx. Gli anni giovanili è uno sceneggiato biografico in sette puntate frutto di una coproduzione tra Unione Sovietica e Repubblica Democratica Tedesca. Andò in onda nel 1980 ed ebbe un grande successo in URSS, dove gli sceneggiatori e il regista furono insigniti del premio Lenin. 
Minore risonanza ebbe in RDT, dove fu trasmesso in orario pomeridiano per non dar risalto a un'opera che Honecker in persona aveva in qualche modo cercato di boicottare perché rappresentava un'immagine di Marx non corrispondente all'idea che se ne tratteggiava nelle biografie ufficiali." 

Titoli originali: "Карл Маркс. Молодые годы" "Karl Marx. Die jungen Jahre
Interpreti principali: Ventseslav Kisëv (attore bulgaro, Karl Marx), Renate Blume (attrice tedesco-orientale, Jenny von Westphalen). 
Sceneggiatura: Anatolij Grebnëv e Boris Dobrodeev. 
Regia: Lev Kulidzhanov
Prima puntata e, di seguito, l'intera serie:
                                                                             

seconda puntata: https://youtu.be/vbahBZpMu8M 

lunedì 31 ottobre 2022

La Battaglia di Adrianopoli - Alessandro Barbero

Da: Alessandro Barbero Fan Channel - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.


La battaglia di Adrianopoli ebbe luogo presso l'omonima città, sita nella provincia romana della Tracia, il 9 agosto 378 e si concluse con l'annientamento dell'esercito romano guidato dall'imperatore d'Oriente Valente ad opera dei Visigoti di Fritigerno. 

                                                                         

lunedì 24 ottobre 2022

DOV'È IL PERICOLO DEL FASCISMO OGGI? - Stefano G. Azzarà

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - https://www.marxismo-oggi.it - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.

Vedi anche: Stefano G. Azzarà: "IL VIRUS DELL'OCCIDENTE" - a cura di Elena Fabrizio 
Esistono ancora destra e sinistra? - Stefano G. Azzarà

Leggi anche: IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà 

Il 25 aprile, la Resistenza italiana e la guerra in Ucraina. Antifascismo reale e antifascistismo liberale - Stefano G. Azzarà 


Dov’è il fascismo oggi? Processi di concentrazione neoliberale del potere, stato d’eccezione e ricolonizzazione del mondo. (Stefano G. Azzarà, settembre 2022)

  1. Antifascismo degradato a propaganda 

Non c’è dubbio che in Fratelli d’Italia – il partito di Giorgia Meloni che tutti i sondaggi indicano come vincitore delle prossime elezioni con il 24% circa dei consensi – ci siano forti nostalgie fasciste o fascisteggianti. Diversi suoi esponenti nazionali e locali rappresentano già per la loro biografia la continuità con il MSI, la formazione che dopo la nascita della Repubblica italiana aveva raccolto gli eredi del fascismo sconfitto e che è stato a lungo guidato da Giorgio Almirante (un funzionario della Repubblica di Salò che nel contesto della Guerra Fredda seppe subito riposizionarsi in chiave filoamericana e anti-PCI).

E la stessa Meloni è stata dirigente del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI incline a un impegno “sociale” e “movimentista” e attiva nelle scuole e nelle Università; un’organizzazione il cui nome venne cambiato in Azione Giovani dopo che quel partito era stato a sua volta ridenominato come Alleanza Nazionale da Gianfranco Fini, allo scopo di essere ammesso al governo, e della quale la Meloni divenne a quel punto leader. Tra l’altro, se Alleanza Nazionale si presentava nel 1994 come un’operazione di fuoriuscita della destra italiana dall’orizzonte della nostalgia e di apertura a un’impostazione dichiaratamente liberalconservatrice, Fratelli d’Italia – che nasce nel 2012 proprio dal fallimento di quell’operazione – ha certamente rappresentato ai suoi esordi un ritorno verso un orizzonte più chiuso. Dobbiamo poi notare un’inquietante ricorrenza storica: il partito che sin dal simbolo si richiama all’eredità del fascismo (la fiamma tricolore che si innalza dalla bara stilizzata del Duce) potrebbe andare al potere esattamente 100 anni dopo la Marcia su Roma di Mussolini. Possiamo già immaginare la soddisfazione e il sentimento di vendetta di quel ceto politico e dei militanti più accesi di quel partito. E possiamo prevedere anche l’operazione di revisionismo storico e di ulteriore normalizzazione o riabilitazione del fascismo alla quale questa infausta coincidenza darà avvio nel dibattito pubblico.

sabato 22 ottobre 2022

L'Olocausto "dimenticato" di Salonicco - Alberto Negri

Da Bazar Mediterraneo - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021) 

Leggi anche: In viaggio sul Tigri - La scomparsa degli uomini dell'acqua - Alberto Negri

Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri

Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri


Gli ebrei erano quasi la metà della popolazione di Salonicco: dai campi di sterminio ne tornarono poche centinaia e altri scamparono con carte di identità rilasciate dal console italiano. 

La fine di ogni illusione a Salonicco avvenne di colpo, in un calda giornata d’estate. Fu uno shock quando, senza alcun preavviso, l’8 luglio 1942 il comandante della Wermacht ordinò a tutti i maschi ebrei tra i 18 e i 45 anni di venirsi a registrare. “Chiunque appartenga alla razza ebraica è considerato ebreo, indipendentemente dalla religione che professa oggi”. In piazza Eleftheria, piazza della Libertà, vennero radunati tutti gli uomini ebrei della città per portarli nei campi di lavoro forzato. Quello che colpì gli osservatori furono le umiliazioni e le sevizie imposte pubblicamente agli ebrei. 

Una crudeltà che aveva impressionato il console italiano Guelfo Zamboni: “Finora _ scriveva nei suoi rapporti a Roma _ non erano stati emanati chiari ordini antisemiti. Adesso all’improvviso, dopo alcuni segnali premonitori passati quasi inosservati, la questione è stata sollevata in tutta la sua pienezza”. Zamboni non riuscì a evitare la tragedia, però fece quanto si poteva per salvare gli ebrei italiani. Riuscì anche a estendere la cittadinanza italiana provvisoria a 280 ebrei greci. I certificati di nazionalità italiana, con l'aggiunta a mano “provvisorio”, furono concessi a persone che non conoscevano una parola di italiano, ricorrendo allo stratagemma dei lontani parenti. Il loro numero si accrebbe fino a toccare le 350 unità. Zamboni li salvò dalla deportazione. Lasciò Salonicco il 18 giugno 1943 per tornare a Roma. La protezione degli ebrei venne proseguita dal successore Giuseppe Castruccio che organizzò il “treno della salvezza”, il convoglio che trasportò gli ebrei con passaporto italiano ad Atene, situata nella zona d’occupazione italiana. Zamboni rimase un perfetto sconosciuto in patria fino alla soglia dei 95 anni (nel 1992), quando concesse la prima intervista dopo una lettera inviatagli dall'istituto ebraico Yad Vashem. 

Sephiha, capo negli anni Novanta della residua comunità ebraica di Salonicco, mi accolse parlando il judezmo, la lingua ladina conservata per secoli degli ebrei sefarditi della città e mi confermò tutto: “Ecco vede _ disse estraendo un documento dal portafoglio _ questa è la carta di identità italiana che mi ha consentito di fuggire da qui durante i rastrellamenti nazisti”. Sephiha la portava sempre con sé, come un salvacondotto irrinunciabile. Il console italiano continuava a vivere nella memoria degli ebrei sopravvissuti. 

Le proprietà degli ebrei cominciarono a essere espropriate, accompagnate da una campagna di propaganda di agenti collaborazionisti greci e poco tempo dopo, su richiesta della stessa municipalità di Salonicco, cominciò anche la distruzione del cimitero ebraico con 500 operai che distrussero migliaia di tombe, alcune delle quali risalenti al 15° secolo: il cimitero era assai vasto, 35 ettari, e ospitava centinaia di migliaia di tombe. Dopo qualche settimana di sbancamenti la necropoli sembrava fosse stata bombardata o colpita da un’eruzione vulcanica. Dopo la guerra le autorità greche decisero che quella zona era stata definitivamente espropriata e oggi vi sorge il campus dell’università Aristotele. 

Stava cominciando la soluzione finale anche per gli ebrei di Salonicco. Gli italiani se ne accorsero e informarono gli ebrei con cittadinanza italiana che sarebbero stati protetti se fossero state introdotte le politiche razziali tedesche. Le SS protestarono con Roma mentre Adolf Eichmann, responsabile della logistica, mordeva il freno e nel gennaio 1943 inviò due esperti aguzzini tra cui il suo braccio destro Alois Brunner e Dieter Wisliceny per avviare le deportazioni e mandare gli ebrei nelle camere a gas. La faccenda doveva risolversi in due tre-mesi, questo era l’ordine del “contabile” di Hitler che finì poi impiccato in Israele mentre Wisliceny venne giustiziato in Cecoslovacchia nel 1948. Brunner invece camperà a lungo e, come vedremo, la sua sorte sarà assai diversa e per certi versi sorprendente. 

Brunner e Dieter Wisliceny arrivarono il 6 febbraio 1943 e fecero applicare le leggi di Norimberga in tutto il loro rigore, imponendo l'uso della stella gialla e restringendo drasticamente la libertà di circolazione degli ebrei. Questi furono radunati alla fine di febbraio 1943 in tre ghetti, poi trasferiti in un campo di transito nel quartiere del barone Hirsch in prossimità della stazione, dove li attendevano i treni della morte. Per facilitare l’operazione i nazisti si appoggiarono sul rabbino Zwi Koretz (che morì tre mesi dopo la liberazione dei russi di Bergen-Belsen), che pretendeva la totale obbedienza agli ordini dei nazisti, e su una polizia ebraica diretta da Vital Hasson che percorreva a cavallo mulinando il frustino i quartieri ebraici abbandonandosi al saccheggio e ad atti di inaudita violenza contro il resto della comunità. 

Il primo convoglio partì il 15 marzo. Ogni treno trasportava da 1000 a 4000 ebrei, attraversando tutta l’Europa centrale principalmente verso Birkenau, un convoglio partì per Treblinka ed è possibile che siano avvenute deportazioni verso Sobibor, poiché vi si ritrovarono alcuni ebrei di Salonicco. La popolazione ebrea di Salonicco era talmente numerosa che la deportazione si protrasse per alcuni mesi fino al 7 agosto. 

54000 sefarditi di Salonicco furono spediti nei campi sterminio. Circa il 98% della popolazione ebraica della città fu eliminata durante la guerra. 

giovedì 20 ottobre 2022

Wang Yi all’Onu: "La Cina ha scelto pace e sviluppo, non saccheggio e colonialismo" - Fabio Massimo Parenti

Da: https://www.lantidiplomatico.it -Fabio Massimo Parenti/, Professore associato in Geografia, laureato in Geografia all’Università la “Sapienza”. Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia, Associate Profess or of International Studies alla China Foreign Affairs University, Beijing https://youtu.be/trADw9WpbuA

Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Leggi anche: L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini 

Modernizzazione e popolazione cinese https://italian.cri.cn/2022/10/14/ARTIFP90XAn1ailjn58xEKxr221014.shtml?


L'ultima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è giunta nel bel mezzo di una fase estremamente critica della politica internazionale. La guerra in Ucraina, con il rischio, paventato da più parti, di un'irreversibile escalation, sta chiaramente monopolizzando l'attenzione del pianeta. Nell'aspro confronto, sempre meno a distanza, tra Washington e Mosca, l'Ucraina assomiglia ogni giorno di più ad un vasto campo di battaglia dove si sta decidendo una parte importante degli equilibri globali del prossimo futuro.

Gli attori giocano ormai a carte scoperte, avendo dichiarato i propri intenti. Da un lato, la Russia, che, sentitasi minacciata lungo i propri confini, ha deciso di intervenire prima che il Donbass e le altre aree russofone del Paese fossero prese d'assalto dai battaglioni nazionalisti ucraini, ormai decisi a chiudere la questione con una vasta e massiccia operazione militare. Dall'altro, gli Stati Uniti che, dopo otto anni di forti pressioni ed interferenze nella politica strategica e militare di Kiev, cercano di danneggiare quanto più possibile le forze armate russe per costringerle al ritiro e favorire un regime-change al Cremlino.

In questo quadro, la Cina è tutt'altro che semplice parte terza, come più di qualche osservatore ha sostenuto negli ultimi otto mesi. Sin dalle primissime settimane di conflitto, Pechino ha ribadito alcuni dei principi fondamentali della sua dottrina di politica estera. Se da un lato il Ministero degli Esteri cinese ha sempre sottolineato l'importanza di rispettare la sovranità e l'integrità territoriale di ogni singolo Stato, rimarcando il tradizionale approccio cinese alla non-ingerenza e non-aggressione, dall'altro ha richiamato il principio di indivisibilità della sicurezza, secondo cui quest'ultima è un bene comune condiviso che nessuno può aumentare a discapito di altri, invitando in particolare i governi della NATO a tenere nella dovuta considerazione le garanzie richieste in questo senso dalla Russia negli ultimi anni di fronte all'ipotesi di ingresso nell'Alleanza Atlantica non solo dell'Ucraina ma anche della Georgia.

sabato 15 ottobre 2022

Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra - Joseph Halevi

 Da: https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/index - https://www.sinistrainrete.info - 

Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino. 

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Questa breve nota di riflessione cerca di cogliere le possibili conseguenze del conflitto russo-ucraino sulle prospettive di sviluppo di lungo periodo dello spazio economico che abbiamo definito blocco tedesco. Dopo un excursus storico che ne descrive la formazione, vengono esaminate le caratteristiche dei paesi che lo compongono, osservando che le forze dinamiche che lo caratterizzano si proiettano particolarmente verso la Cina, con un ruolo cruciale della Russia.




In questa breve nota di riflessione tratterò alcuni aspetti dell’economia tedesca nell’ambito europeo, cercando di cogliere le possibili implicazioni delle rotture causate dal conflitto russo-ucraino sulle prospettive di lungo periodo che si andavano delineando nell’ambito di detta economia e della zona con cui è direttamente connessa.

A tal fine verrà descritto uno spazio economico che chiameremo blocco tedesco, termine privo di qualsiasi connotazione politica, utilizzato solo per definire un livello di rapporti settoriali e di scambio molto più interconnessi della semplice egemonia economica.

La nota inizia con un excursus storico il cui obiettivo consiste nel definire il passaggio dall’egemonia della Germania in Europa alla formazione di un gruppo di paesi ad essa strettamente connessi.

In tale quadro verranno esaminate le caratteristiche di alcuni stati dell’Europa orientale. Verrà poi osservato che le forze dinamiche del blocco tedesco si proiettano particolarmente verso la Cina, ma che tale proiezione non può essere mantenuta senza il coinvolgimento della Russia. In tal caso si renderebbe possibile una crescita europea trainata dalle esportazioni nella maniera concepita da Nicholas Kaldor.

Dopo aver sottolineato che recenti studi effettuati in Germania mostrano piena consapevolezza del problema, la nota si conclude con una visione piuttosto pessimista a causa della guerra russo-ucraina.

giovedì 13 ottobre 2022

L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ - (pubblicato il 23 settembre sul quotidiano cinese “Guangming”) - 

Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura

Leggi anche: Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Economia socialista e mercato in Cina - Vladimiro Giacché


Molto si parla dell’eradicazione della povertà estrema in Cina, ma come è stato concretamente possibile?

Da decenni si è sviluppato un denso dibattito sulla natura socialista o ibrida della società cinese di cui ovviamente non si può dar conto brevemente in questa sede. Mi limiterò a ricordare che per gli studiosi cinesi essa si trova attualmente “nella fase primaria del socialismo”, nella quale lo Stato dà impulso a un’educazione patriottica, collettivista, internazionalista e comunista (articolo 24 della Costituzione del 1982) di tutta la popolazione. Inoltre, secondo lo studioso Zhang Boying, importante esponente del marxismo cinese, il comunismo è il risultato di un processo molto lungo, che può anche subire regressioni, ma che resta “un ideale che l’umanità persegue” ancora oggi (Il Socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona?, 2014: 66).

Meno discussioni e divergenze si sono registrate a proposito dell’eradicazione della povertà estrema nel grande Paese asiatico. Infatti, nell’ottobre del 2021 il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterrez, ha lodato la Cina per il processo di avanzamento nell’eradicazione della povertà ed ha invitato la comunità internazionale a fare fronte comune per risolvere ed affrontare i problemi del nostro tempo, in primis la pandemia. Guterres ha ringraziato la Cina per il ruolo da lei giocato nel delineare e nell’implementare gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, rimarcando inoltre che il Paese asiatico si distingue per l’impegno messo nell’emancipare gli esseri umani da tutte le forme di povertà; fenomeno che costituisce una delle prime missioni del mondo attuale.

Questa affermazione è del tutto condivisibile se, per esempio, prendiamo in considerazione le parole con cui David Harvey, grande marxista britannico, descrive l’imposizione al mondo del cosiddetto neoliberalismo come il risultato della restaurazione del potere di classe ai danni dei lavoratori, che nei Trenta anni gloriosi avevano conquistato molti diritti e migliorato le loro condizioni di vita. Per combattere l’inflazione, la stagnazione dei tassi di profitto, alla fine degli anni Sessanta le élite globali sono intervenute sul costo del lavoro, abbassando i salari, aumentando lo sfruttamento, combattendo le organizzazioni sindacali, precarizzando i lavoratori (Breve storia del neoliberalismo, il Saggiatore, Milano 2007). Ovviamente, dopo la rottura del patto tra lavoro e capitale realizzato nel secondo dopoguerra, evidente per esempio nella Costituzione italiana del 1948, questa svolta ha fatto crescere a dismisura le disuguaglianze e la povertà sia nei Paesi a capitalismo avanzato, secondo Fidel Castro sotto-sviluppanti, sia in quelli sottosviluppati. 

martedì 11 ottobre 2022

LA SVOLTA ANTICOLONIALISTA DI PUTIN - Leonardo Masella

Da: https://www.facebook.com/leonardo.masella1 - Leonardo Masella, già della Redazione Nazionale di “Interstampa” e già della Direzione Nazionale del PRC.


Qui il video del discorso di Putin del 30 settembre per la celebrazione del riconoscimento dell’esito dei referendum delle regioni del Donabass. - https://www.youtube.com/watch?v=vh1psIZLfvE


Lo storico ed economista Hosea Jaffe denunciava nel 2008 in un famoso saggio (“Abbandonare l’imperialismo ?”), il più grande «abbandono» della storia dell’umanità, il «terzo mondo» abbandonato dall’imperialismo del «primo mondo», ma anche dal marxismo occidentale. Quest’ultimo, avendo amputato il capitalismo del suo carattere imperialistico, meritava l’appellativo di «eurocentrico e americanocentrico» e convinceva Jaffe a guardare alla Cina, il paese che ha realizzato la più grande rivoluzione anticoloniale della storia, e alla sua economia «anti-imperialista in sé e nei suoi effetti» quali possibili sostegni di una storia rivoluzionaria alternativa dei paesi anti-imperialisti. 

In Italia lo studioso italiano che ha analizzato e ben sistematizzato questa divaricazione fra marxismo occidentale e marxismo mondiale antimperialista è stato Domenico Losurdo in un libro del 2017 (Il Marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere). Losurdo risale alla rimozione da parte del marxismo occidentale della questione coloniale. Nella sua ricostruzione il divario si manifesta allorquando la Rivoluzione d’Ottobre, proiettando il marxismo in una dimensione mondiale, stimola le rivoluzioni anticolonialiste, le lotte di liberazione dei popoli oppressi dal dominio politico, economico, sociale delle potenze coloniali, assumendole come parte integrante delle lotte per l’emancipazione della classe operaia e per il rovesciamento del capitalismo. 

domenica 9 ottobre 2022

L’inveterata abitudine delle potenze imperialiste di farsi “garanti” di ciò che sono pronte a distruggere - Hassan Hamadé

Da: https://www.voltairenet.org -Traduzione Rachele Marmetti - Hassan Hamadé Pensatore e polemista libanese, membro del Consiglio Nazionale dell’audiovisivo del Libano. 

Leggi anche: Finalmente un ipocrita riconosce di essere tale - Alessandra Ciattini

Da senatore degli Stati Uniti, Joe Biden tentò d’imporre un piano per dividere l’Iraq in tre Stati. Da vicepresidente sovrintese agli Accordi di Minsk in Ucraina. Da presidente sta portando a termine la distruzione dell’Iraq, diventato ingovernabile, e dell’Ucraina, trasformata in campo di battaglia.

Con il Memorandum di Budapest del 1994, Londra, Washington e Mosca si fecero garanti del futuro dell’Ucraina. Con gli Accordi di Minsk del 2015, Berlino, Parigi e Mosca si fecero garanti della pace civile in Ucraina.
Oggi Kiev accusa Mosca di tradimento, ma i fatti dimostrano il contrario.
Sono stati Regno Unito e Stati Uniti che, riprendendo vecchie abitudini imperialiste, hanno organizzato l’attuale conflitto, allo scopo di far precipitare non solo la Russia, ma anche la Germania, in uno scontro devastante.


Hassan Hamadé ritorna sulle garanzie che le potenze imperialiste offrirono a Paesi come Libano, Iraq e Cipro, con il pretesto di preservarne gli interessi, in realtà per distruggerli. 
    «Guai a chi si crede ricco contando sulle promesse di persone che considera amiche».

Questo proverbio arabo millenario calza a pennello all’odierna situazione dell’Ucraina e alla precedente di Grecia e Cipro. 
Destinato dagli Stati Uniti già nel 2014 a provocare la Russia fino a trascinarla in una guerra d’usura, il governo Zelensky, guidato dai “neonazisti”, si è impegnato ad eseguire alla lettera la missione, senza riflettere seriamente nemmeno sulle conseguenze che questa rischiosa impresa avrà sull’Ucraina e sulla propria sopravvivenza. 

venerdì 7 ottobre 2022

"Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros

Da: Visione TV - 
Giorgio-Bianchi è un fotoreporter che ha girato il mondo, documentando con il suo lavoro storie da Siria, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India e tutta l'Europa, compresa l’Ucraina, che segue fin dal 2013. https://www.facebook.com/giorgio.bianchi.photojournalist - 
Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7


                                                                           

martedì 4 ottobre 2022

Finalmente un ipocrita riconosce di essere tale - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura


Apprendiamo che l’Unione Europea nella politica internazionale usa il doppio standard e, nonostante i retorici richiami ai diritti universali, non se ne vergogna. 


Si tratta di una notizia cui i media italiani non hanno dato risalto: Josep Borrell, il capo della politica estera dell’Unione Europea, in un’intervista a “El Pais” lo scorso 13 agosto ha dichiarato (parole sue): “Spesso siamo criticati perché utilizziamo il doppio criterio. Ma nella politica internazionale è necessario utilizzarlo in grande misura. Non usiamo gli stessi standard per tutti i problemi”.

Argomento centrale dell’intervista consisteva in questa domanda: perché l’Ue appoggia con tutti i mezzi l’Ucraina e si disinteressa completamente della Palestina occupata dagli israeliani, i cui abitanti sono quotidianamente vessati e massacrati?

Ricordo uno degli ultimi episodi del massacro: il 15 di settembre in uno scontro con l’esercito israeliano è stato assassinato con un colpo alla testa un giovane palestinese di 17 anni nella zona settentrionale della Cisgiordania occupata e teatro di forti tensioni negli ultimi mesi. Il ministero palestinese degli affari esteri ha condannato con forza il crimine commesso dalle forze di occupazione, dichiarando che è stata una vera e propria esecuzione. Dallo scorso marzo, dopo vari attentati, l’esercito israeliano ha incrementato le sue operazioni nella Cisgiordania settentrionale, occupata dal 1967, provocando scontri anche mortali con la popolazione locale. Solo nella settimana passata ci sono stati sei morti.

Sorprendentemente Borrell ha anche suggerito che la mancata soluzione del conflitto mediorientale (così lo ha definito) ricade sugli Usa, infatti, a suo parere, sarebbe necessario un impegno molto forte della superpotenza sulla questione; purtroppo, attualmente sembra che non ci sia un percorso da seguire per por fine a questa situazione drammatica che si perpetua da decenni.