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Il metodo del Capitale
Il dibattito sul metodo del Capitale è stato sempre molto
sostenuto. Quale concezione della verità ha Marx nella sua opera più matura?
Quale rapporto esiste tra questa teoria della verità e la costruzione dei tre
volumi? Si può certo dire che è un problema legato – come afferma, del resto,
lo stesso Marx nel “Poscritto” alla seconda edizione del I libro – alla
questione di che cosa sia una realtà dialettica, di come una realtà dialettica
possa essere espressa e raccontata in un libro, come appunto quello del
Capitale. Ma in questo modo, forse, il problema si sposta soltanto, dal terreno
epistemologico a quello, se possibile ancora più spinoso, del ruolo e della
portata della dialettica in Marx.
Quello che è certo è che la teoria della verità operante nel
Capitale non ha molto a che vedere con la teoria della conoscenza propria del
cosiddetto materialismo storico, come Marx stesso l’ha sintetizzata ad esempio
nell’“Introduzione” del ’59 a Per la critica dell’economia politica. Il
rapporto di prassi e teoria concepito come primato della struttura sulla
sovrastruttura rimanda agli aspetti più meccanicistici del pensiero di Marx.
D’altra parte, in questo approccio la teoria della conoscenza viene situata
nella sovrastruttura, ed è perciò intesa come conseguente a una data struttura
economica. Questo punto di vista finisce allora con il rivelarsi
intrinsecamente contraddittorio, perché limita la validità della legge posta:
dovendo affermare, implicitamente ma chiaramente, la legge stessa non valida
per la propria teorizzazione.
Il tipo di epistemologia presente nei tre libri del Capitale
fa invece riferimento a una diversa teoria del conoscere, che definiremo del
“presupposto-posto”. Marx l’ha esposta, anche se in modo non completo e
implicito, nell’“Introduzione” del ’57 ai Grundrisse. In questa concezione, il
rapporto teoria-prassi è analizzato all’interno di una teoria della scienza
che: (i) si vuole valida per le sole scienze sociali, e non è perciò
estendibile alle scienze naturali, contro l’interpretazione di Marx data dal
materialismo dialettico; (ii) nell’ambito delle stesse scienze sociali è
definibile, e acquista pregnanza, solo a partire da una determinata soglia
dello sviluppo storico. Le radici di questa visione metodologica sono da
rinvenire in Hegel, nell’Hegel della Scienza della logica di Norimberga.