Nello squallido e
mistificante panorama dei mass media internazionali risalta il lavoro
informativo di Telesur, la catena televisiva voluta dal presidente Hugo Chávez,
e che impiega schemi interpretativi utili a stimolare la riflessione critica
degli spettatori. Una metodologia che si contrappone all'approccio puramente
emotivo e individualista tipico dei media nostrani.
La catena televisiva Telesur è operativa ormai da più di
dieci anni, sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro, diffonde
notizie e propone approfondimenti degli avvenimenti più rilevanti, che invadono
spesso con la loro violenza incomprensibile la nostra vita quotidiana,
utilizzando numerosi corrispondenti in varie parti del mondo. I suoi programmi,
in spagnolo e recentemente anche in inglese, possono essere recepiti in forma
gratuita via cavo, via satellite, in digitale terrestre e in streaming. Il suo
motto è “el nuestro Norte es el Sur”, parole con cui si indica la prospettiva
dalla quale si vuole guardare alla società contemporanea con le sue
contraddizioni laceranti, osservata appunto con gli occhi dei popoli del sud
del mondo, oggetto della depredazione secolare portata avanti dalle potenze del
nord. In questo senso, dunque, nord e sud costituiscono delle entità
geopolitiche che sembrerebbero muoversi secondo linee difformi, in particolare
là dove i paesi “meridionali” acquisiscono quegli spazi di agibilità politica,
che garantiscono loro una certa indipendenza; sia pure essendo questa sempre
limitata dagli interventi diretti e indiretti della superpotenza statunitense,
sostenuti dagli stessi organismi internazionali, sul cui statuto super
partes è sempre più legittimo dubitare.
Telesur nasce per contrastare il dominio dei pochi gruppi
che controllano la comunicazione televisiva e a mezzo stampa in America Latina,
e soprattutto la CNN, che trasmette in spagnolo e che quindi può fornire ai
latinoamericani, anche quelli residenti negli Stati Uniti, la sua visione del
mondo, attraverso la lettura politicamente orientata di quegli eventi, che
opportunamente selezionati, vengono presentati al pubblico [1].
Sarebbe però riduttivo pensare che la fondazione di Telesur
abbia avuto il solo obiettivo di introdurre una forma di informazione diversa
(obiettivo oggi quanto mai condivisibile); infatti, se andiamo a consultare il
sito di questa catena televisiva, possiamo leggere “Telesur es un multimedio de
comunicaciόn latinamericano de vocaciόn social orientado a liderar y a promover
los procesos de uniόn de los pueblos del SUR” (http://www.telesurtv.net/pages/sobrenosotros.html).
Da queste parole si può ricavare che Telesur si presenta come uno strumento di
integrazione politica in primis dei paesi dell’America Latina,
in subordine di tutti quei paesi vittime dell’attuale ordine internazionale
[2]. In questo senso, la catena televisiva, voluta dal Presidente Chávez e
costituitasi come società anonima di proprietà pubblica, le cui azioni sono detenute
dalla Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Uruguay e Venezuela, deve essere
certamente considerata un’emanazione della politica di integrazione regionale,
che vede nell’ALBA il suo principale organismo. Come è noto, l’ALBA (Alianza
bolivariana para los pueblos de América Latina) nasce da un accordo firmato
da Hugo Chávez e Fidel Castro nel 2004, al quale aderirono successivamente vari
paesi dell’America Latina e del Caribe, e si fonda su una prospettiva
completamente diversa da quella dell’ALCA, trattato con il quale gli Stati
Uniti intendevano imporre alla regione un’area di libero commercio, facendo
saltare tutte le barriere doganali che difendono la produzione locale. Tale
progetto, che escludeva Cuba, fu sconfitto nella IV Cumbre
de las Americas che si tenne al Mar de la Plata nel 2005, nel corso
della quale prevalse la linea chavista di difesa della sovranità e di rifiuto
dell’area di libero commercio, proposta da Panama e dagli Stati Uniti, ritenuta
impraticabile per le differenze socio-economiche che caratterizzano la regione.
L’ALBA si propone, invece, di sostenere politiche di
integrazione regionale, basate sulla cooperazione e miranti a ridurre gli
squilibri sociali, economici, tecnologici, culturali, con la finalità ultima di
migliorare il tenore di vita della popolazione latinoamericana, garantendole un
più ampio accesso all’educazione, ai servizi sanitari, all’informazione [3].
Fino all’avvento di Mauricio Macri al potere anche
l’Argentina era uno dei soci sostenitori di Telesur, ma nel marzo 2016 questo
paese esce dall’organismo televisivo, rompendo quel fronte culturale e
ideologico, alla cui costituzione avevano dato un contributo i paesi
progressisti dell’America Latina, oggi oggetto di attacchi destabilizzanti.
Qualche tempo dopo Macri stabilisce anche che il segnale non venga più
trasmesso dal sistema digitale terrestre argentino, dal quale viene anche
escluso RT, il canale televisivo russo in spagnolo (Russia Today),
ribadendo così il completo riallineamento dell’Argentina alla politica
statunitense.
Fin qui una serie di dati, per capire di cosa stiamo
parlando. Ora vediamo di approfondire solo alcuni aspetti della comunicazione
di massa, che ne fanno un elemento chiave del processo di passivizzazione delle
masse popolari, vittime in ogni continente di politiche repressive e
reazionarie che hanno cancellato una serie di diritti basilari. Come diceva
qualcuno, già guardare la televisione costituisce in sé un fatto ideologico,
giacché si assume più o meno volontariamente il ruolo di spettatore, in virtù
del quale il mondo, che dovrebbe essere oggetto della nostra azione
consapevole, si trasforma, in mero oggetto di contemplazione; oggetto appunto
che osserviamo dall’esterno e ci appare fissato in una serie di immagini, che
ne fanno qualcosa che può essere solo constatato e accettato, ma non discusso.
A ciò bisogna aggiungere un altro elemento, che può fare comprendere a fondo il
modo di operare dei mezzi di comunicazione di massa e che non è detto produca
inevitabilmente una visione acritica e passivizzante. Mi riferisco alla nozione
diframe, ossia alla cornice o allo schema interpretativo che viene
utilizzato in qualsiasi forma di comunicazione, anche quotidiana, senza
esplicitarlo se si vuole mistificare, per presentare i “fatti”.
Per avere un’idea dell’ampia serie di argomenti che vengono
trattati da Telesur anche con l’aiuto di intellettuali di varie parti del mondo
(cito solo il pakistano Tariq Ali e l’australiano John Pilger) [4], basta
andare sul sito e soffermarsi sui titoli dei documentari e dei réportages, ma
quello che qui ci interessa di più è il modo di porgere il loro contenuto; il frame appunto.
La cornice interpretativa impiegata è sempre volta
all’individuazione delle forze sociali e politiche dal cui scontro scaturiscono
gli eventi, nei quali è possibile intravedere le tendenze significative del
nostro disgraziato tempo e scorgere l’affiorare delle diverse letture date di
essi. Anche se spesso al centro dell’attenzione sono posti i vari personaggi,
che costituiscono la classe dirigente internazionale (“classe meticcia”, dice
Bauman), essi non sono mai presi in considerazione in quanto individui agenti
secondo le loro motivazioni psicologiche, ma in quanto espressione concreta di
quelle forze sociali e politiche, che si scontrano nell’agone planetario. Si
evita così quella banale e fuorviante banalizzazione dei fatti storici che fa,
per esempio, della guerra all’Iraq la risposta al delirio di potenza di Saddam
Hussein, e di Adolf Hitler un perverso assetato di sangue. Nei programmi di
Telesur si cercano le cause degli eventi e si mettono in discussione le
possibili letture, consentendo un confronto e quindi stimolando lo spettatore a
valutare criticamente quanto osserva e ascolta, restituendogli dunque un
atteggiamento attivo. E soprattutto, in generale, si ricorre all’argomentazione,
che può essere misurata criticamente, e si evita per quanto è possibile il
sensazionalismo che suscita solo un’adesione emotiva e non ragionata;
espediente questo utilizzato costantemente dai mezzi televisivi nostrani, che
proprio per questo propongono programmi non solo mistificanti, ma anche noiosi,
giacché sempre basati sullo stesso paradigma applicato all’arrivo dei
rifugiati, ai vari attentati sempre più cruenti e alle vicende di cronaca.
Un’ultima notazione. Quanto all’individuazione delle
tendenze rilevanti che stanno indirizzando il percorso della società
contemporanea, anch’essa non è perseguita dai nostri programmi televisivi, in
cui si cerca di mettere in scena il vissuto del protagonista di un determinato
evento, sforzandosi sempre di stimolare l’identificazione emotiva dello
spettatore con quest’ultimo; si consolida così così l’immagine di un mondo
frammentato e senza senso, i cui caratteri spietati potranno essere superati
solo con una forte dose di “buoni sentimenti”, ovviamente sempre cominciando
dal “proprio piccolo” e mai dalla dimensione strutturale e strutturante.
Tale impostazione la ritroviamo anche in programmi dalla
pretesa culturale, come per esempio RAI Storia, nella quale storici, in grado
di parlare di qualsiasi periodo storico e di qualsiasi argomento, si
avvicendano riconducendo le drammatiche vicende, che hanno sconvolto il nostro
continente, al carattere di qualche regnante o ai suoi problemi matrimoniali.
Questo gusto per il vissuto era esplicito anche in un altro programma di Rai
Storia, dedicato alle lettere inviate dal fronte e censurate durante la prima
guerra mondiale, che se da un lato lasciavano trasparire una straordinaria
esperienza dolorosa, assai poco ci dicevano sulle cause dell’evento stesso.
Concludendo, mi sembra che il lavoro di Telesur debba essere
valutato più che positivamente, anche se talvolta disturba il tono retorico di
certi discorsi politici e il ricorso enfatico e frequente alla parola pueblo,
la cui composizione classista ed eterogenea non è mai adeguatamente
disarticolata.
Note
[1] Basti citare il totale oscuramento del Partito verde che
ha presentato un suo candidato alle elezioni presidenziali statunitensi nella
persona di Jill Stein.
[2] In continuazione con la politica della OSPAAAL
(Organizzazione di solidarietà dei popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’America
Latina), fondata all’Avana nel 1966 e che pubblica la Rivista Tricontinental.
Aggiungo che Telesur collabora con la televisione satellitare pan-araba
Al-Mayadeen (Le piazze) vicina alla resistenza palestinese e a Hezbollah.
[3] Nella regione operano altri organismi, anch’essi segnati
da prospettive politiche economico-politiche differenti. Mi limito a menzionare
la Alianza del Pacífico, assai vicina agli Stati Uniti, e il Mercosur.
[4] Di questo autore, assai critico verso l’operato di
Nelson Mandela, è stato proiettato un pregevole documentario sulla prima guerra
mondiale.
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