giovedì 14 aprile 2016

Dialoghi di profughi VIII.* - Bertolt Brecht

*Da:   https://www.facebook.com/notes/maurizio-bosco/dialoghi-di-profughi-viii-bertolt-brecht/10151263220568348?pnref=story



DEL CONCETTO DI BONTA’. – LE ATROCITA’ TEDESCHE. – IL PENSIERO DI CONFUCIO SUI PROLETARI. – SULLA SERIETA’. 




KALLE    La parola «buono» ha un brutto suono.

ZIFFEL    Gli americani per dire «buon uomo», usano il termine sucker, pronunciato «saggher», e possibilmente sputato fuori da un angolo della bocca. Vuol dire uno che è sempre fregato, un sempliciotto, la vittima ideale per un imbroglione affamato.

KALLE    Basta pensare a un «buon garzone panettiere», a braccetto con un «allegro operaio metallurgico»,, e allora ti casca la benda dagli occhi. I buoni, in larga scala, sono soltanto quelli che non fanno parte della cosiddetta gente perbene. Gli operai tessili ci vestono, i braccianti ci nutrono, i muratori e i metallurgici ci fanno le case, i birrai ci dissetano, i tipografi ci istruiscono, e tutti per un compenso notoriamente misero: un disinteresse simile non lo conosce nemmeno il Sermone della Montagna.

ZIFFEL    Chi dice che sono buoni? Per essere tali, dovrebbero essere soddisfatti del loro misero compenso e contenti di renderci la vita comoda. Ma non lo sono.

KALLE    Non faccia lo sciocco. Mi basta solo chiederle: gli consiglierebbe, in coscienza, di accontentarsi del misero salario che pigliano?

ZIFFEL    No.

KALLE    Dunque non vuole che siano buoni? O che forse lo siano solo al di fuori del loro mestiere, la sera, dopo il lavoro, magari con un gatto che non riesce a scendere da un albero; o insomma, in modo tale che non frutti niente.

ZIFFEL    Non consiglierei a nessuno di comportarsi umanamente se non con la massima prudenza. Il rischio è troppo grande. In Germania, dopo la prima guerra mondiale, uscì un libro col titolo sensazionale: «L’uomo è buono!» (1), ed io mi sentii subito inquieto, e respirai di sollievo quando un critico scrisse: «L’uomo è buono, il vitello saporito». D’altra parte, ho trovato una poesia di uno scrittore di teatro, mio compagno di ginnasio, che non presenta la bontà come qualcosa di eroico. Dice così:

                  Dalla mia parete pende un lavoro giapponese,
                        di legno,
                  maschera di un cattivo demone, laccata d’oro.
                  Con senso partecipe vedo
                  Le vene gonfie della fronte mostrare
                  Quanto sia faticoso essere cattivi. (2)

Questo mi spinge a chiederle che cosa ne pensi lei delle atrocità tedesche. Tra parentesi: io ce l’ho con la parola «tedesco». «Essere tedesco significa fare le cose a fondo», che si tratti di lucidare i pavimenti o di sterminare gli Ebrei. «Ogni tedesco ha l’inclinazione a occupare una cattedra di filosofia». Fosse usata, questa parola tedesco, solo per distinguere! Il guaio è che viene pronunziata con una tono insieme sentimentale e sanguinario. Voglio augurarmi che il tedesco, dopo essersi esibito a Parigi, davanti a Stalingrado e a Lidice, senta ora finalmente il bisogno di cambiar nome. Altrimenti come fa a cominciare una nuova vita se tutti lo conoscono? Per distinguerci potremmo chiamarci, diciamo, il Nono Paese, i Noni, con un’anima nona, o qualcosa di simile. E si dovrebbe ogni tanto cambiare il  numero, in modo che non pigli di nuovo quel maledetto accento sentimentale. E’ stomachevole vedere una qualsiasi testa di legno darsi un sacco di arie, come se la Passione secondo San Matteo o la Vedova allegra l’avesse composta lui. Ma sto divagando. Volevo solo domandarle: crede lei alle atrocità tedesche?

KALLE    Si.

ZIFFEL    E non crede che sia propaganda?

KALLE    Degli alleati?

ZIFFEL    O dei nazisti.

KALLE    Credo senz’altro che nell’esercito tedesco domini una grande crudeltà. Se lei vuole soggiogare e rapinare deve picchiare finché il braccio fa male. Con la persuasione  e le carezze non può indurre nessuno a cederle tutti i suoi averi; non ci riuscirebbe mai, neppure se parlasse il linguaggio degli angeli.

ZIFFEL    «Nell’esercito tedesco domina una grande crudeltà» è un espressione equivoca, lo sa, no?

KALLE    Certuni hanno un’opinione sbagliata di ciò che è il dominare. La maggior parte della gente non si rende conto per tutta la vita di essere dominata, questo è un fatto. Credono di fare ciò che farebbero anche se non esistesse alcuna autorità, o comunque qualcosa che li domini. Se se ne accorgono, qualche volta succede il quarantotto. Si fa questo ragionamento: se Hitler governa la Germania, vuol dire che domina, ma molti hanno un’opinione diversa dalla sua; sempre che non sempre, o magari mai, possono farla valere, appunto perché è lui che domina. Ma la cosa non sta così. Ci sono naturalmente quelli che non la pensano come lui, ma il guaio è che ben presto non solo domina lui, ma anche le sue opinioni. Egli infatti ha i mezzi per soggiogare la loro mente. Per esempio, è soltanto lui che dà loro informazioni sugli avvenimenti. Anche se pensano che l’informazione è falsa, non hanno però ancora quella giusta, cioè non sono informati. E inoltre, quando vuol trascinare la gente a qualche sporca scorreria piratesca è capace anche di far presa su quanto c’è in loro di «più bello e più nobile». Ho qui una poesia che mi ricopiai quando circolava a Stoccolma, che non è male.

L’uomo basso si mise a frugare nel suo portafogli, pieno zeppo di vecchi documenti e di ritagli spiegazzati e con le orecchie agli angoli, e tirò fuori un foglietto scritto a matita.

KALLE (legge a voce alta la poesia «Appello dei Vizi e delle Virtù», dalla «Raccolta Steffin»(3))

  APPELLO DEI VIZI E DELLE VIRTU'

Alla Soirée dell’Oppressione, che recentemente ebbe luogo, si presentarono, al suono di fanfare, certi        personaggi di rilievo, e testimoniarono dei loro legami coi Potenti.
La Sete di Vendetta, truccata e pettinata come la Coscienza, diede alcuni esempi della sua infallibile memoria. Minuta e storpia nella persona, riscosse un applauso poderoso.
La Brutalità, guardandosi attorno smarrita, fece un’entrata infelice. Scivolò sulla piattaforma, ma si rifece scalciando tanto per la rabbia da fare un buco nel pavimento.
Dopo di lei, l’Odio per la Cultura, che, con la schiuma alla bocca, scongiurò gli Ignoranti di rifiutare il fardello della Scienza. “Contro i saccenti!” era il suo slogan, e gli Ignoranti lo portarono sulle loro spalle, logorate dal lavoro, fuori del locale.
Anche il Servilismo si presentò e si produsse come grande digiunatore di professione. Prima di ritirarsi, si inchinò davanti a un paio di grassi mariuoli, cui aveva procurato posizioni elevate.
Popolare attrice comica, animò la sala la Sadica Gioia. Tuttavia ebbe un piccolo incidente, perché a furia di ridere si procurò un’ernia.
Nella seconda parte dello spettacolo propagandistico si presentò l’Ambizione, la grande saltatrice. Saltò così in alto, che si ferì la testolina a una trave. Ma né allora, né quando un organizzatore della festa le appuntò una decorazione con uno spillone direttamente nella carne, non batté ciglio.
Un po’ pallida, forse per l’emozione della ribalta, si presentò la Giustizia. Parlò di quisquilie e promise per il prossimo futuro un discorso più profondo.
La Sete di sapere, giovane e forte, riferì come il regime le avesse aperto gli occhi e come la colpa dei pubblici mali fosse dei nasi ricurvi.
Ecco venir fuori lo Spirito di Sacrificio, un giovanotto lungo e magro con una faccia onesta, un gran piatto di monete false nella mano callosa. Raccolse le monetine degli operai e disse piano, con voce esausta: Pensate ai vostri figli!
Anche l’Ordine salì sulla pedana, con la testa calva sotto la cuffia pulita. Distribuì dipoli di dottore ai bugiardi e di chirurgo agli assassini. Sul suo vestito grigio non un granello di polvere, benché durante la notte fosse andato a rubare nei cortili fra i mucchi della spazzatura. In lunghe file interminabili passavano i derubati davanti al suo tavolo, ed egli, le mani gonfie per le varici, compilava ricevute per tutti. Suo fratello il Risparmio mostrò un cesto di croste di pane, strappate di bocca ai malati negli ospedali.
L’Operosità, ansimante come un braccato a morte, il collo piagato dalle frustate, fece un numero straordinario. In men che non ci voglia a smoccolarsi il naso fabbricò una granata. E per soprappiù, prima che si potesse dire Ah!, preparò gas velenoso per duemila famiglie.
Tutte queste Celebrità, figli e nipoti del Freddo e della Fame, si presentarono al popolo e si dichiararono senza riserve servi dell’Oppressione.

ZIFFEL    Secondo lei, anche coi dodici apostoli Hitler avrebbe potuto formare un bel manipolo di SS.

KALLE    Un profitto lo ricavano solo usando tutti i mezzi possibili.

ZIFFEL    La colpa di tutto ce l’ha il capitalismo – questa è una constatazione banale.

KALLE    Purtroppo non lo è.

ZIFFEL    Posso convenire con lei che non è abbastanza risaputo, e sono anche disposto ad ammetter di avere personalmente una pericolosa inclinazione a respingere le banalità anche quando sono utili verità. In chimica questa abitudine non si potrebbe certo conservare. Lo sa lei che il suo Confucio, Carlo Marx, era freddino assai nel giudicare le qualità morali del proletariato? Gli ha fatto anche dei complimenti, lo riconosco, ma che i proletari siano esseri subumani Goebbels l'ha preso direttamente da Carlo Marx. Solo che questi era dell'opinione che ne abbiano abbastanza di questa condizione.

KALLE    Come fa a sostenere che Marx abbia insultato i lavoratori? Non faccia tanto l'originale, per favore.

ZIFFEL    Mi lasci essere originale, altrimenti sono stupido e lei cosa ne ricava? Marx non ha insultato i lavoratori, ha constatato che da parte della borghesia viene fatto loro un insulto. La mia conoscenza del marxismo non è completa, quindi è meglio che lei stia sul chivalà.
Una conoscenza più o meno completa del marxismo costa oggi – mi ha assicurato un collega – dai venti ai venticinquemila marchi-oro, e senza tutte le finezze e i dettagli. Per meno non si ottiene niente di veramente buono, al massimo un marxismo di mezza tacca, senza Hegel o senza Ricardo, ecc. E per di più il mio collega calcola soltanto le spese per libri, tasse universitarie e ore di lavoro, e non quello che uno ci rimette per via delle difficoltà che incontra nella carriera, o per eventuali detenzioni, e tralascia anche il fatto che nelle professioni liberali l’efficienza diminuisce notevolmente, dopo una lettura approfondita di Marx; in determinati campi, come la storia e la filosofia, non si ridiventa mai più veramente “bravi” dopo esser passati attraverso Marx.

KALLE     E cos'è la faccenda della subumanità dei lavoratori?

ZIFFEL    Mi pare, salvo errori, che secondo Marx al proletariato venga negata l'umanità, cioè il suo essere uomo, così che è costretto a fare qualcosa, disumanizzato com'è in un mondo dove per lui l'essere umano è particolarmente importante. L'homo sapiens, secondo Marx, fa qualcosa soltanto quando si trova faccia a faccia davanti alla rovina totale. Gli impulsi più elevati glieli si può soltanto estorcere. Le cose giuste, le fa solo in caso di emergenza, quando proprio non si può fare altrimenti. Così il proletariato perviene alla sua missione di sollevare l'umanità su un gradino più alto.

KALLE    Sono sempre stato contrario, per così dire, istintivamente, a questa parola. Suona lusinghiera, ma dei lusingatori io diffido sempre; e lei no? Sarei curioso di sapere che cosa vuol dire la parola missione, letteralmente.

ZIFFEL    Viene dal latino mittere, mandare.

KALLE    Me l'immaginavo. Il proletariato dovrebbe fare di nuovo da tirapiedi. Voi vi immaginate uno Stato ideale, e noi dovremmo fabbricarvelo. Noi sempre gli esecutori, e voi sempre i dirigenti, eh? Noi dovremmo salvare l'umanità: ma chi è l'umanità? E' lei.
A Stoccolma incontrai un emigrato ebreo, un banchiere con il titolo di commendatore, il quale seriamente mi rinfacciava che noi socialisti non abbiamo fatto la rivoluzione, ma abbiamo lasciato che Hitler prendesse il potere. A quanto pare, quello avrebbe voluto che gli facessimo una specie di Germania dei commendatori. Anche i russi sono sempre stati giudicati da quel punto di vista. Nella “Frankfurter Zeitung” c'era sempre scritto che laggiù non c'è il vero comunismo, e così l'Unione Sovietica si pigliava un brutto voto.
Scrivevano che è un esperimento interessante, e sempre con tono obiettivo, come se il loro giudizio definitivo lo volessero far dipendere solo dalla possibilità che quell'esperimento fosse tecnicamente eseguibile. Ma forse anche i nobili francesi parlavano così della ghigliottina.

ZIFFEL    Se ho ben capito, lei si rifiuta di liberare l’umanità.

KALLE    Il ogni caso non le pago il caffè. Qualche volta, non se l’abbia a male. Do sui nervi a me stesso, perché in tempi come questi me ne sto qui seduto a fare dello spirito.

ZIFFEL    Prima di tutto le potrei rispondere che tutti e due non siamo abbastanza sazi per poter essere veramente seri, specialmente in un paese dove ci sono due divisioni motorizzate tedesche, e senza avere il visto per partire. In secondo luogo la serietà, come atteggiamento della vita, è momentaneamente un po’ discreditata, perché la cosa più seria che mai sia esistita è Hitler con la sua cricca. Egli fa parte degli assassini seri, e l’assassinio è qualcosa di molto serio. Non è una natura superficiale, e i polacchi glielo potrebbero confermare. Al suo confronto Budda era un umorista. In terzo luogo non abbiamo bisogno di darci un contegno dignitoso: non siamo mica macellai. Una buona causa la si può sempre esporre anche in modo divertente.

KALLE    Come disse una volta un oratore ufficiale della società per la cremazione: la borghesia non ha nulla da perdere, tranne i suoi quattrini.


Poco dopo i due si separarono e se ne andarono ciascuno per la propria strada.


1  Di Leonhard Frank (1918)
2  E’ la poesia di Brecht Die Maske des Bösen, nel testo nella versione di Ruth Leiser e Franco Fortini.
3  Silloge di poesie brechtiane così chiamata perché compilata da Grete Steffin, amica e collaboratrice di Brecht.

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