giovedì 26 dicembre 2024

L’Europa si prepara alla guerra aumentando le spese militari - Pasquale Esposito

 Da: https://www.mentinfuga.com - Pasquale Esposito, il mio nome è un alias. Un omaggio alla città che mi ha brillantemente ospitato per una decina d’anni. Ma soprattutto è il tener viva l’attenzione agli “Esposti” di ieri e di oggi, quelli che erano e sono abbandonati. Per Mentinfuga mi occupo di Esteri. 

Ascolta anche: Parliamo della crisi francesce con Ophélie Sauger https://grad-news.blogspot.com/2024/12/caffe-e-cornetto-lultimo-metro-parliamo.html?m=1


L'EUROPA SI PREPARA ALLA GUERRA: CHI AGGREDIREMO ? 

Non risulta che ci dobbiamo difendere da qualcuno, forse intendiamo attaccarlo ?
Ma questa Europa lavora per la pace o per la guerra ? Forse la lobby dell'industria militare detta le politiche estere ed economiche europee ? D'altra parte le esigenze di stabilità finanziaria impongono un doloroso contenimento della spesa pubblica, ma se questa viene maggiormente assorbita dalle spese militari, che ne sarà del servizio pubblico sanitario già insufficiente per curarsi ? Al pronto soccorso già si rimane in barella per oltre una settimana e i tempi per una visita specialistica già sono da sei mesi ad un anno...
E le pensioni, già da fame ? Verranno ridotte ancora, sempre per alimentare l'industria della guerra ? Ci toglieremo il cibo di bocca per produrre cannoni ?
Se le prospettive sono quelle dell'Europa in guerra e della miseria dei cittadini (ma non dei padroni -grandi capitalisti e politici e comunicatori lacchè- che al contrario si arricchiscono), perché ci scandalizziamo della crescente violenza ed omicidi ? Perché mai parlare di contrastare i femminicidi, i morti sul lavoro, la violenza giovanile, le discriminazioni sessiste, i danni del fumo ? Che importanza avranno mai queste inezie, di fronte a possibili scenari catastrofici di milioni di morti come preventivabili in un ipotetico scenario di guerra in Europa ? 

Le politiche in atto nulla fanno per scongiurarla: al contrario, la preparano, la rendono possibile, probabile, necessaria...
Ricordo un particolare storico alquanto inquetante: nei mesi ed anni che hanno preceduto la Prima Guerra Mondiale, i partiti guerrafondai e le stesse masse, le quali, come oggi, hanno subito un "lavaggio del cervello" dai media, spingevano per l'entrata in guerra, inizialmente senza nemmeno aver deciso se partecipare a fianco degli Imperi centrali o dell'Intesa.
Anche oggi stiamo andando in questa direzione ? Oppure, non so se sia meglio, abbiamo già deciso di fare la guerra a Cina e Russia, solo perché la prima cresce economicamente più di noi e la seconda perché non si lascia sottomettere e sbranare dai nostri grandi capitali?
Sembra che il motto "comunismo o barbarie" si stia purtroppo realizzando. (Paolo Massucci per il Collettivo) 
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martedì 24 dicembre 2024

L’assassinio del generale Kirillov | Giacomo Gabellini intervista Francesco Dall’Aglio

Da:  Il Contesto - Giacomo Gabellini è un giovane ricercatore indipendente. - Francesco Dall'Aglio, medievista, ricercatore presso l'Istituto di Studi Storici al dipartimento di storia medievale della Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria). Esperto di est Europa e di questioni strategico-militari, è diventato un seguito commentatore sul canale Ottolina.tv e autore di War Room - Russia, Ucraina, NATO un canale telegram molto seguito su questi argomenti.

Il vicolo cieco dell’escalation | Francesco Dall’Aglio  
Analisi della situazione internazionale e dei suoi possibili sviluppi - Alessandra Ciattini intervista Giacomo Gabellini 


Il collasso della Siria baathista ha prevedibilmente aperto le porte al caos. Nelle aree settentrionali, i gruppi armati non statali appoggiati dalla Turchia combattono le forze curde sostenute dagli Stati Uniti, mentre Israele sta ricavandosi un’ampia zona cuscinetto nel Golan siriano, dopo aver occupato il Monte Hermon e sferrato una devastante campagna di bombardamenti aerei che ha di fatto demilitarizzato la Siria – ai sensi, si legge sulla stampa turca, di un’intesa con Bashar al-Assad che avrebbe indicato agli israeliani il posizionamento delle strutture militari siriane in cambio di non si sa cosa. Sul futuro delle basi russe vige ancora grande incertezza, anche se «Bloomberg» ha parlato della disponibilità dei jihadisti a preservare gli accordi siglati con il precedente governo. Sembrerebbe che il governo di Mosca stia vagliando la possibilità di spingere il generale Haftar ad autorizzare l’installazione di una base russa a Bengasi, e procedendo allo stesso tempo a una riorganizzazione della loro presenza in Siria implicante l’abbandono di una serie di strutture minori disseminate in varie zone del Paese e il rimpatrio di una enorme quantità di mezzi militari. Sul teatro ucraino, intanto, le forze armate russe continuano ad avanzare, mentre un attentato esplosivo organizzato – pare – da un uzbeko assoldato dai servizi di sicurezza di Kiev ha provocato l’uccisione a Mosca di Igor Kirillov, tenente generale russo a capo dell’unità di protezione nucleare, radiologica, chimica e biologica che all’inizio del conflitto aveva denunciato «attività militari-biologiche del Pentagono in Ucraina». L’operazione è stata giudicata come legittima dal «Times», ma condannata dal generale Keith Kellogg, che in qualità di inviato speciale per il conflitto russo-ucraino da Donald Trump ha dichiarato che l’atto costituisce una violazione delle regole di guerra e una mossa controproducente. Lo stesso Trump continua a inviare segnali circa i propri intendimenti riguardo alla risoluzione del conflitto. Ne parliamo assieme a Francesco Dall’Aglio, medievista, saggista, ricercatore presso l’Istituto di Studi Storici al Dipartimento di storia medievale della Accademia delle Scienze di Sofia e gestore del canale Telegram «War Room».

                                                                         

Questo video presenta una analisi puramente ipotetica e speculativa di possibili scenari riguardanti la Siria, sulla base di fonti pubblicamente disponibili. Riguardo all’assassinio del generale Igor Kirillov, l’analisi è puramente speculativa e non rappresenta eventi confermati.

domenica 22 dicembre 2024

L’Ucraina capitola, ma la Nato è sorda - Fabio Mini

 Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Fabio Mini è un militare e saggista italiano, già comandante NATO della missione KFOR in Kosovo dal 2002 al 2003. 



Ultimo sfregio a Kiev - La catena di comando dell’Alleanza atlantica pianifica la continuazione della guerra assegnando ai vari Paesi membri i compiti e fissando quante e quali risorse ognuno di essi deve dedicare alla difesa 



Con l’intervista al quotidiano Le Parisien, il presidente Zelensky ha dichiarato la capitolazione militare dell’Ucraina. Nel nostro piccolo, l’avevamo annunciata tre anni fa, durante l’invasione, senza palla di vetro ma con un filo di ragionamento. Sarebbe bastato quello ad evitare all’Ucraina mezzo milione di soldati eliminati e 10 milioni di cittadini scappati all’estero. La media di 14 mila soldati e 280 mila cittadini perduti, al mese, per anni. Ed è questo dato nudo e crudo che oggi dovrebbe far ragionare chi sta decidendo la continuazione a oltranza della guerra. Ma in quei giorni Zelensky e chi lo appoggiava dandogli armi e idee fantasiose e disastrose, ma comunque criminali, non volevano ragionare. Per questo siamo stati imbottiti di stupidaggini a tutti i livelli, mentre si tenevano opportunamente nascoste tutte le vulnerabilità di una nazione approntata e addestrata per la guerra nei venti anni precedenti, una guerra impari contro i suoi stessi cittadini. Una guerra militare e paramilitare, di polizia e bande armate contro i cittadini autonomisti e una guerra civile contro tutti i russofoni, ma anche i romeni, gli ungheresi e i carpatici: vale a dire buona parte dei cittadini ucraini e la quasi totalità di quelli del Donbas e della Crimea. Nel 2004 gli estremisti neo nazisti ucraini aiutati dagli americani avevano preso il potere con una percentuale irrisoria di voti elettorali. Allora iniziarono i pogrom antirussi e i capi di Stato coccolati dagli occidentali dicevano: “Noi avremo case e lavoro, loro no; i nostri figli andranno a scuola, i loro no e resteranno a marcire nelle cantine come topi”. Questo è stato il programma dei vari governanti sostenuti dai neonazisti. Oggi quei personaggi non sono scomparsi e nessuno di loro ha versato una goccia di sudore in guerra. Ancora oggi dicono e fanno le stesse cose. Nel frattempo la catena di comando della Nato sta già pianificando la continuazione della guerra assegnando ai Paesi membri i compiti da svolgere e fissando quante e quali risorse ognuno di essi deve dedicare alla difesa propria e a quella collettiva. Difesa che, ovviamente, visto che il nemico è chiaro può anche prevedere l’attacco preventivo. 

sabato 21 dicembre 2024

Il funzionamento delle Assicurazioni sanitarie evidenzia la contraddizione insuperabile tra libero mercato e soddisfazione dei bisogni - Paolo Massucci

Da: https://futurasocieta.com - Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni. 



Il funzionamento delle assicurazioni sanitarie private evidenzia insuperabili contraddizioni tra libero mercato e soddisfazione dei bisogni: non compensano ma acuiscono le discriminazioni di classe sulle cure mediche e si avvantaggiano delle crescenti carenze del Ssn. 


Il recente omicidio negli Stati Uniti del CEO della United Healthcare ha riportato nel dibattito pubblico il tema delle Assicurazioni sanitarie. Le Assicurazioni sanitarie, compreso quelle di categoria contrattuale che si appoggiano sempre a grandi Compagnie private, sono in costante sviluppo anche in Italia, ma rappresentano la quintessenza dell'irrazionalità del mercato neoliberista. Esse costituiscono delle macchine altamente inefficienti, che dissipano risorse finanziarie, spartite tra i diversi attori economici capitalistici intermediari, creando, in ultima analisi, una disutilità sociale.

Il punto è questo: se si fabbricano ad esempio salami, al netto dei profitti assorbiti dai capitalisti, il cliente, nel godere del prodotto, nulla sottrae al capitalista. Anzi, pragmaticamente, più il salame è buono e meglio è per tutti. Non che non esistano contrapposizioni tra venditore e consumatore: tutti i metodi del marketing, dal design della confezione di un prodotto alla comunicazione pubblicitaria, hanno lo scopo di aumentare il desiderio del prodotto, facendo particolarmente leva su diversi livelli del subconscio, al fine di incrementare il valore di scambio del prodotto; i creatori pubblicitari insistono ormai da decenni che più che il prodotto fisico si vende un'emozione e infatti si parla di “immagine” del prodotto. E tutto quello che sta dietro la promozione del prodotto, l’industria pubblicitaria, costituisce una porzione significativa del suo costo che si scarica sul prezzo finale di acquisto. Ciò non rappresenta, in un certo senso, un costo irrazionale per la collettività, in termini di risorse, di lavoro umano, e via dicendo?

A tal proposito, un banale episodio che mi ha fatto riflettere è stato l'impiego da parte di una Società di catering in ambito di erogazione di servizio di mensa aziendale di bustine monoporzione di olio extravergine di oliva da 10 ml a disposizione degli utilizzatori del servizio, in sostituzione delle bottiglie dello stesso olio. Se si considera che, rispetto alla bottiglia di olio, la monoporzione ha un costo, a pari contenuto, maggiorato a seguito del processo di confezionamento, al materiale della bustina, allo scarto dovuto ad una certa percentuale di rotture delle bustine, nonché alla perdita di olio che rimane adeso alla bustina dopo l'utilizzo e al costo di smaltimento delle bustine, per non parlare dell'inquinamento da rifiuti, si comprende come la razionalità dell'economia capitalistica non coincida con quella complessiva.

venerdì 20 dicembre 2024

Sull’autostrada della seta: impressioni di un occidentale in Cina - Vincenzo Iaccarino

Da: https://contropiano.org - https://www.sinistrainrete.info - 


Quindici giorni a cospetto del Dragone. Quindici giorni attraverso il pianeta Cina. Una lunga marcia tra tradizione e contemporaneitá, tecnologia high-tech e quartieri popolari, musei e luoghi della Storia.

Osservando, riflettendo, dialogando dove possibile con i cittadini di quella Cina Popolare sul cui sistema politico, economico e sociale tanti sono i cliché che l’Occidente liberista e la sua stampa sono capaci di assommare, tra propaganda e ideologia.

E allora sgomberiano subito il campo dai luoghi comuni. A partire dalla rete e da internet.

Non esiste nessuna regia occulta o dittatura repressiva che vieta ai cinesi di usare Google o qualsivoglia social. Semplicemente loro non li usano.

Esistono decine di offerte per l’utilizzo di smartphone con la VPN. Già in aeroporto, ad esempio, vendono le Sim con le impostazioni per poter postare su instagram la tua vacanza. Tutti i cinesi potrebbero averne accesso. Alcuni hotel hanno persino la Wi-Fi “sbloccata”. Ma niente.

Sarà che i cinesi di FacebookInstagrame degli altri social non sanno che farsene; o forse sarà anche che i loro dati non vogliono regalarli a Google e Meta.

Oppure sarà che le loro app sono utili per fare qualsiasi cosa: dal chattare al fare pagamenti; dal prenotare un museo o vedere la programmazione dei cinema; fino a prendere metro e bus. Funzionando tutte in modo impeccabile, perfino per noi che non parliamo né leggiamo il cinese.

Sta di fatto che la rete non incontra lo stesso successo che riscuote nel nostro Occidente.

Il secondo mito da sfatare riguarda invece il cosiddetto controllo oppressivo, sia esso individuale o sociale – dalla circolazione e la mobilità interna al pericolo terrorismo, per intenderci – in merito al quale ci sono due elementi da considerare.

mercoledì 18 dicembre 2024

La famiglia tradizionale non esiste. La rivoluzione della famiglia nella DDR - Nicolò Monti

Da: https://www.facebook.com/nico12.666 - Nicolo Monti, classe 1991, già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI). 

Nella Repubblica Democratica Tedesca esisteva un’agenzia stampa che stampava opuscoli atti a raccontare nel dettaglio cos’era la DDR. Tutti gli opuscoli venivano scritti in più lingue e pubblicati in più paesi, soprattutto in Europa. In uno di questi, intitolato “La Vita nella DDR” c’è un intero capitolo dedicato al concetto di famiglia che vigeva nella Germania Socialista. Per ogni argomento si spiega quali leggi e diritti concorrono alla formazione e alla sicurezza delle famiglie tedesche. Nella prima pagina del capitolo la frase iniziale dice già molto: “La famiglia media non esiste”. Perché i comunisti sono “contro” la famiglia? No, sono contrari solo a quella borghese. Il libro continua infatti la frase con: “poiché ogni famiglia vive in maniera diversa dalle altre, in modo del tutto individuale, secondo la propria concezione della felicità e dell’armonia.

È importante partire dal presupposto che il femminismo rivoluzionario è parte fondamentale nella concezione di famiglia e di conseguenza anche nella sua strutturazione. Nella DDR la parificazione legale, cioè dinanzi alla legge, di uomini e donne non era il punto di arrivo del socialismo, bensì il presupposto per l’avvio di un percorso di emancipazione e decostruzione che comprendeva entrambi i sessi. Seguendo l’idea marxista per la quale cambiando le condizioni materiali si potrà cambiare la coscienza delle persone, nella DDR l’intervento dello stato era concentrato non nel decidere quale “modello” di famiglia imporre, ma nel garantire materialmente la più ampia libertà di scelta agli individui, fornendo a tutti una consolidata sicurezza sociale. Su queste premesse, se la DDR fosse sopravvissuta avremmo avuto anche i matrimoni omosessuali, come oggi li ha Cuba nel Codice delle Famiglie più avanzato del globo.

Il Codice della Famiglia della DDR del 1965 stabiliva i diritti e i doveri di donne, uomini e bambini come membri uguali della società, sia all'interno che all'esterno del matrimonio. Nel testo si legge che "entrambi i coniugi si assumano la loro parte nell'educazione e nella cura dei figli e nella gestione della casa" e che "le relazioni tra coniugi devono essere concepite in modo tale che le donne possano combinare le loro attività professionali e sociali con la maternità". Lo stato socialista era consapevole che la sola parità legale non avrebbe scalfito la disparità sociale tra uomo e donna, per questo le leggi sulla famiglia erano molto più incentrate sul favorire l’emancipazione della donna in un mondo dove il lavoro di cura nella famiglia tipica borghese era a carico delle sole donne. La DDR, anche se per realismo politico doveva avere un occhio di riguardo più per le “madri”, si prodigò affinché progressivamente i compiti interni ad una famiglia fossero condivisi e interconnessi per entrambi i sessi.

martedì 17 dicembre 2024

Le origini dell’imperialismo - Alessandra Ciattini

Da: https://ottolinatv.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it).

Vedi anche: LOSURDO ed il REVISIONISMO STORICO - Alessandra Ciattini e Gianmarco Pisa  

IL COLONIALISMO di ieri e di oggi. USA, RUSSIA, e CINA: quali sono realmente i PAESI IMPERIALISTI? - Alessandra Ciattini 

Leggi anche: L'imperialismo. Fase suprema del capitalismo*- Vladimir Lenin (1916)

La categoria di imperialismo è ancora attuale e quali sono i paesi imperialisti? - Domenico Moro 

Un dialogo sull’imperialismo: David Harvey e Utsa e Prabhat Patnaik. - Alessandro Visalli 





Torna Alessandra Ciattini in una serie a puntate per presentare le origini del fenomeno imperialista a partire dalla crisi del feudalesimo europeo: così iberici, francesi, olandesi e inglesi partirono alla conquista dei mari esportando la violenza endogena portando avanti un processo di occidentalizzazione del mondo.

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domenica 15 dicembre 2024

Alessandro Mazzone: Questioni di teoria dell’ideologia I - Roberto Fineschi

Da: http://marxdialecticalstudies.blogspot.comRoberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: RICORDO DI ALESSANDRO MAZZONE concetti hegeliani e materialismo storico - Roberto Fineschi, La Contrddizione

INTRODUZIONE

A distanza di 23 anni viene riproposta l’unica monografia pubbli­cata in vita da Alessandro Mazzone. Il titolo, Questioni di teoria dell’ideologia, è significativamente seguito da “I”1: una seconda parte, di cui a fine libro l’Autore stesso riporta la struttura, avrebbe dovuto far seguito. Nel suo percorso intellettuale il testo fa da spartiacque tra gli inizi dellavolpiani, lo studio di Gramsci e il pro­fondo ripensamento di temi hegeliani che, negli anni Settanta, aveva dato il suo primo corposo frutto nel complesso saggio sul feticismo del capitale2. Lo studio analitico della teoria marxiana del capitale3 - basato sulla pubblicazione della nuova edizione sto­rico critica delle sue opere4 -, l’approfondimento delle strutture lo­giche portanti della teoria hegeliana porteranno a una sospensione di giudizio che non si risolverà mai pienamente, lasciando in so­stanza allo stato di torso lo sviluppo di una teoria marxista dell’ideologia. Nella speranza di rintracciare nel lascito la seconda parte (che l’Autore dichiarava essere sostanzialmente pronta), per agevolare il lettore cerchiamo di ricostruire le linee portanti del suo ragionamento5.


Elaborando una “teoria dell’ideologia” Mazzone è forse uno degli autori che più seriamente ha ripreso l’impo­stazione gramsciana del problema del rapporto fra struttu­ra e sovrastruttura, indagando le modalità di riflessione in se stesso del corpus storico-materiale, quindi la possibilità di una azione storica razionale. Lasciando da parte le frasi fatte sulla generica fondazione strutturale della sovrastrut­tura, Mazzone cerca di ricostruire i processi di mediazione che, a partire dalle determinazioni formali della riproduzione sociale, permettono di sviluppare categorie “fenomeniche” che sa­ranno poi i soggetti agenti alla superficie della società; essi si for­meranno delle ideologie e degli orientamenti sulla base della loro prassi sociale. Ciò produce delle “parvenze oggettive”, vale a dire delle ideologie in senso forte: non mero inganno, ma strutture del­la percezione e dell’autopercezione che sono tali in quanto social­mente praticate da soggetti storicamente determinati.

sabato 14 dicembre 2024

Gli Usa a Kiev: “al fronte i 18enni”. Ma è boom di diserzioni - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. 

Pagine Esteri, 9 dicembre 2024In primavera, dopo mesi di polemiche e di tira e molla tra il governo e le gerarchie militari, il parlamento di Kiev ha approvato una legge che abbassa l’età minima per la mobilitazione a 25 anni e riduce i casi in cui è possibile, per i richiamati alle armi, evitare il fronte.

La misura non sembra però aver sortito gli effetti sperati, e i ranghi dell’esercito ucraino si assottigliano sempre più sull’onda delle perdite registrate ma anche dell’altissimo numero di richiamati che fuggono all’estero o si rendono irreperibili in patria e di soldati che disertano. Inoltre, anche se i comandi militari non divulgano dati esatti, secondo varie fonti l’età media degli ucraini che combattono o che lavorano nelle retrovie si aggirerebbe intorno ai 40 anni, parecchi in più delle truppe russe notevolmente più giovani oltre che più numerose e meglio equipaggiate. 

“Nato e USA: al fronte i 18enni”

Nelle ultime settimane gli sponsor occidentali dell’Ucraina sono quindi tornati ad operare pressioni su Zelenskyi e sul governo di Kiev affinché vari nuove misure per infondere nuova linfa allo sforzo bellico, per quanto difficili possano apparire.
«Ad esempio, molti di noi pensano che sia necessario coinvolgere i giovani nel conflitto. In questo momento, i 18-25enni non sono coinvolti», ha detto in un’intervista il segretario di Stato americano Antony Blinken.
Tra i vari funzionari occidentali che hanno espresso opinioni simili c’è anche il nuovo leader della NATO, Mark Rutte. «Dobbiamo assicurarci, ovviamente, che ci siano abbastanza persone disponibili in Ucraina per combattere. (…) Abbiamo bisogno di più persone da spostare in prima linea» ha detto il capo dell’Alleanza Atlantica. 

Volodymyr Zelenskiy e i suoi ministri hanno però già dichiarato di non avere in programma un ulteriore abbassamento dell’età di mobilitazione, che potrebbe rivelarsi una mossa molto impopolare presso un’opinione pubblica sempre più stanca di una guerra che vede l’esercito ucraino continuare a perdere territori (1600 kmq tra settembre e novembre). 

venerdì 13 dicembre 2024

Quale progresso nel capitalismo? Una amara riflessione... - Paolo Massucci

Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni. 

Leggi anche: Perché guardiamo passivi lo scempio - Pino Arlacchi 


Due brevi letture di due miei amici e compagni, mi hanno fatto  molto pensare, con angoscia. Parlo della bella e drammatica poesia di Aristide ("insieme a tutti gli altri" - Aristide Bellacicco) e  dell'interessante articolo di Alessandra su futurasocieta (La guerra in Ucraina deve continuare a tutti i costi - Alessandra Ciattini). 
Andrebbero meglio divulgati... 

Mi sembra, temo, che il capitalismo, nel corso dell'ultimo cinquantennio, abbia minato, ad oggi, le basi ideologiche e morali che rendono possibile la costruzione di una alternativa. Quest'ultima, qualunque possa essere la strada per perseguirla - superamento o abbattimento del sistema capitalistico - richiede una visione e dei valori in opposizione a quelli dominanti del pragmatismo individualista e della competizione tra individui in un gioco a somma zero (in realtà a somma negativa!). Richiede una prospettiva di lungo respiro, una visione collettiva dell'umanità mondiale. Richiede una morale di fratellanza e non di scontro tra interessi economici particolaristici, una collaborazione fiduciosa tra i popoli. Non l'ambizione a diventare dei piccoli Elon Musk, di raggiungere "il successo" a qualsiasi costo, di apparire dei "vincenti", né la rassegnazione ad essere dei "falliti", magari ammiratori dei "grandi", dei "fortunati", dei più "capaci" a valorizzare il "dio capitale". 

Al contrario, un cambiamento reale necessita di riconoscere l'ingiusta appropriazione di risorse appartenenti alla collettività da parte dei grandi ricchi capitalisti "vincenti", i quali, partendo da basi economiche disuguali, hanno sfruttato la scienza, la tecnica, la cultura ed il sapere umano, oltre che i lavoratori, per ottenere immensi profitti, sottratti alla collettività umana. 

Ora, se la cultura individualistica e competitiva ha permeato l'intera società, sarà difficile riconoscere i principi di giustizia sociale, i quali, insieme alla democrazia sostanziale (non quella attuale delle Corporate) e allo sviluppo umano, sono a fondamento di una società migliore, non capitalistica, come prospettata da una tradizione filosofica della quale Marx è il maggior rappresentante. 

Certamente occorre tornare alla teoria marxiana e alle sue successive interpretazioni da parte di eminenti pensatori e politici del '900, ma occorre anche qualcosa di più profondo, una morale interiore che possa anteporre i grandi ideali di giustizia sociale umana (a dispetto del postmodernismo) agli interessi personali particolari, a una visione di breve termine, di piccolo vantaggio individuale o alla chiusura verso l'esterno a difesa di sé stessi. 

Mi chiedo, pure con un certo sgomento ed imbarazzo, se sia stata in buona parte la religione cristiana, e forse cattolica in particolare (come forse altre religioni in altre aree del mondo), la principale istituzione politico-sociale traghettatrice nella storia umana di valori morali di giustizia e fratellanza, peraltro necessari alla costruzione di una società coesa, rivoluzionaria o riformatrice che sia, in senso socialista e comunista. 

Al venir meno della religione, non sono evaporati con essa quegli stessi valori morali ? 

Forse Pasolini, quello della maturità che denuncia tragicamente la decadenza, la deidealizzazione di quella stessa plebe che in precedenza aveva esaltato, non aveva colto in anticipo il cuore tragico della questione nella fine dei valori morali di fratellanza e l'adesione ai nuovi valori del consumismo capitalistico? 

Ma se questo è vero, occorrerebbe, penso, una ricostruzione di questi stessi valori, altrimenti sarà la fine: la guerra, infatti, con i mezzi catastrofici oggi disponibili, sarà il destino, direi ineluttabile, di un mondo capitalistico, intrinsecamente basato sulla competizione. È opportuno, a tal proposito, ricordare il bel libro di Gunther Anders del 1956, "L'uomo è antiquato", tuttora più che mai attuale, secondo cui l'uomo non sta progredendo culturalmente ad un livello adeguato a gestire la tecnica, da lui creata, a proprio beneficio, rischiando così, al contrario di esserne fisicamente annientato. 

Pensare d'altra parte che, senza mettere in discussione il sistema capitalistico, gli Stati si possano organizzare ed accordare per affrontare realmente l'incombente disastro ecologico ed umano, è semplicemente puerile, in quanto richiederebbe di mettere da parte proprio la logica del profitto e degli interessi di parte caratteristici della stessa ideologia capitalistica. 

Purtroppo, come ci mostra la storia recente ed attuale, il "progresso umano" cui assistiamo, in un mondo in cui al capitalismo non si oppongono sistemi antagonisti, a dispetto dei suoi apologeti non porta benefici all'intera società, ma vantaggi per pochi e disatri per gli altri.
Avremo il tempo perché possa essere compreso il processo storico in atto e ricostruito un mondo nuovo ?
Non ce n'è più molto ...

giovedì 12 dicembre 2024

Lucio Colletti: marxismo dell’alienazione contra marxismo dell’astrazione - Roberto Finelli

Da: https://www.dialetticaefilosofia.it - Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org)

Leggi anche: L’età delle catastrofi – Roberto Finelli 


§1. Scienza contro dialettica 

È all’indistinzione tra marxismo della alienazione-contraddizione e marxismo dell’astrazione che si lega a mio avviso la rapida parabola del marxismo filosofico in Italia nella seconda metà del ‘ 900. 

Con tale denominazione s’intende infatti quel marxismo che, caratterizzato soprattutto dai nomi di G. della Volpe, L. Colletti, M. Rossi e N. Merker, ha provato nella seconda metà del Novecento, dopo l’impresa di Labriola alla fine del secolo precedente, a far valere il marxismo, non solo come teoria politica dell’emancipazione e della rivoluzione, ma, insieme e soprattutto, come scienza del presente storico e sociale, dotata di una sua autonoma e autosufficiente fondazione logica e teoretica. Ovvero propriamente quale scienza della storia, lontana dalle fumoserie e dai misticismi della dialettica, e omologa, quanto a metodo conoscitivo, a quello delle scienze esatte della natura. E valida in tal modo a proporsi come filosofia egemone del nostro tempo, in quanto capace di coprire sia il campo e la legittimazione del conoscere che il campo e la legittimazione dell’agire. 

Secondo Della Volpe e i suoi allievi, Marx andava infatti letto come il Galileo delle scienze storiche, come uno scienziato cioè che aveva indagato solo la fattualità concreta ed empirica dell’esperienza sociale e che aveva elaborato, fin dal suo scritto giovanile del 1843 Per la critica della filosofia statuale hegeliana, una logica materialistica della conoscenza storica radicalmente critica della logica speculativa e astratta del sistema di Hegel1 . Cuore di tale logica, innovativa sul piano delle scienze storiche e sociali, di contro all’astrazione teologica e ipostatizzata dell’Idea hegeliana, era la categoria di «astrazione determinata», consistente nella capacità di utilizzare gli universali, cioè le generalizzazioni dei concetti, non per svuotare di senso il concreto, il particolare – come sarebbe accaduto invece con lo spiritualismo hegeliano – bensì proprio per illuminarne la specificità di realtà e di significato che ne fanno, ogni volta, un esistente determinato e diverso da tutti gli altri. 

Rifacendosi all’Introduzione del ’57 – in cui Marx, quanto al rapporto tra concetti generali dell’agire umano e loro specificazione storica, aveva scritto che anche le categorie più astratte, sebbene siano valide proprio a causa della loro astrazione per tutte le epoche, pure in ciò che vi è di propriamente determinato in tale astrazione generalizzante, risultano essere il prodotto di condizioni storiche temporalmente definite e delimitate, procurandosi piena validità soltanto per e all’interno di tali condizioni – Della Volpe identificava nell’astrazione determinata la sintesi di generico e di concreto, ossia la compenetrazione di ciò che è comune ad altre epoche con le caratteristiche peculiari che connotano la fattualità della società specifica, di volta in volta oggetto dell’indagine. La logica del conoscere storico propria di Marx era infatti da concepire come il circolo che dal concreto va all’astratto per tornare di lì al concreto, come una logica cioè tautoeterologica che riprendeva del tutto lo sperimentalismo delle scienze naturali, e per la quale i fatti molteplici ed empirici andavano sintetizzati e ricondotti a leggi attraverso ipotesi generalizzanti: le astrazioni appunto, che fissano verità generali la cui pregnanza di realtà deve essere provata attraverso il ritorno sull’esperienza concreta delle azioni umane e la spiegazione esaustiva dei fatti iniziali. Di contro alla dialettica hegeliana e platonica, parimenti mosse, in tale visione, dalle Idee astratte e lontane dalla materialità, Marx, teorizzando la «logica specifica dell’oggetto specifico», avrebbe esteso alla storia la compenetrazione tra individuale e universale, tra concreto e astratto, che aveva costituito la svolta dell’antiplatonismo da parte del realismo aristotelico, nel mondo antico, e della scienza della natura nel mondo moderno con Galilei. 

mercoledì 11 dicembre 2024

Enzo Traverso e Gaza davanti alla Storia - Edoardo Todaro

Da: https://www.perunaltracitta.org - Edoardo Todaro Collabora con "PerUn" e altre riviste. Svolge la propria militanza tra realtà autogestite (CPA) e sindacali (delegato RSU Cobas presso Poste spa).

Leggi anche: Samah Jabr: "Il tempo del genocidio" - Edoardo Todaro 

Enzo Traverso, Gaza davanti alla Storia, Laterza, 2024, pp 104, 12 euro 

Alcune domande, retoriche sicuramente, ci introducono ad affrontare il genocidio in corso in Palestina: “La distruzione di Gaza è una conseguenza del 7 ottobre o l’epilogo o ….? I palestinesi hanno il diritto a resistere all’occupazione? Genocidio è antisemitismo?”

Rispondere a questi interrogativi è molto importante. Enzo Traverso ci pone di fronte a qualcosa con cui, fino ad oggi, non avevamo fatto i conti: nel 2024 siamo di fronte ad un vero e proprio genocidio. In quanto storico, Traverso non può sottrarsi dall’affrontare il senso dell’uso pubblico del passato rifacendosi a quanto è avvenuto decenni fa. Quante similitudini tra il passato e l’oggi. La Germania del 1945, il monopolio del potere, della morale, della forza; il silenzio complice e colpevole. Parlando dell’oggi: aggressori, carnefici e vittime, certo cambiano i contesti storici ma siamo sempre nell’uso distorto, nell’abuso, di quanto accade.

Ma allora proviamo a rispondere alle domande iniziali con altre domande: cominciamo ponendo la questione sul ruolo della vittima: Israele lo è? E di conseguenza Hamas ha il ruolo di esecutore? A Gaza è in corso una autodifesa, legittima? Il cosiddetto “fondamentalismo islamico” è una minaccia per l’occidente come fu interpretato il comunismo nel secolo scorso?

Traverso nel suo scritto ci pone di fronte a qualcosa che non è geopolitica, è coniugare teoria e prassi: il 7 ottobre è l’origine? E di cosa? E allora, proviamo a rispondere dopo aver letto Gaza davanti alla storia: il 7 ottobre non è stata un improvvisa esplosione di odio riposto nei meandri della memoria, ma è una tragedia preparata, gestita da chi oggi vuol passare come vittima. A Gaza esiste una segregazione totale, “la culla del male” Gaza è ciò che scaturisce dall’oppressione. Traverso ci descrive ciò di cui ormai, giorno dopo giorno, tutti stiamo prendendo coscienza: il genocidio che viene compiuto in Palestina non è un crimine di guerra;, un antisemitismo ad uso e consumo di una memoria ripiegata su se stessa; non ci sono due eserciti che si fronteggiano, ma esecutori e vittime, c’è una distruzione a senso unico con l’ obiettivo dell’offensiva israeliana attraverso i danni collaterali: migliaia di palestinesi uccisi. Israele ignora, volutamente, con la complicità delle “democrazie” occidentali le ordinanze internazionali. Traverso ci porta ad affrontare un tema importante: l’uso del linguaggio come strumento di guerra, con i suoi stereotipi: Israele, in missione civilizzatrice, = democrazia; Hamas = belva assetata di sangue. Per non parlare del binomio civiltà e barbarie, progresso ed arretratezza, illuminismo ed oscurantismo. Israele, l’unica democrazia del Medio Oriente, che in quanto tale, ha il diritto alla difesa. E quindi, se tutto è pianificato strumentalmente dalla potenza militare di Israele, a partire dalla distruzione delle strutture fino alla negazione del cibo e delle medicine, e nulla accade per caso, i palestinesi hanno o non hanno il diritto a resistere verso un’occupazione ultra decennale?

Di fronte a tutto questo, non siamo a rapportarci con la Storia, no siamo di fronte alla propaganda di chi si ritiene vincitore, alle cosiddette fake news, alle notizie false: donne incinte sventrate, bambini decapitati ….. E perché no, alle misure di sicurezza, alle punizioni collettive, agli assassinii mirati, al ripulire dal cancro arabo. Leggere Gaza davanti alla storia può farci fare un passo avanti nel conoscere, e quindi capire, quanto accade in Palestina, e renderci partecipi della solidarietà.

martedì 10 dicembre 2024

Jugoslavia: Rimozione Geopolitica e Processo di Smembramento. Tensioni e Lezioni per il Presente - Andrea Martocchia

Da: Tracce Di ClasseAndrea Martocchia segretario dello JUGOCORD [Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia]. 

In questo ciclo di trasmissioni, insieme ad Andrea Martocchia, segretario dello JUGOCORD [Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia] andremo ad analizzare una parte fondamentale della storia recente europea: la storia recente e le tensioni che hanno attraversato l’area jugoslava, un’area cruciale per comprendere le dinamiche geopolitiche del nostro presente. 
Il 29 novembre è una data simbolica: giorno della nascita della Federazione Jugoslava, oggi rappresenta il ricordo di un sogno infranto. Un sogno di unità e cooperazione che è stato brutalmente smembrato negli anni ’90. 

In questa prima puntata, esploreremo il contesto storico e le implicazioni geopolitiche della disintegrazione jugoslava, partendo dalla "questione serba" e dalla sua complessità: una popolazione definita i "palestinesi d’Europa" per il suo ruolo geopolitico e la sua frammentazione territoriale. 
Analizzeremo le tensioni che attraversano il Sangiaccato, la Vojvodina, e i Serbi nel Kosovo, Montenegro, Bosnia e Croazia. Non solo un quadro storico, ma una riflessione sulla narrazione dominante e sull'importanza di riconsiderare criticamente quanto accaduto. 
La Jugoslavia non è solo una vicenda del passato: le sue ferite sono ancora aperte e i parallelismi con la situazione internazionale di oggi, come la situazione della Russia, sono più che mai attuali. 

Iniziamo questo viaggio per comprendere meglio un’area che resta centrale per il futuro dell’Europa e del mondo. (Tracce Di Classe)