domenica 25 febbraio 2024

Engels e l'antropologia delle religioni - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Approfondimenti teorici (Unigramsci)Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma 


Engels ha dato un contributo significativo alla riflessione sulla relazione tra situazione sociale e concezioni religiose.

In un libro molto interessante dedicato alla riflessione sulla religione Brian Morris [1990: 44] individua nel pensiero di Marx e di Engels due prospettive diverse, a suo parere, contraddittorie. La prima costituisce una sorta di antropologia filosofica e può essere riscontrata nell'Ideologia tedesca e nel capitolo sul feticismo delle merci nel Capitale. Secondo Morris tale prospettiva, fondata su nozioni di origine hegeliana come reificazione, obiettivazione, alienazione, è generica e astratta. Accanto a questo tipo di analisi Marx, ma anche Engels portarono avanti ricerche di tutt'altro segno, in particolare indagini storiche specifiche volte ad illustrare concretamente il rapporto fra certe determinate forme di ideologia religiosa e le condizioni materiali, in senso marxiano, in cui esse si sono sviluppate.

Per la sua impostazione empiristica Morris dà senz'altro la preferenza a questo ultimo tipo di analisi. Probabilmente è opportuno, tuttavia, rivedere tutta la questione, cercando di chiarire sia pure nello spazio di un breve scritto, se le cose stanno effettivamente in questi termini e se possibile delineare un contributo originale di Engels alla problematica antropologico-religiosa, così come si è delineata almeno dalla seconda metà del 700.

Comincio dalla prospettiva storico-sociologica, perché il problema è certamente più semplice. Esempi illuminanti ed interessanti di questo modo di procedere li troviamo nella Guerra dei contadini in Germania (1850) e nelle riflessioni sulla storia del cristianesimo. In questi scritti Engels prende in considerazione la relazione tra un certo sistema di credenze e di pratiche religiose e un determinato gruppo sociale, per mostrare come il primo sia strettamente connesso alle condizioni storico sociali del secondo.

Nel primo scritto egli osserva che in Germania all'epoca della riforma si contrapponevano tre blocchi politico-sociali: 1) il campo cattolico conservatore, nel quale si riunivano i difensori dell'ordine esistente, ossia “…il potere imperiale, i principi ecclesiastici, una parte dei principi laici, la nobiltà più ricca, i prelati e il patriziato cittadino”; 2) il campo della riforma luterana borghese moderata, che comprendeva piccola nobiltà, borghesia e parte dei principi laici; 3) infine i contadini e i plebei, che si richiamavano alle concezioni religiose egualitarie e comunistiche di Thomas Münzer [Marx ed Engels 1969: 80].

venerdì 23 febbraio 2024

La Filosofia di Lenin. Da "Materialismo ed empiriocriticismo" ai "Quaderni filosofici" -

Da: MarxVentuno Edizioni - Galofaro Francesco è professore associato all’Università IULM di Milano. - 
Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts.  È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken.

                                                                         

mercoledì 21 febbraio 2024

La guerra mondiale e l’Europa - Alessandra Ciattini e Ascanio Bernardeschi

Da: https://giuliochinappi.wordpress.com - https://futurasocieta.com/ - 

Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. - Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa), La Città futura e Futura Società [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)]. 

Le varie parti della “guerra mondiale a pezzi” hanno una logica comune e l’Europa, contro i propri stessi interessi, tollera questa logica. I comunisti devono invece appoggiare lo sforzo dei popoli che vogliono liberarsi dalla violenta supremazia occidentale.

Se alcuni mesi fa papa Bergoglio aveva parlato, con riferimento ai troppi conflitti in corso, di “guerra mondiale a pezzi”, ci pare che questi pezzi si stiano pericolosamente fondendo nell’ambito di un orientamento sistemico alla guerra da parte delle maggiori potenze occidentali e della Nato.

Il motivo fondamentale è che stanno crollando i vecchi equilibri di fronte all’emergere impetuoso di nuovi protagonisti, fino a poco tempo fa dominati dalla violenza, più che dall’egemonia, del cartello di nazioni “evolute” dominato dagli Usa.

È proprio la potenza americana che, nel disperato tentativo di salvaguardare il suo predominio – e il predominio della propria valuta che le consente di vivere ben al di sopra delle proprie capacità produttive –, ha scelto il terreno militare dello scontro, consapevole che su quello economico la sua supremazia sta vacillando. La logica della maggior parte delle guerre in atto si può spiegare solo tenendo presente questa premessa.

martedì 20 febbraio 2024

“A Gaza l’imperatore è nudo, la sua malevolenza è chiara. Chi tace è complice” - Maria Tavernini e Alessandro Di Rienzo

Da: https://altreconomia.it - Maria Tavernini è una giornalista indipendente che vive e lavora a New Delhi dal 2013. Collabora con Altreconomia, Q Code Magazine, Al Jazeera e Narratively, tra gli altri, occupandosi di tematiche sociali, diritti umani e questioni di genere. - Alessandro Di Rienzo collabora con Altreconomia. 


La scrittrice palestinese Susan Abulhawa, autrice di “Ogni mattina a Jenin”, richiama ciascuno alle proprie responsabilità di fronte a una “disumanità da mozzare il fiato”, trasmessa in “live streaming”. Prendere posizione in una prospettiva decolonizzante è più che mai necessario. Per porre fine all’occupazione israeliana e alla carneficina. 

Susan Abulhawa è una scrittrice palestinese-americana nata in Kuwait da genitori resi profughi dalla Guerra dei sei giorni. Da bambina ha vissuto in un orfanotrofio di Gerusalemme prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove vive tutt’oggi. Attivista per i diritti umani, è saggista, scrittrice, poetessa oltre che fondatrice di un’organizzazione non governativa, Playgrounds for Palestine, che costruisce parchi giochi in Palestina e nei campi profughi in Libano. È inoltre coinvolta nella campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (Bds) ed è relatrice per Al Awda, la coalizione per il diritto al ritorno.

Il suo primo romanzo, “Ogni mattina a Jenin” (Feltrinelli, 2006), è stato tradotto in 32 lingue e ha venduto più di un milione di copie rendendo Abulhawa l’autrice palestinese più letta di sempre. Quel romanzo è riuscito a colmare il vuoto, lamentato da Edward Said, di un’opera letteraria capace di rappresentare -soprattutto su un pubblico occidentale- la tragedia sofferta da diverse generazioni di palestinesi a partire dal 1948, anno della costituzione di Israele, a oggi. Per Abulhawa il romanzo rappresenta un potente mezzo di decolonizzazione e su questa direttrice interpreta la motivazione di autori come James Baldwin e Tina Morrison sull’immaginario della tradizione letteraria araba di autori come Ghassan Kanafani e Elias Khoury.

Da attivista, nel corso degli anni, sempre in chiave decolonizzante, ha esortato i palestinesi a ricambiare la solidarietà ricevuta sottraendosi a una dialettica esclusivamente euro-anglocentrica, ritenendo le lotte indigene e per la giustizia sociale più forti e autorevoli se condotte insieme, in quanto la liberazione si raggiunge in modo più completo quando si è impegnati in quella degli altri. L’impegno del Sudafrica, che ha intentato la causa per genocidio contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia al di fuori di alleanze meramente geopolitiche, sembra darle pienamente ragione.

Abbiamo intervistato Susan Abulhawa dopo quattro mesi di guerra, mentre il governo israeliano di Benjamin Netanyahu respingeva la proposta avanzata da Hamas di 135 giorni di tregua con scambio reciproco di prigionieri in vista di un accordo per porre fine alla guerra. Hamas aveva anche chiesto che durante la tregua l’esercito israeliano si ritirasse completamente dalla Striscia di Gaza, proposta giudicata inaccettabile dall’esecutivo di Tel Aviv. Nello stesso giorno il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha lasciato il Medio Oriente spiegando alla stampa che Israele non ha “la licenza per disumanizzare gli altri”. Dal 7 ottobre le vittime palestinesi sono oltre 28.400 e 60mila i feriti. 

domenica 18 febbraio 2024

Le radici valutarie del conflitto in Ucraina - Francesco Schettino

Da: https://www.lantidiplomatico.it - in origine su: https://journals.uniurb.it/index.php/materialismostorico - Francesco Schettino (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli) è un economista italiano.

Leggi anche: Le caratteristiche economiche della questione palestinese - Francesco Schettino 


1. L’ultima grande crisi e la conflittualità valutaria

Anche il più grande sostenitore delle logiche dell’attuale modo di produzione, se mosso da onestà, non potrebbe negare che da almeno 25 anni il capitale mondiale, nella sua interezza, versa in uno stato di difficoltà, come mostrato dalla Figura 1, seguendo una tendenza ribassista già emersa almeno dalla fine degli anni sessanta, come avremo modo di spiegare più avanti. 

Figura 1 – Tasso di crescita del Pil pro-capite – dato mondiale (1961-2021) – Dollari Usa 2015 costanti. Fonte: World Bank national accounts data, and OECD National Accounts data files.

Il denominatore comune di questa tendenza di medio-lungo periodo può essere individuato nell’eccesso patologico di sovrapproduzione1 che impedisce a tutto il valore prodotto di essere collocato adeguatamente o, in altre parole al plusvalore complessivo di tradursi in profitto a causa della limitatezza del mercato mondiale e della domanda pagante in grado di assorbire tale sistematico eccesso. In questo capitolo tenteremo di focalizzare il nostro campo di indagine sulle evoluzioni del ritmo di accumulazione delle ultime due decadi, ossia a partire dal biennio 2007/2008, periodo ricordato da molti come quello della “crisi finanziaria”. Già l’adozione diffusa di questa limitativa definizione, ormai ampiamente acquisita e sussunta, descrive adeguatamente la natura e l’entità del tentativo di nascondere le vere peculiarità della crisi emersa nel 2008 come epifenomeno di un problema che, come abbiamo già iniziato a vedere è più antico ed endemico al sistema. Del resto, quello di coniare appellativi, talvolta creativi, non è una novità degli ultimi anni. Almeno dal secondo dopoguerra, la classe dominante, assieme ai propri organi di diffusione di massa, ha impiegato molte risorse per negare la specificità principale della crisi – ossia quella di immanente – attribuendogli periodicamente una etichetta in grado di deviare l’attenzione su capri espiatori creati per l’occasione, facendo anche leva su ricostruzioni apparentemente verosimili. Quando la crisi, nella sua fenomenicità emerse violentemente negli anni settanta, fu ricondotta alla crescita dei prezzi dei prodotti petroliferi, mentre il riferimento all’annullamento unilaterale degli accordi di Bretton Woods da parte della nazione fino ad allora egemone (gli Usa) come inevitabile conseguenza degli scricchiolii emersi nel decennio precedente, viene ancora oggi espunto da ogni tipo di discussione “ufficiale” che metta in connessione i fenomeni. E così via negli anni novanta prima con la crisi “delle tigri asiatiche”, poi quella “della new economy”, a fine periodo; poi nel nuovo millennio la crisi “del terrorismo islamico”, alimentata da guerre giustificate da finte provette di armi di distruzione di massa, “quella finanziaria”, quella “della Covid19”, quella della guerra UcrainaRussia e chissà quante altre ancora. Nonostante la consecutività temporale sempre più ravvicinata, la cui evidenza di per sé dovrebbe raccontare una chiara continuità, smascherando la strategia di ricerca dei colpevoli di turno, una lettura complessiva delle crisi è ampiamente negata. Per questa ragione, ci sembra opportuno qualificare innanzitutto la crisi che viviamo come crisi da sovrapproduzione e come denominatore comune dello sviluppo capitalistico globale degli ultimi decenni. Il fenomeno della crisi non è qualcosa di momentaneo o ascrivibile a una o più cause: l’eccesso di sovrapproduzione è difatti sistematico, endemico al modo di produzione del capitale e può assumere molte forme distinte a dispetto della comune radice sostanziale. Che i ritmi di accumulazione si siano assottigliati, questione a cui riesce a porre argine solo la straordinaria esperienza cinese con i suoi tassi di crescita, è cosa ormai visibile e difficile da negare. La Figura 2 mostra chiaramente come almeno dagli anni novanta i ritmi di crescita siano difformi e che, in particolare, il ritmo di accumulazione mondiale è sempre più prossimo allo zero.

venerdì 16 febbraio 2024

La giungla contro il giardino. A proposito di “La guerra capitalista” - Giorgio Gattei

Da: contropiano.org - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 

Leggi anche: Pane e tulipani, ovvero così non parlò Piero Sraffa. Cronache marXZiane n. 8 - Giorgio Gattei


1) Mi sembra doveroso partire dalla preoccupata constatazione di Papa Bergoglio, espressa il 10.3.2023 in occasione del decimo anniversario del suo pontificato, che «in poco più di cent’anni ci sono state tre guerre mondali: 1914-1918, 1939-1945, e la nostra; che è anch’essa una guerra mondiale. È cominciata a pezzetti ma adesso nessuno può dire che non è mondiale. Le grandi potenze vi sono tutte invischiate. Il campo di battaglia è l’Ucraina, ma lì lottano tutti».

E bravo il nostro Papa nel riconoscere che la guerra russo-ucraina non è affatto “locale”, come quelle precedenti in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria o Libia, bensì planetaria!

Però bisognerebbe sforzarsi di indicare anche in maniera esplicita quali sono le effettive parti in lotta, che solo superficialmente sono la Russia e l’Ucraina. Infatti, tutti sappiamo che dietro l’Ucraina c’è la NATO a guida americana con l’Unione Europea al traino e che la Russia di Putin, nell’immaginario occidentale, altro non è se non la prosecuzione di quella Unione Sovietica che aveva dato del filo da torcere agli Stati Uniti lungo tutto il periodo della c.d. “guerra fredda”.

Per questo il conflitto in corso è “mondiale”, potendosi anche considerare come quel “finale caldo di partita” che finora era stato scansato per la minaccia di Mutua Distruzione Atomica Assicurata, ma che adesso potrebbe anche non essere più evitabile.

Proprio questo gli Stati Uniti ci vanno dentro con mano leggera senza inviare “scarponi sul terreno” (come hanno fatto in Vietnam, Afghanistan e Iraq) e senza applicare la “no fly zone” (come nel caso della Serbia e della Libia) per il pericolo che Putin finisca per utilizzare (come ha minacciato), se aggredito sul territorio nazionale, anche armi atomiche “tattiche”, dove però non si sa bene dove il “tattico” finisca.

Così Biden, che ha riportato a casa i soldati americani dall’Afghanistan, non sembra avere nessuna voglia di passare alla storia come il presidente che ha fatto entrare gli USA nella Terza guerra mondiale, ben consapevole (come ha detto in televisione il 10 febbraio 2022) che «se russi e americani iniziano a spararsi addosso, quella è una guerra mondiale» (cit. in “Limes“, 2022, n. 2).

martedì 13 febbraio 2024

STORICA INTERVISTA A VLADIMIR PUTIN - TUCKER CARLSON

Da: Visione TV - Tucker Carlson è un giornalista, personaggio televisivo e scrittore statunitense, ex conduttore della trasmissione Tucker Carlson Tonight prodotta e trasmessa da Fox News Channel. 
Versione in lingua originale: https://youtu.be/hYfByTcY49k?feature=shared 

                                                                           

sabato 10 febbraio 2024

Silenzio per Gaza - Mahamud Darwish

Da “Diario di ordinaria tristezza”, 1973 - Mahmud Darwish è nato a al-Birweh, nell’alta Galilea, nel 1941 ed è morto a Houston nel 2008. Considerato uno dei più grandi poeti arabi contemporanei ha ottenuto, nel corso della sua vita, prestigiosi riconoscimenti internazionali. Le sue opere in versi sono state pubblicate in tutto il mondo. La sua figura in Medio Oriente è ancora popolarissima.


   Si è legata l’esplosivo alla cintura e si è fatta esplodere. Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.

   È il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere. 

   Da quattro anni, la carne di Gaza schizza schegge di granate in ogni direzione. 

   Non si tratta di magia, non si tratta di prodigio. 

   È l’arma con cui Gaza difende il diritto a restare e snerva il nemico. 

   Da quattro anni, il nemico esulta per aver coronato i propri sogni, sedotto dal flirtare con il tempo, eccetto a Gaza. Perché Gaza è lontana dai suoi cari e attaccata ai suoi nemici, perché Gaza è un’isola. Ogni volta che esplode, e non smette mai di farlo, sfregia il volto del nemico, spezza i suoi sogni e ne interrompe l’idillio con il tempo. Perché il tempo a Gaza è un’altra cosa, perché il tempo a Gaza non è un elemento naturale. Non spinge la gente alla fredda contemplazione, ma piuttosto a esplodere e a cozzare contro la realtà. Il tempo laggiù non porta i bambini dal’infanzia immediatamente alla vecchiaia, ma li rende uomini al primo incontro con il nemico. Il tempo a Gaza non è relax, ma un assalto di calura cocente. Perché i valori a Gaza sono diversi, completamente diversi. L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante. Questa è l’unica competizione in corso laggiù. E Gaza è dedita all’esercizio di questo insigne e crudele valore che non ha imparato dai libri o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare spiegate della propaganda o dalle canzoni patriottiche. L’ha imparato soltanto dall’esperienza e dal duro lavoro che non è svolto in funzione della pubblicità e del ritorno di immagine. 

   Gaza non si vanta delle sue armi, né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio. Lei offre la sua pellaccia dura, agisce di spontanea volontà e versa il suo sangue. 

   Gaza non è un fine oratore, non ha gola. È la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il dolore, le fiamme. 

   Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue. 

   Per questo, gli amici e i suoi cari la amano con un pudore che sfiora quasi la gelosia e talvolta la paura, perché Gaza è barbara lezione e luminoso esempio sia per i nemici che per gli amici.

   Gaza non è la città più bella. 

   Il suo litorale non è più blu di quello di altre città arabe.

   Le sue arance non sono le migliori del bacino del Mediterraneo.

mercoledì 7 febbraio 2024

VALERIO, I NAR E LA CONTROINFORMAZIONE - Alfredo Facchini

Da: https://www.facebook.com/alfredo.facchini - Afredo-Facchini Giornalista e scrittore, è nato a Roma nel 1960. Tra le sue pubblicazioni, l’inchiesta 11 settembre, il giorno che cambiò la storia (2007); RADISOL Il sogno della rivoluzione nell'Italia del 1978 (romanzo). Nei cosiddetti “anni di piombo” ha militato nel campo dell’estrema sinistra. 


Verso il 22 febbraio 

Lo hanno chiamato il “triangolo dell’odio”. Tra la fine degli Anni '70 e '80, tre quartieri romani, Trieste-Salario, Talenti e Montesacro hanno fatto da scenario ad uno scontro virulento senza precedenti. Tra il '76 e l'83 sono dieci gli omicidi di matrice politica consumati in questo quadrante della capitale. 

Muoiono: Vittorio Occorsio, magistrato che istruisce il processo contro Ordine Nero, assassinato da Pierluigi Concutelli 1976; Stefano Cecchetti, studente ucciso per errore 1979; Francesco Cecchin, militante del Fronte della Gioventù 1979; Antonio Leandri, lavoratore ucciso per errore dai NAR 1979; Valerio Verbano militante nell’Area di Autonomia Operaia ucciso dai NAR 1980; Angelo Mancia, segretario della sezione Talenti del MSI, il delitto viene rivendicato dai Compagni organizzati in volante rossa 1980; Franco Evangelista, detto Serpico, poliziotto ucciso dai NAR 1980; Mario Amato, magistrato che indaga sull’eversione nera colpito dai NAR 1980; Luca Perucci, militante di Terza Posizione ritenuto dai NAR un delatore 1981; Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù 1983. 

<<In una geografia della violenza che si contende il controllo di marciapiedi, bar, angoli di strada e ha come linee di confine tra "neri" e "rossi", il fiume Aniene e il ponte delle Valli. Che risponde alla logica draconiana del "colpo su colpo", per usare la definizione utilizzata nelle corti d'assise che giudicheranno a metà anni '80 quei fatti di sangue. Secondo la quale, la morte di un "compagno" va lavata con il sangue di un "camerata" e viceversa>>. (1) 

A sparare è soprattutto il gruppo di fuoco dei Nar. Valerio, Valerio Verbano sa chi sono. Conosce il loro modus operandi. Annota scrupolosamente i nomi dei fascisti che gravitano nella galassia nera che si muove intorno ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Mette insieme una documentazione di controinformazione che non passerà inosservata. 

I NAR muovono i primi passi a Roma nel 1977. Nascono da una costola del MSI che non digerisce le gerarchie del partito di Giorgio Almirante. Sono visceralmente anticomunisti. Il primo nucleo è composto da Valerio Fioravanti, 18 anni, da suo fratello minore Cristiano e da Alessandro Alibrandi, figlio del giudice istruttore del tribunale di Roma, Antonio Alibrandi, entrambi sedicenni, e da Franco Anselmi, 21 anni, il più vecchio dei tre. 

A compiere il primo omicidio sono i due minorenni del gruppo, Cristiano Fioravanti, e Alessandro Alibrandi. L’omicidio è quello di Walter Rossi. Ma Cristiano Fioravanti, da collaboratore di Giustizia, farà ricadere la colpa su Alibrandi, nel frattempo deceduto nel 1981 in uno scontro a fuoco con la polizia. 

La prima azione rivendicata ufficialmente con la sigla NAR è 4 gennaio 1978: un commando armato di 5 persone entra nella redazione romana del Corriere della Sera, lanciando tre molotov, una delle quali colpisce il portiere dell’edificio, ustionandolo gravemente. 

La data spartiacque è il 7 gennaio del 1978. I fatti di Acca Larentia. Un commando spara e uccide 2 missini davanti a una sezione dell’MSI del quartiere Tuscolano. Un terzo missino, muore lo stesso giorno negli scontri con le forze dell’ordine. 

<<Per obbedire all’ordinanza: il sangue si smacchia con altro sangue. Nella convinzione che la vendetta è la più certa tra le forme di giustizia possibili>>, (2) il 28 febbraio il revolver di Giusva Fioravanti uccide Roberto Scialabba. 

Il mese dopo saccheggiano la più grande armeria di Roma, dei fratelli Centofanti a Monteverde. Durante la fuga Franco Anselmi è raggiunto alla schiena da un proiettile sparato dal proprietario e muore sul colpo. 9 gennaio 1979 l’attacco più vile. Contro 5 donne ai microfoni di Radio Città Futura. Le feriscono a colpi di mitra. 

Si esaltano nell’azione. Detestano il dibattito. A conferma della loro pochezza teorica-politica i NAR non produrranno mai documenti scritti che non siano volantini di rivendicazione. E’ una escalation. In quattro anni i NAR sono ritenuti responsabili di 33 omicidi. Senza contare la Strage di Bologna. Poi gli arresti. I regolamenti di conti. 

martedì 6 febbraio 2024

La dialettica di Hegel NON È tesi-antitesi-sintesi - Lucio Cortella

Da: Lucio CORTELLA - Lucio Cortella è attualmente Professore ordinario di Storia della Filosofia presso il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali dell'Università Ca' Foscari di Venezia. (https://www.unive.it/data/persone/5591041/curriculum



Che cos'è la dialettica di Hegel? Come funziona? Dov'è il luogo fondamentale in cui Hegel ne parla? Perché si è diffusa la concezione (falsa) che la dialettica hegeliana sia tesi-antitesi-sintesi? Che ruolo ha la contraddizione? L'unità degli opposti elimina la contraddizione?

                                                                         

domenica 4 febbraio 2024

Luciano Canfora: Sovranità limitata

Da: transformitalia - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast

                                                                         

venerdì 2 febbraio 2024

La teoria del valore di Karl Marx per comprendere il funzionamento del capitalismo oggi. Intervista a Guglielmo Carchedi e Michael Roberts - Gianni Del Panta

Da: https://www.lavocedellelotte.it - Gianni Del Panta studioso di scienze politiche, vive a Firenze ed è autore di "L'Egitto tra rivoluzione e controrivoluzione: da Piazza Tahrir al colpo di stato di una borghesia in armi" (Il Mulino, 2019). 

Guglielmo Carchedi economista presso l’Università di Amsterdam.

Michael Roberts ha lavorato come economista nella City di Londra per oltre 40 anni. Ha osservato da vicino le macchinazioni del capitalismo globale dall'interno della tana del drago. Allo stesso tempo è stato per decenni un attivista politico nel movimento operaio. (https://thenextrecession.wordpress.com



La recente uscita di Capitalism in the 21st Century: Through the Prism of Value (Londra: Pluto Press, 2023) rappresenta un’occasione importante per comprendere se e in quale misura la teoria del valore formulata da Karl Marx un secolo e mezzo fa continui ad essere un valido strumento teorico per decriptare il funzionamento del capitalismo nella nostra epoca. Dato che il libro è attualmente disponibile solamente nella versione inglese, abbiamo deciso di intervistare i due autori per rendere fruibile anche al pubblico italiano non anglofono i principali contenuti del testo.

Guglielmo Carchedi e Michael Roberts sono due dei più apprezzati economisti marxisti e la loro collaborazione ha affrontato negli anni alcuni dei nodi centrali della teoria marxista, come la caduta tendenziale del saggio di profitto e l’appropriazione di plusvalore da parte degli stati più avanzati tecnologicamente ai danni di quelli che lo sono meno – ovvero, la determinante economica dell’imperialismo moderno, secondo la loro stessa formulazione. 

----------------------------------------- 

Caro Guglielmo, nel libro che hai scritto assieme a Michael Roberts c’è un chiaro tentativo di rivendicare come la teoria del valore di Karl Marx rappresenti il punto di partenza centrale per comprendere le leggi di movimento del capitalismo nel nostro tempo. Per i lettori che non hanno familiarità con questa teoria, quali sono i suoi assunti principali? E perché e come questa teoria si differenzia dalle principali spiegazioni fornite dall’economia mainstream?

martedì 30 gennaio 2024

Hegel: un ”cane morto” molto vivace. Intervista a Vladimiro Giacché - Luca Cangianti

Da: https://www.carmillaonline.com - Luca Cangianti si è laureato prima in Filosofia e poi in Sociologia. È autore del romanzo storico-fantastico Sangue e plusvalore e coautore della raccolta di saggi Immaginari alterati. Scrive sulla webzine letteraria “Carmilla”.

 Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa Ricerche (CER), è un filosofo ed economista italiano. Ha studiato a Pisa (Italia) e Bochum (Repubblica Federale di Germania) come allievo della Scuola Normale Superiore (laurea, diploma e dottorato cum laude).

Vedi anche: Pensare con Hegel - Vladimiro Giacché 

È la contraddizione che muove il mondo - Vladimiro Giacché 

Leggi anche: “La contraddizione è ciò che muove il mondo” - Leo Essen intervista Vladimiro Giacché 

NOTE SUI SIGNIFICATI DI “LIBERTÀ” nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel*- Vladimiro Giacché**

Quando le latrine saranno d’oro*- Luca Cangianti

Nel “Poscritto alla seconda edizione” del Capitale Marx stigmatizzava la generale disposizione a trattare Hegel da «cane morto», si professava suo discepolo ed evidenziava l’imprescindibile necessità della dialettica per afferrare il funzionamento del modo di produzione capitalistico. Tuttavia, se in Marx vediamo la dialettica al lavoro, rimane pur sempre aperta la questione di che cosa sia nello specifico. Certo, ci si può rivolgere direttamente a Hegel per togliersi la curiosità, ma il pensiero di questo filosofo è notoriamente esposto con un linguaggio spesso oscuro. Per accostarci a questo pensatore, quindi, un’opera come Hegel. La dialettica di Vladimiro Giacché (Diarkos, 2023, pp. 240, € 18,00) risulta di grande utilità. Nella nuova edizione (la prima era uscita nel 2020 in piena pandemia), l’autore ha ulteriormente semplificato il linguaggio (in verità già ampiamente chiaro), arricchito la parte antologica e aggiornato i riferimenti alle nuove edizioni critiche.

LC – Hegel viene considerato da molti il filosofo della reazione prussiana. Eppure da giovane scrive opere sovversive (che si guarda bene dal pubblicare), sostiene la necessità dell’abolizione dello stato e manda alle stampe testi politici anonimi. Poi, nel corso di tutta la vita, intreccia rapporti con rivoluzionari, liberali ed ebrei fino ad aiutare un prigioniero politico. Insomma, che tipo di filosofia è quella di Hegel? Ha ragione Marx a ritenerla rivoluzionaria o di contro Popper a sostenere che fosse reazionaria?

VG – Popper sicuramente non ha ragione. Di contro alle opere giovanili e a quanto contenuto nelle lettere, è vero che nei volumi pubblicati e specialmente nella Filosofia del diritto si avverte un adeguamento alla situazione politica vigente. Ma il tema va affrontato in termini più filosofici che politici. Il problema è come interpretiamo il rapporto tra razionale e reale. Come noto, per Hegel «ciò che è reale è razionale”. Ma questo non significa affatto che tutto ciò che esiste, per il fatto stesso di esistere, sia razionale. Uno stato cattivo può ben esistere, ma per Hegel è “non-vero”, cioè inadeguato, imperfetto. Inoltre – Engels lo ha spiegato molto bene – il nesso realtà-razionalità in Hegel non può esser considerato in termini statici: in questo senso si può dire che era razionale il feudalesimo, ma anche il capitalismo che l’ha sostituito. La filosofia di Hegel è basata sulla processualità delle cose e sulla realtà della contraddizione. Questa non è un fallimento del pensiero, ma una sfida per il pensiero, che deve essere capace di comprenderla. Una filosofia del genere non si presta a giustificare un ordine economico e giuridico immutabile. Alla base del pensiero hegeliano c’è l’inquietudine.

domenica 28 gennaio 2024

"GIORNATA DELL'AMNESIA". Lettera al fantasma di Primo Levi. - Vittorio Arrigoni

Da: https://www.facebook.com/egidia.beretta - Vittorio Arrigoni detto Vik (Besana in Brianza, 4 febbraio 1975Gaza, 15 aprile 2011) è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. - il blog di Vittorio Arrigoni, su Guerrilla Radio (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2011).

Vittorio Arrigoni, Autobiografia di Vittorio Arrigoni, su Who is Guerrilla Radio, 13 gennaio 2007.
Staying Human, Al Jazeera World, 9 giugno 2011. Documentario sulla vita di Vittorio Arrigoni
Arrigoni, Vittorio, in il Manifesto.
Vittorio, Arrigoni, in il Manifesto.
Restiamo Umani - The Reading Movie, su StayHuman.tv (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2019).
Home page, su Fondazione Vittorio Arrigoni "Vik Utopia Onlus".

Vedi anche: La nascita dello Stato d'ISRAELE 

Leggi anche: Se questo è uno Stato. Intervista a Primo Levi - Gad Lerner 

Leggi e vedi: https://www.sensibiliallefoglie.it/salviamo-la-nostra-umanita-dalle-macerie-di-gaza-dialogo-con-samah-jabr-autrice-di-sumud-e-dietro-i-fronti 

Risale al 27 Gennaio 2007 questo scritto di Vittorio.
Rileggiamolo e meditiamo. Per dire come lui: "mai più, mai più a nessuno." 
(Egidia Beretta)

“Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare” (Primo Levi) 

Primo Levi,
ascoltami, io non riesco a comprendere,
quindi non giustifico. 

Non riesco a comprendere come Israele tuteli la sua sicurezza
uccidendo (l'altro ieri) Mahran Zakariyya Abu Al Maseer, diciassettenne,
mentre era alla ricerca di un lavoro. 

Come pretende di difendere i suoi civili
impedendo ad un padre di famiglia palestinese malato di cancro
di raggiungere l'ospedale per le cure necessarie invece di morire dinnanzi ad un checkpoint (giovedì scorso) 

oppure sparando in testa ad un fedele in preghiera in una moschea (venerdì scorso) 

o gambizzando un contadino che coltiva la sua terra (sempre venerdì scorso) 

o ferendo due ragazzini e bloccando le ambulanze in soccorso (sabato scorso) 

o ancora lasciando morire i prigionieri politici palestinesi infermi nelle sue illegali prigioni (mercoledì scorso). 

Non riesco a comprendere come Israele fa valere
il diritto alla sua esistenza
sparando sulla nuca una bambina che sta andando a comprare dei dolci. 

Ma più di tutto,
Levi,
non capisco come Israele impugni la tragedia del suo Olocausto
come strategia ritorsiva contro chi critica e denuncia
il razzismo, la confisca della terra, la negazione dei diritti umani
e ogni crimine di guerra compiuto contro la popolazione palestinese.

MAI PIU':
Il senso della Shoah.
Non
MAI PIU' a me...
MAI PIU' a nessuno. 

Primo Levi credimi il giorno della memoria ha figliato
più amnesici che memori. 

Mai più campi di concentramento,
che siano essi a Guantanamo o ad Abu Ghraib. 

Mai più
comignoli che fumano cadaveri bruciati
come i cadaveri carbonizzati del migliaio di libanesi morti sotto le bombe a grappolo israeliane. 

Mai più
al ghetto di Varsavia
e accidenti, il muro dell'apartheid più il furto delle entrate fiscali riduce la Palestina proprio a quella condizione. 

Quantitativamente, l'Olocausto degli ebrei non è paragonabile alla lenta ma progressiva eliminazione dei palestinesi.
Ma la qualità di talune efferatezze,
assume raccapriccianti convergenze con i metodi di sterminio nazisti. 

La stella gialla appare sempre più simile ad una mezzaluna rossa." 

sabato 27 gennaio 2024

L'ampliamento dei Brics ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti internazionali - Andrea Vento

 Da: https://www.marxismo-oggi.it - Andrea Vento Gruppo Insegnanti di geografia Autorganizzati


Il Bric: da aggregato geoeconomico a soggetto geopolitico

La genesi dell'acronimo Bric viene ricondotta all'economista inglese Jim O'Neil quando a fine 2001 in un documento[1], redatto in qualità di Chief Economist della Banca di investimenti Goldaman Sachs, identificò il nuovo aggregato geoeconomico composto da Brasile, Russia, India e Cina come il gruppo di Paesi che, in base a caratteristiche comuni, avrebbero verosimilmente dominato l’economia mondiale del secolo appena iniziato. Pertanto, secondo O'Neil, agli Stati Uniti per poter mantenere la leadership globale anche nel XXI secolo sarebbe stato dunque necessario inglobarli nella governance economica e finanziaria mondiale egemonizzata fino a quel momento dal sistema occidentale.

I quattro paesi risultavano, infatti, accomunati da alcune caratteristiche simili da consentir loro nell'arco di alcuni lustri di posizionarsi nei piani alti della graduatoria delle potenze economiche mondiali: la condizione di economie in via di sviluppo, una popolazione numerosa, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e prospettive di forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale.

La tesi sostenuta da O'Neal non venne, tuttavia, pienamente percepita nella sua portata strategica negli ambienti di Washington, in quegli anni, peraltro, impegnati nella ridefinizione dell'assetto geopolitico mediorientale con gli interventi militari in Afghanistan e Iraq. Finì, invece, per fornire un inaspettato input aggregativo per i quattro paesi che fino ad allora avevano scarsamente cooperato dal punto di vista economico[2] e geopolitico, i quali, a partire dal settembre 2006, iniziarono ad effettuare annualmente riunioni informali a margine dell'Assemblea generale dell'Onu.

giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.

mercoledì 24 gennaio 2024

Antonio Mazzeo: come fa la Leonardo a dire che non è implicata nei teatri di guerra?

Da: https://www.pressenza.com - Olivier Turquet. Si occupa di scrivere per raccontare la realtà da circa 40 anni. Ha collaborato con testate cartacee, radiofoniche ed elettroniche tra cui ama ricordare Frigidaire, Radio Montebeni, L'Umanista, Contrasti, PeaceLink, Barricate, Oask!, Radio Blue, Azione Nonviolenta, Mamma!. Ha fondato l'agenzia stampa elettronica umanista Buone Nuove e il giornale di quartiere Le Bagnese Times. E' stato addetto stampa di svariate manifestazioni come: l'Internazionale Umanista, Firenze Gioca, la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. Attualmente coordina la redazione italiana di Pressenza. Ha pubblicato Interviste per cambiare il mondo e Comunicare la Nonviolenza con Nonviolenza Raccoglie ciò che scrive su: olivierturquet.wordpress.com 

Antonio Mazzeo. Insegnante e giornalista impegnato nei temi della pace e del disarmo, dell’ambiente e della lotta alle criminalità mafiose. Ha operato per anni come cooperante nei Balcani e in America latina. Ha ricevuto il “Premio G. Bassani – Italia Nostra 2010″ per il giornalismo e nel 2020 la “Colomba d’oro per la Pace”(Archivio Disarmo) quale riconoscimento “per aver interpretato per anni la scrittura come una missione di difesa dei diritti umani e di denuncia delle ingiustizie”. Ha pubblicato numerosi saggi sui conflitti nell’area mediterranea e sulla presenza delle basi USA e NATO in Italia. E’ tra i promotori dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. 




L’ospedale Bambin Gesù ha rifiutato una donazione natalizia di Leonardo ritenendola “inopportuna”. La Società ha commentato dicendo “In tutti i teatri di guerra in corso non c’è nessun sistema offensivo di nostra produzione” (Repubblica, 12 Gennaio).

Abbiamo fatto su questo alcune domande a Antonio Mazzeo, giornalista pacifista specializzato in questioni militari ed editorialista di Pressenza.

 ---------------------------------

Antonio, sulla base di cosa Leonardo può fare un’affermazione del genere? E con quale credibilità?

Beh, bisognerebbe chiedere ai manager di Leonardo perché si siano inventati una risposta che non trova alcun fondamento né tra i comunicati stampa emessi in tutti questi anni dalla holding armiera a capitale pubblico, né tra le relazioni ufficiali periodiche delle autorità governative sulle attività di esportazione delle aziende belliche italiane.

lunedì 22 gennaio 2024

Giacomo Leopardi. Poesia e “Ultrafilosofia”. La dialettica tra ragione, sentimento e immaginazione - Alessandra Ciattini

 Da: https://futurasocieta.com - https://www.sinistrainrete.info - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. 

Leggi anche: PER UNA SPERANZA DI FUTURO 

STORIA DEL GENERE UMANO - Giacomo Leopardi

Vedi anche: "Leopardi legge Kant" - Massimiliano Biscuso 

Canto Notturno di un Pastore Errante dell'Asia - Giacomo Leopardi


Recensione al libro di Antonio Catalfamo, Giacomo Leopardi. Poesia e “Ultrafilosofia”La dialettica tra ragione , sentimento e immaginazione (Solfanelli, Chiesti 2023)

Per noi italiani Giacomo Leopardi è associato ai ricordi scolastici e a un non sempre comprensibile pessimismo. Eppure la profondità e la complessità del suo pensiero è dimostrata e sviscerata da numerose organizzazioni non solo italiane, ma anche internazionali come il Leopardi Studies at Oxford, il Leopardi Centre di Birminghman, il progetto “L’eredità di Leopardi” portato avanti dal Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona, il Laboratorio della Sapienza di Roma etc. A quest’ultimo si deve una Bibliografia leopardiana, aggiornata al 2012, curata da Giuseppe Manitta. E ovviamente da un’ampia e variegata lettura critica.

Questo rinato interesse nel mondo anglosassone è scaturito dalla prima traduzione integrale dello Zibaldone, opera capitale per comprendere a fondo la concezione del mondo del grande poeta, avvenuta nel 2012.

In questo scenario è più che benvenuta la pubblicazione del libro di Antonio Catalfamo, da segnalare alla su menzionata Bibliografia, che rivede le precedenti interpretazioni della riflessione leopardiana, aggiungendo un suo originale contributo sulla relazione tra poesia e filosofia in essa. In particolare, Catalfamo prende le mosse dalla nota interpretazione di Benedetto Croce, che si è centrato sui “Grandi Idilli”, scritti tra 1828 e il 1830, nei quali scopre l’autentica vena poetica e lirica del poeta, misconoscendo la sua sofferta filosofia, depositata anche negli scritti in prosa, e intende la prima come effusione catartica dei dolorosi sentimenti del poeta.

sabato 20 gennaio 2024

Dopo un decennio il mondo scopre gli Houthi - Enrico Campofreda

Da: https://enricocampofreda.blogspot.com - Enrico Campofreda 

Leggi anche: La guerra di Israele contro Gaza riassume l'intera storia del colonialismo europeo - Hamid Dabashi 

Vedi anche: Il Conflitto in Medio Oriente si è già allargato - Alberto Negri

Ora che la merce internazionale torna a circumnavigare l’Africa come ai tempi della Compagnìa delle Indie, con l’aumento di tempi e costi che incidono sul suo affarismo, certa mediologia a orologeria scopre i ribelli Houthi, i loro attacchi, la conseguente pericolosità e in coda, molto in coda, la guerra che costoro combattono da un decennio contro le truppe governative e contro le petromonarchie più potenti foraggiate dagli Usa, sauditi ed Emirati arabi. Così uno dei conflitti irrisolti nel patchwork della guerra frazionata in Medioriente che ha prodotto 380.000 vittime, soprattutto fra la popolazione civile bombardata dagli F16, come in questi giorni sono colpite dai Tomahawk le piattaforme di lancio Houthi. Si tratta degli attacchi-difensivi (sic) americano e britannico per placare gli assalti alle navi mercantili e l’uso di razzi iraniani e cinesi da parte dei miliziani sciiti che vogliono fermare Israele e i suoi alleati dai massacri di gazesi. E’ un alibi dei guerriglieri sciiti per entrare in scena da protagonisti in un’area di crisi sempre più ampia? Sì. Per quanto questa componente stia praticando la propria guerra, fra il disinteresse del mondo, appunto da un decennio. E’ un impegno di prossimità a favore dell’Iran? Sicuramente. Poiché l’Occidente statunitense ed europeo lo ‘scontro economico’ con Teheran lo attua da tempo usando l’arma dell’embargo che impoverisce i consumatori iraniani ma pure quelli del vecchio continente, cioè tutti noi. Un esempio inconfutabile riguarda il costo del gas, che avremmo potuto e potremmo ricevere dall’Iran a prezzi decisamente inferiori di quelli conosciuti, anche prima della crisi ucraina, col metano russo. E’ la strategia - politica e militare - a influenzare l’economia o è quest’ultima a determinare la geopolitica? Lo sono entrambi, visto che il legame è storicamente strettissimo. Ma in epoca di globalizzazione tutto è diventato accelerato, pericoloso, tragico. E le guerre scatenano mattanze causate dalla deflagrazione delle bombe e dei mercati che colpiscono la popolazione, mentre al solito i ceti dirigenti e finanziari s’ingrassano.   

giovedì 18 gennaio 2024

CHE COSA FANNO I FILOSOFI OGGI? - Norberto Bobbio

Da: https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - [N. Bobbio, in AA.VV. Che cosa fanno i filosofi oggi?, Bompiani, Milano 1982] - Norberto Bobbio (Torino, 18 ottobre 1909 – Torino, 9 gennaio 2004) è stato un filosofo, giurista, politologo, storico e senatore a vita italiano. 

Leggi anche: "DEMOCRAZIA" - Norberto Bobbio 

Ascolta anche: Hegel e noi - Norberto Bobbio


«I due mali contro cui la ragione filosofica ha sempre combattuto e deve combattere ora più che mai, sono, da un lato, il non credere a nulla; dall'altro, la fede cieca. Insomma tener viva la fede nella ragione contro coloro che non credono neppure nella ragione, che io chiamo i meno che credenti, e contro coloro che credono senza ragionare, cioè i più che credenti. Questo è il compito umile, molto umile ma necessario, della filosofia: un compito da sentinella, più che presuntuosamente da 'guida'. La sentinella che deve stare ad ascoltare l'avvicinarsi del nemico, da qualunque parte provenga, e dare l'allarme prima che sia troppo tardi.»

---- 


CHE COSA FANNO I FILOSOFI OGGI? 

Una delle ragioni per cui oggi la filosofia è in angustia è che queste risposte globali, semplici, riduttive, sono diventate sempre più difficili e meno credibili. Sempre più difficili perché per dare risposte globali bisognerebbe padroneggiare tutte le conoscenze particolari prodotte dalle ricerche scientifiche in questi ultimi duecento anni: matematica, fisica, biologia, psicologia, ecc., il che non è possibile ad alcuna mente umana per quanto possente.

Non si può fare alcun paragone fra le conoscenze che bisognava padroneggiare per arrivare a una sintesi comprensiva al tempo di Platone, e le conoscenze che dovrebbe riuscire a padroneggiare oggi il filosofo per dare quella risposta globale che da lui si attende (e che lui pretende). Gli ultimi a illudersi di poter dare questa risposta globale sono stati i positivisti del secolo scorso, da Comte a Spencer.

Quando dopo la guerra, negli anni quaranta, i neopositivisti hanno tentato di riprendere l'antico ideale dell'unità del sapere, attraverso la Enciclopedia delle scienze unificate, il tentativo è rapidamente fallito. Sempre più difficile, ho detto, e sempre meno credibile. Incredibile razionalmente, nel senso in cui si dice che si crede vera o si respinge come falsa una teoria scientifica. Nessuno oggi sarebbe disposto a credere razionalmente che il mondo è il prodotto dello Spirito assoluto, come ancora credeva Croce e credevano i crociani. Così è per il materialismo storico; una delle ragioni di crisi del marxismo come filosofia, è proprio nell'estrema semplificazione, o riduzione, delle sue risposte ai problemi ultimi: la struttura e la sovrastruttura, le forme di produzione, i rapporti di produzione, il passaggio da una forma di produzione a un'altra, tutto perfettamente al suo posto, come in quei puzzle dei bambini in cui tutte le tessere varino al loro posto unicamente perché il disegno è già precostituito.