mercoledì 7 febbraio 2024

VALERIO, I NAR E LA CONTROINFORMAZIONE - Alfredo Facchini

Da: https://www.facebook.com/alfredo.facchini - Afredo-Facchini Giornalista e scrittore, è nato a Roma nel 1960. Tra le sue pubblicazioni, l’inchiesta 11 settembre, il giorno che cambiò la storia (2007); RADISOL Il sogno della rivoluzione nell'Italia del 1978 (romanzo). Nei cosiddetti “anni di piombo” ha militato nel campo dell’estrema sinistra. 


Verso il 22 febbraio 

Lo hanno chiamato il “triangolo dell’odio”. Tra la fine degli Anni '70 e '80, tre quartieri romani, Trieste-Salario, Talenti e Montesacro hanno fatto da scenario ad uno scontro virulento senza precedenti. Tra il '76 e l'83 sono dieci gli omicidi di matrice politica consumati in questo quadrante della capitale. 

Muoiono: Vittorio Occorsio, magistrato che istruisce il processo contro Ordine Nero, assassinato da Pierluigi Concutelli 1976; Stefano Cecchetti, studente ucciso per errore 1979; Francesco Cecchin, militante del Fronte della Gioventù 1979; Antonio Leandri, lavoratore ucciso per errore dai NAR 1979; Valerio Verbano militante nell’Area di Autonomia Operaia ucciso dai NAR 1980; Angelo Mancia, segretario della sezione Talenti del MSI, il delitto viene rivendicato dai Compagni organizzati in volante rossa 1980; Franco Evangelista, detto Serpico, poliziotto ucciso dai NAR 1980; Mario Amato, magistrato che indaga sull’eversione nera colpito dai NAR 1980; Luca Perucci, militante di Terza Posizione ritenuto dai NAR un delatore 1981; Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù 1983. 

<<In una geografia della violenza che si contende il controllo di marciapiedi, bar, angoli di strada e ha come linee di confine tra "neri" e "rossi", il fiume Aniene e il ponte delle Valli. Che risponde alla logica draconiana del "colpo su colpo", per usare la definizione utilizzata nelle corti d'assise che giudicheranno a metà anni '80 quei fatti di sangue. Secondo la quale, la morte di un "compagno" va lavata con il sangue di un "camerata" e viceversa>>. (1) 

A sparare è soprattutto il gruppo di fuoco dei Nar. Valerio, Valerio Verbano sa chi sono. Conosce il loro modus operandi. Annota scrupolosamente i nomi dei fascisti che gravitano nella galassia nera che si muove intorno ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Mette insieme una documentazione di controinformazione che non passerà inosservata. 

I NAR muovono i primi passi a Roma nel 1977. Nascono da una costola del MSI che non digerisce le gerarchie del partito di Giorgio Almirante. Sono visceralmente anticomunisti. Il primo nucleo è composto da Valerio Fioravanti, 18 anni, da suo fratello minore Cristiano e da Alessandro Alibrandi, figlio del giudice istruttore del tribunale di Roma, Antonio Alibrandi, entrambi sedicenni, e da Franco Anselmi, 21 anni, il più vecchio dei tre. 

A compiere il primo omicidio sono i due minorenni del gruppo, Cristiano Fioravanti, e Alessandro Alibrandi. L’omicidio è quello di Walter Rossi. Ma Cristiano Fioravanti, da collaboratore di Giustizia, farà ricadere la colpa su Alibrandi, nel frattempo deceduto nel 1981 in uno scontro a fuoco con la polizia. 

La prima azione rivendicata ufficialmente con la sigla NAR è 4 gennaio 1978: un commando armato di 5 persone entra nella redazione romana del Corriere della Sera, lanciando tre molotov, una delle quali colpisce il portiere dell’edificio, ustionandolo gravemente. 

La data spartiacque è il 7 gennaio del 1978. I fatti di Acca Larentia. Un commando spara e uccide 2 missini davanti a una sezione dell’MSI del quartiere Tuscolano. Un terzo missino, muore lo stesso giorno negli scontri con le forze dell’ordine. 

<<Per obbedire all’ordinanza: il sangue si smacchia con altro sangue. Nella convinzione che la vendetta è la più certa tra le forme di giustizia possibili>>, (2) il 28 febbraio il revolver di Giusva Fioravanti uccide Roberto Scialabba. 

Il mese dopo saccheggiano la più grande armeria di Roma, dei fratelli Centofanti a Monteverde. Durante la fuga Franco Anselmi è raggiunto alla schiena da un proiettile sparato dal proprietario e muore sul colpo. 9 gennaio 1979 l’attacco più vile. Contro 5 donne ai microfoni di Radio Città Futura. Le feriscono a colpi di mitra. 

Si esaltano nell’azione. Detestano il dibattito. A conferma della loro pochezza teorica-politica i NAR non produrranno mai documenti scritti che non siano volantini di rivendicazione. E’ una escalation. In quattro anni i NAR sono ritenuti responsabili di 33 omicidi. Senza contare la Strage di Bologna. Poi gli arresti. I regolamenti di conti. 
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<<Chi è? >>
<<Siamo amici di Valerio>>
<<Ma Valerio è a scuola>>
<<Signora ci faccia entrare, siamo stanchi che abbiamo camminato tanto, dobbiamo chiedere una cosa a Valerio. Lo possiamo aspettare in casa? Tanto lei ci conosce, siamo amici>>. 

E’ mezzogiorno. Carla Verbano apre la porta. Sono in tre. Entrano. Il primo che gli compare davanti agli occhi deve ancora calarsi il passamontagna sul viso. 

<<Era magro, biondo con i capelli lunghi e ricci>>. Sempre lui la colpisce. Poi la spinge contro il muro. Le chiude la bocca con la mano. Gli altri due si avventano sul padre di Valerio, Sardo. Pugni e calci. Fanno sdraiare Carla e Sardo sul letto, nella camera matrimoniale. Li legano e imbavagliano con lo scotch, quello da pacchi. Poi aspettano che Valerio torni a casa. Uno dei tre impugna una pistola con il silenziatore. 

<<Li ho sentiti parlare tra di loro, hanno l’accento romanesco, molto marcato. Li ho sentiti frugare anche nella stanza di Valerio>>. 

Mancano una decina di minuti alle 14. Valerio posteggia la “Vespa 50” e sale con l’ascensore. Infila le chiavi nella serratura. Carla e Sardo sentono voci concitate, rumori di una colluttazione, lo specchio dell’attaccapanni va in pezzi. Poi uno sparo, che va a vuoto conficcandosi nel muro all’ingresso. Appena dopo, un secondo colpo, letale. I tre scappano.
 
In casa Verbano, entra un vicino che ha sentito sparare. Libera, Carla e Sardo. Corrono nell’altra stanza, Valerio è sul divano a faccia in giù. Fa appena in tempo a sussurrare a mezza bocca <<mamma aiuto, aiutami mamma>>. Due volte e poi basta. Gli hanno sparato alla schiena. Valerio muore mentre lo trasportano all’ospedale. 

Dopo vari e goffi tentativi di depistaggio, con sigle fantoccio, il delitto viene rivendicato dai fascisti dei “NAR”. <<Alle 13.40 abbiamo giustiziato Valerio Verbano, il mandante dell'assassinio del camerata Stefano Cecchetti>>. 

Nella fuga i fascisti si lasciano dietro una pistola “Beretta”. Più un passamontagna celeste, un berretto di lana marrone a righe, un guinzaglio per cani, degli occhiali da sole. Corpi del reato che nel corso del tempo vengono distrutti o fatti sparire. 

Per qualcuno: quei tre hanno agito come dei dilettanti. C’è chi pensa a degli aspiranti terroristi. Uccidere, per accreditarsi agli occhi della cupola dei NAR. 

C’è comunque un precedente. 11 mesi prima, la mattina del 30 marzo del 1979, in via Valpolicella (un paio di chilometri in linea d'aria dall'abitazione di Valerio), tre fascisti suonano alla porta di Roberto Ugolini, ex militante di Lotta Continua.
Apre la madre. Roberto intuisce immediatamente le intenzioni del terzetto. Scappa. Uno dei tre fa in tempo ad aprire il fuoco e colpirlo alle gambe. 

Seguono anni d’indagini e nessun colpevole. Decenni di silenzi e omissioni. Tracce sparite, ricomparse e poi svanite di nuovo nel nulla. Inchieste riaperte e richiuse. Mai un processo. 4 neofascisti vengono rinviati a giudizio e poi prosciolti. Spuntano, senza esiti, altri nomi. Un ginepraio di ipotesi inghiottite dall’oblio. 

<<C’era stata una persona - racconta Carla, che si è spenta dopo una lunga malattia nel 2012 - che abitava sopra di noi e che siccome fumava, e la moglie non voleva che fumasse in casa, allora saliva le scale a piedi. Era del ministero dell’Interno come mio marito. Lui li ha visti in faccia. Lui ha fatto proprio gli identikit di tutti e tre. Lo portarono in questura e fece gli identikit di tutti e tre, precisi precisi. Anche i vicini quando vennero a slegarci ci dissero, <<Si il signor De Angelis li ha visti in faccia>>. Dopo nemmeno dieci giorni ritrattò tutto. Si vede che era stato minacciato, chi lo sa. Era di idee di destra. Aveva un figlio più piccolo del nostro, avrà avuto paura. Dopo un mese cambiò casa. Queste sono case del ministero dell’Interno, case che dovrebbero darci a riscatto quindi si è interessati ad avere la casa, invece se ne andò>>. (3) 

Valerio che voleva fare <<lo speleologo, il tuffatore, che divideva la spremuta d’arance in parti assolutamente uguali perché ogni amico doveva avere la stessa identica razione>>, (4) aveva 18 anni. Era figlio unico. 

Militava nell’area dell’autonomia operaia romana. La mattina frequentava il “collettivo autonomo” del liceo scientifico “Archimede”. Il pomeriggio, casa sua era il Tufello. Dopo aver militato nel “comitato autonomo Valmelaina”, nel ‘79 fonda un gruppo denominato “Collettivo comunista per l’autonomia del proletariato”. Una decina di compagni giovanissimi come lui che avevano trovato ospitalità nella sede di “Lotta continua per il comunismo” a Via Scarpanto. 

La sua “passione” era la controinformazione. Tanto da mettere nero su bianco un meticoloso lavoro di mappatura e schedatura delle diverse facce del neofascismo romano. Un dossier, gonfio di appunti, date, indirizzi e fotografie <<realizzato da Valerio insieme ad altri sei o sette amici>>, (Carla Verbano) che viene sequestrato dalla “Digos” nel corso di una perquisizione. 

<<Gli agenti trovano un’agenda rossa, il suo diario personale nel 1977, quaderni, decine di fogli sparsi, fotocopie, ritagli di giornali, fotografie e una pistola, che non aveva mai sparato. In tutto, ben diciotto schedari pieni di documenti e altri sei di foto>>. (5) 

E’ il 20 aprile del 1979, il giorno in cui Valerio finisce in manette insieme ad altri 4 compagni nella borgata Fidene, mentre si allontanavano da un casolare abbandonato in cui avevano confezionato degli ordigni incendiari. Lui è l’unico maggiorenne e finisce a “Regina Coeli”, dove sconterà 7 mesi di reclusione. 

Esce dal carcere il 22 novembre. Nel frattempo il “Dossier Verbano”, come viene ribattezzato dalle cronache, sparisce. Il magistrato si rifiuta di consegnare una copia ai legali di Valerio. Tre mesi dopo, Valerio viene ucciso. Tre giorni dopo, il 25 febbraio, avrebbe compiuto 19 anni. 

Il 23 giugno del 1980 il magistrato Mario Amato viene ucciso dai “Nar”, a viale Jonio, a neanche 300 metri da casa Verbano. Amato è l’unico che a Roma indaga sull’eversione nera. L’unico che sarebbe potuto arrivare agli assassini di Valerio. Forse. 

<<Dai luoghi si può togliere il sangue, cancellare le prove, ma quello che è accaduto rimane>>. 

Alfredo Facchini
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(1) Bonini, La Repubblica, 22 febbraio 2011
(2) Alfredo Facchini, Radisol Il sogno della rivoluzione nell’Italia del 1978, ed. red star press. 
(3) L’Unità, 20 febbraio 2005
(4) Carla Verbano con Alessandro Capponi, Sia folgorante la fine, ed. Rizzoli
(5) Liberazione 8 marzo 2011 

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