sabato 30 aprile 2022

Canto Notturno di un Pastore Errante dell'Asia - Giacomo Leopardi



"Canto Notturno di Un Pastore Errante Dell'Asia" di Giacomo Leopardi. 
Recita Arnoldo Foà. 
Musica: Blucobalto dei Negramaro.  
                                                                           
                                                                           

venerdì 29 aprile 2022

Note su “Il Mediterraneo” di Fernand Braudel - Andrea Baldazzini

 Da: https://www.pandorarivista.it - Fernand Braudel, Il Mediterraneo: lo spazio la storia gli uomini le tradizioni, Bompiani, Milano 2008, p. 43. - Andrea Baldazzini Ricercatore Senior presso AICCON, centro di ricerca dell’Università di Bologna dedicato alla promozione della cultura della cooperazione e del non profit, dove si occupa di imprenditoria sociale, innovazione e trasformazioni dei sistemi di welfare territoriale. Svolge inoltre attività di formazione e consulenza per organizzazioni di terzo settore e pubbliche amministrazioni. Per «Pandora Rivista» è membro della Redazione. 

Leggi anche: A che serve la storia?*- Luciano Canfora  

FILOSOFIA DELLA STORIA - G. G. Federico Hegel  

Storia del pensiero scientifico e filosofico* – Ludovico Geymonat  

Marc Bloch oltre la nouvelle histoire: prospettive teoriche da riscoprire*- Adriana Garroni 

Vedi anche:  Marc Bloch - Alessandro Barbero  

"che scienza è la Storia?" - Aldo Giannuli 



Quest’opera, pubblicata per la prima volta nel 1949, ha rappresentato un vero e proprio momento di rottura nella storiografia contemporanea. Fernand Braudel è stato il principale rappresentante della cosiddetta seconda generazione dell’École des Annales, fondata da Lucien Febvre e Marc Bloch alla fine degli anni Venti a partire dalla rivista «Annales d’histoire économique et sociale», una rivista dalla quale nascerà un modo totalmente nuovo di studiare la storia, probabilmente il più rivoluzionario di tutto il Novecento.

Quali sono dunque i tratti distintivi di questo approccio storiografico? Perché il libro di Braudel sul Mediterraneo fornisce ancora oggi molti spunti imprescindibili, non solo per leggere la storia, ma anche per riflettere, ad esempio, sulla geopolitica di questo spazio? Perché la storia è necessaria a immaginare un futuro aperto e potenziale?

Andiamo con ordine, per quanto riguarda la prima domanda si può rispondere affermando che sono almeno quattro le caratteristiche peculiari dell’École des Annales:

  • L’interdisciplinarietà, ovvero, l’idea che la storia debba fuoriuscire dal suo «immobilismo accademico» aprendosi alle altre discipline, e lo stesso titolo della prima rivista Annales d’histoire économique et sociale mostra chiaramente come essa venga fin da subito pensata nelle sue strette correlazioni che la legano all’economia e al sociale. Non a caso infatti, soprattutto Febvre e Bloch guardano con interesse al marxismo e alla psicanalisi intendendoli entrambi come nuove modalità di presentare la pluralità dell’esperienza umana. Da qui poi l’interesse storico per le «dimensioni viventi della persona», come il lavoro o gli stili di vita, segni di una pratica storiografica radicalmente differente rispetto a quella ottocentesca classica.
  • Oggetto della storia può così diventare lo stesso mondo contemporaneo e non solo ciò che è temporalmente lontano. Lo storico può finalmente cominciare a occuparsi anche di fatti che lo coinvolgono in prima persona, e rispetto ai quali non vi deve essere per forza quel distacco solitamente richiesto in nome di un presunto oggettivismo epistemologico.
  • Nasce allora il desiderio di scrivere una «storia totale», non limitandosi più ai meri aspetti politici, militari o diplomatici.
  • Il racconto storiografico passa dunque dallo studio degli ‘eventi’ (l’histoire événementielle come la chiamano Bloch e Febvre che schiaccia la storia sulla storia-politica) a quello delle strutture, delle ricorrenze, delle interconnessioni, guardando al passato come ad un «flusso» e non come ad una somma di epoche o manifestazioni di qualche Spirito.

mercoledì 27 aprile 2022

Discussione intorno al senso della guerra - Roberto Fineschi

Da: https://www.facebook.com/roberto.fineschi -  Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Allievo di Alessandro Mazzone, Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: Fare la pace o fare la guerra? - Roberto Fineschi

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

Vedi anche: Violenza, classi e Stato nel capitalismo crepuscolare" - R.Fineschi, M.Casadio, A.Allegra.



Sabato 9 aprile, il Centro Casa Severino e l'Associazione di Studi Emanuele Severino hanno promosso un incontro interdisciplinare sul tema della guerra. Qui sotto la trascrizione minimamente rivista del mio intervento. 

Da una parte vorrei tentare di fare un discorso più generale diciamo di quadro. Facendo questo inevitabilmente ci si presta alla critica di non cogliere la drammaticità del presente: quando muoiono persone, si distruggono città è difficile distogliere lo sguardo; ovviamente si tenta di farlo non per ignorare il dramma ma per proporre una riflessione più ampia, inquadrata in un contesto di sistema, in questo caso relativo al concetto di guerra e violenza nella modernità e, a fortiori, anche al caso ucraino. 

La guerra non è certo una novità contemporanea; da quando esistono società complesse l'uomo ha sempre fatto guerre; da sempre i filosofi se ne sono occupati, ma più recentemente è nata una disciplina che in modo più politically correct ha cercato di affrontarla in maniera ancora più esplicita: le relazioni internazionali. In esse si cerca di sciogliere il nodo della guerra non per giustificarla da un punto di vista morale, ma per spiegarne la necessità fattuale nel mondo politico (i rapporti di potere producono degli equilibri che non si tratta di giudicare perché belli o brutti, ma semplicemente in quanto instaurano un ordine) o nel tentativo di evitarla proprio per le caratteristiche che ha. 

Tanto gli approcci realisti e neorealisti, quanto quelli che hanno invece cercato una via diplomatica, non violenta alla soluzione delle controversie internazionali di stampo liberale o neoliberale (Bobbio ad esempio), a mio modo di vedere hanno una questione filosofica di fondo che consiste nel partire da una concezione che dal punto di vista di Marx è criticabile, vale a dire il contrattualismo: considerare la formazione dell'istituzione statuale come un contratto sociale, che naturalmente si risolve poi diversamente in diversi filosofi. Il tratto comune è che se si instaura una società che in qualche modo argina la violenza anarchica dello stato di natura a livello interno, il problema si ripropone a livello esterno nelle relazioni internazionali in cui, di nuovo, i singoli funzionano come atomi anarchici. Secondo alcuni la loro interazione porta naturalmente a un equilibrio tra forze contrapposte e, alla fine, stabilisce un ordine che non è necessariamente giusto o bello, ma è un ordine. Invece secondo altri quest'ordine va costruito in qualche modo replicando la dimensione contrattualistica attraverso istituzioni terze che riescano, da una posizione super partes, a riconciliare e ricomporre il dissidio atomico dell'anarchia. 

lunedì 25 aprile 2022

Pandemia covid-19 oggi - Paolo Massucci

Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni. 


Faccio alcune brevi considerazioni sulla pandemia. Siamo in una situazione ancora molto incerta e non risolta per tanti versi. Intanto appare assurdo che tra una settimana cadono altre restrizioni in particolare riguardo all'obbligo della mascherina, nel momento in cui i livelli di contagio, già altissimi, stabili per settimane, sono ora in nuovo chiaro aumento (si tratta del 16% di positivi su 500 mila tamponi, di cui il 70% antigenici con il 50% di falsi negativi). 

Certo la gravità della malattia è molto ridotta rispetto a quando, con solo 8 mila positivi registrati, avevamo 800 decessi al giorno e gli ospedali pieni. Tuttavia abbiamo oggi ben 150-200 morti covid al giorno, o almeno positivi al covid: siamo in grado di dire quanti di questi sono morti per o con covid19? Se stimiamo che il 2,5% della popolazione generale sia positiva al covid (un dato possibile, ipotizzabile), allora 50 persone al giorno muoiono positive al covid (calcolo basato su 780 mila morti l'anno in Italia), di cui 4 per covid (rapporto tra decessi giornalieri totali e decessi covid) e 46 con covid. Ma gli altri 120 (dato che muoiono almeno 170 persone al giorno per covid, dati SSN) allora muoiono effettivamente per covid.

Insomma tra 100 e 150 persone muoiono per covid ogni giorno ed è un numero spaventoso. Poi si consideri che ci sono persone che muoiono per le complicazioni del covid, ma dopo essersi negativizzate.

Posso ipotizzare, ed esiste un dibattito in merito, che alcuni epidemiologi di riferimento, ma non tutti, concordano, che le nuove decisioni di "rilassamento" sulle restrizioni sociali (mascherina in particolare), abbiano lo scopo, a parte gli ovvi benefici psicologici ed economici, di far circolare il virus e costruire una immunità di massa robusta, per prevenire la prossima ondata autunnale più che probabile.

La cosa è sensata? Non saprei, ma, a parte i 150 morti covid suddetti, tutt'ora gli ospedali funzionano male, in quanto alle carenze strutturali di organico ed investimenti (grazie alla riduzione dello stato sociale compiuto e tuttora in corso da parte delle politiche neoliberiste imposte dagli interessi dei capitalisti) si aggiungono gli oneri organizzativi ed economici della suddivisione dei reparti ospedalieri in aree covid e non covid. Gli interventi non urgenti continuano ad essere procrastinati per carenze di strutture e sale operatorie covid free disponibili; senza contare che se prima di un intervento il paziente, sempre sottoposto a tamponi, viene riscontrato positivo, l'intervento viene rimandato. La sanità sta funzionando decisamente peggio e ciò ormai da oltre due anni: ci stanno facendo abituare ad una sanità di serie B? Forse se ne avvantaggia il debito pubblico, in quanto si devono pagare meno pensioni, perché si vive meno (dati INPS noti) ma l'età pensionabile non diminuisce (può solo aumentare, mai ridursi, come stabilito dalla legge Fornero).

Green pass. Il green pass a mio avviso non serve più: basta semmai un certificato vaccinale. Io sono a favore dell'obbligo vaccinale (allorché i dati delle istituzioni scientifiche del farmaco ne intravedano l'utilità); ma il green pass, che comporta anche una eventuale temporanea esclusione di validità in caso di positività o di quarantena o isolamento, non ha più senso in quanto i contatti stretti non producono più quarantena e i tamponi effettuati sono ormai pochissimi: è saltata in pratica ogni possibilità di tracciamento. Inoltre lo stesso vaccino, che fornisce il green pass, impedisce troppo poco l'infezione e la possibilità di trasmetterla ad altri. A mio avviso il green pass oggi è solo una inutile complicazione, che produce falsa sicurezza. Da abolire subito.

Tamponi: se non li aggiorniamo sono quasi inutili, almeno quelli rapidi, con tanti falsi negativi.

Vaccino. Il vaccino ad oggi, a mio avviso, ha salvato da decessi che in Italia sarebbero potuti arrivare a un milione. E non dimentichiamoci inoltre che esiste anche il long covid. Tuttavia oggi ci troviamo in una situazione problematica. Infatti, mentre nei primi 12-18 mesi dall'inizio della pandemia il virus è mutato poco e si è potuto preparare un eccellente vaccino, a un certo punto il virus, a causa della pressione selettiva dovuta alla immunità acquisita con guarigione o vaccino (cambia poco), ha iniziato a mutare rapidamente, acquisendo forme estremamente contagiose e che "bucano" il vaccino (che comunque rimane protettivo per le forme gravi, quindi salvifico).

Il problema è che il virus muta rapidamente e non si fa in tempo a starci dietro con l'aggiornamento dei vaccini. La quarta dose serve a poco. Si parla di possibile vaccino aggiornato per settembre, che però dovrebbe essere progettato sin d'ora: ma su quale virus? Quale variante di Omicron, dato che si avvicendano l'un l'altra ogni mese? E a settembre avremo ancora omicron e simili? Nessuno può dirlo. C'è quindi preoccupazione a livello OMS, perché non si vede una strada chiara sul vaccino futuro per controllare la pandemia.

Mascherine. Sostengo che, purtroppo, sia assolutamente necessario l'obbligo delle mascherine in tutti i luoghi chiusi e per strada in caso di affollamento o tra persone che si parlano vicine. Altro che eliminarle! Bisogna inoltre lavarsi le mani e tenere aperte finestre e finestrini nei luoghi chiusi, scuole ed ospedali (ove possibile) compreso.

La questione dei filtri e della ventilazione nelle scuole etc. C'è una lettera di un ingegnere di Torino che appunto chiede questo e che in altri paesi tipo Canada è stato fatto. Inoltre tutte le misure ragionevoli (ridurre numero scolari per es.) non sono state prese. 

Nessun ampliamento della rete e frequenza dei mezzi pubblici è stata attuata ed oggi si viaggia di nuovo come nei carri bestiame.

In sostanza: - se si tengono aperte le scuole - se si tengono in funzione le fabbriche e gli uffici a pieno regime - se si tengono in attività le discoteche e i ristoranti - se si aprono i cinema ecc. e così via, non c'è niente da fare, il virus continuerà a diffondersi. 

Poiché è evidentemente impossibile che, almeno per ora, si restringa di nuovo e con decisione la circolazione delle persone, ebbene, l'epidemia continuerà.

Ormai al primo posto c'è la guerra. Del resto se ne fottono... 

domenica 24 aprile 2022

Il 25 aprile, la Resistenza italiana e la guerra in Ucraina. Antifascismo reale e antifascistismo liberale - Stefano G. Azzarà

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.



Andiamo al cuore del problema.
 


L'equiparazione tra la guerra in Ucraina e la Resistenza, con la conseguente assimilazione dell'esercito e delle formazioni paramilitari ucraine (nazisti di Azov compresi) ai partigiani, è la narrazione che costituisce il nucleo dell'operazione ideologica con la quale soprattutto il Pd ma in generale tutte le forze liberali, con i loro apparati egemonici, intendono affrontare l'imminente 25 aprile, al fine di spazzare via definitivamente ogni lettura alternativa e ogni alternativa culturale. 


Questa assimilazione è sbagliata sul piano storico ed è pericolosa sul piano politico e va perciò respinta senza tentennamenti, respingendo al mittente al contempo il ricatto morale che le è sotteso. 

Sono decenni, ormai, che il paradigma politico antifascista classico, nato dall'alleanza tra paesi capitalistici e Urss e corroborato dalla teoria storiografica del cosiddetto "fascismo internazionale", è stato soppiantato dal paradigma del "totalitarismo": un dispositivo che serve ad affermare il primato ontologico della democrazia liberale occidentale, intesa come l'unica immanenza politica possibile ovvero come la realtà politica in quanto tale, e a delegittimare ogni forma politica diversa, in primo luogo quella socialista, assimilandola alla minaccia nazifascista. 

Tutto ciò che non è liberalismo, viene detto, è giocoforza totalitario e dunque è il male assoluto. Ragion per cui le differenze tra i diversi tipo di "totalitarismo" - nazismo, fascismo, comunismo, fondamentalismo islamico, per un certo periodo persino il populismo... -, pur se in apparenza macroscopiche, sono secondarie e irrilevanti rispetto al comune peccato mortale di sacrilegio verso il liberalismo. 

sabato 23 aprile 2022

La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli - Francesco Schettino

Da: https://www.lantidiplomatico.it - Francesco Schettino è un economista, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e all’Università Popolare Antonio Gramsci di Roma. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato uno dei maggiori collaboratori della pregevole rivista marxista La Contraddizione (https://rivistacontraddizione.wordpress.com).

Vedi anche: "CRISI DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ" - Sergio Cararo intervista Francesco Schettino

L'attualità più stringente ci induce a pensare che la questione valutaria sia di nuovo al centro dell'attenzione. Non è un caso che essa venga adoperata come arma all’interno di un conflitto esplicito e che sembri essere la reazione più forte e più evidente che il governo russo ha messo in piedi per contrastare le sanzioni che nel frattempo continuano a mutare forma e divenire sempre più coercitive nei confronti della Russia e del popolo russo. Se ne è parlato tanto però sembra opportuno specificare alcuni elementi innanzitutto semplificando all'osso la questione. È pertanto importante tornare un po’ indietro e cercare di delineare dal punto di vista concettuale che cosa è una valuta internazionale e perché appunto il governo russo abbia pensato di attuare una mossa del genere per agire da contrappeso alle sanzioni internazionali. 

Innanzitutto, è importante districarci da quel nodo teorico perlopiù inventato dal mainstream - in altri termini la scuola liberale, conosciuta in dottrina come neoclassica o marginalista - per cui la moneta non possa influenzare le variabili reali come disoccupazione e reddito (il famoso “velo”). A livello capitalistico la moneta è una merce a tutti gli effetti disponendo di tutte le caratteristiche degli altri beni prodotti capitalisticamente e cioè di un valore d’uso, un valore di scambio. Solo le banche centrali hanno l’autorità per emetterle e dunque si può dire che esista un monopolio nella sua produzione.

Semplificando al massimo, dunque, quando si parla di due elementi fondamentali ossia delle riserve internazionali di valuta pregiata e al contempo della valutazione di alcune risorse, come per esempio il caso del gas - o potrebbe essere anche quello del petrolio -, in valute diverse si toccano questioni di un certo rilievo che vanno a far vacillare i gangli del sistema stesso. In sostanza, le riserve internazionali - che quasi tutte le banche centrali del mondo detengono - servono principalmente per tre ragioni 1) Acquistare merci straniere; 2) Agire da potenziale contrappeso (anche come deterrente) per eventuali ondate speculative al ribasso sulla valuta nazionale; 3) Onorare contratti (anche debiti) denominati in valuta pregiata straniera.

giovedì 21 aprile 2022

Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA

Da: DARSI PACE · MARCO GUZZI - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni) 


DALLE OLIGARCHIE ALLA VOLONTÀ DI POTENZA - DAVIDE SABATINO IN DIALOGO CON LUCIANO CANFORA


Una delle parole che è stata sdoganata in questi giorni dai giornali mainstream è la parola “oligarchie”. Peccato però che con questo termine si è voluto indicare esclusivamente i ricchi affaristi russi, i quali - dicono i giornaloni - sono rei non solo di essere nababbi, ma anche di essere di nazionalità russa. Una discriminazione razziale che non sembra avere eguali nel resto d’Europa. 

Insieme al noto Professor Luciano Canfora abbiamo voluto scavare a fondo su questo tema del “governo dei pochi” (“oligoi” = pochi e “archè” = governo), perché siamo convinti che solo comprendendo la differenza fra democrazia e oligarchia anche il nostro orizzonte contemporaneo potrà risultare meno oscuro e ambiguo. Infatti, è inutile continuare a credere di essere i paladini della democrazia quando - di fatto - molti diritti fondamentali stanno progressivamente venendo meno. E non basta neppure paragonare il nostro sistema di relativa libertà di stampa con quello di censura più o meno dichiarata che vige da anni in Russia per poterci sentire migliori. Al massimo possono essere magre consolazioni, ma niente di più. 


L’ultimo libro di Luciano Canfora si intitola “La democrazia dei signori”, ed è proprio partendo da questo testo che abbiamo deciso di attraversare le criticità del nostro tempo, evitando in ogni modo di scadere in commenti di bassa propaganda politica che tanto vanno di moda sui quotidiani e nelle televisioni generaliste. Il quadro disegnato dal pensiero di Canfora durante il nostro dialogo mostra linee di carattere filologico fondamentali per capire la storia di oggi, senza le quali tutte le contraddizioni che questa guerra sta facendo emergere non possono che insabbiarsi. 

Per comprendere lo scenario geopolitico attuale non possiamo solo impressionarci di fronte alle immagini criminali e di devastazione che vengono trasmesse ventiquattro ore su ventiquattro da tutte le reti televisive. Occorre saper leggere quelle immagini con le lenti d’ingrandimento della filosofia e della storia politica. Ciò che fa da sfondo alle raffigurazioni drammatiche della tragedia in atto sono infatti le (in)coscienze delle classi dirigenti globali che - come insegna Luciano Canfora - oltre ad essere molto più “internazionalistiche” e “solidaristiche” del popolo che vorrebbe insorgere, sono anche governate da quella “volontà di potenza” rispetto alla quale ci mise in guardia nel secolo scorso la filosofia del profetico Friedrich Nietzsche. 


Chissà se in queste ore turbolente e vertiginose riusciremo, come popolo, a recuperare la lezione del secolo appena trascorso, provando ad affrontare il futuro con un’ottica meno bellica e più serenamente relazionale. Noi siamo qui per provarci. 
Davide Sabatino - L'Indispensabile 

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martedì 19 aprile 2022

La situazione militare in Ucraina - Jacques Baud

 Da: https://www.orazero.org - https://www.thepostil.com/the-military-situation-in-the-ukraine - Questo articolo appare per gentile concessione del Centre Français de Recherche sur le Renseignement , Parigi. Tradotto dal francese da N. Dass. - Jacques Baud è un ex colonnello di stato maggiore, ex membro dell'intelligence strategica svizzera, specialista dei paesi dell'est.


Parte prima: La strada per la guerra 

Per anni, dal Mali all’Afghanistan, ho lavorato per la pace e rischiato la vita per essa. Non si tratta quindi di giustificare la guerra, ma di capire cosa ci ha portato ad essa. Noto che gli “esperti” che si alternano in televisione analizzano la situazione sulla base di informazioni dubbie, il più delle volte ipotesi erette a fatti, e poi non si riesce più a capire cosa sta succedendo. È così che si crea il panico. 

Il problema non è tanto sapere chi ha ragione in questo conflitto, ma mettere in discussione il modo in cui i nostri leader prendono le loro decisioni.

Cerchiamo di esaminare le radici del conflitto. Si comincia da quelli che negli ultimi otto anni sono identificati come “separatisti” o “indipendentisti” del Donbass. Questo non è vero. I referendum condotti dalle due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk nel maggio 2014, non erano referendum di “indipendenza” (независимость), come alcuni giornalisti senza scrupoli hanno sostenuto, ma referendum di “autodeterminazione” o “autonomia” (самостоятельность). La qualifica “filorusso” suggerisce che la Russia era una parte del conflitto, ma non è corretto, e sarebbe stato più giusto utilizzare il termine “russofoni”. Inoltre, questi referendum sono stati condotti contro il consiglio di Vladimir Putin. 

Infatti, queste repubbliche non cercavano di separarsi dall’Ucraina, ma di avere uno status di autonomia, garantendo loro l’uso della lingua russa come lingua ufficiale. Infatti il primo atto legislativo del nuovo governo nato dal rovesciamento del presidente Yanukovych, è stata l’abolizione, il 23 febbraio 2014, della legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012 che rendeva il russo una lingua ufficiale. Un po’ come se i golpisti decidessero che il francese e l’italiano non sono più lingue ufficiali in Svizzera.
Questa decisione ha provocato una tempesta nella popolazione russofona. Il risultato è stata una repressione feroce contro le regioni russofone (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Lugansk e Donetsk) che è stata attuata a partire dal febbraio 2014 e ha portato a una militarizzazione della zona e ad alcuni massacri (a Odessa e Marioupol, i più famosi). Alla fine dell’estate 2014, rimanevano solo le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk. 

lunedì 18 aprile 2022

Annie Lacroix-Riz: "C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"

Da: Robin Delobel | investigaction.net - Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare - Annie Lacroix-Riz  è una storica francese. È docente di Storia contemporanea alla Università Paris VII - Denis-Diderot. 

Annie Lacroix-Riz, docente di storia contemporanea all'Università di Parigi VII-Denis Diderot, ha scritto diversi libri sulle due guerre mondiali e la dominazione politica ed economica. Guarda con attenzione la situazione in Ucraina ponendola in relazione alla storia dell'imperialismo di inizio XX secolo e la sua continuazione. Quello che ci viene raccontato troppo spesso dai media non ci permette di capire il conflitto, quindi di cercare una soluzione per la pace. In questa intervista, ci viene offerto uno sguardo retrospettivo utile per comprendere gli eventi e la storia recente della regione. 

Nei media, si ha l'impressione che la guerra in Ucraina sia scaturita dal nulla. Cosa può dirci del suo contesto storico?

Prima di tutto, gli elementi storici sono quasi assenti da quella che è difficile definire una "analisi" della situazione. Tuttavia, ci sono due aspetti importanti da prendere in considerazione negli eventi attuali. In primo luogo, c'è una situazione generale, cioè l'aggressione della Nato contro la Russia. In secondo luogo, c'è una sorta di ossessione contro la Russia - e anche contro la Cina. Questa ossessione non è nuova, quindi permette di relativizzare l'attuale frenesia anti-Putin. L'essenza della presunta "analisi occidentale" è che Putin sia un pazzo paranoico e (o) un nuovo Hitler. Ma l'odio per la Russia e il fatto di non sopportare che la Russia eserciti un ruolo mondiale è riconducibile all'imperialismo statunitense.

Come si spiega questa ossessione?

sabato 16 aprile 2022

Pace - Gianni Minà

Da: http://www.giannimina.it - Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.

Leggi anche: "ORA BASTA" - Gianni Minà

A DIEGO - Gianni Minà


Sento da troppi giorni i tamburi della guerra che, in maniera opprimente, si stanno avvicinando sempre di più nelle nostre vite, appesantite dagli affanni, chi più chi meno, della quotidianità, ma non certo lacerate dai drammi che la guerra porta. 

Ho 84 anni, ero un bambino durante la seconda guerra mondiale, ma mi ricordo molto bene il tragico bagaglio che aveva portato: mio nonno ferroviere fu ucciso in un bombardamento degli alleati mentre stava lavorando insieme ai suoi colleghi, la disperazione dei miei, la fatica e la paura di essere sfollati, la mancanza del cibo, il freddo, il terrore di chi rischia la morte per un tozzo di pane, le file interminabili per l’acqua. E poi, i grandi egoismi di molti, i gesti eroici di pochi, la generosità e l’altruismo esercitati in silenzio di altri.

Oggi la mia mente ripercorre quei ricordi dolorosi e vedo che nulla è cambiato: c’è chi inneggia alla guerra, anche nucleare, incurante dei dolori che porta, chi si fa alfiere di vari interessi, chi randella quotidianamente chi la pensa in maniera critica, azzerando il confronto e trasformando il dialogo in una assurda polarizzazione: amico di Putin se sei per la pace o difensore della democrazia se aderisci all’invio di armi per l’Ucraina. Perfino il Papa è stato dichiarato “pacifista estremista”, come se invocare la pace fosse da vigliacchi o peggio, da inetti, incapaci di “prendere una posizione”.

Roba da matti, o da incoscienti. O roba da falchi…

Anche Raniero La Valle, un giornalista e mio antico collega della Rai, che ha prodotto storici documentari sulla Palestina, la Cambogia e il Vietnam, nel suo editoriale su Facebook, sostiene di aver paura della guerra, perché: “anche a noi fu detto “Vincere! E vinceremo”, come infatti accadde con armate straniere che si combatterono sul nostro suolo e dal cielo distrussero le nostre città. (…) Ma noi abbiamo paura che le ultime notizie, magari come allora nascoste nelle “brevi” e poi a lungo secretate, ci informino di un’azione altamente meritoria e densa di valori imperituri come quelle compiute a Hiroshima e Nagasaki; abbiamo paura di perdere non la vita, ma ciò per cui abbiamo combattuto per tutta la vita: per la pace, la libertà, l’onore, la difesa dei popoli martoriati ed oppressi dalle colonie, dagli Imperi, dalla Trilaterale, dagli Esodi, dalle guerre bipartisan, dalla fame, dalla “giustizia infinita” inalberata per gratificare il mondo intero della democrazia, dei respingimenti, dei porti chiusi e delle estradizioni; così come abbiamo combattuto contro le operazioni alla “Desert Storm” per annientare Stati canaglia e terrorismi, o contro i missili stranieri da Comiso puntati contro l’Ungheria.”

venerdì 15 aprile 2022

Guerra in Ucraina: l'Italia ripudia la guerra. Intervista alla costituzionalista Alessandra Algostino

Da: la Città Futura - Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale nell’Università di Torino, studia da sempre i temi dei diritti fondamentali e delle forme di partecipazione politica e di democrazia diretta con particolare attenzione alla loro concreta attuazione. Tra i suoi molti scritti: "Diritto proteiforme e conflitto sul diritto" (Giappichelli, Torino, 2018) e “Democrazia, rappresentanza, partecipazione. Il caso del movimento No Tav” (Jovene, Napoli, 2011). 


                                                                           


giovedì 14 aprile 2022

Borghesi e Proletari - Karl Marx

Da: Il "MANIFESTO del PARTITO COMUNISTA " Karl Marx e Friedrich Engels (1848) - https://marxpedia.org - Coordinamento Comunista Versilia - Livorno per il Marxismo-Leninismo (https://www.facebook.com/profile.php?id=100064596770092


La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi.

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta.

Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una completa articolazione della società in differenti ordini, una molteplice graduazione delle posizioni sociali. In Roma antica abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, membri delle corporazioni, garzoni, servi della gleba, e, per di più, anche particolari graduazioni in quasi ognuna di queste classi.

La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta.

La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L'intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l'una all'altra: borghesia e proletariato.

Dai servi della gleba del medioevo sorse il popolo minuto delle prime città; da questo popolo minuto si svilupparono i primi elementi della borghesia.

La scoperta dell'America, la circumnavigazione dell'Africa crearono alla sorgente borghesia un nuovo terreno. Il mercato delle Indie orientali e della Cina, la colonizzazione dell'America, gli scambi con le colonie, l'aumento dei mezzi di scambio e delle merci in genere diedero al commercio, alla navigazione, all'industria uno slancio fino allora mai conosciuto, e con ciò impressero un rapido sviluppo all'elemento rivoluzionario entro la società feudale in disgregazione.

L'esercizio dell'industria, feudale o corporativo, in uso fino allora non bastava più al fabbisogno che aumentava con i nuovi mercati. Al suo posto subentrò la manifattura. Il medio ceto industriale soppiantò i maestri artigiani; la divisione del lavoro fra le diverse corporazioni scomparve davanti alla divisione del lavoro nella singola officina stessa.

Ma i mercati crescevano sempre, il fabbisogno saliva sempre. Neppure la manifattura era più sufficiente. Allora il vapore e le macchine rivoluzionarono la produzione industriale. All'industria manifatturiera subentrò la grande industria moderna; al ceto medio industriale subentrarono i milionari dell'industria, i capi di interi eserciti industriali, i borghesi moderni.

La grande industria ha creato quel mercato mondiale, ch'era stato preparato dalla scoperta dell'America. Il mercato mondiale ha dato uno sviluppo immenso al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni per via di terra. Questo sviluppo ha reagito a sua volta sull'espansione dell'industria, e nella stessa misura in cui si estendevano industria, commercio, navigazione, ferrovie, si è sviluppata la borghesia, ha accresciuto i suoi capitali e ha respinto nel retroscena tutte le classi tramandate dal medioevo.

Vediamo dunque come la borghesia moderna è essa stessa il prodotto d'un lungo processo di sviluppo, d'una serie di rivolgimenti nei modi di produzione e di traffico.

Ognuno di questi stadi di sviluppo della borghesia era accompagnato da un corrispondente progresso politico. Ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, insieme di associazioni armate ed autonome nel Comune, talvolta sotto la forma di repubblica municipale indipendente, talvolta di terzo stato tributario della monarchia, poi all'epoca dell'industria manifatturiera, nella monarchia controllata dagli stati come in quella assoluta, contrappeso alla nobiltà, e fondamento principale delle grandi monarchie in genere, la borghesia, infine, dopo la creazione della grande industria e del mercato mondiale, si è conquistata il dominio politico esclusivo dello Stato rappresentativo moderno. Il potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese. 

Segui la lettura: https://marxpedia.org/2019/03/12/borghesi-e-proletari-2/


martedì 12 aprile 2022

La lotta continua! Il discorso di Jean-Luc Mélenchon dopo il primo turno delle presidenziali.

 Da: https://www.sinistraineuropa.it -

Vi proponiamo la traduzione integrale del discorso pronunciato subito dopo l’esito elettorale da Jean-Luc Mélenchon, il candidato della France Insoumise, la forza della sinistra radicale francese che ha raccolto un clamoroso 21,9% sfiorando l’accesso al ballottaggio, a cui andranno Emmanuel Macron (27,6%) e Marine Le Pen (23,4%). 

Si apre una nuova pagina della lotta. Voi la affronterete, noi la affronteremo con orgoglio per il lavoro svolto. Questa forza immensa che abbiamo costruito con le nostre mani, tante volte sotto il disprezzo e gli insulti, è tutta qui. E per ogni tappa, è qui se decidete di conservarla, di difenderla come avete fatto finora nonostante tutto.

Questa mattina, era una bella giornata a Marsiglia. I raggi del sole saltavano di onda in onda sul mare che si ritirava. Questa mattina, mentre mi preparavo ad entrare in questo evento di cui non sapevo nulla, gli echi dell’Oyapock, la frontiera francese con il Brasile, mi hanno presto raggiunto. E poi quelli dei Maroni. E poi quelli della Martinica. E poi quelli della Guadalupa. E poi quelli di Reunion. Che, al primo turno, al primo turno, mi hanno eletto come loro presidente. E ho visto nelle loro decisioni ciò che volevano dire in modo pieno e completo. Lo stato in cui si trovano il paese e la sua gente in tutte le parti del territorio: uno stato di esasperazione e la sensazione di essere entrati in uno stato di emergenza ecologica, sociale e ora, ancora una volta, lo vediamo stasera, uno stato di emergenza politica.

Perché il quadro, il quadro che avete davanti agli occhi, così come è stato concepito, non da noi, e nemmeno dal popolo francese, ma dalle istituzioni della Quinta Repubblica e da questo strano sistema di sorteggio che si traduce nel chiedervi di scegliere tra due mali che vi sembrano entrambi terribili per voi anche se non della stessa natura. E ognuno di voi si trova di fronte al muro della sua coscienza, della decisione che deve prendere. È la condizione umana ad essere costantemente di fronte a decisioni che sono spesso difficili da prendere.

Beh, l’ultima volta cosa è successo? Vi ho detto quello che vi dirò di nuovo. No, conosco la vostra rabbia, miei compatrioti, di tutti voi di cui ho parlato poco fa. Conosco la vostra rabbia. Non lasciate che vi faccia commettere errori irreparabili. Finché la vita continua, la lotta continua! Ed è mio dovere dirvi, come il più vecchio tra voi, che l’unico compito che dobbiamo darci è quello che compie il mito di Sisifo: la pietra cade di nuovo nel burrone, quindi la tiriamo su.

Non siete né deboli né impotenti. Siete in grado di combattere questa battaglia, e la prossima, e la prossima ancora, quante saranno. Guardatemi: non ho mai mollato, non ho mai ceduto, non ho mai abbassato lo sguardo ed è così che abbiamo costruito questa forza.

Quindi ora tocca a voi. Nella battaglia che si avvicina, abbiamo costruito il perno del popolo. Poiché era lì, tutti i tipi di persone hanno potuto approfittarne per dare un voto e portarci a questo punto.

Le battaglie si presentano davanti a voi. Non commettiamo l’errore di farci deviare appena arrivati. Sappiamo per chi non voteremo mai. Vi ricordate quali furono le reazioni dei media dopo la nostra dichiarazione? Chi pensate che siano i francesi? Che siano incapaci di sapere cosa fare? Sono capaci di decidere ciò che è bene per il paese. Non perderemo mai la nostra fiducia nella democrazia. Quindi non dovete dare un voto a Madame Le Pen.

Quindi lo so bene, lo ripeto perché a volte, anche quando dico delle cose, è come se non le avessi dette. Quindi ricomincio da questo punto del film: non dovete dare un solo voto a Madame Le Pen. Non dovete dare un solo voto a Madame Le Pen. Non dovete dare un solo voto a Madame Le Pen. Quindi penso che il messaggio per questa parte sia stato ascoltato. Quindi ora, cosa faremo? Apriremo questa nuova pagina e le 310.000 persone che mi hanno sostenuto scriveranno il loro punto di vista.

Detto questo, non nascondiamo la violenza della delusione. La violenza della delusione sta prima di tutto nel pensare a tutto ciò che sarebbe potuto essere e che non sarà. E questo più di ogni altra cosa mi brucia. Quello che mi preparavo a fare, quello che pensavo fosse immediatamente a portata di mano, le belle squadre che avevamo a disposizione e che erano pronte a schierarsi per assumere tutti i compiti che dovevano essere fatti.

Sì, è una delusione. Ma allo stesso tempo, come possiamo nasconderci? Io sono come te, lì in mezzo. Come posso nascondere il mio orgoglio per il lavoro che abbiamo fatto? Il Polo del Popolo esiste. Se non ci fossimo noi, cosa resterebbe? Cosa avremmo? Non avremmo nulla. E abbiamo costruito questa forza (…). La lotta continua. La lotta continua.

lunedì 11 aprile 2022

L’importanza dell’Eurasia - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza. 



Il conflitto in Ucraina viene da lontano ed è legato alla competizione internazionale per il dominio sull’Eurasia. 


L’idea dell’importanza dell’Eurasia per garantirsi il dominio del mondo risale ai primi del Novecento e in particolare a uno scritto di Halford John Mackinder intitolato The Geographical Pivot of History, pubblicato nel 1904. In questo articolo egli sosteneva che la regione che va dall’Europa centrale alla Siberia rappresentava nelle condizioni politiche del tempo il “cuore geopolitico mondiale”, da lui definito appunto Heartland, e inespugnabile da parte delle potenze talassocratiche come la Gran Bretagna, che al tempo appunto dominava i mari. Il grande geografo e antropologo britannico prefigurava una forte alleanza tra la Germania e la Russia zarista, che però orientavano la loro politica in senso diverso, convinto che chi avesse dominato questa ampia e ricca regione avrebbe esteso il suo controllo anche all’Africa, costituendo l’Eurafrasia, ossia ciò che egli definiva “isola mondiale”. Chi avesse realizzato questo progetto avrebbe messo sotto il suo controllo gran parte delle terre e delle risorse mondiali, garantendosi così un dominio indiscusso sul mondo. A suo parere la classe dirigente britannica, che si era scontrata con i russi nell’Asia centrale nell’Ottocento, doveva prendere in considerazione questo pericolo e cercare di sventarlo.

Come si può capire da quanto esposto, l’analisi di Mackinder aveva un carattere esclusivamente geopolitico e quindi prendeva in considerazione esclusivamente gli Stati come protagonisti della storia e detentori di risorse materiali senza tenere in conto la loro stratificazione di classe e le dinamiche inerenti al sistema capitalistico radicato in questi paesi.

Un interessante articolo di Davide Papini ci aiuta ad approfondire questo non facile aspetto spiegando dettagliatamente l’origine e gli obiettivi dell’atlantismo [1], sorto probabilmente nel 1913, quando fu istituita la Federal Reserve, dominata dai grandi banchieri internazionali.

Nella descrizione di Papini le forze atlantiste, ossia quelle che spinsero gli Stati Uniti a intervenire nella Prima e nella Seconda guerra mondiale per espandersi nell’Eurasia, mettevano insieme “un composito schieramento di élites (dinastie bancarie, magnati industriali, leader politici, personalità culturali), accomunate da ingenti interessi materiali e dalla medesima visione del mondo”. I veri capi di questo gruppo di potere erano i proprietari delle grandi banche d’affari che dominavano la City di Londra e Wall Street a New York. Il loro scopo, purtroppo in gran parte realizzato, era quello di trasformare il mondo in unico mercato globale, dove avrebbe dovuto spadroneggiare un’unica moneta, imponendo quindi il signoraggio del dollaro, che i vari paesi avrebbero dovuto chiedere in prestito per far funzionare le loro economie, indebitandosi a vita. Eventi che sono divenuti sempre più palesi negli ultimi decenni del XX secolo a partire dagli inizi della crisi economica iniziata alla fine dei Trenta anni gloriosi. Le forze atlantiste riunivano le antiche massonerie e le istituzioni mondialiste come, per esempio, il Council on Foreign Relations o il Royal Institute of International Affairs. Tali personaggi si prefiggevano di imporre al cosiddetto blocco occidentale, comprendente anche il Giappone conquistato a suon di bombe atomiche dagli Stati uniti, “il catechismo del nuovo ordine mondiale atlantista, di cui il mercatismo e il cosmopolitismo costituivano gli elementi basilari”. 

domenica 10 aprile 2022

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Da: https://www.facebook.com/vincenzo.costa.79025 - Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell'esperienza (biennio magistrale).

Leggi anche: Filosofia e scienza - Vincenzo Costa 

COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa 



In questa guerra non si fronteggiano soltanto eserciti. Si fronteggiano due idee di Occidente. Si fronteggiano due possibilità su come pensare il mondo a venire: da un lato l’idea di un mondo unipolare, accentrato e diretto dall’Occidente, dall’altro l’idea di un mondo multipolare, variegato, fatto di molte culture, stili di vita, forme di organizzazione economica. 

La guerra in Ucraina sta pertanto sollevando un problema di ordine generale, relativo a come pensare, in quanto occidentali, il nostro posto nel mondo e il nostro rapporto con l’altro dall’Occidente. Negli ultimi trent’anni questo “altro” ha assunto nomi continuamente diversi (l’Islam, la Cina, la Russia, forse l’India), ma una cosa è rimasta costante: lo abbiamo sempre rappresentato con le sembianze del “mostruoso”, dell’irrazionale, del patologico, dell’anormale, dell’arretrato. Rispetto a questo altro, su cui abbiamo proiettato tutte le caratteristiche del male assoluto, della malvagità e della mostruosità, emerge la nostra identità: noi siamo i buoni, il progresso, i diritti umani universali. 

Alla base di questa rappresentazione di noi stessi stanno – se mettiamo da parte tutte le questioni di geopolitica, di politica di potenza, di interessi economici e ci limitiamo alla questione culturale – due presupposti. La prima è quella secondo cui i nostri valori sono quelli universali, anche se all’interno dello stesso Occidente hanno una data di nascita estremamente recente. La seconda è quella secondo cui nella storia dell’Occidente, e solo in essa, si dispiega la ragione. Siamo così indotti a pensare che noi siamo più vicini alla verità, mentre gli altri sarebbero arretrati, dunque nell’errore, da cui possono emendarsi solo assimilandosi a noi, sciogliendo la loro storia nella nostra. 

Il progresso consisterebbe allora – nella nostra autorappresentazione – in un enorme processo di occidentalizzazione: tutti gli uomini della terra devono assumere i nostri costumi, adottare il mercato come motore dello sviluppo economico, istituire un modello democratico come il nostro, che diventa l’unico modello di democrazia possibile. Soprattutto, davanti ai valori universali occidentali non si può transigere, sicché i conflitti, che esigerebbero dialogo e riconoscimento reciproco per essere risolti, diventano immediatamente conflitti di civiltà, tra il bene e il male. 

Una volta assunto questo atteggiamento la possibilità del dialogo (che è anche negoziato, diplomazia e ricerca del compromesso possibile) diventa impossibile: gli altri si devono piegare. Non davanti a noi, ma ai valori, e noi non dobbiamo esitare a difenderli e se necessario ad imporli con le armi, perché tollerare la differenza sarebbe un atto di viltà verso i valori e la verità. In questo modo è la nozione di politica come capacità di pensare secondo la storia e il tempo ad essere sacrificata. I valori non ammettono infatti dilazione, e se la lotta è tra valori e disvalori la guerra è inevitabile. 

sabato 9 aprile 2022

Cosa sta succedendo dentro l’ONU?

 Da: http://misiones.cubaminrex.cu - https://www.facebook.com/giannimina38 - 


Intervento del rappresentante permanente di Cuba presso le Nazioni Unite, Pedro L. Pedroso Cuesta, per dichiarazione di voto in merito al Progetto di Risoluzione sulla sospensione della Federazione Russa come membro del Consiglio dei diritti umani.

New York, 7 aprile 2022

Signor Presidente,

Cuba ha sempre sostenuto e lavorato per un Consiglio dei diritti umani in grado di affrontare le complesse sfide che la comunità internazionale deve affrontare in questa materia, dalla quale nessun paese è esente.

Difendiamo l'obiettività, l'imparzialità e la trasparenza nell'operato di questo organismo, e che le sue procedure e meccanismi operino sulla base di informazioni veritiere e verificate.

Il ricorso alla clausola di sospensione dei membri del Consiglio non favorirà in alcun modo la ricerca di una soluzione pacifica, negoziata e duratura del conflitto in Ucraina; e tanto meno contribuirà a favorire il clima di cooperazione, dialogo e comprensione che deve prevalere nell'affrontare la questione dei diritti umani.

È inoltre irrispettoso che, a pochi giorni dalla conclusione di una sessione ordinaria del Consiglio dei diritti umani, a tale organo non sia stata nemmeno data l'opportunità di pronunciarsi sulla questione.

venerdì 8 aprile 2022

Gianfranco Pala: L’"AntiKeynes" - Francesco Schettino

Da: Università Popolare Antonio Gramsci - https://www.unigramsci.it - Casa del Popolo "Ladri di biciclette", Val Melaina.
Gianfranco Pala, già docente alla Sapienza di Roma, è un economista italiano. Fondatore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). 
Francesco Schettino è un economista italiano, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e alla Università Popolare Antonio Gramsci. Redattore della rivista LA CONTRADDIZIONE.


Primo incontro: Keynes contro Marx
                                                                           

Secondo incontro: Stato e mercato. La falsa dicotomia https://www.youtube.com/watch?v=TZV2NX3TUhk 
Terzo incontro: Capitale: unicità e molteplicità 
Quarto incontro: Crisi di sottoconsumo e di sovrapproduzione https://www.youtube.com/watch?v=nTVGq73LNFc