*Pubblicato su Revue Rue Descartes, n°85-86, 2015.
Qualche osservazione a partire da Cartesio, Kant e Marx
Feticismo della merce e narcisismo: è intorno a questi due
concetti, ed alle loro conseguenze, che si articola questo testo. Il suo
retroterra teorico è dato dalla critica del valore, del lavoro astratto, del
denaro e del feticismo della merce, così come è stata sviluppata soprattutto da
Robert Kurz e dalle riviste Krisis ed Exit!, in Germania, e da Moishe Postone,
negli Stati Uniti, dopo la fine degli anni 1980.
Feticismo della merce, è un concetto introdotto da Karl Marx
nel primo capitolo del Capitale. Lo si è spesso voluto intendere come una forma
di falsa coscienza, o di una semplice mistificazione. Tuttavia, un'analisi più
approfondita [*1] dimostra che si tratta di una forma di esistenza sociale
totale che si situa a monte di ogni separazione fra riproduzione materiale e
fattori mentali: essa determina le forme stesse del pensiero e dell'agire. Il
feticismo della merce condivide questi tratti con altre forme di feticismo,
come la coscienza religiosa. Potrebbe così essere caratterizzato come una forma
a priori.
Il concetto di forma a priori evoca evidentemente la
filosofia di Immanuel Kant. Tuttavia, lo schema formale che precede ogni
esperienza concreta e che a sua volta la modella, che è qui in questione, non è
affatto ontologico, come lo è in Kant, ma storico e soggetto ad evoluzione. Le
forme a priori nelle quali si devono rappresentare necessariamente tutti i
contenuto della coscienza sono, per Kant, il tempo, lo spazio e la causalità.
Egli concepisce tali forme come innate in ogni essere umano, senza che la
società o la storia giochino alcun ruolo. Basterebbe riprendere tale questione,
privando però le categorie a priori del loro carattere atemporale ed
antropologico, per poter arrivare a delle conclusioni vicine alla critica del
feticismo della merce. Il fatto che la percezione del tempo, dello spazio e
della causalità variano notevolmente nelle differenti culture del mondo è stato
sottolineato anche da alcuni kantiani [*2].
Però, non si tratta soltanto della conoscenza, ma anche
dell'azione. Il feticismo della merce di cui parla Marx, e l'inconscio di cui
parla Sigmund Freud, sono le due principali forme che dopo Kant sono state
proposte per dar conto di un livello di coscienza in cui gli attori non hanno
affatto una percezione chiara, ma che in ultima analisi li determina. Ma mentre
la teoria freudiana dell'inconscio è stata ampiamente accettata, il contributo
dato da Marx per comprendere la forma generale della coscienza è rimasto la
parte più misconosciuta della sua opera [*3]. Con la formula del
"feticismo della merce" e del "soggetto automatico", Marx
ha gettato le basi per una concezione di un inconscio a carattere storico e soggetto
al cambiamento, mentre l'inconscio di Freud è essenzialmente il ricettacolo di
costanti antropologiche, e perfino biologiche. In Freud, è sempre questione di
rapporto fra un inconscio tout court ed una cultura tout court, e per lui
questo rapporto non è mai cambiato dall'epoca della "orda primitiva".
Nella sua teoria, non c'è posto per la forma feticista, la cui evoluzione
costituisce proprio la mediazione fra la natura biologica, in quanto fattore
pressoché invariabile, e gli avvenimenti della vita storica.