sabato 9 agosto 2025

ACCORDI FUFFA: la DEINDUSTRIALIZZAZIONE USA è IRREVERSIBILE - Joseph Halevi

Da: OttolinaTV - Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. 

A pagare i 300 miliardi e passa che gli USA dovrebbero incassare grazie ai dazi saranno principalmente aziende e consumatori USA.
Le centinaia di miliardi di investimenti promessi, sono destinati a finire nel mare magnum dei circuiti finanziari.
E tutto quello che abbiamo promesso di acquistare in termini di gas e armi, gli USA in realtà in buona parte non sono in grado di produrlo, 40 anni di finanziarizzazione hanno ridotto al lumicino il ruolo degli USA nelle catene del valore globale. Per invertire la rotta, servirebbe una rivoluzione, in grado di detronizzare l’aristocrazia finanziaria che ha occupato tutti i posti di comando, e che impone una insostenibile rendita monopolistica a tutta l’economia.
Alla fine invece, per non disturbare nessuno, ci si è limitati ad aumentare un po’ la tassa imperiale.

                                                                           

venerdì 8 agosto 2025

Chi paga? - Alessandro Volpi

Da: Alessandro Volpi -  Alessandro Volpi docente di Storia contemporanea, di Storia del movimento operaio e sindacale e di Storia sociale presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. 

Chi paga 
MI scuso in anticipo per i toni molto polemici. Non sono ancora chiari gli effetti dell'atto di sottomissione europea agli Stati Uniti consumatosi nel golf club scozzese di proprietà di Donald Trump ma, intanto, partono le stime delle possibili conseguenze sull'economia italiana e le, immancabili, richieste di sostegno da parte delle imprese. La stima, molto artificiale, è vicina ai 23 miliardi di euro e si parla di migliaia di posti di lavoro in pericolo, per cui Confindustria e altre associazioni di categoria hanno subito indirizzato al governo un forte grido di dolore. 
Il presidente di Confindustria, Orsini, ha persino sostenuto la necessità di una sorta di patto con i sindacati, che in realtà sembrano aver accolto l'ipotesi con un certo favore, per trovare risorse pubbliche a difesa delle "imprese e dei lavoratori italiani". 

Dunque, siamo di fronte all'ennesima domanda di sussidi che, naturalmente, verranno pagati dalla fiscalità generale: o meglio da quelli che pagano le tasse, cioè poco meno del 40% del totale dei contribuenti. Ora, questa richiesta merita una considerazione, polemica appunto. 
Ma i sussidi, pagati dalla collettività che paga (non è un refuso), devono servire perché le imprese italiane che vendono negli Stati Uniti possano continuare a vendere lì? 

In altre parole, di fronte ai dazi di Trump, le imprese che perderebbero "competitività" e licenzierebbero, magari grazie alle normative "semplificatorie" partorite negli ultimi anni, otterrebbero dallo Stato, e quindi dalla collettività che paga le imposte, le risorse per pagare i dazi Usa senza dover ridurre i profitti, perché altrimenti procederebbero a licenziare? 

Per essere ancora più chiari: Trump mette i dazi e le imprese che per anni hanno fatto la loro "strategia" industriale creandosi una dipendenza dal mercato estero, con il pieno supporto dei governi succedutisi in carica, senza grandi distinzioni, ora chiedono allo Stato le risorse per continuare questa pratica, dimostratasi fallimentare? 

Lo Stato, quindi la collettività, paga per le imprese i dazi di Trump e continua a rinunciare, come ha fatto per anni, a immaginare politiche industriali che non rendano il sistema produttivo italiano ricattabile dagli Stati Uniti in primis e che non si affidino solo al contenimento del costo del lavoro? 

E' questo il modello delle associazioni di categoria e avallato dai sindacati? 

Mi auguro proprio di no, anche perché, intanto, le "imprese" fanno grandi affari. Exor degli Elkann ha venduto, in un colpo solo, tutta Iveco, compresa la divisione Iveco Defense, spacchettando l'operazione in due con la parte "civile" ceduta a Tata, attraverso Opa, per 3,8 miliardi di euro, e la parte militare a Leonardo per 1,7 miliardi. In pratica 5,5 miliardi di euro che vanno direttamente in tasca ai grandi azionisti di Iveco: Exor, appunto, che ha il 27%, Norges Bank e il fondo americano Arcadia, dove sono presenti le immancabili Big Three. 

Dunque, di fronte ai dazi, per cui Confindustria e c. chiedono un grande patto con soldi pubblici, Elkann e amici guadagnano 5,5 miliardi liberandosi di una società che ha quasi 10 mila dipendenti solo in Italia. Ma c'è di più: Iveco Defense, che ha commesse dallo Stato italiano per una ventina di miliardi, passa nelle mani di Leonardo - dove sono ben presenti i grandi fondi Usa - e accentua la sua vocazione militare anche per effetto della joint venture fra Leonardo e Baykar, la società turca, di proprietà del re dei droni Selcuk Bayraktar. 

Di nuovo, in sintesi, "l'imprenditoria" italiana vende per fare tanti soldi, che reinvestirà in ambito finanziario, e cede un pezzo della sua proprietà a imprese che vivono di armi. Anche in questo caso con il consenso dei sindacati perché le tre sigle congiunte dell'industria meccanica hanno salutato con grande favore la formazione del cartello Leonardo/Baycar, Iveco Defense. 

Colonnello non voglio il pane, dammi il piombo per il mio moschetto, recitava nel 1942 la Sagra di Giarabub. 

giovedì 7 agosto 2025

L’intima relazione tra fascismo e imperialismo - Alessandra Ciattini

Da: https://giuliochinappi.wordpress.com - https://www.marxismo-oggi.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 



Molti hanno sostenuto che lo sviluppo del capitalismo sarebbe stato progressivo e avrebbe generato l’ampliamento delle libertà collettive ed individuali. Purtroppo, gli eventi degli ultimi decenni dimostrano il contrario: il capitalismo giunto nella fase attuale, definita “forma tarda”, deve necessariamente essere maggiormente repressivo e coinvolgere le sue popolazioni nella guerra per mantenere al potere la sua classe dirigente.


Nel 2014 così scriveva Samir Amin: “Il fascismo non è sinonimo di un regime autoritario di polizia che rifiuta le incertezze della democrazia parlamentare elettorale. Il fascismo è una risposta politica specifica alle sfide che la gestione della società capitalista può trovarsi ad affrontare in circostanze specifiche”.

Riprendendo quanto aveva affermato Lenin (“La reazione politica su tutta la linea è una caratteristica dell’imperialismo”), nel 1938 Lev Trotskij scrive: “Per la borghesia la democrazia è una necessità nell’epoca della libera concorrenza. Al capitalismo monopolistico, basato non sulla ‘libera’ concorrenza, ma sull’imperio centralizzato, la democrazia non serve affatto: lo ostacola e lo disturba. L’imperialismo può tollerare la democrazia sino a un certo momento, come un male inevitabile. Ma aspira intimamente alla dittatura” (Guerra e rivoluzione, Mondadori 1973).

mercoledì 6 agosto 2025

Pagina nera della Chiesa cattolica e lotta secolare anticomunista - Paolo Massucci

Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni. (Paolo Massucci



Nel 1998 papa Wojtyla beatifica monsignor Stepinac, collaboratore del nazista Ante Pavelic, capo del regime nazista croato. Pavelic compì eccidi così efferati e alla luce del giorno che scandalizzarono persino gli esponenti del Terzo Reich e del Fascismo. (https://ilmanifesto.it/archivio/1998016059

Il nazifascismo, nonostante la sconfitta del 1945, continuò a vivere, in posizioni di potere e in chiave ideologica, per essere utilizzato in funzione anticomunista. Con esso, infatti, mai si vollero fare i conti fino in fondo. 

Questa pillola di storia aggiunge un altro tassello al ruolo politico del quale fu incaricato Giovanni Paolo II. 

La storia dell'Occidente dopo la II guerra mondiale, infatti, è segnata dalla lotta - ad oggi ampiamente vincitrice, in termini politici, economici e ideologici- contro il movimento comunista.

Nonostante la vittoria storica, la lotta ideologica e politica anticomunista, in forme mutate, tutt'oggi è in atto. Essa infatti costituisce, pur in maniera mistificata e trasfigurata, la lotta del capitalista contro la classe lavoratrice per la massimizzazione dell'estrazione del plusvalore e quindi del profitto.

L'andamento della lotta, da decenni ancor più favorevole al capitale, si evidenzia nelle politiche neoliberiste: contrazione dei salari e delle pensioni, precarizzazione e perdita dei diritti dei lavoratori, peggioramento drammatico del sistema sanitario nazionale, privatizzazione di qualsiasi servizio di interesse collettivo, aumento dei costi scolastici e universitari con compromissione nei fatti del diritto allo studio. I salari ormai non garantiscono più un baluardo per la povertà: la sopravvivenza o il benessere, distribuiti a macchia di leopardo, sono legati semmai alle successioni ereditarie di immobili e di piccoli patrimoni risparmiati dalla precedente generazione dai redditi da lavoro. D'altra parte le conseguenze della vittoria del capitalismo si evidenziano anche nell'abbandono della cosa pubblica, del bene comune, quale la difesa ecologica del pianeta e le politiche mondiali di pace e disarmo ormai abbandonate, mentre la guerra, spacciata quale diritto alla difesa, è ormai sdoganata come mezzo in realtà per regolare in maniera spiccia i rapporti di forza internazionali.

Il livello di ingiustizia sociale e disuguaglianza si estremizza costantemente e il malessere sociale con le sue potenziali non prevedibili conseguenze politiche, civili e sociali, viene gestito mediante la riduzione degli spazi democratici ed una intensificazione della componente ideologica mediante potenziamento dell'apparato mediatico. Il sistema elettorale parlamentare è ormai praticamente saltato nel ruolo di trasmissione delle istanze politiche dai cittadini ai governi, mentre autoritarismo, repressione poliziesca, corsa agli armamenti, insieme allo strapotere delle oligarchie mondiali, vengono giustificate ideologicamente come difesa dei valori democratici occidentali.

Insomma nei Paesi europei e in USA in particolare si sopprime la democrazia per “difendere la democrazia occidentale”.

La tesi di Benedetto Croce per cui il Fascismo sarebbe una parentesi nella storia italiana dovrebbe essere capovolta, e non solo a livello italiano, per cui la democrazia è stata una parentesi nel corso della storia dei Paesi con economia capitalistica, dove la normalità è il fascismo, nelle sue diverse forme ed espressioni.

A ben vedere tuttavia il capitalismo non è “il modo in cui funziona la produzione e l’economia” -come vuole far intendere l’ideologia dominante- ma è un sistema storicamente determinato che si basa sulla dominanza di classe, antiquato e fallimentare nel gestire gli immani problemi planetari del XXI secolo, problemi drammatici che esso stesso ha generato proprio nel suo perseguire la massimizzazione dell’utilità privata. 

Le prospettive dell’umanità, la civiltà, dipendono dall’esito della lotta di classe. 

martedì 5 agosto 2025

"HASBARA" L'ARMA PIÚ POTENTE DI ISRAELE

Da: Pubble - https://www.facebook.com/Pubbleart - Paola Ceccantoni, conosciuta sul web come Pubble è un'ex vignettista, opinionista e youtuber italiana (Pubble Satira).

Vedi anche: NON ABBIAMO CAPITO NULLA!  

In questi anni siamo stati martellati dalla propaganda, ma pensavamo che proprio in virtù di questo martellamento e della schematicità potessimo ormai tracciare a grandi linee una "ricetta", riconoscere cioè gli ingredienti della propaganda, per poterla scongiurare. ma si sa, la migliore propaganda è quella che c'è ma non si vede, e cosa succede allora quando questa procede per i sentieri più subdoli e meno riconoscibili? cosa succede quando non è la potenza bellica, ma la propaganda invisibile il potere più grande e coercitivo che una nazione ha? Lo vediamo insieme.

                                                                           

con quest'altro video (https://www.youtube.com/watch?v=-op8rLusReA) integriamo sull'Hasbarà, la grande macchina della propaganda israeliana. Stavolta indagheremo alcuni casi specifici, come il caso Francesca Albanese, e il caso degli aiuti umanitari, due esempi nei quali si riesce a tracciare benissimo come viene fabbricata una menzogna atta a seminare il dubbio, a sporcare la critica e a manipolare la realtà dei fatti, per spiegare non solo come agisce l'hasbarà, ma soprattutto i nomi di chi la fabbrica.

lunedì 4 agosto 2025

Palestina, l’isola che non c’è - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it/palestina-lisola-che-non-ce - https://www.facebook.com/alberto.negri - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq.

Vedi anche: Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina - ILAN PAPPÉ 

Leggi anche: «10 miti su Israele» di Ilan Pappé - Michele Giorgio  

Un Patto d’Abramo dal Golfo all’Ucraina - Alberto Negri  

Armi e tecnologie, a chi conviene il genocidio - Alberto Negri


Su una collina a sud di Israele, Givat Kobi, arrivano ogni giorno centinaia di israeliani per vedere i bombardamenti su Gaza. Si affittano anche i binocoli per vedere meglio le macerie. Il genocidio di un popolo viene guardato e trasmesso in diretta ma il suo diritto all’autodeterminazione, alla giustizia e alla vita, va sempre in differita, da decenni. È come l’isola che non c’è di Edoardo Bennato.
Anche oggi in Europa e in Italia ci arroghiamo il diritto, da cancellerie e salotti vari, di discettare se sia più o meno giusto – il giusto lo decidiamo noi naturalmente – riconoscere uno stato palestinese. Per altro in ritardo su 150 Paesi, tra cui il Vaticano, che lo hanno già fatto. È quello che qualche giorno fa Chiara Cruciati sul manifesto definiva «un suprematismo bianco» che oggi appare assai fuori tempo massimo. 

Se Francia e Gran Bretagna vogliono andare oltre le dichiarazioni simboliche sullo stato palestinese, avrebbero molto da fare in concreto. Per esempio sospendere le esportazioni di armi verso Israele e chiedere un’indagine internazionale sui crimini di guerra dello stato ebraico. Inoltre potrebbero usare la propria influenza per punire la colonizzazione e il blocco imposto a Gaza, sostenendo direttamente i palestinesi. 

In realtà quello che possiamo scrutare oggi dalla collina di Givat Kobi sono il passato e il presente di una mentalità distorta, segno dei tempi ma anche di una vicenda che non vogliamo sentirci raccontare. 

La nostra mentalità coloniale, con godimento massimo di Netanyahu e Trump, non ci abbandona mai. Rafforzata da quasi ottant’anni di menzogne. Da quel 14 maggio 1948 che decreta la nascita di uno stato israeliano, avvenuta non con una guerra di indipendenza, come vuole la narrazione dominante, ma sulla base di una conquista coloniale e della pulizia etnica, come scrive lo storico israeliano Ilan Pappé. 

domenica 3 agosto 2025

IL GIORNO CHE CANCELLARONO LA SCALA MOBILE. L'inizio della deflazione salariale, il monito di Sergio Garavini - Maurizio Acerbo

Da: https://www.facebook.com/Acerbo Maurizio - Maurizio Acerbo è un politico italiano, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista dal 2017.

Leggi anche: CAMILLA RAVERA SU GRAMSCI, IL FASCISMO, IL SETTARISMO. UNA MAESTRA DI ANTIFASCISMO COMUNISTA 

"31 luglio '92: la condanna a morte dei lavoratori italiani. La scala mobile fu uccisa, i salari massacrati. Fine degli aumenti automatici, fine della prima repubblica, quella socialista cristiana nata dalla Resistenza, fine del welfare italiano; nascita del maggioritario - le due facce del più marcio neoliberismo post-reaganiano/tatcheriano. Fine della parola speranza."  (Dean Buletti)
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"Il 31 luglio 1992, i segretari generali di Cgil Cisl e Uil siglavano con il governo Amato e la Confindustria la cancellazione della scala mobile, condizione richiesta ai sindacati e imprescindibile per evitare le dimissioni del Governo. 
Da quel giorno i salari dei lavoratori sono arretrati fino a divenire il fanalino di coda a livello europeo, con l'Italia unico Paese in cui si registra il segno meno nella crescita salariale. 
Si aprì allora una straordinaria stagione di lotte operaie e sindacali, la “stagione dei bulloni” venne definita, per l'accoglienza che i lavoratori riservarono ai segretari confederali che andavano nelle piazze a cercare di spiegare l'inspiegabile, cioè che avevano accettato di tagliare per sempre i salari e gli stipendi per difendere il governo dei padroni. 
Oggi, come mai prima, l'assenza di un meccanismo di adeguamento dei salari e degli stipendi all'inflazione sta producendo un vero e proprio collasso della capacità di acquisto delle famiglie." (Unione Sindacale Di base31/07/2022)
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Il #31luglio 1992 fu imposto alla Cgil il peggior accordo della sua storia, quello che cancellava la scala mobile. Da allora in Italia lavoratori e pensionati non sono più protetti da uno strumento di adeguamento automatico dei salari e delle pensioni all’inflazione. 

E’ uno dei fattori che ha portato l’Italia a essere l’unico paese europeo e dell’Ocse ad aver visto diminuire i salari nell’ultimo trentennio. 

sabato 2 agosto 2025

Riceveranno gli europei una visita del “signor Oreschnik”? I deliranti piani di guerra di Ue e Regno Unito e i rischi delle provocazioni tedesche alla Russia - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 
Vedi anche: Scott Ritter: Gli USA faranno fuori Zelensky e l’Europa non conterà più nulla 



Le guerre odierne non sono conflitti isolati, ma manifestazioni di uno scontro globale per la futura spartizione del potere mondiale. Mentre Trump prepara un nuovo fronte in Estremo Oriente, gli analisti mettono in guardia l’Occidente e suoi alleati. 

Le guerre, cui assistiamo, non sono più il frutto di una guerra a pezzi, ma le manifestazioni di un conflitto globale, il cui risultato sarà una diversa spartizione del mondo. Il pacificatore Trump ha cambiato idea e sembra voler continuare ad appoggiare l’Ucraina, per poi aprire un fronte nell’Estremo Oriente. Due noti analisti statunitensi si chiedono se gli Usa e gli europei sono in grado di continuare su questa strada e se non hanno sottovalutato le capacità militari e politiche dei loro avversari. Se l’Occidente collettivo non riconoscerà la sua sconfitta, se non negozierà veramente con la Russia, se la Germania metterà in pratica i suoi piani deliranti, è probabile che prima o poi riceveremo una visita non gradita dell’unico missile di medio raggio supersonico non intercettabile: Oreshnik.

venerdì 1 agosto 2025

Hegel e il principio di non-contraddizione - Lucio Cortella

Da: Lucio CORTELLA - Lucio Cortella è attualmente Professore ordinario di Storia della Filosofia presso il Dipartimento di Filosofia e Beni culturali dell'Università Ca' Foscari di Venezia (https://www.unive.it/data/persone/5591041/curriculum). 




                                                                        

giovedì 31 luglio 2025

“C’era una volta l’URSS. Storia di un amore”, un libro per capire la Russia di ieri e di oggi - Nicola Pozzati intervista Laura Salmon

Da: https://www.radio5punto9.it/cera-una-volta-urss-salmon - Laura Salmon (https://rubrica.unige.it/personale/VUZBWVpt) è professore ordinario di Lingua e Letteratura Russa all’Università di Genova e, nel corso della propria carriera, ha tradotto alcuni dei più importanti capolavori della letteratura russa. 


 Nel suo ultimo libro C’era una volta l’URSS. Storia di un amore, pubblicato da Sandro Teti Editore, Salmon racconta la propria frequentazione della Russia, prima da studentessa e poi da giovane studiosa. 

In questo memoir l’autrice raggiunge – attraverso lo “stile esclusivo della prosa narrativa” – due obiettivi: raccogliere i propri ricordi, trasportando il lettore in quei luoghi e in quel tempo in modo quasi fotografico, ridando vita ad atmosfere che, altrimenti, si sarebbero perse nel tempo e, in secondo luogo, lo porta ad una maggiore comprensione di quello che potremmo definire lo “spirito russo”, un sentimento sociale che si forma sulla scorta delle istanze del proprio tempo, ma anche della storia passata; un approccio alla vita che unisce vari fattori, talvolta anche agli antipodi tra di loro, ma che concorrono a formare il carattere della Russia e dei suoi abitanti.

Potremmo limitarci a dire che una buona scrittura sia motivo sufficiente per occuparsi di un libro – e su questo Salmon fa un lavoro egregio – tuttavia, crediamo che proprio l’attuale contesto geopolitico, marcatamente influenzato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, rappresenti uno dei motivi che dovrebbe portarci ad approfondire senza pregiudizi la cultura di questa Nazione che oggi rappresenta per noi una imprescindibile controparte.

 Perché ha deciso di scrivere “C’era una volta l’URSS. Storia di un amore”?

mercoledì 30 luglio 2025

Marx e la crisi migratoria negli Usa: gli immigranti non sono nostri nemici - Frasi di Marx (6)

Da: l'AntiDiplomatico - https://www.lantidiplomatico.it
I precedenti: "Collasso Ecologico": cosa direbbe Marx oggi - Frasi di Marx (5)  MARX ANALIZZA JOKER (3)

Questo video analizza in maniera dettagliata una delle operazioni più ciniche del tardo capitalismo: come spiegarci che lo stesso sistema, il quale ha organizzato consapevolmente la migrazione massiccia dai paesi non industrializzati per decenni, oggi schiera soldati contro i migranti come se costituissero una minaccia esterna? 

Avvalendoci dell’analisi marxista esamineremo come il capitale genera deliberatamente la dipendenza della manodopera migrante per usare il terrore della deportazione come mezzo per praticare il supersfruttamento. Dal Trattato TLCAN (Trattato di libero commercio dell’America del Nord), che ha distrutto l’economia agricola messicana fino alle retate dell’ICE (United States Immigration and Customs Enforcement), che generano terrore, esamineremo come si confeziona la guerra tra i poveri, mentre i veri responsabili di questo fenomeno restano invisibili. Le proteste di Los Angeles rivelano un crudele paradosso: mentre i lavoratori continuano a credere che hanno tratti più comuni con i capitalisti del loro paese che con i lavoratori degli altri paesi, il capitale continuerà a ridere di tutte le bandiere. 

Come al solito, il ragionamento di Marx esamina un fenomeno, mostrando come esso costituisca la faccia immediatamente visibile di dinamiche abilmente oscurate. Naturalmente fa riferimento ai processi, generati circa 500 anni fa dal colonialismo, poi trasformatosi a partire dal 1950 nel neo-colonialismo, ancora imperante, che esamina in molti sui scritti, come gli articoli pubblicati dal periodico statunitense New York Tribune, con cui collaborò per 10 anni. Solo quando l’altra faccia del fenomeno sarà portata alla luce, allora sarà possibile trovare una soluzione radicale e quindi, autentica al problema. 

Bisogna aggiungere che il colonialismo ha fondato le sue crudeli pratiche in ideologie razziste, che sostenevano l’inferiorità dei popoli colonizzati, descritti anche come “popoli senza storia”, ossia gruppi che potevano evolvere solo per intervento esterno, che pertanto era necessario e auspicabile per il loro stesso beneficio. 

Alessandra Ciattini

                                                                           

Fonti principali: Karl Marx: "Il Capitale". 
Karl Marx e Friedrich Engels: "L’ideologia tedesca". 
Karl Marx e Friedrich Engels: "Manifesto del Partito Comunista”. 
Eric Wolf: “L’Europa e i popoli senza storia”.

martedì 29 luglio 2025

La farsa dell’acciaio, come il culto della sicurezza ci ha rubato la libertà - Federico Liberti

Da: Federico Liberti (Professor presso Miur Istruzione) - 



"Ottimo approfondimento su cifre e concetti mortiferi di Federico Liberti che ringrazio. Tra i concetti che hanno devastato il mondo da sempre nella storia umana farei una classifica per numero di morti:
1) Dio
2) Patria
3) Libertà
e al quarto gradino viene subito sotto, ma con scarto minimo:
4) sicurezza e al
5) difesa"

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Nel 2024, l’Unione Europea ha speso 326 miliardi di euro in difesa, un salto del 30% in soli tre anni, e la traiettoria non accenna a rallentare. L’Italia da sola ha destinato oltre 32 miliardi, ma promette di raggiungere i 42 miliardi nel 2025. E se davvero dovessimo “adeguarci” al 5% suggerito da alcuni falchi della NATO, supereremmo i 100 miliardi di euro annui. Tutto questo, ci dicono, per “difendere la nostra libertà”, ma a conti fatti, chi ci sta attaccando davvero? 

Siamo entrati nell’era della “militarizzazione felice”, nessuno vuole la guerra, ma tutti ne parlano come se fosse inevitabile. Lo spettro dell’aggressore eterno, ieri l’ISIS, oggi la Russia, domani la Cina, giustifica ogni scialacquamento di risorse e ogni restrizione al dibattito pubblico. È la sicurezza che ordina! 

Il teorema della sicurezza 

Secondo il sociologo Fabrizio Battistelli, “per massimizzare la propria sicurezza, uno Stato finisce per indebolire quella degli altri”. È il principio del paradosso securitario, ogni incremento di potenza produce squilibrio, ogni squilibrio alimenta paura, ogni paura invoca nuovo potere. È così che si passa dalla prudenza alla paranoia, dalla difesa alla coercizione. 

lunedì 28 luglio 2025

SUL COLLASSO MORALE DELL'OCCIDENTE - Andrea Zhok

Da: https://www.facebook.com/andrea.zhok.5 - Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex. È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.

Leggi anche: La logica della crisi corrente - Andrea Zhok  

Il lavoro secondo Andrea Zhok - Alessandra Ciattini  

COSA NON SI FA PER AMORE DELLA LIBERTÀ - Andrea Zhok (15/06/2025) 



Con "Occidente" si intende in effetti una configurazione culturale che emerge con l'unificazione mondiale dell'Europa politica e di quello che dal 1931 prenderà il nome di "Commonwealth" (parte dell'impero britannico).
 Questa configurazione raggiunge la sua unità all'insegna del capitalismo finanziario, a partire dal suo emergere egemonico negli ultimi decenni del '900.

L'Occidente non c'entra nulla con l'Europa culturale, le cui radici sono greco-latine e cristiane. 
L'Occidente è la realizzazione di una politica di potenza economico-militare, che nasce nell'Età degli Imperi, che sfocia nelle due guerre mondiali e che riprende il governo del mondo verso la metà degli anni '70 del '900. 

Purtroppo anche in Europa l'idea che "siamo Occidente" è passata, divenendo parte del senso comune. 
L'Europa storica, ad esempio, ha sempre avuto legami strutturali fondamentali con l'Oriente, vicino e remoto (Eurasia), mentre l'Occidente si percepisce come intrinsecamente avverso all'Oriente. Così l'Europa culturale è in ovvia continuità con la Russia, mentre per l'Occidente la Russia è totalmente altro da sé. 

Questa premessa serve a illustrare una grave preoccupazione di lungo periodo, che non riesco a trattenere. 

La preoccupazione è legata al fatto che l'Occidente, plasmato attorno all'impianto - mentale non meno che pratico - del capitalismo finanziario, ha sradicato l'anima dei popoli europei. 

La cultura e spiritualità europea, quella efflorescenza straordinaria che va da Sofocle a Beethoven, da Dante a Marx, da Tacito a Monteverdi, da Michelangelo a Bach, ecc. ecc. è la prima vittima della cultura occidentale, cultura utilitarista, strumentale, abissalmente meschina, che comprende la bellezza dell'arte, dei territori, delle tradizioni solo se è un "asset" trasformabile in "cash". 

domenica 27 luglio 2025

È chiaro: Israele ha ora un piano per la pulizia etnica dei palestinesi di Gaza - Gideon Levy

Da:  Haaretz | Opinion - Gideon Levy è un giornalista israeliano. Dal 1982 scrive per il quotidiano israeliano Haaretz e dal 2010 anche per il settimanale italiano Internazionale. Considerato un esponente della sinistra israeliana, nella sua attività giornalistica è sempre stato molto critico sulla politica israeliana di occupazione dei territori dello Stato di Palestina.

Vedi anche: La politica israeliana tra occupazione e massacro - Gideon Levy  

Guerra in Medio Oriente, la 'catastrofe' palestinese. Una nuova Nakba?  

Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina - ILAN PAPPÉ

Leggi anche: Le cose che ho imparato che non si possono chiedere a Israele. - Louise Adler


Sabato, palestinesi si riuniscono presso un punto di distribuzione alimentare nel campo profughi di Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale. Foto: Eyad Baba/AFP 



Qualcuno l'ha concepito, si sono discussi pro e contro, sono state suggerite alternative, e tutto in sale conferenze climatizzate. Per la prima volta dall'inizio della guerra di vendetta a Gaza, è chiaro che Israele ha un piano, ed è di vasta portata. 


Adolf Eichmann iniziò la sua carriera nazista come capo dell'Agenzia Centrale per l'Emigrazione Ebraica, l'agenzia di sicurezza incaricata di proteggere il Reich. Joseph Brunner, padre del capo del Mossad David Barnea, aveva tre anni quando fuggì dalla Germania nazista con i suoi genitori, prima che il piano di evacuazione fosse attuato.
La scorsa settimana, Barnea, il nipote, ha visitato Washington per discutere dell'"evacuazione" della popolazione della Striscia di Gaza. Barak Ravid ha riferito su Channel 12 News che Barnea ha detto ai suoi interlocutori che Israele ha già avviato colloqui con tre Paesi su questo tema, e l'ironia della storia ha nascosto il suo volto nella vergogna. Un nipote di un rifugiato vittima di pulizia etnica in Germania parla di pulizia etnica, e non gli viene in mente alcun ricordo.

sabato 26 luglio 2025

Scott Ritter: Gli USA faranno fuori Zelensky e l’Europa non conterà più nulla -

Da: Glenn Diesen Italiano -  Glenn Diesen è un politologo, analista e autore norvegese. [ 1 ] È professore presso l' Università della Norvegia sudorientale . [ 2 ] È stato un commentatore regolare della rete televisiva internazionale di notizie controllata dallo stato russo RT . Alcuni accademici norvegesi lo hanno criticato per "parlare a nome della Russia". [ 3 ] [ 4 ] [ 5 ] [ 6 ] [ 7 ] [ 8 ] Si è opposto all'invasione russa dell'Ucraina . [ 9 ] - Scott Ritter è un ex ufficiale dell’intelligence del Corpo dei Marines degli Stati Uniti che ha prestato servizio nell’ex Unione Sovietica applicando i trattati sul controllo degli armamenti, nel Golfo Persico durante l’operazione Desert Storm e in Iraq supervisionando la disattivazione delle armi di distruzione di massa. Il suo libro più recente è Il disarmo al tempo della perestrojka, pubblicato da Clarity Press.


Scott Ritter è un ex maggiore, ufficiale dell’intelligence e ispettore delle Nazioni Unite per le armi. Ritter sostiene che la NATO si sta rapidamente avvicinando alla sconfitta in Ucraina e che attualmente non ha più opzioni a disposizione. Gli Stati Uniti sembrano aver deciso di rimuovere e sostituire Zelensky, mentre l’Europa ha puntato tutto su questa guerra: il suo potere militare, l’economia, la stabilità sociale e la rilevanza geopolitica.
                                                                            

venerdì 25 luglio 2025

L’ala dura dell’élite russa: occorre alzare il tiro - Francesco Dall’Aglio

Da: Il Contesto | Analisi economica e geopolitica - Giacomo Gabellini è un giovane ricercatore indipendente. - Francesco Dall'Aglio, medievista, ricercatore presso l'Istituto di Studi Storici al dipartimento di storia medievale della Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria). Esperto di est Europa e di questioni strategico-militari, è diventato un seguito commentatore sul canale Ottolina.tv e autore di War Room - Russia, Ucraina, NATO un canale telegram molto seguito su questi argomenti.

                                                                            

giovedì 24 luglio 2025

Nel Rapporto Censis l’Italia tra conflitti, riarmo e difesa della Patria

Da: https://www.analisidifesa.it - Foto Difesa.it - 

Le immagini dei conflitti armati in corso in diverse regioni del mondo si riversano quotidianamente nei nostri schermi televisivi con una forza che scuote l’opinione pubblica. Come reagiscono gli italiani alle nuove tensioni geopolitiche, che sembrano stringere il mondo in una morsa? Che cosa succederebbe nello scenario ipotetico di un allargamento dei conflitti che finisca per coinvolgere direttamente il Paese? Ecco i risultati dell’indagine del Censis sulla percezione della guerra nella società italiana e sul riarmo.

Qui sotto il testo del comunicato del CENSIS. A questo link il Rapporto CENSIS integrale in Pdf

 Pacifisti, disertori e mercenari stranieri 

Secondo gli italiani le probabilità che l’Italia sarà coinvolta in un conflitto entro i prossimi cinque anni sono salite a quota 31 su una scala da 0 a 100. Se scoppiasse la guerra, l’Italia però non correrebbe alle armi con ardore patriottico. Le persone anagraficamente più interessate, tra i 18 e i 45 anni, sarebbero in larghissima maggioranza riluttanti a rispondere alla chiamata delle Forze armate.

Solo il 16% si dichiara pronto a combattere (tra gli uomini la percentuale sale al 21% e tra le donne scende al 12%). Il 39% invece protesterebbe, in quanto pacifista. Il 26% preferirebbe appaltare le operazioni militari e la difesa del territorio a soldati di professione e a contingenti di mercenari stranieri, da reclutare e stipendiare. Il 19% diserterebbe: si darebbe alla fuga pur di evitare il fronte. 

Per affrontare i pericoli, l’81% cercherebbe informazioni su un rifugio dove ripararsi dai bombardamenti, il 78% stoccherebbe provviste alimentari, il 66% si procurerebbe un kit di sopravvivenza, il 59% si trasferirebbe in una località lontana dalle zone dei combattimenti, il 27% si procaccerebbe un’arma per difendersi.

Per il 65% degli italiani non siamo un popolo di guerrieri e saremmo travolti dal nemico, se non potessimo contare sull’aiuto degli alleati. Però i dazi americani sono già una dichiarazione di guerra nei nostri confronti: ne è convinto il 63% dei cittadini. Perciò sono cresciuti i sospetti verso l’alleato storico e il 46% degli italiani adesso è dell’idea che non è più scontato trovare gli Stati Uniti al nostro fianco in caso di guerra.

mercoledì 23 luglio 2025

ISRAELE. Come i notiziari televisivi si sono uniti allo sforzo bellico contro Gaza - Eyal Lurie-Pardes

Da: https://pagineesteri.it - Art. orig. https://www.972mag.com/israeli-tv-hasbara-media-gaza (traduzione di Federica Riccardi) - Eyal Lurie-Pardes è visiting fellow nel Programma sulla Palestina e gli affari palestinesi-israeliani del Middle East Institute dopo aver ottenuto la borsa di studio post-laurea della University of Pennsylvania Carey Law School LLM. Prima di entrare al MEI, Eyal ha lavorato con l’Associazione per i diritti civili in Israele, l’Istituto Zulat per l’uguaglianza e i diritti umani e come consigliere parlamentare alla Knesset.


18 Mar 2024 

Negli ultimi mesi, le persone di tutto il mondo hanno seguito da vicino la continua brutalità della guerra a Gaza. Immagini di palestinesi in fuga verso sud e alla ricerca di parenti sotto le macerie, video di bambini alla ricerca di cibo e acqua, queste e altre ancora sono circolate sui social media e sulle reti di informazione ogni giorno dal 7 ottobre.

Ma queste immagini non si trovano praticamente da nessuna parte nei media israeliani. La maggior parte dei notiziari israeliani raramente aggiorna il numero di vittime palestinesi – che ha superato i 30.000 – né informa i propri spettatori che circa il 70% delle vittime dell’offensiva israeliana sono donne e bambini.

La meta-narrazione presentata dai media israeliani definisce l’attacco di Hamas al sud di Israele come la genesi e il cuore dell’attuale crisi geopolitica. Ogni giorno c’è una nuova angolazione sugli eventi del 7 ottobre: nuovi filmati delle incursioni di Hamas nei kibbutzim, testimonianze di soldati che hanno partecipato alle battaglie o interviste ai sopravvissuti. Inoltre, i giornalisti israeliani coprono gli eventi attuali a Gaza quasi interamente attraverso l’unica lente del 7 ottobre e dei suoi effetti a catena.

Si tratta di una decisione consapevole dei media israeliani. In un’intervista al New Yorker, Ilana Dayan, una delle più apprezzate giornaliste israeliane, ha spiegato: “Intervistiamo le persone sul 7 ottobre – siamo bloccati al 7 ottobre”. Oren Persico, collaboratore di The Seventh Eye, una rivista investigativa indipendente che si occupa di libertà di parola in Israele, ha dichiarato a +972: “C’è un circolo vizioso in cui i notiziari si astengono dal mettere il pubblico di fronte alla scomoda verità e, di conseguenza, il pubblico non la chiede”.

martedì 22 luglio 2025

L'ascesa strategica di Hezbollah dopo la guerra aperta dell'Iran con Israele - Abbas Al-Zein

Da: https://thecradle.co - https://www.facebook.com/gabrepaci - Abbas Al-Zein è un giornalista politico libanese di Al-Mayadeen Media Network, specializzato in geopolitica e sicurezza internazionale. Il suo lavoro esplora anche le risorse energetiche globali, le catene di approvvigionamento e le dinamiche della sicurezza energetica. 

Colpendo profondamente Israele, Teheran ha cancellato decenni di dogmi di deterrenza, schierando apertamente Hezbollah come alleato in prima linea nell'Asse della Resistenza. 

Il lancio senza precedenti di missili e droni contro Israele dal suo stesso territorio durante la " Truthful Promise 3 " è stato una rottura strategica, piuttosto che una semplice tattica sul campo di battaglia, che ha ridefinito le dinamiche operative dell'Asse della Resistenza ed elevato l'Hezbollah libanese a partner militare centrale in un quadro di sicurezza regionale ora apertamente guidato da Teheran.

Ciò ha ricalibrato il ruolo di Hezbollah, trasformandolo da una branca libanese all'interno di una rete più ampia a un alleato centrale in una coalizione militare guidata da Teheran che affronta direttamente Tel Aviv. L'attacco dell'Iran allo stato di occupazione ha segnato un cambiamento dottrinale, segnalando il passaggio dalla semplice difesa dei propri confini all'imposizione attiva di linee rosse attorno alla propria presenza regionale.

La nuova posizione strategica di Hezbollah