La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
giovedì 17 ottobre 2024
Marx e la società postcapitalista - Vladimiro Giacché
lunedì 14 ottobre 2024
Il vicolo cieco dell’escalation | Francesco Dall’Aglio
venerdì 11 ottobre 2024
Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina - ILAN PAPPÉ
Ilan Pappé , Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina, Fazi Editore.
martedì 8 ottobre 2024
2024 o 1914? - Incontro con Luciano Canfora, introduce Federico Losurdo
domenica 6 ottobre 2024
Il prestito e le tasse, anche. Cronache marXZiane n. 15 - Giorgio Gattei
1. Se la moneta è “Dio” (vedi la Cronaca precedente), di quanto “Dio” ci sarà bisogno sul pianeta Marx, quel corpo teorico celeste comparso improvvisamente nel cielo dell’economia e a cui Karl Marx, che più di tutti l’ha investigato, ha dato il suo nome?
Intanto facciamo il punto su quanto abbiamo finora appreso, e cioè che la moneta non deriva affatto dall’iniziativa spontanea degli “scambisti democratici” sul mercato, come l’ha raccontata Aristotele e si continua a ripetere, bensì dalla pratica di “buon vicinato” di prestare qualcosa a qualcuno con l’impegno di farsela restituire in futuro (che poi non sarebbe altro che lo sviluppo di quella originaria “economia del dono”, studiata da Marcel Mauss, che impone comunque l’obbligo di ricambiare il dono ricevuto e addirittura ad abundantiam). Se poi a certificazione del prestito concesso venisse redatta una qualche scrittura con l’indicazione di quanto prestato e del nome del debitore, saremmo davanti ad una promessa di pagamento, a queli “pagherò” che sarebbero stati all’origine della moneta «prima delle sue origini», per dirla con il bel titolo di un libro di O. Bulgarelli (2001). Quella primitiva “scrittura monetaria” (se tale ci azzardassimo di chiamarla) resterebbe però nelle mani del creditore finché il debitore non avesse restituito quanto ricevuto in prestito, dopo di che gli sarebbe riconsegnata liberandolo dalla sua obbligazione. Se così può essere stato, come la documentazione storica sembra provare, allora la moneta avrebbe trovato la sua origine in una relazione di debito/credito piuttosto che in uno scambio tra compratori e venditori, ma questa interpretazione alternativa (“cartalista” come è stata chiamata, ma il termine è equivoco e non ha fatto presa) ha potuto farsi strada soltanto nel corso del Novecento, man mano che venivano alla luce le “pratiche monetarie” di Sumeri e Babilonesi e sulle quali abbiamo adesso almeno i due testi riepilogativi di D. Graeber, Debito. I primi 5000 anni (2012) e La natura della moneta (2016) di G. Ingham. ma qui soprattutto merita citare la succosa sintesi di P. Tcherneva, Il cartalismo e l’approccio alla moneta come entità guidata dalle tasse (2019, in rete) che ha ispirato questa “Cronaca marXZiana”.
Insomma, per comprendere la nascita della moneta non c’è affatto bisogno della Grecia, bensì piuttosto della Mesopotamia, quella “terra fra i due fiumi” in cui fin dai più lontani tempi si era formata una società urbana così complessa da richiedere l’adozione di “strumenti finanziari” come i prestiti (e le tasse di cui poi diremo). La fecondità del luogo favoriva la produzione dell’orzo, che era il cereale tipico per l’alimentazione e dal quale, per qualche accidente fortuito, era derivata quella bevanda alcolica che è la birra, che altro non è se non orzo fermentato. Intendiamoci: se l’orzo serve per produrre sé stesso e la birra, la birra non può servire ad altro che a bersela per guadagnare quel felice stato di ebbrezza di cui già veniva detto nel più antico poema della umanità, quella Epopea di Gilgamesh il cui alter ego terrestre Enkidu (Gilgamesh era invece un semidio) viene introdotto, insieme al sesso, alla degustazione della birra e dopo il settimo boccale «il suo animo si rallegrò, il cuore gioì ed il volto gli si illuminò». Per i Greci, invece, la bevanda alcolica tipica era il vino ricavato dalla spremitura dall’uva (grande innovazione del dio Bacco!), così che nella tragedia di Eschilo, quando le Danaidi egiziane, per sfuggire al “matrimonio combinato” coi cugini, si rifugiano ad Argo («non sposa, non schiava!»), il suo re si opporrà agli egizi venuti a riprendersele al grido: «Maschi sì, vi si faranno incontro, genti di qui che non bevono certo vino di orzo!» (tuttavia, alla fine le Danaidi saranno riconsegnate ai mariti promessi, che esse comunque stermineranno, tranne una, la notte delle nozze).
Se questa è mitologia, economicamente che cosa se ne può dire? Che, se l’orzo è un input necessario per la produzione di entrambe le merci, la birra è invece un output secondario, sebbene assai gustevole, simile a quei “beni di lusso” che sono stati studiati nel passato più dal punto di vista storico, sociologico ed antropologico (vedi ad esempio W. Sombart, Lusso e capitalismo, 1913) che da quello logico-economico. Per provarci in questo senso può servire la distinzione, introdotta da Piero Sraffa nel suo resoconto d’esplorazione del pianeta Marx (Viaggio di merci per merci, 1960), tra i “beni-base” che servono a produre ogni altro bene (nel nostro caso l’orzo = merce 1) e i “beni-non base” che invece non fanno questo e che addirittura, nel caso di un bene-non base “assoluto” come la nostra birra = merce 2, non serve nemmeno alla produzione di sé stessa. Ma se è così, è ovvio che il fabbricante di birra (d’ora in poi il “birraio”) avrà bisogno di ricevere in prestito l’orzo necessario dal suo produttore (d’ora in poi l’“orziere”), impegnandosi a ripagarlo con la birra che avrà prodotto di suo. Ora questo prestito può anche restare un fatto privato fra i due produttori, ma fin dai tempi di Sumeri e Babilonesi vi si era infilata nel mezzo una istituzione speciale, come il Tempio o il Palazzo, allo scopo di prestare ai produttori di birra quell’orzo ricevuto a titolo di offerta da parte dei fedeli (il Tempio) oppure come tassa da parte dei contribuenti (il Palazzo) – e gli storici sono ancora a discutere «se nel passato più arcaico quella economia fosse gestita dall’autorità religiosa (il Tempio) oppure dal sovrano (il Palazzo) e comunque alla lunga sarà il Palazzo ad avere sia il potere politico che quello economico» (O. Bulgarelli, Moneta ed economia nell’antica Mesopotamia (III-I millennio a.C., 2009), così che per noi solo il Palazzo sarà.
sabato 5 ottobre 2024
venerdì 4 ottobre 2024
Fermare l’ideologia genocida di Bibi & C. - Jeffrey Sachs
Da: https://www.ilfattoquotidiano.it/.../fermare.../7716135 - Originale: https://www.commondreams.org – traduzione di Miriam Mirolla -
Jeffrey D Sachs, professore universitario presso la Columbia University, è Direttore del Center for Sustainable Development presso la Columbia University e Presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre Segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di avvocato SDG sotto il Segretario generale António Guterres. - Riccardo Antoniucci, Filosofo. Dal 2013 al 2016 è stato responsabile comunicazione e ufficio stampa per la casa editrice DeriveApprodi. Attualmente continua a lavorare nello stesso ambito come freelance, collaborando, tra gli altri, con le case editrici manifestolibri e Stampa Alternativa. Traduce dal francese ed è animatore della rubrica Francesismi per il blog filosofico di Micromega Il rasoio di Occam.
Even though if they kill, and kill, and kill, there will still be life in Gaza.
You are the eyes of Gaza now, you are the media.
We are not afraid of what Netanyahu is saying, they are afraid because the Palestinians are bound to hope, to implement their dreams by struggling.
We have only one choice: it is to fight, to liberate our land and ourselves from this occupation.
They are doing what the nazis did, but worst, because the weapons are new now.
They are making a Holocaust.
It is a war crime what they are doing."
(Leila Khaled)
giovedì 3 ottobre 2024
Hegel e lo Stato - Lucio Cortella
" Hegel "- Vittorio Hosle
martedì 1 ottobre 2024
Le cose che ho imparato che non si possono chiedere a Israele. - Louise Adler
Da: https://www.invictapalestina.org - English version - Traduzione: Simonetta Lambetini (Invictapalestina.org) - Louise Adler è un’ex pubblicista australiana ed ex membro del consiglio di amministrazione di numerose organizzazioni artistiche. Fa anche parte del comitato consultivo del Jewish Council of Australia.
Leggi anche: Se questo è uno Stato. Intervista a Primo Levi - Gad Lerner
"GIORNATA DELL'AMNESIA". Lettera al fantasma di Primo Levi. - Vittorio Arrigoni
LA GUERRA CHE DURA SEI GIORNI E CINQUANT'ANNI - Joseph Halevi
21 settembre 2024 - Immagine di copertina: Louise Adler
Negli ultimi anni mi è stato chiesto di commentare l’“impasse” del Medio Oriente, anche se non sono un esperta di politica estera. Sono solo una dei tanti umanisti che piangono questa tragica storia e inveiscono contro l’incapacità della comunità internazionale di esercitare la grande influenza che ha per portare pace e giustizia ai civili innocenti in quest’area del mondo.
Molti ebrei sostenitori della pace hanno affermato che è proprio a causa della nostra lunga storia di oppressione e discriminazione che dobbiamo stare dalla parte del popolo palestinese e sostenere il suo diritto all’autodeterminazione. Io sono arrivata al punto di pensarla diversamente. Non è a causa della mia storia che mi sono dichiarata alleata della lotta del popolo palestinese, ma perché, in quanto esseri umani, l’ingiustizia e la disuguaglianza richiedono che tutti noi ce ne preoccupiamo.
Sì, la mia storia familiare ha plasmato le mie idee politiche. Se mia madre e i miei nonni, in fuga da Berlino nel 1938, non fossero stati accolti qui, si sarebbero uniti ai 6 milioni di persone uccise nell’Olocausto. Quindi, sì, mi sta molto a cuore che i richiedenti asilo siano accolti dal nostro abbraccio di benvenuto.
Il padre di mio padre fu meno fortunato. Fu deportato a Beaune-la-Rolande nel primo rastrellamento di ebrei immigrati a Parigi nel 1941 e poi inviato a Birkenau, dove fu assassinato. Mio padre, all’età di 14 anni, si unì alla sezione ebraica della resistenza comunista a Parigi. Questo gruppo di partigiani, giovani uomini e donne comuni provvisti solo di coraggio e impegno, decise che era fondamentale esortare gli ebrei francesi a non presentarsi alla stazione di polizia locale, incoraggiarli a nascondersi e fornire razioni e posti per dormire ai bambini rimasti improvvisamente orfani.
sabato 28 settembre 2024
"La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti" - Renato Caputo intervista Alessandra Ciattini
lunedì 23 settembre 2024
La schiacciante superiorità militare dell’Occidente è un ricordo - Giacomo Gabellini intervista Francesco Dall’Aglio
sabato 21 settembre 2024
Come e quando ha inizio una guerra - LUCIANO CANFORA
giovedì 19 settembre 2024
Storia della Filosofia - Lucio Cortella
martedì 17 settembre 2024
Contro Macron che impone le sue scelte - Alessandra Ciattini
Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it).
Leggi anche: Il Nuovo Fronte popolare e le sue contraddizioni - Alessandra Ciattini
Discorso sul colonialismo*- Aimé Césaire
Dopo due mesi Macron ha scelto il suo primo ministro che ha cominciato la sua lotta contro gli immigrati. I lavoratori francesi hanno cominciato a protestare, ma ci vuole più determinazione.
Lo scorso 7 settembre si è svolta in Francia una manifestazione nazionale (150 iniziative nelle città più grandi) contro la decisione di Macron di nominare come primo ministro Michel Barnier, appartenente al partito dei Repubblicani, che alle elezioni legislative che ottenuto solo il 7% dei voti, e rifiutando la nomina di Lucie Castets, proposta dal Nuovo Fronte Popolare, che ha la maggioranza relativa nell’Assemblea nazionale. In questa scelta è stato sostenuto da Marie Le Pen, che però non condivide in tutto la politica bellicista di Macron, il quale ha prospettato l’invio di soldati per sostenere l’Ucraina nella sua guerra, diretta di fatto dalla Nato, contro la Russia. È difficile sapere se il presidente ha pensato a questo risvolto, ma negli ultimi tempi ha evitato di fare dichiarazioni interventiste.
La mobilitazione era stata convocata dalla France Insoumise, dai sindacati l’Union Étudiante e l’Union Syndicale Lycéenne, e avrebbe riunito, secondo gli organizzatori, 300.000 persone. Ha partecipato anche una parte dell’elettorato del Nuovo Fronte Popolare in collera contro “Manu”, che aveva evitato il successo del Rassemblement National alle elezioni, stilando un accordo di desistenza con la sinistra, di fatto poi tradito.
domenica 15 settembre 2024
50 miliardi per l’Africa, la Cina si rilancia - Marco Santopadre
Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.
Leggi anche: L’Africa al centro dello scontro tra potenze - Marco Santopadre
Vedi anche: Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre
sabato 14 settembre 2024
È questo il mondo che vogliamo? - Carlo Rovelli
Da: https://www.facebook.com/carlo.rovelli.7. - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia.
Leggi anche: "Ipocrisia" - Carlo Rovelli
Nel 1999 la NATO bombardò Belgrado per 78 giorni con l'obiettivo di distruggere la Serbia e dare vita a un Kosovo indipendente, ora sede di una grande base NATO nei Balcani.Nel 2001, gli USA invasero l'Afghanistan, portando a 200.000 persone uccise, un paese devastato e nessun risultato politico di alcun tipo.
Nel 2002 gli Stati Uniti si sono ritirati unilateralmente dal Trattato sui missili anti-balistici per le strenue obiezioni della Russia, aumentando drasticamente il rischio nucleare.
Nel 2003 gli alleati USA e NATO ripudiarono il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite andando in guerra in Iraq con falsi pretesti. L'Iraq è ormai devastato, non è stata raggiunta alcuna vera pacificazione politica e il parlamento eletto ha una maggioranza pro-Iran.
Nel 2004, tradendo gli impegni, gli USA hanno continuato con l'allargamento della NATO, questa volta agli Stati baltici e ai paesi della regione del Mar Nero (Bulgaria e Romania) e ai Balcani.
Nel 2008, a causa delle obiezioni urgenti e faticose della Russia, gli Stati Uniti si sono impegnati ad espandere la NATO in Georgia e Ucraina. Ottimo lavoro.
Nel 2011, gli Stati Uniti hanno incaricato la CIA di rovesciare Bashar al-Assad, un alleato della Russia. La Siria è distrutta dalla guerra. Nessun guadagno politico raggiunto per gli Stati Uniti.
Nel 2011, la NATO ha bombardato la Libia per rovesciare Moammar Gheddafi. Il paese, che era prospero, pacifico e stabile, ora è devastato, in guerra civile, in rovina.
Nel 2014 gli Stati Uniti hanno cospirato con le forze nazionaliste ucraine per rovesciare il presidente ucraino Viktor Yanukovych. Il paese è ora in una guerra amara.
Nel 2015 gli Stati Uniti hanno iniziato a piazzare missili anti-balistici Aegis nell'Europa dell'Est (Romania), a poca distanza dalla Russia.
Nel 2016-2020, gli Stati Uniti hanno sostenuto l'Ucraina nel minare l'accordo di Minsk II, nonostante il sostegno unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il paese è ora in una guerra amara.
Nel 2021, la nuova amministrazione Biden si è rifiutata di negoziare con la Russia sulla questione dell'allargamento della NATO all'Ucraina, provocando l'invasione.
Nell'aprile 2022, gli Stati Uniti hanno chiesto all'Ucraina di ritirarsi dai negoziati di pace con la Russia. Il risultato è l'inutile prolungamento della guerra, con più territori guadagnati dalla Russia.
Dopo la caduta dell'Unione Sovietica, gli USA hanno cercato e fino ad oggi cercano, senza riuscirci, e continuamente fallire, un mondo unipolare guidato da un USA egemonico, in cui Russia, Cina, Iran e altre grandi nazioni devono essere sottomessi.
In questo ordine mondiale guidato dagli Stati Uniti (questa è la frase comunemente usata negli Stati Uniti), gli Stati Uniti e gli Stati Uniti da soli hanno determinato l'utilizzo del sistema bancario basato sul dollaro, il posizionamento delle basi militari statunitensi all'estero, l'entità dell'appartenenza alla NATO e l'impiego di sistemi missilistici americani, senza alcun veto o dico da altri paesi.
Questa arrogante politica estera ha portato a una guerra costante, paesi devastati, milioni di uccisi, una rottura crescente delle relazioni tra il blocco delle nazioni guidato dagli Stati Uniti - una piccola minoranza nel pianeta e ora non più economicamente dominante - e il resto del mondo, un alle stelle globale delle spese militari, e ci sta lentamente conducendo verso la seconda (terza?) guerra mondiale.
Il saggio, decennale, sforzo europeo per coinvolgere Russia e Cina in una collaborazione strategica economica e politica, sostenuto con entusiasmo dalla leadership russa e cinese, è stato distrutto dalla feroce opposizione degli Stati Uniti, preoccupata che ciò avrebbe potuto minare il dominio americano.
È questo il mondo che vogliamo?
giovedì 12 settembre 2024
Il nuovo irrazionalismo. Un saggio della Monthly Review - John Bellamy Foster
Da: contropiano.org - Fonte: Monthly Review, vol. 74, n. 9 (01.02.2023). Traduzione a cura della Redazione di https://antropocene.org -
Iohn Bellamy Foster è direttore della Monthly Review. e docente di sociologia presso l’Università dell’Oregon.
Leggi anche: Cinque risposte su marxismo ed ecologia*- John Bellamy Foster
Appunti su “la Distruzione della Ragione”, di György Lukács -
A proposito della lukàcciana Distruzione della ragione. - Stefano Garroni
A più di un secolo dall’inizio della Grande Crisi del 1914-1945, rappresentata dalla Prima Guerra Mondiale, dalla Grande Depressione e dalla Seconda Guerra Mondiale, stiamo assistendo a un’improvvisa recrudescenza della guerra e del fascismo in tutto il mondo.
L’economia mondiale capitalistica nel suo complesso è ora caratterizzata da una profonda stagnazione, dalla finanziarizzazione e da un’impennata delle disuguaglianze. Tutto questo è accompagnato dalla prospettiva di un omicidio planetario nella duplice forma dell’olocausto nucleare e della destabilizzazione climatica. In questo pericoloso contesto, la nozione stessa di ragione umana viene spesso messa in discussione. È quindi necessario affrontare ancora una volta la questione del rapporto dell’imperialismo o del capitalismo monopolistico con la distruzione della ragione e le sue conseguenze per le lotte di classe e antimperialiste contemporanee.
Nel 1953 György Lukács, la cui Storia e coscienza di classe del 1923 aveva ispirato la tradizione filosofica marxista occidentale, pubblicò la sua opera magistrale, La distruzione della ragione, sulla stretta relazione dell’irrazionalismo filosofico con il capitalismo, l’imperialismo e il fascismo.[1]
L’opera di Lukács scatenò una tempesta di fuoco fra i teorici della sinistra occidentale che cercavano di adattarsi al nuovo imperium americano. Nel 1963, George Lichtheim, un sedicente socialista che operava all’interno della tradizione generale del marxismo occidentale, pur opponendosi virulentemente al marxismo sovietico scrisse un articolo per «Encounter Magazine», allora finanziata segretamente dalla Central Intelligence Agency (CIA), in cui attaccava con veemenza La distruzione della ragione e altre opere di Lukács.
martedì 10 settembre 2024
Persistenze e metamorfosi della questione ebraica. Una rilettura di Abraham Léon - Il Lato Cattivo
Da: https://illatocattivo.blogspot.com -
Leggi anche: Chiarezza - Shlomo Sand - Shlomo Sand
LA QUESTIONE EBRAICA - Stefano Garroni
L'identità politica stato - "Sulla questione ebraica" - Stefano Garroni
Enzo Traverso, "Gaza davanti alla storia" - Marco Revelli
Verità sulla Nakba - Ilan Pappè
“Dal ‘48 Israele vuole disfarsi del popolo palestinese” - RACHIDA EL AZZOUZI intervista ILAN PAPPÉ -
LA GUERRA CHE DURA SEI GIORNI E CINQUANT'ANNI - Joseph Halevi
Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini
PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.
domenica 8 settembre 2024
Dove vanno Europa, Usa, Ucraina e Russia - Elena Basile, Alessandro Orsini e Jeffrey Sachs
sabato 7 settembre 2024
Galeano: l’ironia e l’impegno civile - Gianni Minà (2017)
Da: https://www.rivistamissioniconsolata.it - Eduardo Galeano (Montevideo, 3 settembre 1940 – Montevideo, 13 aprile 2015) è stato uno scrittore, giornalista e saggista uruguaiano. - Gianni Minà (Torino, 17 maggio 1938 – Roma, 27 marzo 2023) è stato un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.
Vedi anche: Fidel CASTRO racconta ERNESTO CHE GUEVARA - GIANNI MINA' (Intervista del 1987)
Leggi anche: "ORA BASTA" - Gianni Minà
Giornalista e scrittore, Galeano è riconosciuto come uno tra i maggiori pensatori latinoamericani dell’ultimo secolo. Alfiere dell’America Latina dei popoli ha spesso denunciato l’imperialismo nordamericano. Ha lasciato molti scritti e alcuni testi fondamentali e sempre attuali per capire il continente.
Quando, come succede in questo caso, mi tocca raccontare di un vecchio amico scomparso che mi ha regalato il piacere della sua parola, come Eduardo Galeano, mi viene difficile trovare la misura e il tono giusti per descriverlo in tutte le sue sfaccettature. Tutto suona banale.
Eduardo è stato per anni il saggista più acuto e onesto nell’illustrare il fascino del continente dove era nato e cresciuto, quello a Sud del Texas, ma anche il narratore più sarcastico sulle esagerazioni che l’attuale mondo isterico ci sbatte ogni mattino in faccia, sia in America Latina sia nel resto del mondo.
Così ora mi commuove pensare all’attualità dei suoi ironici discorsi, specie pensando a quante parole stonate sono state spese dopo l’incontro fra Obama e Raul Castro (17 dicembre 2014) che avrebbe dovuto finalmente chiudere un’assurda «guerra fredda», mai dichiarata e mai terminata, fra l’America Latina e gli Stati Uniti d’America. Una guerra fredda che aveva costretto Obama, il presidente succeduto a Bush jr, a mettere da parte per un po’ la politica di ingerenza nordamericana nella terra scoperta da Cristoforo Colombo.