martedì 25 dicembre 2018

Le illusioni del postmodernismo (5) - Alessandra Ciattini


Le illusioni del postmodernismo a cura di Alessandra Ciattini

Gli incontri saranno dedicati a un noto pamphlet del filosofo britannico Terry Eagleton intitolato appunto “Le illusioni del postmodernismo”, in cui si mette in evidenza come i principi cui si richiama questa corrente sono diventati una sorta di senso comune, con cui amano civettare intellettuali, giornalisti di varia estrazione.
Inoltre, Eagleton sottolinea anche come sia difficile parlare di postmodernismo come di una visione sistematica e coerente, limitandosi a puntare il dito su alcuni temi agitati per mettere all’indice alcune nozioni classiche cui è giunto il pensiero classico (quali verità, obiettività, ragione etc,). E tutto ciò per rimarcare che siamo al trapasso da un’epoca all’altra, quest’ultima apportatrice di nuove libertà.

I° incontro: Caratteri della società cosiddetta postmoderna. Siamo fuori o dentro il capitalismo? Le profezie di Brezinski (1968) e di E. Cefis (1972). (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/11/le-illusioni-del-postmodernismo-1.html)

II° Incontro: Postmodernismo costituisce una temperie trasversale rispetto alle varie discipline, tocca l’architettura, la letteratura, la storia, le scienze sociali, la filosofia. È anche uno stile di vita. Passaggio ad una nuova forma sociale necessita di un cambiamento di paradigma. Nel 1979 J. F. Lyotard pubblica “La condizione postmoderna”, con cui si batte contro le “metanarrazioni”, il progressismo, la razionalità moderna che rispecchia l’organizzazione culturale occidentale. Contraddizione: una filosofia della storia contro altre filosofie della storia. (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-2.html)  

III° Incontro: Con il poststrutturalismo (post sta sempre ad indicare un cambiamento epocale) si afferma il decostruzionismo (Derrida, Guattari), presente nella filosofia europea almeno dall’empirismo, ma appare ai più una scoperta. Smantellamento della metafisica occidentale. L’Essere non è comprensibile con il Logos, è una entità irraggiungibile e non rappresentabile. Misticismo. Ansia dell’assoluto. (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-3.html

IV° Incontro: Crisi del concetto di verità e di quello di corrispondenza enunciato / fatto. Falsificazione. Criterio pragmatico della verità. Impossibilità di distinguere tra oggetto e soggetto. Ogni esistenza ha la sua verità. Varie sfumature di relativismo. Ruolo costitutivo del linguaggio e della cultura - https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-4.html 

V° Incontro: I problemi posti dal postmodernismo hanno un senso? Come dobbiamo rispondergli? Riproponendo lo scientismo e il dogmatismo positivista? Sicuramente esprimono una grave crisi della nostra civiltà, cui dobbiamo trovare il modo di uscire, evitando passi indietro ed avventurosi passi avanti:

                                                             
Bibliografia 

Ciattini A., Il radicamento del pensiero antropologico postmoderno nella società contemporanea (http://www.marxismo-oggi.it/%E2%80%A6/197-il-radicamento-del-pensie%E2%80%A6).

Eagleton T., 
Le illusioni del postmodernismo, Editori Riuniti, Roma 1998.


domenica 23 dicembre 2018

Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni

Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, la città del sole. Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.



    Indice:


Nota dell’editore 










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Convegno sulla dialettica, organizzato dall’Istituto di studi filosofici di La Habana 24-26 ottobre 2000. 

Suddivido questo intervento in due parti. Nella prima, mi soffermo a riflettere su alcuni temi, presenti – anche se con qualche contraddizione – in scritti di filosofi cubani, che mi paiono interessanti come aperture verso una tematizzazione nuova della dialettica. Nella seconda tento, nel limite ovviamente del mio punto di vista, di chiarire un lato di quella nuova tematizzazione, oggi possibile e necessaria.



Così scrive la studiosa cubana Lourdes Rensoli Laliga: «El método de critica a Mach y su escuela se apoya en la constante actualización de la historia. No se trata de conferir valor permanente a las soluciones concretas de los problemas filosóficos surgidos en épocas pasadas, a la luz de circustancias sociales y cognoscitivas por entero diferentes. El valor de las ideas filósoficas de estas épocas se extiende hacia la nuestra, no en virtud de una quimérica absolutización de sus resultados y estructuras, sino de su sentido, el qual debe buscarse tanto en la formulación original como en su proyección histórica»1.

Qui interessa sottolineare la distinzione tra «formulación original» e «proyección histórica», perché da essa deriva un utile strumento contro lo scolasticismo e la dogmatizzazione. Quella distinzione, infatti, sta a dire che il significato di una teoria non coincide con la sua formulación original, ma si estende invece a comprenderne le proyecciónes históricas. In altri termini, il significato di una teoria è quel permanente che, però, esiste solo dandosi, in circostanze storiche diverse, forme ed espressioni
altrettanto diverse; ciò, naturalmente, all’interno di un certo, circoscritto sostanzialmente, margine di variazioni, che definisce la portata o possibilità storica di quella teoria appunto.

E, allora, l‘interpretazione di una teoria non si ridurrà a mero filologismo, ma comporterà sempre un lavoro di ambientazione storica, di contestualizzazione (dunque, filologismo sì, ma rigoroso, non astrattamente erudito), allo scopo di accertare la capacità o meno di quella certa teoria di riformularsi in termini tali, da poter avere senso, importanza ed efficacia propulsiva, in ambiti storicamente mutati. 

sabato 22 dicembre 2018

Possiamo fare a meno di Twitter e Facebook? - Benjamin Y. Fong


Da: www.jacobinmag.com - https://jacobinitalia.it -          La traduzione è di Gaia Benzi - Benjamin Y. Fong insegna all’Arizona State University.
Forse dovremmo uscire dai social network. Rappresentano una minaccia politica: attraggono gioia e cooperazione sociale e le trasformano in depressione e individualismo narcisista


La visione fantasiosa dei social media come strumento magico di connessione sociale è in netto contrasto con la sua realtà di pozzo senza fondo per viscidi attacchi personali e sbotti di indignazione paranoica.
Attribuire questo ampio divario al capitalismo sfrenato è una tentazione allettante: Facebook e Twitter non hanno concorrenti virtuali e sono perfettamente a loro agio nel fare qualsiasi cosa, dal manipolare i dati degli utenti al fornire un palcoscenico agli hater fintanto che gonfiano i loro bilanci. Forse strappare i social media dalle mani delle società private potrebbe finalmente permetterci di realizzare la visione che li ha generati. 

giovedì 20 dicembre 2018

mercoledì 19 dicembre 2018

- Le origini filosofiche del marxismo: la filosofia di G.W.F. Hegel (7-8-9) - Renato Caputo

renatocaputo insegna storia e filosofia.-







(VII Incontro): https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=AZfPiydj2Ac -
L’enciclopedia delle scienze filosofiche: filosofia della Natura e filosofia dello spirito soggettivo.


(VIII incontro) - I lineamenti di filosofia del diritto: diritto, moralità, eticità, famiglia, società civile,                                    Stato:
                                             

(IX incontro): https://www.youtube.com/watch?v=tgP2uqgcgGE - 
La filosofia della storia e lo Spirito assoluto: arte, religione e (storia della) filosofia.-

martedì 18 dicembre 2018

Compendio del Capitale - Carlo Cafiero

   

Prefazione
I - MERCE, MONETA, RICCHEZZA E CAPITALE
II - COME NASCE IL CAPITALE
III - LA GIORNATA DI LAVORO
IV - IL PLUSVALORE RELATIVO
V - COOPERAZIONE
VI - DIVISIONE DEL LAVORO E MANIFATTURA
VII - MACCHINE E GRANDE INDUSTRIA
VIII - IL SALARIO
IX - ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE
X - L'ACCUMULAZIONE PRIMITIVA 
CONCLUSIONE
APPENDICE:CORRISPONDENZA CAFIERO-MARX



Prefazione di Carlo Cafiero


Italia, marzo 1878

Un profondo sentimento di tristezza mi ha colto, studiando Il Capitale, quando ho pensato che questo libro era, e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia.
Ma se ciò è, ho poi detto fra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione? Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. Coloro che sono in grado di comprendere l’opera di Marx, tale quale egli l’ha scritta, conoscono certamente il francese, e possono avvalersi della bella traduzione di J. Roy, interamente riveduta dall’autore, il quale la dice meritevole di essere consultata anche da coloro che conoscono l’idioma tedesco. È ben altra la gente per la quale io devo lavorare. Essa si divide in tre categorie: la prima si compone di lavoratori dotati d’intelligenza e di una certa istruzione; la seconda, di giovani che sono usciti dalla borghesia, e hanno sposata la causa del lavoro, ma che non hanno peranco né un corredo di studi né uno sviluppo intellettuale sufficiente per comprendere Il Capitale nel suo testo originale; la terza, finalmente, di quella prima gioventù delle scuole, dal cuore ancora vergine, che può paragonarsi a un bel vivaio di piante ancora tenere, ma che daranno i più buoni frutti, se trapiantate in terreno propizio. Il mio lavoro deve essere dunque un facile e breve compendio del libro di Marx.
Questo libro rappresenta il nuovo vero, che demolisce, stritola e disperde ai venti tutto un secolare edificio di errori e di menzogne. Esso è tutta una guerra. Una guerra gloriosa, e per la potenza del nemico, e per la potenza, ancora più grande, del capitano, che l’intraprendeva con sì grande quantità di nuovissime armi, di istrumenti e macchine di ogni sorta, che il suo genio aveva saputo ritrarre da tutte le scienze moderne.
Di gran lunga più ristretto e modesto è il compito mio. Io devo solamente guidare una turba di volenterosi seguaci per la strada più facile e breve al tempio del capitale; e là demolire quel dio, onde tutti possano vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani gli elementi dei quali esso si compone; e strappare le vesti ai sacerdoti, affinché tutti possano vedere le nascoste macchie di sangue umano, e le crudelissime armi, con le quali essi vanno, ogni giorno, immolando un sempre crescente numero di vittime.
E in questi propositi che mi accingo all’opera. Possa frattanto Marx adempire la sua promessa, dandoci il secondo volume del Capitale, che tratterà della Circolazione del Capitale (libro II), e delle forme diverse che riveste nel corso del suo sviluppo (libro III), e il quarto e ultimo volume che esporrà la Storia della teoria.
Questo primo libro del Capitale, scritto originalmente in tedesco e poscia tradotto in russo e in francese, è ora brevemente compendiato in italiano nell’interesse della causa del lavoro. Lo leggano i lavoratori e lo meditino attentamente perché in esso si contiene non solamente la storia dello Sviluppo della produzione capitalista, ma eziandio il Martirologio del lavoratore.
E finalmente, farò anche appello a una classe altamente interessata nel fatto della accumulazione capitalista, alla classe cioè dei piccoli proprietari. Come va che questa classe, un giorno tanto numerosa in Italia, oggi si va sempre più restringendo? La ragione è molto semplice. Perché dal 1860 l’Italia si è messa a percorrere con più alacrità il cammino, che devono necessariamente percorrere tutte le nazioni moderne; il cammino che mena all’accumulazione capitalistica, la quale ha in Inghilterra raggiunta quella forma classica, che cerca di raggiungere in Italia come in ogni altro paese moderno. Meditino i piccoli proprietari sulle pagine della storia d’Inghilterra riportate in questo libro, meditino sull’accumulazione capitalista, accresciuta in Italia dalle usurpazioni dei grandi proprietari e dalla liquidazione dei beni ecclesiastici e dei beni demaniali, scuotano il torpore che opprime loro la mente e il cuore, e si persuadano una buona volta che la loro causa è la causa dei lavoratori, perché essi saranno inevitabilmente ridotti tutti, dalla moderna accumulazione capitalista, alla trista condizione: o vendersi al governo per la pagnotta, o scomparire per sempre fra le dense file del proletariato.
C. C. 

domenica 16 dicembre 2018

Le illusioni del postmodernismo (4) - Alessandra Ciattini

Le illusioni del postmodernismo a cura di Alessandra Ciattini
Gli incontri saranno dedicati a un noto pamphlet del filosofo britannico Terry Eagleton intitolato appunto “Le illusioni del postmodernismo”, in cui si mette in evidenza come i principi cui si richiama questa corrente sono diventati una sorta di senso comune, con cui amano civettare intellettuali, giornalisti di varia estrazione.
Inoltre, Eagleton sottolinea anche come sia difficile parlare di postmodernismo come di una visione sistematica e coerente, limitandosi a puntare il dito su alcuni temi agitati per mettere all’indice alcune nozioni classiche cui è giunto il pensiero classico (quali verità, obiettività, ragione etc,). E tutto ciò per rimarcare che siamo al trapasso da un’epoca all’altra, quest’ultima apportatrice di nuove libertà.

I° incontro: Caratteri della società cosiddetta postmoderna. Siamo fuori o dentro il capitalismo? Le profezie di Brezinski (1968) e di E. Cefis (1972). (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/11/le-illusioni-del-postmodernismo-1.html)

II° Incontro: Postmodernismo costituisce una temperie trasversale rispetto alle varie discipline, tocca l’architettura, la letteratura, la storia, le scienze sociali, la filosofia. È anche uno stile di vita. Passaggio ad una nuova forma sociale necessita di un cambiamento di paradigma. Nel 1979 J. F. Lyotard pubblica “La condizione postmoderna”, con cui si batte contro le “metanarrazioni”, il progressismo, la razionalità moderna che rispecchia l’organizzazione culturale occidentale. Contraddizione: una filosofia della storia contro altre filosofie della storia. (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-2.html)  

III° Incontro: Con il poststrutturalismo (post sta sempre ad indicare un cambiamento epocale) si afferma il decostruzionismo (Derrida, Guattari), presente nella filosofia europea almeno dall’empirismo, ma appare ai più una scoperta. Smantellamento della metafisica occidentale. L’Essere non è comprensibile con il Logos, è una entità irraggiungibile e non rappresentabile. Misticismo. Ansia dell’assoluto. (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-3.html

IV° Incontro: Crisi del concetto di verità e di quello di corrispondenza enunciato / fatto. Falsificazione. Criterio pragmatico della verità. Impossibilità di distinguere tra oggetto e soggetto. Ogni esistenza ha la sua verità. Varie sfumature di relativismo. Ruolo costitutivo del linguaggio e della cultura: 

                                                                              

V° Incontro: I problemi posti dal postmodernismo hanno un senso? Come dobbiamo rispondergli? Riproponendo lo scientismo e il dogmatismo positivista? Sicuramente esprimono una grave crisi della nostra civiltà, cui dobbiamo trovare il modo di uscire, evitando passi indietro ed avventurosi passi avanti.

Bibliografia

Ciattini A., 
Il radicamento del pensiero antropologico postmoderno nella società contemporanea (http://www.marxismo-oggi.it/%E2%80%A6/197-il-radicamento-del-pensie%E2%80%A6).

Eagleton T., 
Le illusioni del postmodernismo, Editori Riuniti, Roma 1998.


sabato 15 dicembre 2018

Stefano Garroni: Dialettica riproposta - Presentazione di Paolo Vinci

Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, la città del sole. Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.
Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma. http://www.rivistapolemos.it 




    Indice:


Nota dell’editore 












                                                                      ---------------------------------------------------



Nota dell’editore


Stefano aveva voluto affidarmi questo testo, pur se, trattandosi di una prima stesura, ancora bisognosa di cure. 

Ne parlammo più volte, ma volle ugualmente che io lo custodissi. Non so – e non ha senso parlarne – se in questa inusitata e ostinata decisione di affidarmi queste sue più recenti riflessioni ci fosse un qualche sentore o presagio del peggio. Sta di fatto che la sua scomparsa ha fatto di questo affidamento una sorta di legato testamentario al compagno ed amico editore per la pubblicazione.

Grazie all’impegno sollecito e discreto della sua compagna e moglie, Alessandra Ciattini, che ha curato il testo, oggi questo ultimo lavoro di Stefano va in stampa. Esso conclude un sodalizio e una collaborazione – non soltanto editoriali – di molti anni nel comune percorso.

Affidiamo questo libro agli estimatori di Stefano e a tutti i lettori ancora o nuovamente interessati agli arricchimenti del pensiero critico materialistico e dialettico, soprattutto ai più giovani alla cui formazione Stefano fu sempre attento.

Non soltanto, dunque, un affettuoso ricordo del compagno e amico, ma un “testimone” che induca altri a proseguire quello stesso percorso, con altrettanto coerente impegno scientifico e politico.

Ciao, Stefano.
Grazie

Sergio Manes

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 Ho conosciuto Stefano Garroni in una domenica di novembre del 1969: ero andato, quasi per caso, ad assistere a un seminario sul Capitale di Marx, tenuto da un giovane assistente di filosofia teoretica a una ristretta cerchia di “allievi”, nella sede della Lega per i diritti dell’uomo. Si trattava di un’iniziativa extra-accademica, carica di intenzioni non solo teoriche, ma anche e soprattutto politiche, secondo un inconfondibile stile che Stefano perseguirà per tutta la vita. 

 Riconosco che si trattò per me di un’esperienza molto significativa, che mi segnò profondamente non solo dal punto di vista culturale, ma anche umano. Quel che mi è rimasto è, infatti, una indicazione metodologica di grande rilievo, basata sull’idea che leggere Marx richieda innanzitutto una immersione analitica nelle pieghe del testo, in una rigorosa aderenza alla “pagina”. Una lezione che mi accompagna ancor oggi e che cerco di mettere in pratica nel mio insegnamento.