La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
martedì 17 maggio 2016
Il Nuovo Realismo - Maurizio Ferraris
Vedi Anche: https://www.youtube.com/watch?v=HZ8B0Azl8ho
Leggi anche: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/05/il-lungo-viaggio-di-hilary-putnam.html
http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/04/neoliberismo-e-postmodernismo-alleati.html
http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/04/la-filosofia-francese-contemporanea.html
lunedì 16 maggio 2016
Il relativismo - Carlo Sini
Seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=BlqPMLSoNmQ
Terza Parte: https://www.youtube.com/watch?v=YkTrwexDSQM
Quarta parte: https://www.youtube.com/watch?v=5asgANcnqcg
Quinta parte: https://www.youtube.com/watch?v=gSKkavO-ULo
Sesta parte: https://www.youtube.com/watch?v=IVw7Xq_JwgY
Settima parte: https://www.youtube.com/watch?v=yAts8ChZ2Ew
domenica 15 maggio 2016
Rosa Luxemburg e la Quarta Internazionale - Lev Trotsky*
Scritto il 24 giugno
1934.
Pubblicato nel New International dell'agosto 1935.
Pubblicato nel New International dell'agosto 1935.
In Francia e altrove sono stati compiuti ultimamente
parecchi sforzi per costruire un cosiddetto luxemburghismo da usare come un
trinceramento, da parte dei centristi di sinistra, contro il
bolscevismo-leninismo. Questo fatto può assumere un particolare significato.
Potrà forse essere necessario dedicare nel prossimo futuro un articolo
esaustivo su cosa sia il vero luxemburghismo. Qui mi occuperò solo dei punti
essenziali della questione.
Abbiamo più di una volta preso le difese di Rosa Luxemburg
contro l'impudente e stupida falsificazione fattane da Stalin e dalla sua
burocrazia. E continueremo a farlo. In ciò non siamo spinti da nessuna
considerazione di tipo sentimentalistico, ma dalle esigenze della critica
dialettico-materialista. La nostra difesa di Rosa Luxemburg non è, però,
incondizionata. I punti deboli degli insegnamenti di Rosa Luxemburg sono tanto
teorici quanto pratici. I membri del S.A.P. [1] e altri simili elementi (vedi, per esempio,
il dilettantistico intellettualismo degli esponenti della cosiddetta
"cultura proletaria": il francese Spartacus, il periodico
degli studenti socialisti belgi e, spesso, anche l'Action Socialiste belga,
ecc.) utilizzano unicamente i lati errati che sono senza dubbio decisivi in
Rosa; loro generalizzano ed esagerano queste mancanze all'estremo e
costruiscono su esse un sistema profondamente assurdo. Il paradosso consiste in
ciò, che alla fine svoltano verso lo stalinismo - senza esserne consci e
neppure accorgendosene - arrivando a compiere una caricatura dei lati negativi
del luxemburghismo, non dicendo niente sul tradizionale centrismo o sul
centrismo di sinistra della schiera socialdemocratica.
Non si va avanti di un passo nel dire che Rosa Luxemburg
contrapponeva spassionatamente la spontaneità delle masse alla "vittoriosa
e coronata" politica conservatrice della socialdemocrazia tedesca,
specialmente dopo la rivoluzione del 1905. Questa contrapposizione aveva
carattere completamente rivoluzionario e progressista. Molto tempo prima di
Lenin, Rosa Luxemburg ha compreso il carattere ritardante dell'ormai ossificato
partito e dell'apparato sindacale ed ha cominciato a combattere contro di essi.
Poiché ella confidava nell'inevitabile accentuarsi dei conflitti di classe, ha
sempre previsto la certezza di un'apparizione indipendente delle masse contro
il volere e contro la linea dei burocrati. In questa sua visione storica
generale, Rosa si è mostrata corretta. La Rivoluzione del 1918 fu infatti
"spontanea", cioè, fu compiuta dalle masse contro tutti i
provvedimenti e tutte le precauzioni della burocrazia di partito. Ma, d'altro
canto, la conseguente storia tedesca ha ampiamente mostrato come la spontaneità
da sola è lontana dalla possibilità di ottenere vittorie durature; il regime di
Hitler fornisce un pesante argomento contro la panacea della spontaneità.
lunedì 9 maggio 2016
Narcisismo e feticismo della merce* - Anselm Jappe
*Pubblicato su Revue Rue Descartes, n°85-86, 2015.
Qualche osservazione a partire da Cartesio, Kant e Marx
Feticismo della merce e narcisismo: è intorno a questi due
concetti, ed alle loro conseguenze, che si articola questo testo. Il suo
retroterra teorico è dato dalla critica del valore, del lavoro astratto, del
denaro e del feticismo della merce, così come è stata sviluppata soprattutto da
Robert Kurz e dalle riviste Krisis ed Exit!, in Germania, e da Moishe Postone,
negli Stati Uniti, dopo la fine degli anni 1980.
Feticismo della merce, è un concetto introdotto da Karl Marx
nel primo capitolo del Capitale. Lo si è spesso voluto intendere come una forma
di falsa coscienza, o di una semplice mistificazione. Tuttavia, un'analisi più
approfondita [*1] dimostra che si tratta di una forma di esistenza sociale
totale che si situa a monte di ogni separazione fra riproduzione materiale e
fattori mentali: essa determina le forme stesse del pensiero e dell'agire. Il
feticismo della merce condivide questi tratti con altre forme di feticismo,
come la coscienza religiosa. Potrebbe così essere caratterizzato come una forma
a priori.
Il concetto di forma a priori evoca evidentemente la
filosofia di Immanuel Kant. Tuttavia, lo schema formale che precede ogni
esperienza concreta e che a sua volta la modella, che è qui in questione, non è
affatto ontologico, come lo è in Kant, ma storico e soggetto ad evoluzione. Le
forme a priori nelle quali si devono rappresentare necessariamente tutti i
contenuto della coscienza sono, per Kant, il tempo, lo spazio e la causalità.
Egli concepisce tali forme come innate in ogni essere umano, senza che la
società o la storia giochino alcun ruolo. Basterebbe riprendere tale questione,
privando però le categorie a priori del loro carattere atemporale ed
antropologico, per poter arrivare a delle conclusioni vicine alla critica del
feticismo della merce. Il fatto che la percezione del tempo, dello spazio e
della causalità variano notevolmente nelle differenti culture del mondo è stato
sottolineato anche da alcuni kantiani [*2].
Però, non si tratta soltanto della conoscenza, ma anche
dell'azione. Il feticismo della merce di cui parla Marx, e l'inconscio di cui
parla Sigmund Freud, sono le due principali forme che dopo Kant sono state
proposte per dar conto di un livello di coscienza in cui gli attori non hanno
affatto una percezione chiara, ma che in ultima analisi li determina. Ma mentre
la teoria freudiana dell'inconscio è stata ampiamente accettata, il contributo
dato da Marx per comprendere la forma generale della coscienza è rimasto la
parte più misconosciuta della sua opera [*3]. Con la formula del
"feticismo della merce" e del "soggetto automatico", Marx
ha gettato le basi per una concezione di un inconscio a carattere storico e soggetto
al cambiamento, mentre l'inconscio di Freud è essenzialmente il ricettacolo di
costanti antropologiche, e perfino biologiche. In Freud, è sempre questione di
rapporto fra un inconscio tout court ed una cultura tout court, e per lui
questo rapporto non è mai cambiato dall'epoca della "orda primitiva".
Nella sua teoria, non c'è posto per la forma feticista, la cui evoluzione
costituisce proprio la mediazione fra la natura biologica, in quanto fattore
pressoché invariabile, e gli avvenimenti della vita storica.
Dialoghi di profughi XI.* - Bertolt Brecht
LA DANIMARCA, OVVERO
DELL’UMORISMO. – SULLA DIALETTICA HEGELIANA.
Il discorso cadde anche sulla Danimarca, dove sia Ziffel
che Kalle erano stati per un po’di tempo, poiché si trovava sulla loro strada.
ZIFFEL
Laggiù hanno un senso dell’umorismo addirittura proverbiale.
KALLE Ma non hanno ascensori, e lo
dico per esperienza. I danesi sono gente cordiale e pacifica, e ci accolsero
con grande ospitalità. Si ruppero la testa a pensare come potevano fare per
rendersi utili, ma poi ci si dovette arrivare da noi. L’idea fu quella di
trarre profitto dal fatto che nella case della capitale non ci sono ascensori,
ed ecco che qui intervenimmo noi, poiché tutti quanti dicevano che non era mica
dignitoso che noi si dovesse accettare l’elemosina invece di essere pagati per
un lavoro. Quando scoprimmo che i secchi della spazzatura se li dovevano portar
giù per le scale dall’ultimo piano, ci mettemmo a farlo noi: così era più
dignitoso.
ZIFFEL Sono tanto spiritosi. Si
divertono ancora oggi a parlare di un certo loro ministro delle finanze,
l’unico dal quale abbiano ricevuto qualcosa in cambio del loro denaro, e più
precisamente una barzelletta. Un bel giorno si presenta da lui una commissione
per controllare la casa, lui si alza con gran dignità e, battendo il pugno
sulla scrivania, dice: «Signori, se loro insistono per il controllo, io non
sono più il ministro delle finanze». Al che quelli se ne vanno e tornano dopo
sei mesi, e allora vien fuori che il ministro aveva detto la pura verità. Lui
l’han messo in prigione, ma venerano la sua memoria.
domenica 8 maggio 2016
CONCORRENZA, SAGGIO DEL PROFITTO E I PREZZI DI PRODUZIONE* - Ascanio Bernardeschi
Leggi anche: http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-parte-i-a-cosa-serve.html
http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-parte-iii-capitale-e-plusvalore.html
http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-le-confutazioni.html
http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-le-confutazioni.html
Poniamo che per
mettere in movimento un certo numero di lavoratori, che costano 100 di capitale
variabile e producono 100 di plusvalore (saggio del plusvalore uguale al 100%),
occorra una dotazione di capitale costante di 200. Se in un anno metto in atto
un solo ciclo di produzione e vendita, il mio profitto annuo sarà di
100Pv/(200C+100V)=33,3% circa. Se il prodotto invece viene lavorato e venduto
in un mese, al termine di quel mese ho riprodotto i fattori di produzione
(mezzi di produzione e salari) senza dover ricorrere a una nuova anticipazione
di capitale e ho ugualmente una produzione di 200C+100V+100Pv=400. Però con lo
stesso capitale anticipato posso ripetere il ciclo produttivo 12 volte in un
anno. Il plusvalore complessivo prodotto ogni anno è 100*12=1.200, e il saggio
del profitto è 1.200/(200+100)=400% pur restando il 100% il saggio del
plusvalore.
Quando nell'analisi si introducono i molti capitali in
concorrenza fra di loro alla ricerca della massima valorizzazione, la legge del
valore si afferma, redistribuendo fra i vari capitalisti, nella forma di
profitto, il plusvalore prodotto. Cambiano i singoli prezzi, ma a livello
aggregato si conservano le leggi formulate nel precedente livello di
astrazione, quello del capitale in generale.
Il metodo di Marx consiste nel partire dai dati caotici
della realtà fenomenica per scoprire i nessi tra di loro in una discesa verso
rappresentazioni sempre più schematiche, semplici e astratte, fino a giungere
al nocciolo analitico elementare, la merce. Da qui inizia la sua esposizione,
un percorso a ritroso per risalire per gradi, introducendo sempre nuove
complicazioni, verso la complessità del reale, verso la forma con cui si
presentano le categorie economiche alla superficie della società, questa volta
non come descrizione di un insieme caotico di dati, ma come un sistema ordinato
secondo una determinata struttura logica, “come una totalità ricca di molte
determinazioni e rapporti” [1].
Nei precedenti articoli si è riferito l'esposizione di Marx,
dalla “cellula elementare” della nostra società, la merce, fino al capitale in
generale (libro I della sua opera principale).
Nel libro III [2], pubblicato postumo da Engels, vengono
introdotti i vari capitali in concorrenza fra di loro, che si muovono alla
ricerca del massimo profitto. In questo nuovo quadro la legge del valore si
afferma attraverso una mediazione complessa, e una procedura per derivare i
prezzi di produzione da una trasformazione dei valori.
L’individuo privatizzato - Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto* - Cornelius Castoriadis
L’individuo privatizzato [Tolosa, 22 marzo 1997]**
La filosofia non è tale quando non esprime un pensiero
autonomo. Cosa significa“autonomo“? Il termine “autos-
nomos”,“che si dà la sua propria legge”, ha in filosofia un
significato chiaro: darsi la propria legge vuol dire porre domande, e non accettare
nessuna autorità; neppure quella del proprio pensiero anteriore.
Ma qui tocchiamo un punto dolente, poiché quasi sempre i
filosofi costruiscono sistemi chiusi come un uovo (si veda Spinoza, si veda
soprattutto Hegel, e in qualche misura anche Aristotele), o restano attaccati a
talune forme che hanno creato, e che non riescono a rimettere in questione. Gli
esempi contrari sono pochi: uno è Platone; un altro, anche se
nel campo della psicanalisi e non della filosofia, è Freud.L’autonomia
del pensiero è l’interrogazione illimitata, che non si ferma davanti a nulla e
rimette costantemente in discussione se stessa. Non è però un’interrogazione
vuota, che non avrebbe alcun significato: perché abbia un senso, occorre aver
già posto un certo numero di termini come provvisoriamente incontestabili;
altrimenti quel che rimane non è un’interrogazione filosofica, ma un semplice
punto interrogativo. L’interrogazione filosofica è articolata, salvo a
riconsiderare gli stessi termini a partire dai quali si è articolata.
Che cos’è l’autonomia in politica? Quasi tutte le società umane sono
istituite nell’eteronomia, vale a dire nell’assenza di autonomia. In altri
termini, le società, che pure creano, tutte, le proprie istituzioni, vi
incorporano l’idea, incontestabile per i rispettivi membri, che queste non siano
opera dell’uomo, creazioni di esseri umani o in ogni caso non di quelli
presenti al momento. Sono sempre create dagli spiriti, dagli antenati, dagli
eroi, dagli dei; non sono mai opera dell’uomo.
C’è un vantaggio considerevole in questa clausola tacita ma
talvolta anche esplicita: come nella religione ebraica, ove il dono
della legge [si veda Esiodo, per il mondo greco, NDR] fatto da Dio a Mosè è
scritto, esplicitato; molte pagine dell’Antico testamento descrivono nei
particolari le regole che Mosè ricevette da Dio: non solo i dieci Comandamenti,
ma tutti i dettagli della Legge. E sarebbe impensabile contestare queste
disposizioni: significherebbe contestare l’esistenza di Dio, o la sua
veridicità, o la sua bontà, o la sua giustizia: tutti attributi consustanziali
a Dio. E lo stesso può dirsi per altre società eteronome. Se cito qui l’esempio
ebraico, è per la sua purezza classica.
sabato 7 maggio 2016
UN REDDITO GARANTITO CI VUOLE! MA QUALE ? strumento di libertà o gestione delle povertà*
Leggi anche: http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-falsa-contrapposizione-tra-reddito-minimo-e-lavoro/
http://ilcomunista23.blogspot.it/2015/12/salario-minimo-garantito-reddito-di.html
http://ilcomunista23.blogspot.it/2015/12/salario-minimo-garantito-reddito-di.html

Reddito garantito, tra concetti e preconcetti. Limiti e punti di forza di alcune proposte in campo di Elena Monticelli
Da alcuni anni il tema del reddito minimo in Italia ha
assunto nuovamente una centralità e diverse forze politiche hanno iniziato a
sostenere proposte che andassero nella direzione di introdurre una misura di
quel tipo: il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia e
Libertà, le prime due proposte di legge d’iniziativa parlamentare, l’ultima
invece una proposta di legge d’iniziativa popolare, che ha raccolto oltre
cinquantamila firme di cittadini italiani. Il Partito Democratico, però, ha
smesso negli ultimi due anni di sostenere la proposta formulata.
Contemporaneamente a queste proposte è emersa anche la
proposta REIS (Reddito d’Inclusione Sociale) , una proposta di reddito di
inclusione sociale nata dall’Alleanza contro la povertà in Italia, un cartello
di soggetti aventi come promotori le Acli e la Caritas che si rivolge soltanto
ai nuclei familiari al di sotto della soglia di povertà assoluta. Nonostante la
campagna “Reddito di dignità” promossa dall’Associazione Libera contro le
Mafie, l’iter per la calendarizzazione della discussione in Senato sulle due
proposte di legge (quella del M5S e quella di Sel) si è arenato bruscamente.
Nel frattempo lo scorso luglio 2015 è stato presentato dal Ministro del Lavoro
Poletti il «Piano nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione
sociale», finanziato successivamente attraverso la Legge di Stabilità (L.28
dicembre 2015, n. 208), attraverso uno stanziamento per il 2016 quantificato in
600 milioni di euro ed uno stanziamento per il 2017 in Legge di Stabilità che
ammonta ad 1 miliardo. Infine il Governo Renzi ha presentato lo “Schema di
disegno di legge di delega recante le norme relative al contrasto alla povertà,
al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi
sociali”, cosiddetto Ddl Povertà. Il modello proposto da questo disegno di
legge affonda le proprie radici nel SIA – Sostegno all’Inclusione Attiva,
approvato durante il Governo Letta, caratterizzato da principi di universalismo
selettivo, impianto familista, importo decisamente inferiore ai termini di
adeguatezza previsti da uno schema di reddito minimo garantito e in ultimo da
forme di condizionatezza legate a lavoro volontario.
venerdì 6 maggio 2016
ROSA LUXEMBURG: RIVOLUZIONARIA, DONNA, FEMMINISTA* - Antonella Marazzi
A mio avviso, Rosa ha rappresentato, insuperata, l’unico
esempio di donna, rivoluzionaria a tempo pieno, che sia riuscita a praticare
concretamente la fusione tra la militanza attiva nei movimenti di lotta della
sua epoca - come agitatrice e dirigente - e l’impegno teorico. Un impegno speso
sul campo della polemica con alcuni tra i più famosi e prestigiosi
intellettuali del suo tempo, come Bernstein, Kautsky e lo stesso Lenin (oltre a
Trotsky con cui fu spesso d’accordo). Una produzione teorica finalizzata alla
denuncia di posizioni che ai suoi occhi rappresentavano concreti pericoli sulla
strada della rivoluzione socialista: contro il revisionismo di Bernstein (Riforma
sociale o rivoluzione?); contro la teoria leninista del partito (Problemi
di organizzazione della socialdemocrazia russa) e contro la concezione
burocratica del rapporto tra movimenti di massa, partito e sindacato (Sciopero
di massa, partito, sindacati); contro il nazionalsciovinismo di Kautsky e
della maggioranza del Spd (La crisi della socialdemocrazia); contro i
pericoli di degenerazione della Rivoluzione russa del ‘17 (La Rivoluzione
russa).
Da non trascurare sono anche i suoi testi di economia
politica come l’Introduzione all’economia politica e L’accumulazione
del capitale - in cui si misura direttamente con il Marx de Il
Capitale - elaborati nel periodo in cui insegnò alla scuola quadri del
Spd a partire dal 1907. Per non parlare poi della prodigiosa mole di articoli
pubblicati sugli organi di stampa dei partiti in cui militò e/o che contribuì a
fondare: Partito socialdemocratico tedesco (Spd), Partito socialdemocratico di
Polonia e Lituania (Sdkpil), Spartakusbund, Kpd.
giovedì 5 maggio 2016
CUBA DOPO LA VISITA DI BARACK OBAMA* - Alessandra Ciattini
Quali saranno le conseguenze del nuovo corso delle relazioni tra USA e Cuba sottolineato con grande risonanza mediatica in occasione della recente visita di Obama? Molti problemi e interrogativi restano aperti e su di essi discutono anche le massime autorità cubane.
In numerose fonti di informazioni latinoamericane e cubane
(anche ufficiali) si discute molto sulle conseguenze della visita a Cuba del
presidente Barack Obama, insignito per il solo fatto di essere quasi nero e
statunitense del premio Nobel per la pace; conseguenze che ovviamente non si
faranno sentire solo nell'isola caraibica, ma che si riverberanno su tutta la
società latinoamericana, scossa da una serie di tensioni e conflitti, il cui
obiettivo è la destabilizzazione dei governi progressisti ivi operanti. In
questo senso Cuba resta un simbolo ancora vitale, la cui stessa esistenza
rimanda a possibili alternative per gli Stati Uniti indigeribili. Naturalmente
in questo breve intervento rifuggirò da tutte quelle interpretazioni che, solo
allo scopo di generare sensazionalismo, fanno di questo evento qualcosa di
epocale, da cui dovrebbe scaturire una nuova fase nella storia del mondo (come,
d'altra parte, ho fatto in un altro intervento pubblicato sempre su LCF).
Comincio con il soffermarmi su quanto si ricava dal canale
televisivo interstatale Telesur, cacciato recentemente dall'Argentina, in cui è
andato al potere un personaggio legato alla passata dittatura e al capitale
transnazionale. Nel noticiero e nei vari programmi di Telesur
emergono sostanzialmente due aspetti della questione: da un lato, si
sottolineano i possibili vantaggi che deriverebbero alla più grande delle
Antille dall'apertura delle relazioni commerciali e finanziarie con gli Stati
Uniti, la quale provocherebbe il miglioramento delle condizioni di vita della
popolazione e, di conseguenza, il consolidamento del socialismo cubano, che
dovrà essere prospero e sostenibile. È questa la linea ufficiale, identificata
in particolare con la figura di Raúl Castro, il quale ha sempre parlato della
necessità di “actualizar el socialismo cubano” e di procedere alla normalizzazione
dei rapporti con gli Stati Uniti, con i quali rimangono tuttavia – sottolinea -
importanti divergenze. E, d'altra parte, l'attuale leader cubano ha anche più
volte ribadito che tale normalizzazione potrà realizzarsi solo nel pieno
rispetto dell'autonomia e della sovranità della nazione cubana, ossia con il
ripudio della politica di ingerenza anche violenta, che – nonostante le parole
amichevoli di Obama a Cuba – continua a manifestarsi in varie forme; pensiamo,
per esempio, al prolungamento delle sanzioni contro il Venezuela considerato
una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e un paese non rispettoso dei
diritti umani (1).
Il lungo viaggio di Hilary Putnam. Realismo metafisico, antirealismo e realismo naturale* - Mario De Caro
*Da: https://www.academia.edu/

La strada che Putnam sta esplorando oggi consiste dunque nel recuperare un atteggiamento naturale rispetto alla percezione, «a second naiveté», che ci permetta di tornare a comprendere che «le cose ‘esterne’ – i cavoli, i re – possono essere esperite» (e non meramente causate). Se si rinuncia alla concezione tradizionale della percezione e si ammette che di norma noi percepiamo direttamente il mondo, i problemi dell’epistemologia tradizionale svaniscono. E’ importante notare, però, che la rinuncia agli intermediari mentali nella spiegazione della percezione non significa che Putnam postuli una sorta di ‘contatto immediato’ tra la mente e gli oggetti (in questo modo non farebbe che riproporre la ‘teoria magica del riferimento’).
Il punto, piuttosto, è che in questa prospettiva la stessa distinzione interno/esterno non ha più ragion d’essere: la mente, infatti, non viene più considerata come un organo, materiale o immateriale, che elabora informazioni che vengono dall’esterno; essa piuttosto è vista come un sistema di abilità cognitive, dipendente sia dagli eventi cerebrali sia dalla nostra interazione con il mondo e descrivibile soltanto per mezzo di un vocabolario intenzionale. In tale ottica anche la percezione è l’esercizio di un’abilità cognitiva. Percepire un oggetto, spiega Putnam, non è un processo bipartito, in cui a un’interazione non cognitiva tra oggetti e apparato percettivo faccia seguito l’elaborazione cognitiva da parte del cervello. Ad essere cognitivo è il processo percettivo nella sua interezza.

"Chi è filosoficamente confuso è come un
uomo in una stanza, che vuole uscirne, ma
non sa come fare. Prova a passare dalla
finestra, ma è troppo alta. Prova a passare per
il comignolo, ma è troppo stretto. E se
soltanto si guardasse intorno, si accorgerebbe
che la porta è rimasta aperta."
Ludwig Wittgenstein
La strada che Putnam sta esplorando oggi consiste dunque nel recuperare un atteggiamento naturale rispetto alla percezione, «a second naiveté», che ci permetta di tornare a comprendere che «le cose ‘esterne’ – i cavoli, i re – possono essere esperite» (e non meramente causate). Se si rinuncia alla concezione tradizionale della percezione e si ammette che di norma noi percepiamo direttamente il mondo, i problemi dell’epistemologia tradizionale svaniscono. E’ importante notare, però, che la rinuncia agli intermediari mentali nella spiegazione della percezione non significa che Putnam postuli una sorta di ‘contatto immediato’ tra la mente e gli oggetti (in questo modo non farebbe che riproporre la ‘teoria magica del riferimento’).
Il punto, piuttosto, è che in questa prospettiva la stessa distinzione interno/esterno non ha più ragion d’essere: la mente, infatti, non viene più considerata come un organo, materiale o immateriale, che elabora informazioni che vengono dall’esterno; essa piuttosto è vista come un sistema di abilità cognitive, dipendente sia dagli eventi cerebrali sia dalla nostra interazione con il mondo e descrivibile soltanto per mezzo di un vocabolario intenzionale. In tale ottica anche la percezione è l’esercizio di un’abilità cognitiva. Percepire un oggetto, spiega Putnam, non è un processo bipartito, in cui a un’interazione non cognitiva tra oggetti e apparato percettivo faccia seguito l’elaborazione cognitiva da parte del cervello. Ad essere cognitivo è il processo percettivo nella sua interezza.
Una tesi di questo
genere si radica con evidenza nella tradizione pragmatista: «gli eventi
cerebrali sono una parte della mia attività cognitiva e percettiva solo perché
io sono una creatura con un certo tipo di ambiente normale, e con una certa
storia di interazioni individuali e di specie con quell’ambiente». In tal modo,
secondo Putnam, né gli eventi cerebrali né i fenomeni percettivi sono intrinsecamente
cognitivi: «[c]ome avrebbe detto John
Dewey, ciò che è cognitivo è l’interazione».
Con l'adesione al realismo naturale, Putnam dichiara
concluso il suo itinerario filosofico, «un lungo viaggio che dal realismo è
partito e che al realismo è tornato». Il rigore della sua riflessione e le
nuove prospettive che nel corso degli anni egli ha dischiuso stanno a
dimostrare che questo suo travagliato viaggio non è stato affatto infecondo.
Vedi anche: http://www.filosofia.rai.it/articoli/hilary-putnam-la-filosofia-ha-un-futuro/5090/default.aspx
mercoledì 4 maggio 2016
Dialoghi di profughi X.* - Bertolt Brech
Ziffel dovette dare a Kalle la triste notizia che non
vedeva alcuna possibilità di continuare a scrivere le sue memorie, perché aveva
avuto troppo poche esperienze.
KALLE Eppure in vita sua deve ben
aver avito delle esperienze, se non grandi, almeno piccole. Racconti queste!
ZIFFEL In teoria si afferma che
ognuno ha una sua vita, ma è soltanto un sofisma che ha una validità puramente
formale, in quanto si può certamente chiamare vita il vegetare per
settant’anni, o anche solo per tre anni. Conosco il detto secondo cui ci si può
rallegrare alla vista di un ciottolo sulla riva di un torrentello quanto alla
vista del Cervino. Si può ammirare la creazione del signore allo stesso modo in
tutti e due i casi, ma io preferisco ammirarla davanti al Cervino, è questione
di gusti. Naturalmente si può parlare di tutto in modo interessante, ma non
tutto merita interesse. Comunque io l’ho già finita con le mie memorie, e
questo è quanto mai triste.
KALLE Racconti almeno a voce di
tutti i posti dove è stato, e perché ne è venuto via; insomma, come ci ha
vissuto.
ZIFFEL Allora ci sarebbe da parlare
della Francia. La patrie. Sono contento di non essere un francese.
Quelli devono essere troppo patrioti per i miei gusti.
martedì 3 maggio 2016
Un'etica d’ispirazione psicoanalitica - Roberto Finelli*
Oggi io credo - attraverso il confronto, sempre più
indispensabile ed inevitabile, con la cultura della psicoanalisi - etica e
politica, scienze umane e filosofia, possono giungere a ragionare di un nuovo
materialismo che includa nei bisogni originari e imprescindibili dell'umano,
accanto alla bisognosità più esplicitamente fisica e biologica, il bisogno
dell'esser riconosciuti, pena l'assenza dell'accendersi della stessa vita
psichica.
Così come possono giungere a meditare su quella complicazione ed
arricchimento psicoanalitici del concetto moderno di libertà, per cui libertà
non è più solo la libertà liberale «di» (pensiero, religione ..) o la libertà
comunista «da» (bisogni e necessità materiali), ma, oltre a queste, una
libertà, postliberale e postcomunista, da intendersi come l’assenza, al più
alto grado possibile, di quei divieti e di quelle censure, di quel terrorismo
interiore che fa divieto al soggetto umano di comunicare con il suo più
profondo e proprio Sé.
Solo
una cultura civile e politica che si rifondasse a muovere da tale nuovo
materialismo, da tale nuova antropologia, sarebbe forse in grado, io credo, di
proporre un economico, e con esso un paradigma di ricchezza, ulteriore a quello
moderno e contemporaneo. Solo una cultura etica e filosofica che riconoscesse
il grande debito accumulato dalle acquisizioni e dalle conquiste teoriche e
cliniche maturate dalla psicoanalisi, nel corso ormai di un secolo, potrebbe, a
mio avviso, proporre un'ideale di trasformazione all’altezza della drammaticità
dei problemi contemporanei...
Ma questa è la speranza, di poter contrapporre a un vecchio
e consunto paradigma di ricchezza, che sta diffondendo disperazioni, terrori e
tremori, un nuovo paradigma di ricchezza e fecondità antropologica.
Se tutto ciò potrà mai avvenire, sottraendosi alla
dimensione del mero sogno e del mero congetturare utopico, solo un Dio, cioè il
tempo dell’ad/venire, ce lo potrà dire.
domenica 1 maggio 2016
MARX E LA RIVOLUZIONE DEL 1848 - Irene Viparelli*
*Viparelli Irene,
« Crise et conjoncture révolutionnaire : Marx et 1848. », Actuel
Marx2/2009 (n° 46) , p. 122-136
URL : www.cairn.info/revue-actuel-marx-2009-2-page-122.htm.
DOI : 10.3917/amx.046.0841.
URL : www.cairn.info/revue-actuel-marx-2009-2-page-122.htm.
DOI : 10.3917/amx.046.0841.
Che influenza ebbe la rivoluzione europea del 1848 sulla
teoria marxiana? Quale fu il suo contributo specifico? In che misura fu un
evento determinante? La strada maestra per addentrarsi nel cuore di questo
problema sembra essere fornita dal temporaneo abbandono della militanza
politica, compiuto da Marx agli inizi degli anni Cinquanta. Sicuramente il
mutamento del contesto storico, la vittoria della controrivoluzione in tutta
Europa, la repressione, l’esilio londinese furono tutti fattori che ebbero
un’importanza decisiva. Vi fu però anche una motivazione squisitamente teorica,
un radicale mutamento nella prospettiva strategica marxiana1.
«Nel caso di una
battaglia contro un nemico comune non c’è bisogno di nessuna unione speciale.
Appena si deve combattere direttamente tale nemico, gli interessi dei due
partiti coincidono momentaneamente, e, com’è avvenuto sinora così per
l’avvenire, questo collegamento, calcolato soltanto per quel momento, si
ristabilirà spontaneamente»2.
L’imperativo dell’alleanza di tutte le forze democratiche,
centrale nel Manifesto, sembra ormai, dopo la rivoluzione, avere ben poco di
strategico; il vero compito dei comunisti rivoluzionari è piuttosto la lotta
proprio contro queste alleanze ibridatrici che, lasciando evaporare le
differenze di classe, dissolvono l’autonomia del proletariato e ne distruggono
la coscienza e la forza rivoluzionaria.
« Le diverse beghe, a
cui attualmente si abbandonano i rappresentanti delle singole frazioni del
partito continentale dell’ordine e in cui si compromettono a vicenda, ben lungi
dal fornire l’occasione di nuove rivoluzioni, sono al contrario possibili
soltanto perché la base dei rapporti è momentaneamente così sicura e, ciò che
la reazione ignora, così borghese. Contro di essa si spezzeranno tutti i
tentativi reazionari di arrestare l’evoluzione borghese, come tutta
l’indignazione morale e tutti i proclami ispirati dei democratici. Una nuova
rivoluzione non è possibile se non in seguito a una nuova crisi. L’una però è
altrettanto sicura quanto l’altra»3.
Questo principio teorico fu la scoperta fondamentale e il
grande contributo della rivoluzione del 1848 alla teoria marxiana: non solo fu
il presupposto della nuova strategia anti-ideologica, che spinse Marx a
criticare violentemente i progetti cospiratori dei democratici esiliati a
Londra e provocò la scissione dell’ala Willich-Schapper nella ricostituita Lega
dei comunisti, ma fu anche e soprattutto lo strumento di un’autocritica fondamentale.
L’individuazione dell’intrinseco legame tra crisi e rivoluzione impose infatti
una radicale problematizzazione della teoria marxiana, che dovette essa stessa
liberarsi dai presupposti ancora ideologici, dagli ultimi residui di “filosofia
della storia” che, alle soglie della rivoluzione, ancora inibivano la
formulazione di una teoria rivoluzionaria organica e pienamente coerente. Marx
non ha mai né rinnegato le tesi enunciate nel Manifesto né ha mai
tematizzato una differente teoria politica; eppure le vicende del biennio
rivoluzionario europeo, inintelligibili attraverso tale schema interpretativo,
gli imposero necessariamente l’utilizzazione di altre categorie, non
“filosofiche”, che superarono di fatto la semplicità dell’antico modello
teorico lineare4: dopo il Quarantotto, infatti, la rivoluzione proletaria non
poté più fondarsi semplicemente sull’ “astratta necessità” che accomuna ogni
società umana, destinata a perire con l’emergere della contraddizione di forze
produttive e rapporti di produzione, ma si dovette invece legare alla modalità
peculiare con cui questa “legge generale" si realizza nel modo di
produzione capitalistico, a quel movimento ciclico attraverso il quale si
sviluppa la contraddizione di lavoro salariato e capitale.
Così, proprio a partire dai testi giornalistici scritti a
tra il 1848 e il 1853 è possibile rintracciare preziose indicazioni per una
teoria della rivoluzione ben più problematica, intimamente legata all’essenza
del modo di produzione capitalistico, al suo essere “terra di mezzo” tra il
regno della necessità e quello della libertà, tra la preistoria e la storia
dell’umanità5.
venerdì 29 aprile 2016
Teoria critica della società? Critica dell’economia politica. Adorno, Backhaus, Marx* - Tommaso Redolfi Riva
Nella Dialettica negativa (T.
W. Adorno, Dialettica negativa, Torino, Einaudi, 1970, p. 320.),
l’excursus su Hegel ha per titolo Spirito del mondo e storia naturale.
Quello che appare come un dualismo tra la progressiva umanizzazione del mondo –
quindi realizzazione della libertà, storia – e la cieca necessità della natura,
ben presto si dà a vedere come una prosecuzione della natura all’interno della
storia, come una continuazione dell’eteronomia nella sfera della vita storica:
“la storia umana, il progressivo dominio sulla natura, prosegue quella
inconsapevole della natura”. Lo spirito del mondo, che nelle pagine hegeliane
della filosofia della storia si mostrava come il progressivo processo di
realizzazione della libertà, è letto da Adorno quale luogo dell’affermazione
dell’universale a danno del particolare, momento di autonomizzazione di un
processo complessivo di contro alle singole azioni che lo compongono. Più in
particolare la critica alla logica hegeliana di universalità e particolarità si
specifica nel richiamo adorniano alla legge dell’accumulazione capitalistica
che si realizza per mezzo delle azioni individuali, e da esse si rende autonoma
e oggettiva.
Per Adorno, Hegel ha individuato questo processo sovraindividuale
attraverso il concetto di spirito del mondo che per l’appunto “si disinteressa
dei viventi, di cui […] ha bisogno, così come questi possono esistere solo
grazie a quel tutto”, ma, invece di criticarlo nella determinatezza storica del
modo di produzione capitalistico, lo ha elevato a “ipostasi filosofica, a
processo universale di affermazione della libertà.
Per Adorno, la filosofia di Hegel diventa in prima istanza
un grimaldello per la comprensione dell’imporsi di una struttura oggettiva, ma
nello stesso tempo oggetto di critica, in quanto eternizzazione, ipostasi, di
un processo storicamente determinato.
L’istanza critica che muove Adorno è di grande interesse: la
società dominata dal modo di produzione capitalistico si costituisce attraverso
una specifica struttura nella quale le singole azioni individuali si compongono
in un’oggettività che domina gli stessi agenti sociali. Nel modo di produzione
capitalistico si infrange la classica antitesi tra natura e storia. Una tale
antitesi è vera e falsa insieme: è vera in quanto la legalità che si impone
agli agenti sociali è un loro stesso costrutto e quindi è storica; è falsa in
quanto questa legalità prodottasi storicamente agisce sugli agenti proprio come
una legge della natura. Come afferma enfaticamente Adorno: “l’oggettività della
vita storica è quella di una storia naturale".
L’intento delle pagine seguenti è quello di mostrare come il
Marx teorico della forma di valore sia in grado di approfondire e portare a
fondamento i concetti centrali della teoria critica di Adorno. Nei primi
paragrafi (§§ 1-3) farò vedere che i temi essenziali della sociologia critica
di Adorno, in particolare il tema dell’oggettività sociale e
dell’autonomizzazione della società, trovano il proprio centro esplicativo nel
concetto di scambio quale astrazione reale. Mostrerò poi che tale concetto
rimane sostanzialmente indeterminato e privo di una precisa fondazione teorica
nell’opera di Adorno. Nei paragrafi successivi (§§ 4-6) cercherò di mostrare
che una fondazione dello scambio quale astrazione reale può essere guadagnata
con l’analisi della forma di valore sviluppata dalla Neue Marx-Lektüre e in
particolare da Hans-Georg Backhaus attraverso un’attenta lettura della critica
dell’economia politica di Marx.
Leggi tutto: http://www.consecutio.org/2013/10/teoria-critica-della-societa-critica-delleconomia-politica-in-adorno-backhaus-marx/
giovedì 28 aprile 2016
mercoledì 27 aprile 2016
Le classi nel mondo moderno III. Nuove frontiere della produzione e dello sfruttamento* - Alessandro Mazzone
*Da: http://www.proteo.rdbcub.it/
Prima parte: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/02/le-classi-nel-mondo-moderno-alessandro.html Seconda parte: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/04/le-classi-nel-mondo-moderno-la.html
Prima parte: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/02/le-classi-nel-mondo-moderno-alessandro.html Seconda parte: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/04/le-classi-nel-mondo-moderno-la.html
Chi edificò Tebe dalle sette porte?

Furono i re a trascinare i blocchi di pietra?
E Babilonia, distrutta più volte,
Chi la rifabbricò, altrettante volte?
Dove abitavano i costruttori in Lima splendente d’oro?
E la sera, in cui fu terminata la muraglia cinese, dove andarono
I muratori? La grande Roma
È piena di archi di trionfo. Chi li eresse? Su chi
Trionfavano i Cesari? E Bisanzio tanto celebrata
Aveva soltanto palazzi per i suoi abitatori? Perfino nella leggendaria Atlantide
Nella notte in cui il mare la inghiottì, urlavano ancora
Annegando, per chiamare i loro schiavi.
Il giovane Alessandro conquistò l’India.
Da solo?
Cesare vinse i Galli.
Non aveva con se almeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, sentendo che la sua flotta
Era andata a picco. Non pianse pure qualcun altro?
La guerra dei Sette Anni fu vinta da Federico secondo. Chi
Vinse, oltre a lui?
A ogni pagina, una vittoria.
Chi preparò il banchetto?
Ogni dieci anni, un grand’uomo.
Chi ne pagò le spese?
Tante notizie.
Altrettante domande.
Bertolt BRECHT: Domande di un operaio che legge.
In
questa terza e ultima parte cercherò di porre in luce - senza alcuna pretesa di
completezza - alcuni problemi che si pongono a chi guarda all’attuale fase
della mondializzazione e competizione capitalistica dal punto di vista dei
lavoratori.
martedì 26 aprile 2016
NEOLIBERISMO E POSTMODERNISMO: ALLEATI TRA LORO, MA NOSTRI NEMICI* - Alessandra Ciattini
Si parla assai spesso e a ragione di “pensiero unico”, per
sottolineare come la cultura mass-mediatica, in tutte le sue forme, comprese le
sue rozze espressioni politiche, sia dominata da un'unica concezione del mondo,
scaturita dalla cosiddetta fine delle ideologie, improntata ad un facile
pragmatismo che incanta l'uomo pratico e concreto, e talvolta intrisa di un
buonismo ipocrita auspice del rispetto dell'altro e pronto ad agitare la
“cultura dell'accoglienza”.
Tale concezione del mondo si incarna nel neoliberismo,
affermatosi negli ultimi decenni del Novecento a causa di un complesso di
fattori, i quali hanno contribuito al consolidarsi di quello che Ernest Mandel
definisce “tardo capitalismo” (Der Spätkapitalismus, Francoforte 1972).
Naturalmente il richiamo al buonismo e alla “cultura dell'accoglienza” non sono
elementi costitutivi del neoliberismo, che si presenta limpido nella sua spietatezza,
ma che taluni amano rivestire di tali pietosi veli per non fa sobbalzare i
ricettori del suo messaggio.
L'emergere del neoliberalismo coincide con l'attacco
condotto allo Stato sociale, e quindi con l'assalto ai diritti sociali
dell'individuo che facevano di esso un membro della comunità, nel cui seno
avrebbe dovuto trovare tutti quegli strumenti idonei a trasformarlo in un
cittadino a tutti gli effetti. Con Margaret Thatcher abbiamo imparato che la
società non esiste e che ognuno deve farsi carico individualmente del proprio
“successo” sociale [1], anche nel caso in cui ciò significa il raggiungimento
stento della mera sopravvivenza.
Esso ha rappresentato l'abbandono del keynesismo postguerra
e il ritorno al monetarismo, ma al tempo stesso in esso si è coagulata la
reazione alle vittorie conseguite dai lavoratori sul piano sociale, dovute
anche allo scenario internazionale, in cui il “capitalismo puro” aveva dovuto
moderarsi per l'esistenza di un modello alternativo, pur con tutti i suoi problemi.
lunedì 25 aprile 2016
Dialoghi di profughi IX.* - Bertolt Brecht
*Da: https://www.facebook.com/notes/maurizio-bosco/dialoghi-di-profughi-ix-bertolt-brecht/10151291297043348?pnref=story
Cos'è "Dialoghi di Profughi": http://www.controappuntoblog.org/2013/10/18/quando-si-parla-di-umorismo-io-penso-sempre-al-filosofo-hegel-fluchtlingsgesprache-dialoghi-di-profughi-brecht-bertolt/
LA SVIZZERA, FAMOSA PER L’AMORE DELLA LIBERTA’ E IL
FORMAGGIO. – EDUCAZIONE ESEMPLARE IN GERMANIA. – GLI AMERICANI.
Cos'è "Dialoghi di Profughi": http://www.controappuntoblog.org/2013/10/18/quando-si-parla-di-umorismo-io-penso-sempre-al-filosofo-hegel-fluchtlingsgesprache-dialoghi-di-profughi-brecht-bertolt/
ZIFFEL La Svizzera è un paese
famoso perché vi si può essere liberi. A patto però di essere turisti.
KALLE Io ci sono stato e
non mi ci sono sentito troppo libero.
ZIFFEL Probabilmente non
abitava in albergo. Bisogna stare in albergo. Da lì uno può andare dove vuole.
Intorno alle più alte montagne, da cui si godono i panorami più belli, non ci
sono steccati né niente. Si dice che in nessun posto ci si sente più liberi che
in cima a una montagna.
KALLE Ho sentito dire che gli
stessi svizzeri non ci salgono mai, a meno che non siano guide, e allora non
sono veramente liberi perché sono costretti a portare in giro i turisti.
ZIFFEL Le guide hanno
probabilmente meno sete di libertà degli altri svizzeri. Storicamente, la sete
di libertà della Svizzera deriva dal fatto che il paese si trova in una
posizione geografica sfavorevole. E’ circondato da potenze smaniose di
conquiste. Di conseguenza gli svizzeri devono sempre stare sul chi vive. Se le
cose stessero diversamente non avrebbero bisogno di sete di libertà. Non si è
mai sentito parlare di sete di libertà presso gli esquimesi. La loro posizione
geografica è più favorevole.
venerdì 22 aprile 2016
E. Bloch, K. Korsch, L. Althusser.* - Renato Caputo
*Da: Università
Gramsci
Vedi anche: http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/02/il-giovane-marx-renato-caputo_28.html http://ilcomunista23.blogspot.it/2016/03/marx-dopo-marx-da-engels-labriola.html
Il marxismo di E. Bloch; dalla filosofia alla scienza: il
marxismo di Korsch; marxismo e strutturalismo: L. Althusser; introduzione a La
scuola di Francoforte
La Scuola di Francoforte: Horkheimer; T. W. Adorno; H. Marcuse, W. Benjamin. https://www.youtube.com/watch?v=qwZXv27HISA&feature=share
La parabola della filosofia di G. Lukacs dalla coscienza di
classe all'ontologia dell'essere sociale. https://www.youtube.com/watch?v=QuKzkmVLD-c
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