Molte delle battaglie degli ultimi decenni possono essere
viste come lotte di difesa contro il continuo logoramento della sovranità
nazionale. In questo contesto di sconfitta delle sinistre esistenti, il
pensiero critico fu in gran parte separato dalla prassi politica – in forte
contrasto con i legami organici esistenti tra produzione teorica e strategia
rivoluzionaria che caratterizzarono gli inizi del Ventesimo secolo. Diventò
l’opera di professori universitari piuttosto che di leader politici radicali. Eppure,
i temi del pensiero critico contemporaneo sono intimamente collegati con la
sconfitta storica.
Anche senza la minaccia dell’antico spettro, l’ordine
mondiale è entrato in un periodo di transizione geopolitica nel corso degli
ultimi quindici anni, un risultato in parte frutto dello spostamento
dell’equilibrio industriale tra Nord Atlantico ed Estremo Oriente. Il
predominio unilaterale di Washington è stato moderato dall’emergere di grandi
potenze, vecchie e nuove, i cui interessi non si possono racchiudere facilmente
in quelli degli USA. Le riforme di Deng Xiaoping hanno dimostrato la
fattibilità di un ultra-capitalismo pianificato di Stato, che ha trasformato la
terra della Rivoluzione Culturale nella prima area produttiva del mondo e in un
potente attore internazionale. Nella regione ‘pivot’ dell’Eurasia, la Russia
semi-democratica di Putin continua a dimostrare che Mosca è tornata sulla scena
globale.
La crisi del 2008 ha ora prodotto degli spiragli politici
inattesi, in particolare in Europa del Sud, in forme che pochi avrebbero
predetto. I salvataggi statali di istituzioni finanziarie in bancarotta hanno
portato all’esplosione dei debiti nazionali e degli spread sui tassi
d’interesse. Le politiche di emergenza per ‘salvare l’euro’ imposte – e presto
normalizzate – dal blocco a guida tedesca hanno avuto effetti disastrosi in
Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, dove milioni di persone hanno
perso il proprio lavoro, decine di migliaia sono stati sfrattati dalle proprie
case e sono stati accelerati lo smantellamento e la privatizzazione dei sistemi
pubblici di sanità e istruzione, mentre l’onere del debito è stato passato
dalle banche ai cittadini.
In Spagna, come in altri paesi dell’Eurozona, il collasso
economico e le misure imposte per “salvare la moneta unica” hanno evocato lo
spettro di una crisi organica, che ha condotto a quella che, in termini
politici, chiamiamo una crisi di regime: ossia, lo sfibramento del sistema
politico e sociale emerso dalla transizione post-franchista. La principale
espressione sociale di questa crisi di regime è stato il movimento 15-M, l’ampia
mobilitazione degli indignados che, iniziata il 15 maggio 2011, ha occupato le
piazze cittadine in tutta la Spagna per molte settimane. La sua principale
espressione politica è stata Podemos.
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