La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
martedì 6 agosto 2024
Hiroshima - les images inconnues
domenica 4 agosto 2024
“Biden, trump o harris poco cambia: è già tutto deciso” - Riccardo Antoniucci intervista Jeffrey Sachs
Da: ilfattoquotidiano.it - Jeffrey D Sachs, professore universitario presso la Columbia University, è Direttore del Center for Sustainable Development presso la Columbia University e Presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre Segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di avvocato SDG sotto il Segretario generale António Guterres. - Riccardo Antoniucci, Filosofo. Dal 2013 al 2016 è stato responsabile comunicazione e ufficio stampa per la casa editrice DeriveApprodi. Attualmente continua a lavorare nello stesso ambito come freelance, collaborando, tra gli altri, con le case editrici manifestolibri e Stampa Alternativa. Traduce dal francese ed è animatore della rubrica Francesismi per il blog filosofico di Micromega Il rasoio di Occam
Leggi anche: Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini
Come l’America si “vende” i nemici - Jeffrey Sachs
sabato 3 agosto 2024
L’ecosocialismo di Karl Marx di Kohei Saito - Francesco Saverio Oliverio
Da: https://www.leparoleelecose.it - Ecologie della trasformazione, rubrica a cura di Emanuele Leonardi e Giulia Arrighetti - Francesco Saverio Oliverio, Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali.
Leggi anche: IL MARX DI DAVID HARVEY - Giorgio Cesarale
Un dialogo sull’imperialismo: David Harvey e Utsa e Prabhat Patnaik. - Alessandro Visalli
Il neoliberismo è un progetto politico*- B. S. Risager intervista David Harvey
https://traduzionimarxiste.wordpress.com/2019/07/08/intervista-a-utsa-patnaik-storia-agraria-e-imperialismoL’ecosocialismo di Karl Marx di Kohei Saito è comparso in lingua italiana per i tipi di Castelvecchi nell’ottobre 2023 [1]. La pubblicazione in lingua inglese risale al 2017, l’editore fu la Monthly Review Press [2]. Saito è filosofo del pensiero economico, professore all’Università di Tokyo; il suo nome è giunto al grande pubblico grazie al boom di vendite del successivo Capital in the Antropocene (Ed. Shueisha, 2020) vincitore dell’Asia Book Award del 2021 nella categoria dei libri con un gran numero di lettori che colgono con acutezza i cambiamenti della società moderna.
L’autore – sin dalle pagine introduttive – si immerge nel dibattito che ha attraversato le opere di Marx, in particolare in merito all’ecologismo. Il rivoluzionario di Treviri è stato criticato – ricorda Saito – a partire dagli anni Settanta anche dall’emergente movimento ambientalista per il suo “prometeismo” ovvero per il suo elogio al progresso delle forze produttive e anche in campo sociologico non sono mancate voci autorevoli – come quella di Anthony Giddens – che hanno condiviso lo stereotipo secondo il quale in Marx lo sviluppo tecnologico avrebbe permesso di manipolare la natura.
Proprio l’emergere delle preoccupazioni per le sorti dell’ecosistema – poste dal noto rapporto Limits to Growth nel 1972 nei termini di un prossimo raggiungimento dei limiti naturali se la linea di sviluppo fosse continuata inalterata in alcuni settori strategici come l’industrializzazione e la produzione alimentare [3] – e la nascita dei movimenti ambientalisti hanno posto alla tradizione di pensiero marxista delle sfide importanti, in primis quella di individuare gli elementi teorici con cui aggredire problemi nuovi. Si trattava di recuperare e costruire un’immaginazione socialista sull’ecosistema.
Il pensiero socialista sull’ambiente si è sviluppato – argomenta Saito – in due fasi: una prima che desiste dal riscontrare un’ecologia in Marx o che, seppure ne riconosca l’esistenza, ne disconosce la rilevanza per l’oggi poiché formatasi in un contesto storico diverso. Sono riconducibili alla prima fase ecosocialista autori come André Gorz, Michael Löwy, James O’Connor o sostenitori più recenti come Joel Kovel. Questi autori hanno comunque lavorato – seppur in modi diversi – per sviluppare una proposta di transizione ecologica anche attraverso il metodo di Marx. Una seconda fase, con autori come John Bellamy Foster e Paul Burkett, che «analizzano le crisi ambientali come una contraddizione del capitalismo basata sulla “frattura metabolica”» (p. 10) con l’obiettivo di avvalorare la robustezza dell’ecologia di Marx. Foster, nel suo contributo al libro Marx Revival (Donzelli, 2019) curato da Marcello Musto, segnala anche una terza fase dell’ecosocialismo legata ai movimenti ambientalisti globali dei primi decenni del nostro secolo [4]. Ci sono poi i critici della teoria della frattura metabolica come Jason W. Moore che, dice Saito, lamentano che l’ecologia di Marx può tuttalpiù far emergere che il capitalismo sia deleterio per la natura.
giovedì 1 agosto 2024
Rivoluzioni colorate. Genesi, applicazione e crisi di uno strumento di guerra ibrida - Laura Ruggeri
Da: https://laura-ruggeri.medium.com - Laura Ruggeri Ricercatrice e scrittrice indipendente, residente a Hong Kong dal 1997. Lenta e analitica su Medium, veloce e furiosa su Telegram https://t.me/LauraRuHK
martedì 30 luglio 2024
Incontro con Roberto Fineschi
domenica 28 luglio 2024
Sincretismi vitali a Cuba: contraddizioni sociali e processi simbolici - Alessandra Ciattini
Da: https://giuliochinappi.wordpress.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it).
Le sacre icone forniscono una realtà palpabile a una comunità per altro verso immaginaria. L’interessante approfondimento di Alessandra Ciattini sulle pratiche religiose a Cuba.
Nella letteratura antropologica e storico-religiosa ci si avvale spesso del termine “sincretismo”, inteso in modi diversi. Secondo Droogers (1989), le definizioni oggettive del termine si riferiscono a tradizioni culturali e religiose difformi che si incontrano in un determinato contesto storico-sociale e si mescolano fino a dar vita a forme diverse, con distinti gradi di sincretizzazione più o meno profondi (Marzal 1985). Le definizioni soggettive invece contengono spesso giudizi di valore imperniati sulla condanna dell’incontro e della fusione di religioni di origine diversa: basti pensare alla teologia cristiana che considera pericolosa ogni forma di sincretismo, che contaminerebbe la purezza originaria della vera religione rivelata. Ovviamente, come osserva Droogers, la distinzione tra definizioni oggettive e soggettive non è netta, e possiamo trovare caratteri soggettivi in quelle oggettive e viceversa. Di fatto non esiste un accordo scientifico sulla nozione di sincretismo e perciò possiamo usarla solo se la definiamo a partire da una teoria dei fenomeni sincretici e delle condizioni storico-sociali in cui si formano e si sviluppano. Gli esempi cubani qui analizzati mostrano un sincretismo strettamente legato alle contraddizioni della vita sociale. In molti casi esso tenta di risolvere queste contraddizioni, come sottolineano i funzionalisti, in altri la produzione di una sintesi culturale (Stewart e Shaw 1994) rinvia ad una soluzione simbolica e ideologica senza incidere sulle trasformazioni reali. Un’impostazione dialettica ci permette di identificare e di interpretare gli aspetti contraddittori dei fenomeni sociali.
sabato 27 luglio 2024
Imperialismo e Jhad - R. Caputo intervista M. BRIGNOLI
La costante collusione fra imperialismo occidentale e terrorismo islamico (https://www.youtube.com/watch?v=ZdkAfGgSFeI).
giovedì 25 luglio 2024
L’onda lunga della crisi del marxismo (tra prassi e teoria) - Roberto Fineschi
Da: "https://www.dialetticaefilosofia.it/" dedicato a Il marxismo italiano nella crisi degli anni Settanta, a cura di C. M. Fabiani. - Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!).
Leggi anche: Calvino è stato marxista. In memoriam - Roberto Fineschi
Abbozzo di riflessione sul PCI e sulla sua crisi - Roberto Fineschi
Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi
Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi
Chi critica la critica? Alla ricerca di soggetti storici - Roberto Fineschi
Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi
Cosa diceva Berlinguer: discorso al "Convegno degli intellettuali" (1977)
Sul compromesso storico - Aldo Natoli
L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala
La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni
La missione morale del Partito comunista - György Lukács
Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.
Vedi anche: Per un nuovo Marx - Giovanni Sgrò, Roberto Fineschi
sullo scritto di Ernesto Che Guevara "L'uomo e il socialismo a Cuba" - Alessandra Ciattini
Premessa
La prima difficoltà nell’affrontare il tema proposto nasce dalla articolata definizione della stessa categoria di marxismo. Nel dibattito corrente si tende a distinguere tra (i) Marx come fondatore di una teoria della storia che nasce dall’esperienza pratica e che è capace di conseguenze pratiche, (ii) il marxismo, in generale, come tentativo di applicarla alla realtà con intenti trasformativi e (iii) i marxismi, al plurale, come diversificate modalità attraverso le quali quel tentativo viene concretizzato1 . Si discute anche di quanto i vari marxismi siano stati coerenti con l’impianto generale della teoria di Marx, oggi in particolare alla luce delle novità emerse con la pubblicazione della nuova edizione storico-critica2 . In via preliminare mi atterrò a questa articolazione, declinando quindi il tema a partire da una possibile individuazione di quale fosse il peculiare marxismo che entrò in crisi negli anni Settanta; poiché tuttavia caposaldo di questa impostazione è la mediata dialettica di teoria e prassi, di movimento reale e sua trasposizione politica, ritengo necessaria una premessa storico-reale e non meramente teorica. Le riflessioni qui proposte sono di carattere preliminare e da verificare in studi più approfonditi.
Credo si debba partire dall'individuazione dei tratti caratterizzanti il marxismo-leninismo del PCI, forma egemone di organizzazione pratica e politica in Italia, adattamento togliattiano di ispirazione gramsciana della tradizione sovietica sul modello del Partito nuovo3. Procedendo in maniera estremamente schematica e approssimativa, ritengo si possano individuare alcuni punti chiave:
1) la classe operaia come soggetto antagonista. L’idea della tendenziale polarizzazione sociale in operai contro capitalisti;
2) l’alleanza con i contadini per la formazione del blocco storico;
3) il partito come soggetto organizzativo con una sua struttura centrale forte e una sua capillare diffusione nella produzione e nella società civile;
4) proprietà e gestione statale della produzione come obiettivo di lungo termine in cui consisteva la realizzazione del socialismo, più o meno sulla falsariga del modello sovietico; il concetto di egemonia per la progressiva formazione di un senso comune comunista che andasse di pari passo con le modifiche di struttura;
5) l’idea che la questione strutturale fosse risolta, nel senso che, come sostiene Gramsci nei Quaderni, le premesse materiali fossero già poste. Da questo punto di vista la questione della rivoluzione diventava squisitamente – o esclusivamente – sovrastrutturale.
Se questa sommaria schematizzazione può costituire un primo punto di partenza, che cosa ne resta dopo i cambiamenti avvenuti nella dinamica del modo di produzione capitalistico dalla prima fase del dopoguerra ad oggi?4
martedì 23 luglio 2024
Possiamo sconfiggere la lobby – Ilan Pappé
"La vista dei bambini sepolti sotto le macerie, recuperati da bambini appena più grandi, è sufficiente per me e, ne sono certo, per chiunque sia mai stato messo a tacere dalle lobby, per non cedere, ma per impegnarsi a superare ogni ostacolo posto sul nostro cammino di verità."
lunedì 22 luglio 2024
Parliamo di Pace, di diplomazia e di Europa - Ne discutono Alessandro Di Battista e Elena Basile
domenica 21 luglio 2024
LOSURDO ed il REVISIONISMO STORICO - Alessandra Ciattini e Gianmarco Pisa
“RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon
Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi
Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi
Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi
La schiavitù, radici antiche di un male moderno - Francesco Gamba
sabato 20 luglio 2024
UN ERRORE DANNOSO: IGNORARE IL PASSATO - Luciano Canfora
giovedì 18 luglio 2024
L'autonomia differenziata un vulnus per il paese - Francesco Pallante
martedì 16 luglio 2024
Un’introduzione alla lettura di Michel Clouscard: «Neofascismo e ideologia del desiderio» - Aymeric Monville
Da: https://frontepopolare.net - Michel Clouscard è stato un filosofo, sociologo e antropologo francese. Vicino al Partito Comunista Francese, è particolarmente noto per le sue critiche al liberalismo libertario come fase attuale del capitalismo. - Aymeric Monville [1] Redattore capo aggiunto della rivista La Pensée, direttore delle Éditions Delga.
Leggi anche: https://frontepopolare.net/2013/05/19/michel-clouscard-neofascismo-e-ideologia-del-desiderio
La filosofia francese contemporanea - Francesco Valentini
Da una crisi all’altra, dal fascismo di ieri a quello che si prepara, Neofascismo e ideologia del desiderio ci fa comprendere il nostro dopoguerra, i «quaranta vergognosi» che sono succeduti ai «trenta gloriosi»[2] in Occidente e che ci conducono all’impasse attuale. Benché scritto in Francia, il libro racconta una storia comune ai due versanti delle Alpi: come le conquiste sociali della Resistenza e l’immensa speranza suscitata dalla vittoria sul fascismo siano stati oggetto di un’implacabile «reconquista» da parte del capitale, a costo di camuffamenti e sordide astuzie e di una vera guerra d’accerchiamento ideologico. L’opera non è solo un testo marxista. Vero Principe delle attuali guerre sociali, questo testo di Michel Clouscard (1928-2009) merita di essere letto o riletto, più di trent’anni dopo la prima traduzione italiana[3], da tutti i repubblicani progressisti, pena non comprendere davvero l’offensiva attualmente portata avanti non solo contro il retaggio del 1917, ma anche contro quello del 1789 e della Costituzione italiana.
La distruzione generalizzata delle conquiste sociali
Senza dubbio in Francia – consiste anche in ciò l’interesse del libro – la sequenza risulta ancora più evidente che in Italia. Se la Repubblica era uscita rafforzata dalla Resistenza, la fase successiva al Maggio ’68 marcherà il declino delle due forze della Resistenza, gaullisti e comunisti. La socialdemocrazia mitterrandiana, simile in ciò a quella di Craxi, porterà a compimento la riverniciatura «di sinistra» a un processo di smantellamento delle conquiste sociali condotto a colpi d’integrazione europea nel disprezzo della democrazia, di deregolamentazione dei mercati finanziari[4] e di perseguimento sfrenato dell’imperialismo, dalla «guerra stellare» reaganiana alla Libia passando per l’Iraq, l’Africa in generale, ecc. Questa strategia è proseguita in tempi più recenti su più larga scala con la destra, legittimando l’individuazione di caratteri pre-fascisti nel sarkozismo e nel berlusconismo, per arrivare in Italia a forme compiute di autoritarismo tecnocratico con i dicasteri Monti e Letta che mostrano senza dubbio la via anche alla Francia.
Prefascismo? Gli eterni pignoli grideranno alla commistione, ma forse di meno in Italia dove l’integrazione del fascismo nella destra e della destra nel fascismo è un fenomeno patente e indecente[5]. La storia francese e quella italiana sono troppo intrecciate perché questo fenomeno cessi d’inquietare una Francia i cui anticorpi repubblicani sono sempre più fiacchi.
L’altro punto comune evidente tra i due paesi è di avere a lungo beneficiato della presenza di un partito comunista estremamente potente, capace di creare dei veri elementi di socializzazione nella vita nazionale. La loro assenza, de jure in Italia e solamente de facto in Francia, coincide perfettamente con lo smantellamento generalizzato delle conquiste sociali e richiama continuamente alla mente l’alternativa marxiana tra socialismo e barbarie.
Oggi il revisionismo è tale che non si vede più nel Maggio francese del ’68 un’immensa ondata di protesta sociale (dieci milioni di scioperanti in gran parte comunisti), mentre elementi all’epoca marginali e in realtà controrivoluzionari costituiscono il punto di riferimento ultimo, nella misura in cui hanno reso possibile l’immenso imbroglio successivo: la sostituzione dell’antagonismo capitale/lavoro con dei conflitti identitari, giovani/vecchi, uomini/donne, ecc. Di rilancio in rilancio, quel movimento pretese di rappresentare in primo luogo tutta la gioventù, poi tutta la rivolta, poi tutto il ’68. È un misterioso sintomo della cancellazione della memoria storica che nessuno abbia visto che covavano, nel seno della «rivolta» studentesca, in una forma nondimeno alquanto esplicita, i temi classici del fascismo: terrorismo dell’identità, antisindacalismo, anticomunismo, ipernaturalismo (crescita zero) e ritorno in forze dell’irrazionalismo (Heidegger deve rimpiazzare Hegel e Nietzsche deve rimpiazzare Marx).
domenica 14 luglio 2024
REQUIEM PER L’OCCIDENTE - Giorgio Agamben
Da: - https://www.quodlibet.it - Giorgio Agamben è un filosofo italiano. Ha scritto diverse opere che spaziano dall'estetica alla filosofia politica, dalla linguistica alla storia dei concetti, proponendo interpretazioni originali di categorie come forma di vita, homo sacer, stato di eccezione e biopolitica. La sua opera è studiata in tutto il mondo.
RIFLESSIONI SPARSE INTORNO A "REQUIEM PER L'OCCIDENTE" DI GIORGIO AGAMBEN.
Dopo la lettura di quest'ultimo - e potentissimo - intervento di Giorgio Agamben, sento la necessità di spargere i seguenti spunti di riflessione.
1) Oggi nessuno quanto Agamben - assolutamente nessuno - riesce con tanta puntualità ed efficacia a descrivere il punto di svolta della storia umana che stiamo vivendo.
2) Il possesso di tale capacità colloca questo filosofo entro un ristretto insieme composto da Nietzsche, Leopardi e pochissimi altri: l'insieme di coloro che sono riusciti a rendere una cosa sola il pensiero poetico e il pensiero filosofico, tanto nell'articolazione quanto nella genesi dell'atto di pensare.
3) In questo tempo della Fine, la poesia può e deve avere un ruolo giacché essa è l'unica disciplina umana in grado di semplificare la forma espositiva di un concetto e al contempo manternerne - e talora perfino accentuarne - la sostanziale complessità.
4) In questo testo, Agamben dà per scontata la fine dell'Occidente e, certamente, non si tratta d'una previsione di tipo militare o geopolitico. L'Occidente ha abbracciato la causa del Nulla e ha irretito con la menzogna tutti quelli che erano i suoi fondamenti. Pertanto, anche nell'eventualità di una sua vittoria sul campo di battaglia, la stessa ragion d'essere dell'Occidente risulterebbe compromessa per sempre.
5) Con questo testo, Agamben suggerisce di vincere la paura della morte e il senso d'impotenza, attraverso la lucida denuncia e l'implacabile giudizio nei confronti di chi ci ha portati a tutto questo.
Si tratta, insomma, di riuscire a essere eticamente autonomi nel momento della Fine.
Un testo da leggere, poi da meditare e poi da ri-leggere ancora.
sabato 13 luglio 2024
“Dal ‘48 Israele vuole disfarsi del popolo palestinese” - RACHIDA EL AZZOUZI intervista ILAN PAPPÉ -
Da: ilfattoquotidiano.it - Articolo originale https://www.mediapart.fr - Traduzione di Luana De Micco -Ilan Pappé è docente presso l’Università di Exeter ed è stato senior lecturer di scienze politiche presso l’Università di Haifa. È l’autore de “La Pulizia etnica della Palestina” e “Dieci Miti su Israele”. Pappé è definito come uno dei “nuovi storici” che, dopo la pubblicazione di documenti britannici e israeliani a partire dai primi anni ‘80, hanno riscritto la storia della fondazione di Israele nel 1948. - Rachida El Azzouzi è una giornalista del sito d’informazione francese Mediapart.
Leggi anche: LE QUATTRO LEZIONI DELL'UCRAINA. I DOPPI STANDARD OCCIDENTALI - Ilan Pappé“GENOCIDIO PROGRESSIVO” - Lo storico spiega – alla luce della guerra a Gaza – come è passato dal credere ai “miti nazionali” come quello della Palestina “terra senza popolo per un popolo senza terra” ad aprire gli occhi sulla “pulizia etnica”
Come ogni israeliano nato, cresciuto ed educato in Israele, lo storico Ilan Pappé ha creduto a lungo nei “miti nazionali” di Israele, soprattutto quello della Palestina come “terra senza popolo per un popolo senza terra”. Poi, un po’ alla volta, Ilan Pappé, che ha fatto una parte dei suoi studi universitari all’estero, ha aperto gli occhi su quella che lui stesso chiama “pulizia etnica della Palestina”, perpetrata da Israele. L’espressione da lui coniata ha dato il titolo a uno dei suoi saggi più importanti, che era stato pubblicato in Francia nel 2008 dalla casa editrice Fayard ed è ripubblicato ora dall’editore La Fabrique. “Mi ci sono voluti vent’anni per esprimere con parole giuste la realtà della guerra del 1948-1949”, ha confidato di recente a Mediapart.
Uso il termine ‘pulizia etnica’ per descrivere ciò che accade nei territori palestinesi dal 1948 e che per decenni è stato ignorato: ovvero l’espulsione forzata di un’intera popolazione con l’intenzione, non di eliminarla, ma di sbarazzarsene. Tra il 1947 e il 1949, più di 400 villaggi palestinesi sono stati deliberatamente distrutti, quasi un milione di palestinesi sono stati cacciati dalle loro terre dagli israeliani dietro minacce e dei civili sono stati massacrati. I palestinesi parlano di Nakba, la grande catastrofe. Nel 2007, quando Hamas è stato eletto, due anni dopo il ritiro dei coloni dalla Striscia di Gaza, Israele ha punito la popolazione imponendo un blocco terrestre, navale e aereo, causando indirettamente la morte, privando cioè i palestinesi di beni di prima necessità, come cibo e medicine. È questo che io chiamo ‘genocidio progressivo’. Come la delegazione sudafricana che ha portato il caso davanti alla Corte internazionale di giustizia, credo che oggi, dal 7 ottobre, sia in corso un genocidio: l’intenzione è di eliminare una popolazione e la sua capacità di sopravvivenza. Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha detto: ‘Nessuno è innocente a Gaza’. Cioè, tutti sono un obiettivo legittimo.
Quando ha preso coscienza della realtà della guerra del 1948- 1949?
Probabilmente nel 1982, con la prima guerra in Libano, quando lavoravo alla mia tesi di dottorato sul 1948, a Oxford. Ho avuto accesso agli archivi e a documenti e prove che contraddicevano tutto ciò che avevo imparato a scuola e all’università in Israele. Ma c’è voluto del tempo prima che mi sentissi abbastanza sicuro per poter parlare apertamente di ‘pulizia etnica’. Ho usato questo termine per la prima volta solo nel 2006. Poco dopo ho lasciato il mio Paese perché ricevevo minacce di morte, in Israele molti mi considerano un traditore.
giovedì 11 luglio 2024
Enzo Traverso, "Gaza davanti alla storia" - Marco Revelli
Da: https://www.doppiozero.com - Marco Revelli è un politologo, attivista politico, giornalista e saggista italiano. - Enzo Traverso è uno storico e intellettuale tra i più autorevoli, con un profilo internazionale di alto rilievo. Ha insegnato in Francia, dove si è trasferito dal 1985, a Paris VIII, all’Ecole des hautes études en Sciences sociales, come full professor all’Université de Picardie e infine negli Stati Uniti, alla prestigiosa Cornell University.
Enzo Traverso è uno storico e intellettuale tra i più autorevoli, con un profilo internazionale di alto rilievo. Ha insegnato in Francia, dove si è trasferito dal 1985, a Paris VIII, all’Ecole des hautes études en Sciences sociales, come full professor all’Université de Picardie e infine negli Stati Uniti, alla prestigiosa Cornell University. Nella sua ampia bibliografia (una quindicina di testi, in gran parte pubblicati in francese e in inglese, oltre che in italiano) figurano i grandi temi della violenza nel XX secolo (in particolare il fondamentale testo su La violenza nazista. Una genealogia, del 2002); della cultura ebraica nella diaspora e del suo ruolo nell’autocoscienza della modernità; del senso e del significato di Auschwitz e della Shoah nella vicenda intellettuale postbellica. È uno dei quattro curatori, insieme a Marina Cattaruzza, Marcello Flores e Simon Levis Sullam, della monumentale Storia della Shoah pubblicata dalla UTET nel 2019. Ha dunque le carte perfettamente in regola per affrontare l’impervio tema cui è dedicato questo suo ultimo lacerante testo.
Gaza davanti alla storia non è un libro di storia, per il banale fatto che – l’autore lo dichiara fin dall’incipit – si occupa di un’attualità tuttora in corso. È piuttosto un libro sul presente visto alla luce della storia. Un’operazione in esplicita controtendenza, e quindi in sé coraggiosa, in tempi in cui il vezzo prevalente, e non privo di malizia, è la de-storicizzazione sistematica di ciò che accade, con una visione puntiforme degli eventi – siano essi il 24 febbraio per l’Ucraina, il 7 ottobre per Israele, o prima ancora l’11 settembre per gli Stati Uniti –, quasi che l’orrore scaturisca dall’istante, da una qualche “perversione morale”, senza nulla alle radici, né sul piano evenemenziale né su quello culturale. E come se i dispositivi argomentativi a vantaggio dei “nostri” e viceversa a condanna degli “altri” fossero innocenti nel loro carattere inedito e non invece riproposizioni di consolidati e già condannati stereotipi valoriali. Qui invece, al contrario, ogni fatto – e si tratta soprattutto di fatti violenti, della violenza estrema con cui la guerra identitaria contemporanea si esprime –, e soprattutto ogni “discorso”, è visto sullo sfondo di ciò che si è compiuto e pensato “prima”, nel processo temporale lungo il quale i protagonisti in conflitto si sono formati e hanno elaborato (e insieme trasfigurato e/o snaturato) le proprie rispettive identità e pratiche.
martedì 9 luglio 2024
In ricordo di Gianfranco Pala
Da: https://anticapitalista.org - Gianfranco Pala (1940 - 2023), Economista italiano. Docente di Economia alla Sapienza di Roma. Direttore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). Studioso marxista tra i più rigorosi.
Leggi anche: E’ morto il compagno Gianfranco Pala, un marxista rigoroso. - Francesco Schettino
Il “lupo marxicano” - Giorgio Gattei
Vedi anche: Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore
Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore
Abbiamo appreso la notizia della scomparsa del compagno Gianfranco Pala. La sua critica dell’economia politica ha rappresentato un pilastro determinante nella formazione di tantissime e tantissimi compagne e compagni. Ci lascia un vuoto teorico e politico impressionante. Ma ci resta anche moltissimo. Ci resta l’enorme patrimonio dei suoi scritti, articoli, libri, opuscoli; ci restano i preziosissimi numeri della sua rivista Contraddizione. Ci mancheranno, però, i suoi convegni, le sue polemiche, le sue invettive e le sue straordinarie e inimitabili lezioni; soprattutto, ci mancheranno le nostre letture collettive del Capitale e quella sua testarda ossessione di leggere e rileggere, direttamente e continuamente, Marx ed Engels, senza mai cedere alle mistificazioni dell’accademia dominante. Ci stringiamo alla sua compagna, Carla Filosa, e alla sua famiglia con un abbraccio militante, comunista e rivoluzionario. Crediamo che il modo migliore per ricordarlo sia quello di riproporre la nostra presentazione alla ripubblicazione del suo capolavoro di critica dell’economia politica, anche grazie allo sforzo e al contributo di Sinistra Anticapitalista e della Biblioteca Livio Maitan. Grazie Gianfranco di tutto e per tutto. (https://anticapitalista.org, 14 novembre 2023)
Marx: lupus in fabula!
di Olmo Dalcò
Grazie alla volontà di un coraggioso editore, nonché alla pressione militante di Sinistra Anticapitalista, è stato ripubblicato il libro di Gianfranco Pala, Pierino e il lupo, dopo trentaquattro anni dalla sua prima uscita. Pierino e il lupo narra, ripercorrendo Prokofiev, in forma di favola economica, del rapporto tra Sraffa e Marx, che tanto affascinò le cattedre universitarie negli anni settanta, e tanto influenzò il dibattito nell’ambito della sinistra politica e sindacale. Tuttavia, così tanto è mutato il clima culturale e politico, negli ambienti accademici e non, che il dibattito attorno alle tesi di Sraffa ha fatto decisamente il suo tempo, essendo stato dimenticato persino il nome dell’illustre economista italiano. Perché allora la necessità di una nuova pubblicazione?
La prima risposta banale sarebbe quella di rendere omaggio a un vero e proprio capolavoro di critica dell’economia politica, ovviamente coscientemente trascurato dall’accademia dominante, sempre più meschinamente ideologica e oscurantista. La seconda risposta militante è che la crisi economica a cui stiamo assistendo è anche una crisi dell’economia borghese e della sua capacità mistificatoria. Infatti, l’opera, pur narrando di come Pierino, ovvero Piero Sraffa, riuscì a mettere in gabbia Marx, ovvero il lupo, si conclude, tuttavia, con un lupo vivo e agitato all’interno di una gabbia neanche troppo resistente.
domenica 7 luglio 2024
Xenofobia e liberismo, il “nuovo” volto dell’estrema destra francese - Marco Santopadre
La possibile formazione di un governo di “quasi unità nazionale” tra diverse formazioni, al solo scopo di escludere l’estrema destra vincitrice del primo turno delle elezioni legislative francesi, ha concesso nuovi argomenti al Rassemblement National, tornato a dipingersi come forza anti-sistema discriminata dall’establishment.
Negli ultimi giorni la campagna elettorale ha quindi visto tornare in auge i toni populisti classicamente utilizzati in passato dall’estrema destra francese, precedentemente attenuati al fine di presentare il partito come forza di governo responsabile e pragmatica.
La “nuova destra” di Jordan Bardella
La linea Bardella si è discostata in parte dal messaggio politico e identitario diffuso negli scorsi anni da Marine Le Pen, che per l’occasione ha fatto un passo di lato puntando su un personaggio giovane e non accostabile ai trascorsi fascisti del Front National. La formazione ha tentato di accreditarsi come un partito di stampo conservatore e nazionalista, escludendo una parte della “vecchia guardia” e aggiustando il tiro nella propaganda.
Ma negli ultimi giorni, animati forse dall’euforia della vittoria o da un sentimento di rivalsa a lungo represso, molti militanti dell’estrema destra – non tutti necessariamente riconducibili al partito di Le Pen – si sono dedicati ad aggressioni e minacce nei confronti di esponenti dei partiti centristi o di sinistra, di attivisti, giornalisti, avvocati, semplici rifugiati e cittadini di origine araba o africana, legittimati dall’ondata nera del 30 giugno.