(Nel 1808 Hegel assunse l'incarico di rettore del
Ginnasio di Norimberga. Nel settembre del 1809, a conclusione del primo anno
scolastico, tenne il seguente discorso sul significato degli studi classici.
Paolo Di Remigio ci propone questa traduzione commentata. Leggendola siamo
stati colpiti dalla lucidità e dall'attualità delle parole di Hegel su cosa
siano cultura ed educazione. Per questo ci sembra interessante proporvelo.
Ringraziamo l'amico Di Remigio per questa opportunità. Il testo appare anche su
"Appello al popolo". M.Badiale)
In occasione del conferimento solenne dei premi che l'Autorità
Suprema conferisce agli alunni distintisi per i loro progressi al fine
di gratificarli e ancor più di spronarli, sono incaricato da Graziosissimo
Ordine di illustrare in un pubblico discorso la storia del Ginnasio nell'anno
passato, e di toccare quegli argomenti di cui può essere utile parlare per la
loro relazione al pubblico. L'invito alla deferenza con cui ho da compiere
questo incarico è proprio della natura dell'oggetto e del contenuto, che
consiste in una serie di liberalità del Re o di loro
conseguenze, e la cui illustrazione implica la necessità di esprimere la più
profonda gratitudine per esse –una gratitudine che, insieme al pubblico,
mostriamo alla cura sublime che l'Autorità dedica agli Istituti pubblici di
istruzione1. –
Ci sono due rami dell'amministrazione pubblica per il cui buon ordinamento i
popoli usano essere più di ogni altra cosa riconoscenti: buona amministrazione
della giustizia e buoni istituti di istruzione; infatti soprattutto di questi
due rami, dei quali uno tocca la sua proprietà privata in generale, l'altro la
sua proprietà più cara, i suoi figli, il privato comprende e sente i vantaggi e
gli effetti immediati, vicini e individualizzati.
Questa città ha riconosciuto il bene di un nuovo ordinamento scolastico con
tanta più vivacità quanto maggiore e più universalmente sentito era il bisogno
di un cambiamento2.
Il nuovo Istituto ha poi avuto il vantaggio di seguire
Istituti non nuovi, ma antichi, durati più secoli; così
gli è si potuta connettere la pronta rappresentazione di una lunga durata, di
una permanenza, e la fiducia corrispondente non è stata disturbata dal pensiero
opposto che il nuovo ordinamento sia qualcosa di soltanto fuggevole, di
sperimentale, – un pensiero che spesso, in particolare quando si fissa negli
animi di coloro ai quali è affidata l'esecuzione immediata, finisce con lo
svilire di fatto un ordinamento a un mero esperimento3.
Un motivo interno di fiducia è però che, nel migliorare ed estendere
essenzialmente il tutto, il nuovo Istituto ha conservato il principio
dell'antico e ne è soltanto una prosecuzione. Ed è notevole che questa
circostanza costituisca il caratteristico e l'eccellenza del nuovo ordinamento4.