**Sapienza, Università di Roma. mauro.rota@uniroma1.it
Il primo conflitto mondiale ha rappresentato per il modo di
produzione del capitale uno degli eventi più di rilievo dal momento della sua
nascita. La grande crisi originatasi nel Regno Unito a partire dal 1870 – e
proseguita per almeno due decenni – aveva mostrato con chiarezza che, a
differenza di quanto molti studiosi avessero teorizzato, il capitalismo fosse
tutt’altro che un sistema perfetto e proiettato verso una produzione infinita
(Lenin, 1916) ma che, al contrario, potesse incappare in problematiche persino
contraddittorie e potenzialmente irrisolvibili a meno di un intervento poderoso
dello Stato all’interno del libero mercato (Gallagher e Robinson, 1953).
Dunque, il primo conflitto mondiale estrinsecò i suoi drammatici eventi
all’interno di un contesto europeo dominato da una sensibile ostilità tra le
nazioni che storicamente avevano governato il processo di sviluppo del capitale
e quelle di nuova formazione (Germania in
primis) e soprattutto in una condizione assai critica dal punto di vista
dell’accumulazione; tale situazione era particolarmente compromessa per quel
che riguarda il capitale britannico che, proprio da qualche decennio, aveva
rafforzato sensibilmente il proprio processo di espansione, attraverso
esportazione di capitale (investimenti diretti esteri o speculativi) nei
territori controllati attraverso il Commonwealth e nei dominions più in generale, conosciuto anche con il nome di imperialismo
(Hobson, 1903, Brignoli, 2010, Rota e Schettino, 2011).
Il primo conflitto mondiale fu il frutto di una lotta necessaria
al ristabilimento egemonico, in termini di dominio commerciale e politico,
dell’Europa e del mondo, in senso più ampio. Da questo punto di vista, il ruolo
degli Usa fu di fondamentale rilievo. Proprio in questo periodo si inizia a
concretare quell’ideale passaggio di consegne – avvenuto con gradualità, come
sarà spiegato più avanti – dal Regno Unito agli Usa nel ruolo di paese guida e
locomotiva dell’intero sistema economico. Ma, come è logico, a fronte di una
cordata di vittoriosi, corrispondono altrettanti perdenti e tra questi c’era la
Germania che da quel momento in poi si trovava ad affrontare – anche a causa
degli ingenti debiti scaturenti proprio dall’esito del conflitto – una
situazione particolarmente drammatica per quel che concerne sia lo status economico, che per il morale del
popolo tedesco deliberatamente umiliato dalle risoluzioni dei trattati
conclusivi del primo conflitto mondiale.