In una società nichilista e secolarizzata come quella odierna, che non costituisce altro che la continuità di quella ottocentesca e novecentesca – nell’accezione in cui viene meno il tradizionale assetto veritativo, giungendo alla mancanza di valori e ad un qualcosa di trascendentale, ovverosia indipendente dalla realtà stessa –, ecco che il punto di riferimento di ogni analisi e indagine speculativa non diviene altro che l’uomo in se medesimo.
Già ai suoi tempi, Fichte, con grande lucidità e lungimiranza, scrisse: «[Questa è] l’età dell’assoluta indifferenza verso ogni verità e dell’assoluta sfrenatezza senza un concorde filo conduttore.» (J.G. Fichte, I tratti fondamentali dell’epoca moderna presente).
Da quando Nietzsche rese noto al mondo la morte di Dio – che già Immanuel Kant aveva espresso, seppur in modo implicito, con la negazione delle sue prove esistenziali –, avvenne una definitiva rottura col passato e trapelò il relativismo. La tirannia di questo ultimo si fa riconoscere nella depressione, nella quale è possibile notare la realizzazione di quella contraddizione coltivata e divenuta sempre più radicata nel corso dei secoli.
La definizione canonica di depressione solitamente è “disturbo psichico”, “deviazione del tono dell’umore in senso malinconico”: definizioni evidentemente vaghe, che potrebbero addirsi ad un coacervo di “malattie mentali”, dalla nevrosi alla paranoia, dall’angoscia alla schizofrenia. Eppure, perché mai questo termine possiede questa sorta di prerogativa? A questo interrogativo risponde Alain Ehrenberg, ne La fatica di essere se stessi. Depressione e società:
« La depressione si assicura il successo nel momento in cui il modello disciplinare di gestione dei comportamenti, ossia le regole d’autorità e di conformità ai divieti che finora hanno orientato la storia delle classi sociali così come quella dei due sessi, devono far posto a norme che stimolano ciascuno all’iniziativa individuale, sollecitandolo a diventare se stesso. Conseguenza di questa nuova normatività la intera responsabilità delle nostre vite si colloca non solo in ciascuno di noi, ma anche nello spazio collettivo: la depressione si presenta come una malattia della responsabilità in cui domina il sentimento di insufficienza. »