La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
martedì 9 aprile 2024
Lenin, a cento anni dalla morte -
giovedì 25 gennaio 2024
Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi
Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano.
Leggi anche: Lenin - Opere complete
Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)
LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni
LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni
RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni
RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco
RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco
Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel
l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron
Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**
La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006
Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni
Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo
Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi
Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi
Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora
Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo
Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi.
Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.
Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.
A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.
venerdì 6 novembre 2020
La Rivoluzione d'Ottobre - Angelo d'Orsi
Come funziona il Soviet*- John Reed
LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA 1917–1923. Il comunismo di guerra - Edward H. Carr
DEMOCRAZIA E RIVOLUZIONE - Bertrand Russel
La donna, la nuova morale sessuale e la prostituzione*- Joseph Roth
Rivoluzione d’Ottobre e democrazia*- Domenico Losurdo
Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel
La terra della rivoluzione d'Ottobre: un paese di donne in cammino verso l'emancipazione - Armağan Tulunay
Vedi anche: La Rivoluzione Russa - Luciano Canfora
Il ricordo vivo del grande Ottobre - Andrea Catone
Davanti al grottesco spettacolo che ci giunge dalla patria della democrazia (già lodata da Tocqueville nel secolo XIX), davanti ai conteggi del voto, alle minacce di riconteggio, alla prospettiva di una Corte di nomina governativa che decide l'esito del "libero voto" (come del resto già accadde nello scontro fra Al Gore e Bush junior, decretato vincitore pur essendo stato sconfitto nelle urne) mi viene una nostalgia di Vladimir Ili'c, detto Lenin capace di bruciare i vascelli alle sue spalle, metttere fine alla farsa della Costituente, e ordinare l'assalto al Palazzo d'Inverno, il 7 novembre 1917.
Del resto la rivoluzione non è un pranzo di gala (questo lo disse Mao Zedong); ma in quell'assalto praticamente non ci furono vittime, se non qualcuna fra gli assalitori. Le vittime, a centinaia di migliaia, giunsero dopo, in seguito alla guerra civile scatenata dalle forze reazionarie interne con l'aiuto delle potenze imperialistiche esterne.
Certo, oggi è difficile pensare, in Occidente, come spiegava Gramsci, a una rivoluzione secondo il modello bolscevico, ossia l'assalto frontale; e ci si deve attrezzare per lavorare sul piano culturale e ideologico per conquistare l'egemonia, una controegemonia delle classi subalterne da contrapporre a quella delle classi borghesi. I proletari potranno così diventare prima classe dirigente, ossia egemonica ideologicamente e culturalmente, per poi diventare dominante, ossia capace di esercitare il potere nella società, avviandola al socialismo.
Eppure ci sono fasi e momenti in cui una bella rivoluzione, una rivoluzione "come si deve", appare come la sola soluzione alla crisi.
Naturalmente, non è all'ordine del giorno, mancano i soggetti, l'organizzazione, persino la cultura rivoluzionaria. Se non a chiacchiere. E proprio Lenin ci ha insegnato che è molto più dilettevole e utile provare a fare una rivoluzione che non teorizzare o discutere su di essa. Perciò chiudo qui il discorso. E invito a seguire l'ultima mia "lectio brevis" dedicata appunto alla Rivoluzione d'Ottobre. (A. d'Orsi)
mercoledì 28 giugno 2017
Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel**
**Università di Napoli "Federico II"
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/01/edward-hallett-carr-storia-e.html
sabato 7 settembre 2019
Inefficienze e difetti dell’economia sovietica - Alexander Höbel
Alexander Hobel è Dottore di ricerca in Storia, collabora con la Fondazione Gramsci e l’Università di Napoli Federico II. E' direttore di https://www.marxismo-oggi.it
Leggi anche: EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur
Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/1306/1206)
L’attenzione degli studiosi peraltro si è focalizzata sul funzionamento interno del sistema pianificato, nel quale – a partire dagli anni ’60 – emergono sempre di più frammentazione e forze centrifughe, interessi settoriali e aziendali: insomma il “dipartimentalismo” e i “localismi”. Di fatto, esistevano “conflittualità tra organi e incompatibilità tra obiettivi e strumenti di piano”: i “ministeri della produzione”, intermediari tra i settori produttivi e l’organo di pianificazione (Gosplan), agivano come “gruppi di interesse”, inducendo il Gosplan ad “apportare correzioni, cioè tagli alle forniture richieste”; queste infatti erano sempre in eccesso rispetto alle esigenze di imprese e settori produttivi, che le gonfiavano in modo da premunirsi da “irregolarità delle consegne, strozzature e tagli delle forniture”. Dunque le informazioni dal basso verso l’alto, essenziali per una corretta pianificazione, erano falsate, oltre che “imprecise, saltuarie e insufficienti”; gli organismi pianificatori, che conoscevano queste tendenze, a loro volta imponevano piani di produzione eccessivi rispetto a risorse e capacità produttive denunciate; e questo induceva i ministeri a sviluppare una rete di forniture parallela, al di fuori del piano e spesso della legge, basata su scambi, favori, corruzione, ecc.4. In sostanza, i “gruppi di interesse” agivano “contro gli interessi dello stesso piano generale”. Il discorso era analogo passando dai ministeri alle singole imprese: informazioni falsate per avere piani di produzione meno impegnativi, riserve nascoste, forniture extra-piano, costi gonfiati, ecc. Peraltro, “ogni realtà territoriale di una certa rilevanza” esprimeva “inevitabili spinte localistiche”. Ne derivava la “dispersione” e “l’indebolimento dei poteri di direzione”; “veniva ad indebolirsi fortemente lo stesso principio di responsabilità riguardo all’utilizzo economicamente e socialmente valido delle risorse”, e si moltiplicava la “appropriazione particolaristica delle risorse ‘pubbliche’”5. Come osserva Boffa, “quella che doveva essere l’economia più pianificata e controllata [...] per una parte considerevole e, comunque, crescente, sfuggiva a qualsiasi controllo [...]”6.