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domenica 15 settembre 2024

50 miliardi per l’Africa, la Cina si rilancia - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

Leggi anche: L’Africa al centro dello scontro tra potenze - Marco Santopadre 

Vedi anche: Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre 



Pagine Esteri, 11 settembre 2024 – A Pechino, dal 4 al 6 settembre, c’erano i rappresentanti di tutti e 53 i paesi africani per partecipare al Forum of Chinese-African Cooperation (Focac). All’evento politico e diplomatico più importante degli ultimi anni – come l’ha definito il Ministero degli Esteri cinese – mancava solo eSwatini (l’ex Swaziland), piccolo paese incastonato tra Sudafrica e Mozambico che mantiene rapporti diplomatici con Taiwan.

“La Cina dalla parte dell’Africa”
L’importanza del summit – realizzato all’insegna dell’altisonante mission “Unire le forze per promuovere la modernizzazione e costruire una comunità Cina-Africa di alto livello per un futuro condiviso” – è stata dimostrata dalla continua presenza del presidente della Repubblica Popolare, Xi Jinping, che nel discorso d’apertura ha annunciato l’elevamento al rango strategico delle relazioni diplomatiche con i paesi africani ed ha incontrato vari tra presidenti e primi ministri. 

Il nono summit finora organizzato da Pechino – se ne svolge uno ogni tre anni ormai dal 2000 – è stato quello del rilancio dell’influenza cinese nel “continente nero” e di un parziale cambiamento di strategia rispetto al passato. A partire dal 2019, infatti, gli investimenti del gigante asiatico erano progressivamente diminuiti e ora Pechino ha voluto rimpinguarli, pur confermando una contrazione della spesa rispetto al decennio precedente. «Dopo quasi 70 anni di duro lavoro, le relazioni tra Cina e Africa vivono il loro miglior momento storico» ha detto il presidente cinese, sostenendo che la modernizzazione «è un diritto inalienabile di tutti, ma l’approccio dell’Occidente ha inflitto immense sofferenze ai Paesi in via di sviluppo».

«Gli africani dicono che la Cina è dalla parte dell’Africa» ha sottolineato invece Yassine Fall, ministro degli Esteri del Senegal. Una lettura fatta propria dai rappresentanti cinesi che hanno ribadito l’appartenenza del gigante asiatico – ormai grande potenza economica – al sud del mondo, identificandosi con i paesi africani e contrapponendosi agli Stati Uniti, all’Unione Europea e all’occidente in generale, associati al colonialismo e allo sfruttamento. Pechino ha difeso il principio di non interferenza negli affari interni dei paesi del continente ed ha promesso di rappresentare gli interessi africani nelle istituzioni internazionali. 

Pechino mobilita 50 miliardi 

mercoledì 17 agosto 2022

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Editrice, storica, giornalista, libraia

Edward Said (1º novembre 1935 – New York, 25 settembre 2003) è stato uno scrittore e docente statunitense, di padre americano di origini palestinesi e di madre palestinese, entrambi cristiani protestanti; ed egli stesso palestinese di nascita, vissuto tra la Palestina mandataria e l'Egitto fino ai 15 anni di età. Fu anglista, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, critico e polemista, particolarmente noto per la sua critica del concetto di Orientalismo. Fu, tra gli altri, influenzato dalle letture di Antonio Gramsci, Frantz Fanon, Aimé Césaire, Michel Foucault e Theodor W. Adorno.

Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
Chiarezza - Shlomo Sand
Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi
Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini
https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie/
Quattro ore a Chatila - Jean Genet 
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Pagine Esteri, 26 luglio 2021 –
 “L’unica decisione che sarà necessario prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o da avanti all’indietro (Tertuliano Màximo Afonso). 



Si potrebbe cominciare raccontando del caprone e dell’acro di Weizmann oppure dell’ultima escalation militare, quella dello scorso maggio, tra Israele e Hamas; si potrebbe partire da Sheikh Jarrah o dall’occupazione israeliana del 1967. È complicato individuare un altro storico, scrittore, intellettuale che sia tanto legato al suo tempo e al suo luogo pur riuscendo ad attraversarli, superarli e ritornarvi.

Nel 1996 Edward Said scriveva, in uno dei suoi interventi meno pessimisti sul futuro, che “La scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.

All’inizio di luglio la Corte Suprema israeliana ha decretato la legittimità della cosiddetta Legge fondamentale o legge Stato-Nazione, che la Knesset aveva approvato nel 2018. Ha rigettato le obiezioni di chi riteneva che questa legge non fosse democratica e rispettosa delle minoranze. La legge Stato-Nazione è il provvedimento che sistema giuridicamente e rende legale la definizione di Israele come Stato della nazione Ebraica. Lo stato degli ebrei.

In Israele circa il 21% della popolazione è composta da arabi, dai palestinesi. La legge Stato-Nazione dichiara che “l’adempimento del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è unico per gli Ebrei” e fa esplicito riferimento alla Terra d’Israele quale patria storica degli ebrei. La Terra d’Israele così intesa è la Palestina storica, tutta la regione, quindi che comprende ora Israele e i Territori Palestinesi Occupati. E la norma vi promuove lo sviluppo dell’insediamento ebraico.

Cosa significa tutto questo? 

mercoledì 18 maggio 2022

Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros

Da: Il Vaso di Pandora - Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). 

Vedi anche: Il Patto Sino Russo: un nuovo bipolarismo? - Aldo Giannuli 


                                                                           

martedì 6 settembre 2022

Speculatori e guerrafondai. Così restiamo prigionieri sul gas - Emiliano Brancaccio

Da: https://www.lanotiziagiornale.it - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento.

Leggi anche: Oltre l’Ucraina, le segrete cause materiali della guerra - Emiliano Brancaccio 

La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri 




L’aumento del prezzo del gas? Brancaccio: “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori scommettono sui guerrafondai” 


L’aumento del prezzo del gas? “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori stanno scommettendo sui guerrafondai”. È chiaro sul punto Emiliano Brancaccio, docente di politica economica presso l’Università del Sannio e protagonista di dibattiti con alcuni tra i massimi esponenti della teoria e della politica economica internazionale, tra cui Mario Monti, Olivier Blanchard, Daron Acemoglu.

“I professionisti della finanza – continua il professore ed intellettuale ora in libreria con “Democrazia sotto assedio (Piemme) – giocano sulla previsione che i venti di guerra non si placheranno, e che il conflitto con la Russia sia destinato a durare. L’idea prevalente è che i paesi europei della NATO sono pronti a sostenere i costi della transizione necessaria per fare a meno dell’energia russa in tempi relativamente brevi”.

Cosa comporta tutto questo? 

Questa politica europea, così avventurista e forzata, suscita forti aspettative di aumento dei prezzi dell’energia e quindi crea enormi occasioni di guadagno speculativo: i professionisti sui mercati si fanno prestare denaro, comprano gas, attendono che il prezzo salga, lo rivendono, restituiscono i prestiti e si tengono i guadagni netti. Il risultato è che il prezzo esplode, a livelli anche superiori rispetto a quelli causati dalla sola guerra.

Il governo Draghi spinge per un tetto europeo al prezzo del gas. Per quale motivo non si riesce ad attuare? 

lunedì 24 gennaio 2022

Tra l’Ucraina e il Kazakistan: ipotesi di una guerra nel cuore dell’Europa? - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it - 

Le parole del signor Putin - Alessandra Ciattini

La tragica vicenda dell’Afghanistan - Alessandra Ciattini 



La situazione dell’Ucraina e del Kazakistan portano ancora una volta alla ribalta una strategia destabilizzante che potrebbe generare un conflitto dalle conseguenze imprevedibili.


Lo scenario internazionale si fa sempre più conflittuale e la competizione tra le massime potenze mondiali (Usa, Russia e Cina) diviene sempre più acuta. I recenti colloqui svoltisi a Ginevra tra i rappresentanti statunitensi e quelli russi a proposito dell’espansione della Nato con le sue basi fino alla soglia del grande paese euroasiatico e della questione ucraina hanno portato a un nulla di fatto, tanto che gli incontri non continueranno. Infatti, non avrà luogo l’incontro previsto tra la Nato e la Russia a Bruxelles, perché i russi lo ritengono inutile. Per comprendere le difficoltà di questi negoziati, si tenga presente anche che, nel mese di ottobre, la Nato aveva ridotto il numero degli esponenti della missione russa e aveva espulso dalla sua sede otto funzionari perché accusati di essere agenti segreti. A questa decisione il governo di Mosca aveva risposto rompendo le relazioni diplomatiche con la Nato; anche quelle con gli Stati Uniti sono destinate ad avere lo stesso esito, hanno fatto sapere i russi, se non si giungesse a un accordo. Su questi temi si veda un mio precedente articolo.

Attraverso la bocca della Vice Segretaria di Stato, Wendy Sherman, gli Stati Uniti si dichiarano preoccupati di una possibile invasione dell’Ucraina da parte dei russi e chiedono che i soldati dislocati ai confini con questo paese vengano fatti rientrare nelle loro caserme. Se ciò non fosse accettato e l’Ucraina fosse effettivamente invasa (cosa del tutto improbabile, mentre Joseph Borrell, alto rappresentante Ue, ipotizza una guerra magari piccola), il governo Biden adotterà immediatamente sanzioni molto pesanti in campo finanziario, tecnologico e militare contro la Russia, in alcuni casi paragonabili a quanto è stato fatto a suo tempo contro l’Iran. Tali sanzioni creerebbero problemi all’Europa per gli stretti legami economici che la legano alla Russia (per esempio, la Germania) e che non possono essere dissolti in quattro e quattr’otto.

sabato 19 febbraio 2022

La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media - Sergio Cararo

Da: http://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.

Leggi anche: Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re - Alberto Negri


Questa mattina è addirittura il New York Times a scrivere che “Il presidente Biden e i suoi principali collaboratori riconoscono che stanno mettendo a rischio la credibilità americana mentre rinnovano costantemente l’allarme che alla Russia mancano solo ‘alcuni giorni’ per innescare una guerra non provocata in Europa, che potrebbe uccidere decine di migliaia di ucraini nella sua fase di inizio e far ripiombare il mondo in qualcosa che ricorda la Guerra Fredda”.

Nello stesso articolo il Nyt rileva che i collaboratori di Biden affermano di essere disposti a correre questo rischio. Preferirebbero essere accusati di iperbole e di spavalderia se “è quello che serve per scoraggiare il presidente russo Vladimir V. Putin dal perseguire un’invasione.

Diversamente dal quotidiano statunitense, il giornale economico Financial Times titola nuovamente “La Russia pronta a invadere l’Ucraina entro pochi giorni”. A quanto pare i britannici intendono gareggiare con gli Usa sul piano del bellicismo. Si vede che l’orologio di Londra è tornato indietro di due secoli, ai tempi della russofobia inglese e del “Grande Gioco” che per tutto l’Ottocento vide contrapporsi il Regno Unito e la Russia zarista in tutta l’Asia centrale.

Insomma, ci sono forze che spingono verso una guerra “per forza” – guerreggiata sul campo o annunciata come tale – che sembra essere diventata l’ossessione dell’amministrazione Biden e di quella di Johnson. E gran parte dei mass media, almeno in Occidente, sembra aver scelto di arruolarsi volenterosamente in questa manipolazione della realtà funzionale alla tesi che “la guerra deve esserci comunque”.

giovedì 2 settembre 2021

La tragica vicenda dell’Afghanistan - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: Afghanistan: «Fallimento politico-militare ma anche ideologico» - Alberto Negri

Vedi anche: Verso un mondo senza guerra (2018) - Gino Strada




Gli Usa, da sempre incapaci di battersi sul terreno, abbandonano l’Afghanistan ai talebani. Che ne sarà?



Nonostante Antony Blinken, segretario degli Stati Uniti, abbia dichiarato che non c’è nessun parallelo tra la perdita dell’Afghanistan e l’evacuazione dell’ambasciata statunitense di Saigon [1] e che gli obiettivi sarebbero stati raggiunti, più cauto Joe Biden ha affermato che il loro unico scopo ottenuto era quello di sconfiggere il terrorismo e non esportare la “democrazia” nel paese dominato dai talebani [2]. Cinico e demagogico slogan che ha riempito le nostre orecchie negli ultimi decenni e che ha costituito il motto di guerre feroci tutte conclusasi con la disarticolazione dei paesi oggetto della brama americana (Yugoslavia, Somalia, Irak, Libia etc.). O come asserisce Georgyi Shpak, veterano della guerra sovietico-afghana, “saccheggiare un paese per poi lasciarlo alle deriva”.

Tanto per citare alcuni dati: su circa 39 milioni di abitanti circa il 72% vive in povertà, i suoi abitanti hanno un bassissimo tenore di vita e circa 12 milioni sono malnutriti, metà della popolazione non ha nemmeno un dollaro al giorno per vivere.

martedì 10 settembre 2024

Persistenze e metamorfosi della questione ebraica. Una rilettura di Abraham Léon - Il Lato Cattivo

Da: https://illatocattivo.blogspot.com - 

Leggi anche: Chiarezza - Shlomo Sand - Shlomo Sand 

LA QUESTIONE EBRAICA - Stefano Garroni 

L'identità politica stato - "Sulla questione ebraica" - Stefano Garroni

Enzo Traverso, "Gaza davanti alla storia" - Marco Revelli

Verità sulla Nakba - Ilan Pappè

“Dal ‘48 Israele vuole disfarsi del popolo palestinese” - RACHIDA EL AZZOUZI intervista ILAN PAPPÉ -

Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera 

LA GUERRA CHE DURA SEI GIORNI E CINQUANT'ANNI - Joseph Halevi 

Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini 

PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz 

Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri

Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi 

Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili. 


«La presente nota mira a presentare e attualizzare il contenuto dell'opera di Abraham Léon, La concezione materialistica della questione ebraica (scritta nel 1942, pubblicata postuma nel 1946, e meglio nota in Italia con il titolo: Il marxismo e la questione ebraica), in un'ottica non slegata dalla congiuntura internazionale attuale e, più specificatamente, dai rivolgimenti che hanno caratterizzato il contesto mediorientale dopo il 7 ottobre 2023. L'interrogativo soggiacente a cui ci si propone non già di rispondere, ma di fornire un impianto concettuale, concerne nientemeno che la perennità dello Stato di Israele. Con gli occhi incollati alle immagini dei massacri e delle vessazioni inflitte ai palestinesi, rischiamo di non vedere il dispiegarsi di macro-processi al tempo stesso più sotterranei e più potenti. [...] Come comprendere questa radicale incertezza sul futuro dello Stato sedicente ebraico, al di là dei suoi risvolti più effimeri e contingenti? È per provare ad impostare un ragionamento a partire da questa domanda, che ci è parso opportuno tornare all'opera di Abraham Léon, che rimane una delle più limpide e ricche disamine marxiste della questione ebraica.» 

[Il Lato Cattivo]

«Ma in realtà la vita ci mostra a ogni passo, nella natura e nella società, 
che vestigia del passato sopravvivono nel presente».

venerdì 8 maggio 2020

La Covid19 Economics e il trionfo europeo dei Chicago Boys – Sargent Pepper

Da: http://effimera.org - https://www.spreaker.com/show/radioquarantena -

                        PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani 

                        "La multinazionale ecumenica" - Eugenio Cefis


Effimera è venuta in possesso di alcune lettere scritte da un conservatore americano lobbista a Bruxelles e amante dei Beatles – che, per rispetto della privacy, abbiamo ribattezzato con uno pseudonimo: Sargent Pepper.

Sono lettere indirizzate a un suo anziano collega ricoverato in una casa di riposo … In tempi di corona virus i postini a volte si disfano della corrispondenza per evitare luoghi pericolosi come le case di cura lombarde, ove è facile rimanere contagiati.

Hans Iacob Stoer l’ha trovata e ora Effimera pubblica la traduzione del testo apparso a Gottingen in lingua inglese, traduzione del prof. Ferrante Pallavicino.

* * * * * *

See the worst thing about doing this
Doing something like this
Is I think that at first people sort of are a bit suspicious"
‘You know, come on, what are you up to?’ The Beatles, A day in the life, 1967


1. Caro XXXXX è difficile immaginare il futuro quando si resta a casa a guardare dalle finestre.

È ancora più difficile quando si è in preda ad un bombardamento mediatico che ripete incalzante ritornelli insopportabili.

Fra questi ce ne sono alcuni che abbiamo costruito con dovizia proprio noi: i Chicago Boys.

Ed io sono uno di loro che, come tanti, ha trovato lavoro in Europa. Faccio parte di quel mondo di confine fra i funzionari di Bruxelles e le Università in cui si insegnano soprattutto le nostre teorie economiche. Teorie economiche che dominano la vostra visione politica. È ciò di cui mi hai chiesto di parlare durante la nostra ultima telefonata, e allora, sperando che possa mantenere vivo il tuo antico senso critico, parliamone, ricorrendo alle nostra amatissima carta da lettere. 

martedì 4 settembre 2018

Un altro appello degli intellettuali - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini 
Leggi anche: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/siamo-diversi-da-saviano-vogliamo-essere-pragmatici/ 


Vogliamo veramente cambiare le cose o vogliamo che il PD, 

magari “rigenerato” si affermi alle prossime elezioni europee?

Ormai l’interesse suscitato dall’appello di Massimo Cacciari, pubblicato dalla Repubblica il 2 agosto scorso sembra evaporato, perché nel mondo contemporaneo dei media le notizie sono effimere e si consumano rapidamente. Eppure, benché in ritardo, credo che esso meriti alcune riflessioni, in particolare sul ruolo di quegli intellettuali sempre ospiti dei salotti televisivi, che hanno sempre dato appoggio a quel settore uscito dallo sfascio del PCI e dalla confluenza dei cascami dei partiti centristi. Settore che ha sempre sostenuto, con false promesse di benessere e di prosperità, la trasformazione-declino del nostro paese a partire dalle tanto osannate privatizzazioniNel suo appello, firmato anche da altri intellettuali [1] e diretto sostanzialmente al PD, Cacciari ha inserito temi cruciali concernenti la situazione assai critica dell’Unione Europea, il drammatico problema dei migranti, affrontato con spietatezza dal rozzo Salvini, la separazione tra “la casta” e la gente comune, l’illusione della funzione democratica della Rete, ed infine l’affermarsi di un pensiero unico alimentato dall’odio. 

Come è noto, non è certo questo il primo appello di intellettuali nella nostra storia; basti ricordare, per esempio per risalire un po’ indietro nel tempo, i due manifesti del 1925, quello degli intellettuali fascisti e quello degli antifascisti. (v. E. R. Papa, Storia di due manifesti. Il fascismo e la cultura italiana, 1958) 

Sembra che ogni tanto un gruppo di intellettuali si svegli e, dopo un periodo di rimproveri e di tirate di orecchie ai politici, si senta sollecitato a far presente a gran voce la gravità dell’attuale condizione. 

E talvolta avviene che si scagli contro le conseguenze estreme di politiche, il cui esito drammatico era già stato prefigurato da qualcuno  che era meno embedded (inserito) di loro e dotato di capacità comprensive più ampie.

venerdì 12 febbraio 2016

LA CRISI IRRISOLTA* - Francesco Schettino

Da:    https://rivistacontraddizione.wordpress.com/

 Quel che si cela dietro ai drammatici crolli di borsa

È un fatto tristemente noto, grazie anche alla pluralità di pellicole girate sul soggetto e, soprattutto per espe-rienza diretta di coloro che tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta erano almeno adolescenti, che l’eroina è una bestia feroce in grado di trasformare completamente qualsiasi essere umano sino a ridurne in fumo ogni traccia di razionalità. Questo concetto doveva essere ben chiaro anche alla classe dominante giacché, anche attraverso l’inondazione del mercato di questa immondizia, che si sostituiva alle cosiddette droghe leggere, o agli allucinogeni, ampiamente usati nella decade precedente, essa riuscì – in modo estremamente più efficace di qualsiasi altra manovra repressiva – ad infliggere un colpo mortale a quello che era restato del movimento della sinistra alternativa italiana erede della resistenza al fascismo e delle battaglie di classe di fine anni cinquanta ed inizio anni sessanta1. È altrettanto riconosciuto, anche grazie alla recente uscita di libri o testi sul tema, come la cocaina, droga di classe (dominante) per eccellenza, circoli abbondantemente negli ambienti della finanza ed in particolare a Wall Street, come ampiamente descritto e documentato da un recente film di Scorsese.

Dunque, droga, dipendenza e tossicomania sono elementi che, in un modo o in un altro sono connaturati al modo di produzione del capitale giacché, essendo esso stesso un meccanismo sociale che agisce alla stregua di un organismo biologico, non può esimersi dall’essere attratto da sostanze\elementi che possono generare dipendenza risollevando, nell’immediato, da fasi più o meno lunghe di crisi profonda.

In questo caso si fa riferimento a un’altra sostanza che pian piano sta assumendo questo ruolo per gran parte del capitale mondiale: genera dipendenza e assuefazione; violente alternanze di depressione ed euforia, senza che ci sia modo di intervenire altrimenti per arginare questo bipolarismo. In molti penseranno che si stia alludendo al profitto, forma monetaria dello sfruttamento; altri, più correttamente immagineranno che il riferimento è al plusvalore ricordando la naturale “voracità” del capitale che Marx non tarda mai di rimarcare. In realtà stiamo parlando di un qualcosa che non agisce in maniera benefica sul ritmo di accumulazione, bensì, proprio come l’eroina, può determinare effetti stupefacenti nell’immediato a cui seguono – più o meno immediatamente – reazioni nefaste ed incontrollabili.

domenica 26 giugno 2022

Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani

 Da: https://www.analisidifesa.it - Gianandrea Gaiani Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa.


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 Il ritorno della guerra, quella “vera”, convenzionale, brutale e ad alta intensità sta determinando reazioni e riflessioni in Europa oltre a decisioni politiche e finanziarie di rilievo come l’adesione ormai diffusa presso molte nazioni (Italia inclusa) all’obiettivo di portare le spese militari al 2 per cento del PIL, addirittura al 3 per cento nel caso della Polonia che ha varato un massiccio riarmo, o come il fondo speciale per Difesa tedesco da 100 miliardi di euro.

“L’Europa si sente vulnerabile non solo per il fatto che i missili russi potrebbero colpirla ma anche perché, facendo un inventario delle capacità disponibili in termini di dotazioni i singoli Paesi si sono resi conto di non essere in grado di affrontare questo scenario”,  ha affermato Emanuele Serafini, direttore per l’Europa Occidentale e Nato di Lockheed Martin nel corso del convegno “Industria della Difesa, scenari e prospettive nella crisi post Ucraina”, organizzato al palazzo dell’Esercito, a Roma l’8 giugno.

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Una definizione che ben fotografa la drammatica realtà emersa dalle prime indicazioni fornite dal conflitto in Ucraina.

Difficile prevedere quando e con quali esiti potrà avere termine la guerra che prese il via nel 2014 nella regione orientale del Donbass ma ha subito una rapida escalation dal 24 febbraio scorso con l’intervento militare russo e il coinvolgimento indiretto degli stati membri della NATO quali fornitori di massicci aiuti militari e programmi di addestramento alle truppe di Kiev.

Dopo quasi 4 mesi di combattimenti ad alta intensità è forse presto per parlare di “lezioni” ma è certo possibile tracciare alcune indicazioni che questo conflitto fornisce all’Occidente e alle nazioni europee, determinate non solo dagli sviluppi bellici sul campo di battaglia ma anche dalla natura di questa guerra.