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"IL RITORNO DELLA RAZZA - ARGINI E ANTIDOTI DALLA CONOSCENZA"
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"Totalitarismo", triste storia di un non-concetto* - Vladimiro Giacché
IL BUCO NERO DI AUSCHWITZ
di Primo Levi. («La Stampa», 22 gennaio 1987)
La polemica in corso in Germania fra chi tende a banalizzare la strage nazista (Nolte, Hillgrüber) e chi ne sostiene l'unicità (Habermas e molti altri) non può lasciare indifferenti. La tesi dei primi non è nuova: stragi ci sono state in tutti i secoli, in specie agli inizi del nostro, e soprattutto contro gli «avversari di classe» in Unione Sovietica, quindi presso i confini germanici. Noi Tedeschi, nel corso della seconda guerra mondiale, non abbiamo fatto che adeguarci a una prassi orrenda, ma ormai invalsa: una prassi «asiatica», fatta di stragi, di deportazioni in massa, di relegazioni spietate in regioni ostili, di torture, di separazioni delle famiglie. La nostra unica innovazione è stata tecnologica: abbiamo inventato le camere a gas. Sia detto di passata: è proprio questa innovazione quella che è stata negata dalla scuola dei «revisionisti» seguaci di Faurisson, quindi le due tesi si completano a vicenda in un sistema d'interpretazione della storia che non può non allarmare.
Ora, i Sovietici non possono essere assolti. La strage dei Kulaki prima, e poi gli immondi processi e le innumerevoli e crudeli azioni contro veri o presunti nemici del popolo sono fatti gravissimi, che hanno portato a quell'isolamento dell'Unione Sovietica che con varie sfumature (e con la forzata parentesi della guerra) dura tuttora. Ma nessun sistema giuridico assolve un assassino perché esistono altri assassini nella casa di fronte. Inoltre, è fuori discussione che si trattava di fatti interni all'Unione Sovietica a cui nessuno, dal di fuori, avrebbe potuto opporre difese, se non per mezzo di una guerra generalizzata.
I nuovi revisionisti tedeschi tendono insomma a presentare le stragi hitleriane come una difesa preventiva contro una invasione «asiatica». La tesi mi sembra estremamente fragile. E' ampiamente da dimostrare che i Russi intendessero invadere la Germania; anzi la temevano, come ha dimostrato l'affrettato accordo Ribbentrop-Molotov; e la temevano, giustamente, come ha dimostrato la successiva, improvvisa aggressione tedesca del 1941. Inoltre, non si vede come le stragi «politiche» operate da Stalin potessero trovare la loro immagine speculare nella strage hitleriana del popolo ebreo, quando è ben noto che, prima della salita di Hitler al potere, gli Ebrei tedeschi erano profondamente Tedeschi, intimamente integrati nel Paese, considerati come nemici solo da Hitler stesso e dai pochi fanatici che inizialmente lo seguirono. L'identificazione dell'ebraismo col bolscevismo, idea fissa di Hitler, non aveva alcuna base obiettiva, specialmente in Germania, dove notoriamente la maggior parte degli Ebrei apparteneva alla classe borghese.
Che «il Gulag fu prima di Auschwitz» è vero; ma non si può dimenticare che gli scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo era un massacro fra uguali; non si basava su un primato razziale; non divideva l'umanità in superuomini e sottouomini; il secondo si fondava su un'ideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo oggi in un mondo spaccato in due, «noi» i signori da una parte, tutti gli altri al loro servizio o sterminati perché razzialmente inferiori. Questo disprezzo della fondamentale uguaglianza di diritti fra tutti gli esseri umani trapelava da una folla di particolari simbolici, a partire dai tatuaggi di Auschwitz fino all'uso, appunto nelle camere a gas, del veleno originariamente prodotto per disinfestare le stive invase dai topi. L'empio sfruttamento dei cadaveri e delle loro ceneri resta appannaggio unico della Germania hitleriana, e, a tutt'oggi, a dispetto di chi vuole sfumarne i contorni, ne costituisce l'emblema.
E' bensì vero che nel Gulag la mortalità era paurosamente alta, ma non era per così dire un sottoprodotto, tollerato con cinica indifferenza: lo scopo primario, barbarico quanto si vuole, aveva una sua razionalità, consisteva nella reinvenzione di un'economia schiavistica destinata alla «edificazione socialista». Neppure dalle pagine di Solzenicyn, frementi di ben giustificato furore, trapela niente di simile a Treblinka e a Chelmno, che non fornivano lavoro, non erano campi di concentramento, ma «buchi neri» destinati a uomini, donne e bambini colpevoli solo di essere Ebrei, in cui si scendeva dai treni solo per entrare nelle camere a gas, e da cui nessuno è uscito vivo. I Sovietici invasori in Germania dopo il martirio del loro Paese (ricordate, fra i cento dettagli, l'assedio spietato di Leningrado?) erano assetati di vendetta e si macchiarono di colpe gravi, ma non c'erano fra loro gli "Einsatzkommandos", incaricati di mitragliare la popolazione civile e di seppellirla in sterminate fosse comuni scavate spesso dalle stesse vittime; né del resto avevano mai progettato l'annientamento del popolo tedesco, contro cui pure nutrivano allora un giustificato sentimento di rappresaglia.
Nessuno ha mai attestato che nei Gulag si svolgessero «selezioni» come quelle, più volte descritte, dei Lager tedeschi, in cui con un'occhiata di fronte e di schiena i medici (medici!) S.S. decidevano chi potesse ancora lavorare e chi dovesse andare alla camera a gas. E non vedo come questa «innovazione» possa essere considerata marginale e attenuata da un «soltanto». Non erano una imitazione «asiatica», erano bene europee, il gas veniva prodotto da illustri industrie chimiche tedesche; e a fabbriche tedesche andavano i capelli delle donne massacrate; e alle banche tedesche l'oro dei denti estratti dai cadaveri. Tutto questo è specificamente tedesco, e nessun Tedesco lo dovrebbe dimenticare; né dovrebbe dimenticare che nella Germania nazista, e solo in quella, sono stati condotti a una morte atroce anche i bambini e i moribondi, in nome di un radicalismo astratto e feroce che non ha uguali nei tempi moderni.
Nell'ambigua polemica in corso non ha alcuna rilevanza che gli Alleati portino una grave porzione di colpa. E' vero che nessuno Stato democratico ha offerto asilo agli Ebrei minacciati o espulsi. E' vero che gli Americani rifiutarono di bombardare le linee ferroviarie che conducevano ad Auschwitz (mentre bombardarono abbondantemente la zona industriale contigua) ed è anche vero che l'omissione di soccorso da parte alleata fu dovuta a ragioni sordide, e cioè al timore di dovere ospitare, e mantenere, milioni di profughi o sopravvissuti. Ma di una vera complicità non si può parlare, e resta abissale la differenza morale e giuridica tra chi fa e chi lascia fare.
Se la Germania d'oggi tiene al posto che le spetta fra le nazioni europee, non può e non deve sbiancare il suo passato.
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La Democrazia Cristiana e il momento politico
di Alcide De Gasperi (Discorso tenuto al Teatro Brancaccio di Roma il 23 luglio 1944)
"Mi riferirò adesso anche all’esperimento russo. Con ciò non voglio menomamente diminuire il merito immenso, storico,secolare delle armate organizzate dal genio di Giuseppe Stalin. Lo riconosco questo merito e ho fiducia, ho speranza, che dal concorso delle forze operaie russe e delle forze occidentali, nasca un nuovo mondo. Bisogna però che c’intendiamo su parecchie questioni importanti e pregiudiziali.
E’ stato scritto da parte autorevole comunista che “ l’Unione delle repubbliche sovietiche è la prefigurazione vivente della futura unione dei popoli stretti in un a economia mondiale unica”. E sia. C’è qualche cosa di immensamente simpatico, qualche cosa d’immensamente suggestivo in questa tendenza universalistica del comunismo russo. Quando vedo che mentre Hitler e Mussolini perseguitavano degli uomini per la loro razza, e inventavano quella spaventosa legislazione antiebraica che conosciamo e vedo contemporaneamente i russi composti di 160 razze cercare la fusione di queste razze superando le diversità esistenti fra l’Asia e l’Europa, questo tentativo, questo sforzo verso l’unificazione del consorzio umano, lasciatemi dire: questo è cristiano, questo è eminentemente universalistico nel senso del cattolicesimo.
E cristiano è anche il formidabile tentativo di accorciare le distanze fra le classi sociali, questo sforzo per la elevazione del lavoro manuale. Mi capitò una volta fra mano un documento segreto dello stato maggiore tedesco sulle impressioni che riportavano gli ufficiali in Russia. Conclusione: quel che fa impressione ai soldati tedeschi è trovare un paese ove nessuno vive senza lavorare. Ora questo è un principio a cui tendiamo e che deve applicarsi anche in Italia. A questo scopo tendiamo noi e altre democrazie che si basano sul lavoro. [...]" (Leggi tutto: http://www.marx21.it/index.php/rivista/4938-lunione-sovietica-e-alcide-de-gasperi)
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