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Se lo esaminiamo nella sua relazione con il processo di lavoro –sottolinea Marx- [1] il prodotto ne è il risultato, in quanto è processo di lavoro cristallizzato, i cui diversi fattori convergono in un oggetto stabile (ruhender); insomma, il prodotto coincide con l’intrecciarsi di un’attività soggettiva e di un contenuto materiale.
E’ proprio su questo intrecciarsi, che è opportuno richiamare l’attenzione, in quanto, con tutta evidenza, Marx dimostra di muoversi in una prospettiva teorica, che tende a considerare la rigida contrapposizione/opposizione tra soggettivo e oggettivo, come un ostacolo da superare, anche nel senso che solo ‘togliendolo’ quell’ostacolo, si potrà riuscire a comprende l’effettiva dinamica del fenomeno in esame. [2]
In questo
senso appare chiaro quanto possa essere inopportuna, rispetto a Marx, la
qualifica di ‘materialista’, dacché se ne potrebbe legittimamente ricavare che
proprio Marx, da un lato, accetti la rigida contrapposizione tra soggettivo ed
oggettivo, tra spirito e materia e, dall’altro, che lo stesso Marx scelga di
privilegiare l’uno dei due opposti, smentendo in questo modo ciò che
caratterizza, invece, un approccio dialettico, vale a dire la
comprensione/superamento di ciò, che immediatamente si contrappone.
Marx
continua osservando che il risultato del processo di lavoro è un valore d’uso,
del quale vale questa descrizione: la materia [3], su cui il lavoro [4] si è
esercitato, ha ricevuto la forma, le proprietà determinate alla cui costruzione
(Herstellung) era finalizzato -in quanto suo scopo trainante- l’intero processo
di lavoro.
Le proprietà in questione vengono determinate, appunto, dallo stesso modo di lavoro; il prodotto è il risultato di un precedente processo di lavoro, che è la storia della sua genesi. [5]
Le proprietà in questione vengono determinate, appunto, dallo stesso modo di lavoro; il prodotto è il risultato di un precedente processo di lavoro, che è la storia della sua genesi. [5]
Ciò che qui
vale sottolineare è che se, inizialmente, il prodotto del lavoro era da Marx
caratterizzato essenzialmente in quanto oggetto stabile, [6] ora, al contrario,
egli ne sottolinea il fatto che sia esattamente un risultato, dunque, che il
suo essere un che di stabile, di ‘calmo’, di persistente nella propria
determinatezza, derivi dall’opposto, ovvero dallo svolgersi di un processo, di
un dinamismo, di una ‘irrequietezza’. E le stesse determinate, definite,
stabili qualità, proprie dell’oggetto, risultano -anch’esse- dal movimento,
dall’attività lavorativa, che è messa in opera per il raggiungimento di un
obiettivo pre-fissato.
Come si
vede, nella descrizione marxiana del fenomeno si ritrovano caratteristiche
opposte (sostanzialmente, stabilità e/o movimento), che si alternano, si
rovesciano l’un nell’altra, coesistono l’un con l’altra. Ed è chiaro che questo
andamento complesso, dinamico, ‘contraddittorio’ (dialettico, in una parola)
del fenomeno in questione, deriva esattamente dal fatto che questi è da Marx
analizzato in quanto avvenimento, in quanto fenomeno storico e non in quanto
essenza, ente logico.
Potremo
meglio approfondir la cosa in seguito, ma cominciamo già ora a notare che nella
pagina di Marx –certamente dalla struttura dialettica– in nessun modo vengono contraddette
in un qualunque punto le regole della logica formale: e questo accade per il
semplice fatto che, con le sue procedure dialettiche, Marx non si colloca nella
stessa prospettiva della logica formale, ma sì in quella dello svolgersi
effettuale degli eventi storico-sociali.
Un’altra
puntualizzazione, che ci aiuta a comprendere la specificità dell’indagine e
della riflessione marxiane, la troviamo in Mega, 3.1: 60, dove leggiamo che
nella stessa misura, in cui la merce è,da un lato, valore d’uso e, dall’altro,
valore di scambio, lo stesso processo di produzione (Entstehungsprozess) ha di
necessità un carattere duplice –ovvero, di essere processo di produzione di
valori d’uso, ma anche di valori di scambio; il fatto, però, è che questa
duplicità riguarda uno stesso processo di produzione, indica le due facce di
una stessa medaglia. Il che conferma che la contraddittorietà di un processo
reale non solo non implica alcuna violazione delle leggi logiche, ma sì anche
che risulta dalla prospettiva, a partire da cui lo stesso processo viene
osservato. E, ripeto, all’interno di ogni singola prospettiva (nel nostro
esempio, lo stesso processo, ora, come processo di produzione di valor d’uso;
ora, come processo di produzione di valori di scambio) l’istanza logica
dell’identità vien confermata ed, addirittura, è proprio per questo che
possiamo parlare di un processo o movimento storico-reale contraddittorio.
Avendo
sottolineato che in una società mercantile –e, dunque, anche e particolarmente
in quella capitalistica–, il fatto che la merce abbia un valore d’uso è la
condizione necessaria perché la stessa merce possa avere valore di scambio [7],
Marx precisa che lo scopo, verso cui si orienta lo scambio denaro/capacità di
lavoro, in nessun modo è un valore d’uso, ma sì piuttosto la trasformazione del
denaro in capitale. Cosa significa questo?
Nello
scambio denaro/capacità di lavoro, dice Marx [8], non solo il valore deve
mantenersi, ma anche maggiorarsi e nel far ciò il valore va assumendo, nel
denaro, una figura propria; è in questo modo che il possessore di denaro
diviene capitalista, in quanto rappresenta quel valore –ormai resosi autonomo-,
che comprende/supera [9] la circolazione e in essa si afferma come soggetto.
[10]
Tutti i presupposti del processo di lavoro, e che entrano in esso, non sono solo valori d’uso, ma sì merci, ovvero valori d’uso che hanno, però, un loro prezzo, il quale ne esprime il valore di scambio. Essendo merci gli elementi presenti nel processo, da questo stesso processo debbono risultare ulteriori merci; ma tutto ciò –avverte Marx- non si coglie, se esaminiamo il processo di lavoro semplicemente come processo materiale, senza metterne in evidenza la forma storico-sociale, che presuppone. [11]
Tutti i presupposti del processo di lavoro, e che entrano in esso, non sono solo valori d’uso, ma sì merci, ovvero valori d’uso che hanno, però, un loro prezzo, il quale ne esprime il valore di scambio. Essendo merci gli elementi presenti nel processo, da questo stesso processo debbono risultare ulteriori merci; ma tutto ciò –avverte Marx- non si coglie, se esaminiamo il processo di lavoro semplicemente come processo materiale, senza metterne in evidenza la forma storico-sociale, che presuppone. [11]
Insomma,
Marx ci dice che se ci limitiamo ad analizzare la produzione semplicemente come
quel processo, che manipola ed elabora materia prima o materiale rozzo
(materielle Produktion), ci mettiamo nella condizione di coglierne solo un
lato, esattamente, quello materiale, in quanto opposto allo storico-sociale, e,
dunque, costruiamo del processo produttivo una rappresentazione, che in realtà
non è oggettiva, proprio perché esclude da sé la considerazione dell’elemento
soggettivo, oltre che di quello materiale.
Più
precisamente, se ci limitassimo all’unilateralità appena descritta, il processo
di produzione (capitalistico, in particolare) ci apparirebbe come semplice
processo di lavoro, e non per quello che è nella sua specificità, ovvero,
processo di autovalorizzazione. [12]
A
chiarimento del concetto di <autovalorizzazione>, teniamo conto del fatto
che il valore di scambio del prodotto (ovvero, di un certo valore d’uso), il
quale risulta dal processo di lavoro, è costituito, certo, dalla quantità di
tempo-lavoro in esso materializzatosi, dal quanto di lavoro in esso consumato,
oggettivato (vergegenständlichte). Tuttavia, Marx sottolinea che nella
costituzione del valore non entra solo il tempo di lavoro attualmente speso, ma
anche l’ammortamento –che avviene mano a mano- del costo del materiale e degli
strumenti, usati nella produzione. Lo strumento di produzione, insiste Marx,
passa nel prodotto, solo nella misura in cui è consumato durante il processo di
lavoro e, dunque, solo in questa misura può entrare nella determinazione del
valore. [13] Nel processo di lavoro, il valore del materiale e dello strumento
di lavoro si mantengono e, dunque, -in quanto parte componente del valore del
prodotto, presupposta e stabile - riappare in esso. Di qui l’opportunità di
esaminare in dettaglio come nel processo di lavoro il materiale e lo strumento
di lavoro vengano consumati, mutati o, addirittura, distrutti, senza però che
ne venga distrutto il valore, che riappare come parte del valore del prodotto.
[14]
Il materiale
e lo strumento del lavoro, -per le loro qualità oggettive e per quelle, che
posseggono in quanto materiale e strumento di questo determinato lavoro-,
risultato da un lavoro già eseguito e si conservano, al termine del processo di
produzione, nel risultato di quest’ultimo, come qualità della cosa prodotta.
In questo senso possiamo dire che ciò che risultava da un lavoro già erogato scompare, in quanto tale, per riapparire come qualità propria del prodotto: il lavoro è scomparso, perché si conserva sotto forma reificata.
In questo senso possiamo dire che ciò che risultava da un lavoro già erogato scompare, in quanto tale, per riapparire come qualità propria del prodotto: il lavoro è scomparso, perché si conserva sotto forma reificata.
Il tavolo,
che mi serve per scrivere, chiarisce Marx: “possiede come proprie forma e
qualità, quelle che prima apparivano come determinatezza e capacità formatrice
(formgebende Qualität), appartenenti al lavoro del falegname … Che il
materiale, di cui il tavolo è fatto, abbia ottenuto questa determinata forma
mediante il lavoro del falegname, tutto ciò è scomparso, si è dissolto nella
sua esistenza di cosa (dingliche Dasein)”; l’oggetto serve ormai come tavolo,
“senza alcuna considerazione del lavoro che è stato necessario per costruirlo
come tavolo.” [15]
Qui Marx
tocca un motivo, che deriva necessariamente dalla sua riflessione (e di tanta
parte della tradizione economica): se è il lavoro a produrre e a dar valore
alla cosa e se questa, mediante la circolazione, si rivela anche un valore di
scambio, se dunque il lavoro gioca un ruolo così centrale nella
caratterizzazione della cosa sia come valore d’uso che come valore di scambio,
la stessa presenza del lavoro nella cosa dovrebbe rivelarsi in qualche modo; e,
comunque, deve essere illustrabile, nelle sue modalità, il processo di
trasformazione della materia rozza mediante il lavoro. [16]
Di questo
tema, Marx si occuperà in vari luoghi, ma già nel brano citato egli mette in
evidenza un certo processo [17], per il quale le qualità del lavoro (dunque,
del lavoratore, in quanto effettivo erogatore di quelle irrequietezza
produttiva, che è appunto il lavoro) possono scomparire nel prodotto e
presentarsi, invece, come proprietà della cosa stessa, subendo dunque quel
processo di estraniazione e reificazione, per cui ciò che è dell’uomo non
appare se non come qualità della cosa.
Naturalmente,
quando si tratta la questione del rapporto fra lavoro e cosa prodotta, la
fondamentale precisazione da fare è la seguente: per la determinazione del
valore, vien considerato non il quantum di un lavoro determinato impiegato in
quella produzione, ma sì il quantum di lavoro in generale, privo di
determinazioni, sociale, astratto, che è stato erogato. [18]
La
determinatezza materiale (stoffliche) del lavoro, dunque anche del valore d’uso
in cui quella determinatezza si era fissata, ormai è dissolta, è scomparsa, è
qualcosa di indifferente. Che si tratti di un lavoro utile, dunque, di lavoro
produttore di valore d’uso, è un presupposto. Ma nella merce in quanto valore
di scambio, quale che fosse la determinata utilità del lavoro, essa è ormai
scomparsa, poiché, in quanto tale, la merce è l’equivalente di una qualunque
analoga quantità di lavoro sociale, esprimibile in qual si voglia valore d’uso,
dunque, in qualunque altra forma di lavoro utile.
Per chiudere
questa nostra ricostruzione del pensiero di Marx, consideriamo un’ultima
osservazione che egli fa.
Il processo
di lavoro –leggiamo in Mega, 3.1: 66– procede sul fondamento
dell’appropriazione della capacità di lavoro mediante l’acquisto di essa da
parte del denaro e mediante la continua trasformazione del denaro in capitale.
Così risulta che l’esistenza della Arbeiterklasse è una costante, che viene
continuamente riprodotta dal capitale. Anche in precedenti epoche produttive
appariva sporadicamente una primitiva Arbeiterklasse, ma non ancora come
generale presupposto della produzione. E’ il lavoro vivo (inteso, ovviamente,
non come lavoro utile, ma sì astratto), che trasferisce nel processo di lavoro
quel valore, che è presupposto negli strumenti e nel materiale di lavoro.
Di questa
puntualizzazione marxiana, ci interessa sottolineare in particolare che il
termine Arbeiterklasse ha un significato storicamente ben preciso: non indica
genericamente la classe dei lavoratori, ma sì quella dei lavoratori, che sono
utilizzati all’interno del moderno sistema di produzione industriale
In un
momento come quello che attraversiamo, in cui da varie parti si tende a sfumare
il ruolo economico e –potenzialmente- sociale e politico dell’operaio moderno
e, da sinistra, si propone qualche volta di abbandonare la traduzione canonica
del termine tedesco (<classe operaia>), per sostituirla, appunto, con un
più generico <classe lavoratrice>, vale la pena ricordare che, in Marx,
Arbeiterklasse e moderna organizzazione industriale fanno tutt’uno (il che
ovviamente non implica affatto non analizzare gli sviluppi e i mutamenti di
tale moderno modo di produzione e, con ciò, delle figure sociali, che richiede
–le quali possono essere semplici traformazioni delle tradizionali o,
addirittura, nuove figure. Ma si tratta sempre di modi di presentarsi in
contesti storicamente determinati della marxiana Arbeiterklasse.
Note
[1] - v. Marx-Engels Gesammelte Werke (Mega). Zweite
Abteilung <Das Kapital> und Vorarbeiten. Band 3. Zur Kritik der Politiche Ökonomie (Manuskript
1861-1863). Teil 1, Berlin 1976: 58. (D’ora in avanti, Mega, 3.1).
[2] - Anche tenendo conto semplicemente di Hegel, sappiamo che l’opposizione è qualcosa, che si colloca non solo sul piano teoretico e conoscitivo, ma anche pratico, politico e sociale. Basti riconsiderare la critica del giovane Hegel alla Positivität della religione cristiano-giudaica.
[3] - Dunque, l’elemento oggettivo, il <dato>.
[4] - Dunque, l’elemento soggettivo.
[5] - Mega, 3.1: 59.
[6] - L’oggettivo usato da Marx, lo abbiamo visto, è <ruhender>, che, com’è chiaro, rimanda a Ruhe = pace, quiete.
[7] - Mega, 3.1: 60. Ancora una volta, i due opposti –valore d’uso e valore di scambio-, pur confermandosi in questa loro relazione logica, mutuamente esclusiva, tuttavia, nell’effettualità del movimento storico, coesistono e si rovesciano l’un nell’altro. Ancora una volta possiamo osservare che ciò è possibile, in quanto Marx non colloca la propria argomentazione sul piano della formalità logica (la quale, ovviamente, ha piena legittimità nel suo ambito proprio), ma sì in quello dello svolgersi di determinati processi storici effettivi.
[8] - Mega, 3.1: 59.
[9] - Così traduco il tedesco übergreifen.
[10] - E’ evidente l’influenza della concezione hegeliana di <soggetto>. Per chiarir meglio la figura del capitalista, consideriamo un’altra pagina di Marx, in cui leggiamo che il possessore di denaro diviene capitalista, se trasforma il suo denaro in capitale industriale, ovvero, se riesce a usarlo in modo da ricavarne un incremento del valore iniziale. Il capitalista deve comprare strumenti e materiale di lavoro, per poter impiegare lavoro altrui –il che implica che l’incremento di valore deve essere al netto non solo delle spese per pagare la forza-lavoro, ma anche gli strumenti e il materiale di lavoro (Nota mia. S.G.). (Mega, 3.1: 60).
[11] - Mega, 3.1: 60. Si noti anche questo: ancora una volta, l’analisi di un processo storico reale porta a rilevare il rovesciarsi di un opposto (valore d’uso) nell’altro (valore di scambio); tuttavia, Marx non si limita a questa constatazione, dacché indica anche il modo, in cui avviene quel rovesciarsi. L’esigenza di descrivere un processo nei suoi vari passaggi ha immediatamente un carattere anti-mistico, in quanto –a dir così- toglie misteriosità, ‘miracolosità’ al processo, consentendone invece una dettagliata descrizione ed aprendosi, quindi, alla possibilità di ulteriori descrizioni, che correggano la prima e, in questo modo, sottolineando l’aspetto sempre aperto, non conclusivo dell’analisi e della riflessione scientifiche.
[12] - Mega, 3.1: 62s).
[13] - Mega, 3.1: 62.
[14] - ivi.
[15] - Mega, 3.1: 63.
[16] - Come si vede, Marx affronta sempre il tema del vivente, dell’efficare, di ciò che è capace di dare qualcosa di nuovo, in una chiave decisamente opposta od ogni impostazione mistico-spiritualistica. Nel senso che per lui è sempre centrale mostrare i modi determinati, in cui il nuovo vien prodotto, creato.
[17] - Ma questa non sarà la sola possibilità, la sola possibile relazione tra lavoro e bene prodotto.
[18] - Mega, 3.1: 63.
[2] - Anche tenendo conto semplicemente di Hegel, sappiamo che l’opposizione è qualcosa, che si colloca non solo sul piano teoretico e conoscitivo, ma anche pratico, politico e sociale. Basti riconsiderare la critica del giovane Hegel alla Positivität della religione cristiano-giudaica.
[3] - Dunque, l’elemento oggettivo, il <dato>.
[4] - Dunque, l’elemento soggettivo.
[5] - Mega, 3.1: 59.
[6] - L’oggettivo usato da Marx, lo abbiamo visto, è <ruhender>, che, com’è chiaro, rimanda a Ruhe = pace, quiete.
[7] - Mega, 3.1: 60. Ancora una volta, i due opposti –valore d’uso e valore di scambio-, pur confermandosi in questa loro relazione logica, mutuamente esclusiva, tuttavia, nell’effettualità del movimento storico, coesistono e si rovesciano l’un nell’altro. Ancora una volta possiamo osservare che ciò è possibile, in quanto Marx non colloca la propria argomentazione sul piano della formalità logica (la quale, ovviamente, ha piena legittimità nel suo ambito proprio), ma sì in quello dello svolgersi di determinati processi storici effettivi.
[8] - Mega, 3.1: 59.
[9] - Così traduco il tedesco übergreifen.
[10] - E’ evidente l’influenza della concezione hegeliana di <soggetto>. Per chiarir meglio la figura del capitalista, consideriamo un’altra pagina di Marx, in cui leggiamo che il possessore di denaro diviene capitalista, se trasforma il suo denaro in capitale industriale, ovvero, se riesce a usarlo in modo da ricavarne un incremento del valore iniziale. Il capitalista deve comprare strumenti e materiale di lavoro, per poter impiegare lavoro altrui –il che implica che l’incremento di valore deve essere al netto non solo delle spese per pagare la forza-lavoro, ma anche gli strumenti e il materiale di lavoro (Nota mia. S.G.). (Mega, 3.1: 60).
[11] - Mega, 3.1: 60. Si noti anche questo: ancora una volta, l’analisi di un processo storico reale porta a rilevare il rovesciarsi di un opposto (valore d’uso) nell’altro (valore di scambio); tuttavia, Marx non si limita a questa constatazione, dacché indica anche il modo, in cui avviene quel rovesciarsi. L’esigenza di descrivere un processo nei suoi vari passaggi ha immediatamente un carattere anti-mistico, in quanto –a dir così- toglie misteriosità, ‘miracolosità’ al processo, consentendone invece una dettagliata descrizione ed aprendosi, quindi, alla possibilità di ulteriori descrizioni, che correggano la prima e, in questo modo, sottolineando l’aspetto sempre aperto, non conclusivo dell’analisi e della riflessione scientifiche.
[12] - Mega, 3.1: 62s).
[13] - Mega, 3.1: 62.
[14] - ivi.
[15] - Mega, 3.1: 63.
[16] - Come si vede, Marx affronta sempre il tema del vivente, dell’efficare, di ciò che è capace di dare qualcosa di nuovo, in una chiave decisamente opposta od ogni impostazione mistico-spiritualistica. Nel senso che per lui è sempre centrale mostrare i modi determinati, in cui il nuovo vien prodotto, creato.
[17] - Ma questa non sarà la sola possibilità, la sola possibile relazione tra lavoro e bene prodotto.
[18] - Mega, 3.1: 63.
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