venerdì 22 settembre 2023

Irrilevanza delle Nazioni unite, cambiare o morire. - Alberto Negri

Da: https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq.  Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)

Lrggi anche: L’Onu oggi serve a qualcosa? - Alessandra Ciattini 

Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini

Cosa sta succedendo dentro l’ONU?


ASSEMBLEA GENERALE.

Ma l’Onu serve ancora? Disperata la risposta del segretario generale Guterres: «O si avvia una riforma o è la rottura, le istituzioni rischiano di essere parte del problema». 

Irrilevanza dell’Onu e irrilevanza anche di Biden che tenta di corteggiare il Sud globale con appelli che cadono in un vuoto fragoroso. Così i giornali americani, dal New York Times al Wall Street Journal sintetizzano cosa accade all’Assemblea generale delle Nazioni Unite dove le sedie vuote fanno clamore: da Xi Jinping a Putin, da Macron a Sunak, fino al premier indiano Narendra Modi, reduce da un G20 a Nuova Delhi che ha proiettato l’India nel novero delle grandi potenze internazionali. Sono assenti a New York i leader di quattro dei cinque membri del Consiglio di sicurezza, un segnale non confortante in un clima bellico e di tensioni geopolitiche ai massimi livelli dai tempi della guerra fredda. 

Ma l’Onu serve ancora? La risposta dello stesso segretario generale Antonio Guterres è quasi disperata: “o si avvia la riforma delle Nazioni Unite o è la rottura, le istituzioni invece di essere la soluzione rischiano di diventare parte del problema”. Cambiare o scomparire, questo è il messaggio. Da tempo le Nazioni Unite non rispecchiamo più la transizione caotica da un mondo unipolare – dominato da una sola potenza – a uno multipolare con diversi centri di potere. E quando le istituzioni Onu diventano lo specchio della realtà è per squadernare una narrativa assai diversa fa quella del Nord globale. Come sottolinea la rivista francese “Le Grand Continent” negli ultimi trent’anni nelle votazioni all’Assemblea generale soltanto il 14% degli stati ha votato con gli Usa mentre la grande maggioranza dei consensi è stata raccolta da proposte russe e cinesi. 

mercoledì 13 settembre 2023

Dire Io - L’estraneità dell’Io e la via verso l’altro - Donatella Di Cesare

Da: Filosofi lungo l'Oglio - Donatella Di Cesare è una filosofa, editorialista e saggista italiana; professoressa ordinaria di Filosofia Teoretica all'Università "La Sapienza" di Roma. https://www.filosofilungologlio.it 

                                                                            

domenica 10 settembre 2023

Dal laissez-faire al laissez-mourir - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 



Sembra proprio che siamo arrivati al redde rationem: come sfuggiremo alla policrisi innestata da molteplici fattori. I vulnerabili saranno destinati a pagare per tutti? 

Che alcuni tra i padroni del mondo pensino che la soluzione ai gravi problemi (ecologici, sociali, politici) del nostro pianeta sia una sorta di eugenetica, magari applicata con l’aiuto della guerra, non credo possa essere smentito. Certo, sino ad oggi mancano prese di posizione ufficiali che potrebbero solo suscitare orrore e raccapriccio tra la popolazione. Ma con la scusa che è lecito esprimere liberamente le proprie idee (chiamiamole così), qualsiasi esse siano, utilizzando però la censura quando si tratta di contrastare i propri nemici, esse circolano e vengono diffuse, anzi celebrate, come per esempio la necessità di introdurre la pratica dell’eutanasia nel nostro paese, già in uso in altri, senza domandarci come e a che scopo potrebbe essere surrettiziamente usata. L’eutanasia viene presentata come una scelta di massima libertà, presupponendo astrattamente che un individuo profondamente sofferente e magari isolato sia pienamente consapevole delle sue scelte anche estreme.

Dietro questa concezione della finta libertà senza limiti sta l’individualismo sfrenato che illude gli individui che possono essere completamente liberi, sganciati dalle regole sociali, che possono drogarsi, ubriacarsi, praticare il sesso nelle sue più variegate forme, quando la libertà che conta è quella di coloro che gestiscono il potere economico, militare e politico, i quali possono tranquillamente lasciare gli altri a baloccarsi con questi diversivi, da loro stessi non disdegnati, cui viene tolta la dimensione umana e sociale più profonda. D’altra parte, la tanto ricercata e propagandata trasgressività si fonda su un assurdo: non seguire una regola è anch’essa una regola, quella di non seguire regole, come del resto “vietato proibire” implica sempre l’esistenza di un’autorità che proibisce di proibire. Paradossi logici che fanno pensare pochi, ma che non tormentano i sonni degli autodichiarati anarco-libertari.

sabato 26 agosto 2023

Chernobyl è stato il più grave incidente nucleare? - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 

Ogni volta che si parla di un incidente nucleare i mass media menzionano Chernobyl, ma siamo sicuri che da quel sito sono provenute le più alte radiazioni? 


Sono ormai diversi anni che, quando si celebrano le terribili stragi di Hiroshima e Nagasaki, non ne vengono indicati gli autori, quasi che le bombe atomiche fossero state lanciate da un dio maligno ma sconosciuto. 

In questi giorni si è ripetuta la solita storia. In occasione del 78 anniversario dell’attacco con una bomba nucleare, denominata Fat Man, su Nagasaki, città portuale e di tradizione socialista, il segretario generale delle NU, Antonio Guterres, si è dimenticato di ricordare chi furono gli autori di tale azione scellerata. Evidentemente non è stato un caso. Egli ha descritto l’attacco nucleare “un momento di orrore ineguagliabile per l’umanità”, che ha determinato una “distruzione terribile” e ha costituito “una lezione giuntaci dal 1945”; ha ricordato anche le strazianti testimonianze degli “hibakusha” (i sopravvissuti ai bombardamenti atomici), tuttavia in nessun momento ha citato gli autori del fatto.

D’altra parte, di che scandalizzarci, se persino il primo ministro del Giappone, paese considerato un protettorato Usa, Fumio Kishida, e il sindaco di Hiroshima, Kazumi Mastui, nei loro discorsi celebrativi del triste anniversario dell’attacco con le bombe nucleari contro le due città giapponesi, che provocò centinaia di migliaia di morti, non hanno fatto riferimento agli Usa quali autori del crimine. Anzi Kishida ha colto l’occasione per accusare la Federazione russa, la quale minaccerebbe i suoi nemici di colpirli con armi nucleari. Qui occorre precisare che i dirigenti russi hanno più volte dichiarato che ricorrerebbero a questo terribile strumento solo nel caso di una minaccia all’esistenza della stessa Russia e che sono gli Usa che, dal 1945 in poi, hanno portato la guerra in varie parti del mondo causando milioni di morti, di mutilati, di rifugiati.

mercoledì 16 agosto 2023

Gli ucraini non sfondano: in Occidente inizia lo scaricabarile? - Gianandrea Gaiani




Da: https://www.analisidifesa.it - Gianandrea Gaiani. Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. 

Sui fronti di Zaporizhia e Donetsk in oltre due mesi di controffensiva gli ucraini vantano di aver liberato un’area di 360 chilometri quadrati, meno dell’estensione del comune di Ferrara (402 kmq) e una superficie pari allo 0,02% del territorio ucraino controllato dai russi (nella mappa qui sotto in blu le aree conquistate dagli ucraini in due mesi di attacchi sul Fronte di Zaporoizhia).

Successi territoriali a dir poco limitati a qualche villaggio raso al suolo nella “terra di nessuno” dove peraltro i russi hanno riguadagnato posizioni contrattaccando negli ultimi giorni. Piccoli successi inficiati soprattutto dall’avanzata delle truppe di Mosca tra le regioni di Luhansk e Kharkiv, specie nel settore di Kupyansk dove le truppe di Mosca sarebbero a meno di 7 chilometri dalla città e avrebbero ammassato ampie riserve, forse per lanciare una più ampia offensiva.

Pesanti le perdite subite da Kiev. Secondo i russi i caduti tra il 4 giugno e ine luglio sarebbero tra 36mila e 42 mila a seconda delle stime oltre a 1.700 mezzi corazzati e blindati e 350 pezzi d’artiglieria distrutti, danneggiati o finiti in mani russe. La distruzione di molti mezzi non ha scoraggiato i comandi ucraini che continuano a rinnovare gli assalti sui fronti di Zaporizhia e Donetsk affidandoli soprattutto alla fanteria con conseguenze sulle perdite ben evidenziate da molti canali Telegram militari sia russi che ucraini.

La controffensiva a lungo preannunciata e poi scatenata il 4 giugno aveva l’obiettivo (più politico che militare) di strappare a ogni costo quanto più territorio ucraino alle truppe russe per continuare a ottenere il supporto militare ed finanziario dell’Occidente: impossibile infatti ritenere che l’obiettivo di riconquistare tutti i territori perduti (inclusa persino la Crimea) fosse alla portata delle forze di Kiev.

Un obiettivo che, come ha sostenuto in più occasioni il segretario generale della NATO, Lens Stoltenberg, permetterebbe agli ucraini di negoziare da una posizione più forte con i russi. Per Kiev invece nessun negoziato sarà possibile fino al completo ritiro russo anche dalla Crimea. 

Verso un cambio di narrazione

martedì 15 agosto 2023

Dite il suo nome: è la Terra (con premessa polemica) - Massimo Zucchetti

Da: https://contropiano.org - Massimo Zucchetti docente universitario, antifascista, candidato al premio Nobel nel 2015 per la fisica. 

Leggi anche: La scienza e la tecnologia secondo Fidel Castro*- Massimo Zucchetti 

C’è un mio articolo di due anni fa (11/09/2021) sul cambiamento climatico nel quale ho cercato di imitare lo stile di uno dei miei divulgatori scientifici preferiti, Carl Sagan.

Questa ondata recente di negazionismo becero, su un problema che è davvero serio, mi spinge a riproporvelo, con una “brevissima” premessa. Abbiate pazienza, seguitemi.

È ovvio a chiunque abbia non dico un minimo di cultura, ma anche solo un pizzico di sano buon senso, che un conto è il clima, un conto è il meteo. Ovvero: che quest’estate faccia più o meno caldo, non ha nessuna rilevanza sulla “dimostrazione” che i cambiamenti del clima esistano oppure no.

domenica 13 agosto 2023

Il Tempo e l'Entropia - Carlo Rovelli

Da: Fisica e Dintorni - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia.

                                                                            

sabato 5 agosto 2023

Negoziati segreti tra Russia e Stati Uniti - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 


Dietro la propaganda bellicista della NATO alcuni ex funzionari statunitensi importanti sono stati delegare dalla Casa bianca a trattare con la Russia all’oscuro di tutti.

Qualcuno giustamente diceva che per conoscere la storia occorre ricostruire le attività dei vari servizi segreti, ma purtroppo gran parte di essa non è nota al grande pubblico e viene occultata di proposito, dato che bisogna tenere a bada le non sempre prevedibili reazioni delle masse ancora più stordite dalla propaganda. Dopo la Rivoluzione del 1917, Lenin, che voleva stipulare al più presto un armistizio con la Germania e concludere la guerra, dette il via alla pubblicazione dei documenti diplomatici segreti del Ministero degli affari esteri russo. Era questo un colpo micidiale alla diplomazia segreta basata sulla ragion di Stato ai danni dei popoli, che nulla sapevano delle vere ragioni per cui erano stati mandati a morire. Era una rivoluzione nella rivoluzione, ma che ben presto fu messa da parte e non più applicata nonostante il presidente Wilson tornasse su questo principio alla fine della Prima guerra mondiale (1918).

Oltre all’attività dei servizi segreti, si snoda tutto un mondo nascosto dietro un fitto e impenetrabile sipario, cui talvolta possono giungere gli storici che studiano metodicamente gli archivi, i quali purtroppo (le ragioni sono evidenti) non sempre sono disponibili. Gli archivi contengono sia le linee storiche politiche generali sia informazioni su casi particolari ma sono anche rappresentativi delle tendenze in atto, e costituiscono il massimo strumento di controllo dello Stato.

venerdì 28 luglio 2023

"Stiamo perdendo contro la Natura" - Telmo Pievani

Da: Rinascimento Culturale -  Telmo Pievani (Dipartimento di Biologia Univ. Padova) è un filosofo, accademico ed evoluzionista italiano (https://www.telmopievani.com).

                                                                             

lunedì 17 luglio 2023

L’Ucraina ha già perso. E la Nato pure… - Francesco Dall’Aglio

https://contropiano.org - Francesco Dall'Aglio, medievista, ricercatore presso l'Istituto di Studi Storici al dipartimento di storia medievale della Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria). Esperto di est Europa e di questioni strategico-militari... 

Leggi anche: Ucraina, la controffensiva si è già impantanata - Fabio Mini


È abbastanza confortante che le cose che vado dicendo da un po’ vengano confermate da Markus Reisner, uno degli analisti miliari più preparati e obiettivi in circolazione (Reisner se lo può permettere: è colonnello dell’esercito austriaco, e l’Austria non fa parte della NATO. Niente conflitti di interesse e ordini di scuderia).

Che dice dunque oggi Reisner? La prima fase dell’offensiva ucraina può dirsi conclusa, con risultati pressoché nulli.

E questo a causa proprio del magnificato addestramento NATO, che si è rivelato del tutto inefficace nelle operazioni di attacco contro un nemico trincerato, preparato a ricevere l’assalto, e dotato di superiorità aerea e di artiglieria.

Incredibilmente, non solo le armi e l’addestramento occidentali non sono state sufficienti, ma sono state controproducenti.

Ora, dice ancora Reisner, l’esercito ucraino ha cambiato un po’ le tattiche (non lo dice esplicitamente, ma in pratica è tornato a quelle sovietiche) e lui prevede che in futuro potrà ottenere “successi limitati”, ma nessuno sfondamento del fronte.

Le ultime esternazioni di Zelensky confermano implicitamente la cosa: l’Ucraina avrebbe voluto attaccare prima che i russi preparassero le loro difese e le loro riserve, ma il materiale NATO è stato mandato tardi, e poco.

La verità è che la NATO non ha strategie di attacco contro un pari grado tecnologico in una guerra convenzionale.

Tutte le chiacchiere di un intervento diretto nel conflitto sono, appunto, chiacchiere, anche considerando che stavolta l’aviazione ci sarebbe; così come sono chiacchere tutte le scemenze biologiste sulla “superiorità” innata di qualsiasi cosa sia occidentale, tanto care ai nostri Parsi, Stirpe, Iacoboni e razzisteria assortita.

Questo è lo stato dell’arte: non puoi sconfiggere la Russia in un conflitto convenzionale, a meno di mobilitare l’intera popolazione e trasformare tutta l’economia occidentale in economia di guerra – e anche lì si deve vedere.

È stato un delirio, o deliberata disinformazione, immaginare che bastasse armare l’Ucraina per “infliggere una sconfitta strategica” alla Russia.

Intanto abbiamo distrutto una nazione, come già fatto tante volte in Medio Oriente e in Africa. In questo siamo molto bravi.

sabato 15 luglio 2023

Verso un nuovo mondo: due punti di vista - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura. 
Prenderemo nelle mani il nostro destino? - Alessandra Ciattini


Gli europeisti convinti esultano: non siamo più dipendenti dalle risorse energetiche russe. Affermazione falsa, perché come tutti sanno in forme diverse queste affluiscono ancora largamente nell’Unione europea in varie forme, tanto che il saggio Borrell ha riconosciuto che l’India, per esempio, ci invia il diesel, prodotto dal petrolio russo raffinato nel grande paese asiatico e poi etichettato come “indiano”. Il grande diplomatico ha ammesso che ciò è legale, ma immorale (?) e che bisognerà trovare il modo di farla pagare ai russi. Come resta un mistero.

Comunque, dato che il regime di autarchia è impraticabile – come scrive Vijaj Prashad (Can the European Leg of the Triad Break Free from the Atlantic Alliance? The Twenty-Fifth Newsletter, 2023)– la guerra in Ucraina e la spirale di sanzioni e controsanzioni, emanate senza posa dal cosiddetto Occidente, hanno spezzato il legame Russia-Europa, quest’ultima ora è diventata ancora più dipendente dagli Usa, i quali nel 2022 le hanno venduto a caro prezzo più della metà del loro gas liquefatto, meno efficiente e più inquinante del gas naturale russo. Naturalmente questa folle scelta accresce la capacità statunitense di fare pressione sulle loro incoscienti pedine,  minacciando di lasciarle senza il gas necessario a far funzionare la già sgangherata società europea. 

Come se tutto ciò non bastasse, la legge di riduzione dell’inflazione (2022) e quella sui Chip a la Scienza, volute dall’inconsistente Biden, prevedono centinaia di miliardi di dollari in sussidi a chi investirà negli Usa, soprattutto se questi faranno uso di energia pulita e se produrranno semiconduttori, indispensabili per la alta tecnologia. Macron ed altri hanno fatto presente che tali incentivi daranno un ulteriore impulso al processo di deindustrializzazione europeo, avviato da vari decenni. E in effetti, la nota corporazione Tesla ha deciso di costruire negli Usa la sua fabbrica di batterie, che avrebbe dovuto aver sede in Germania; la Volkswagen impianterà un’industria analoga in Canada invece che costruirla nell’Europa orientale, per ricevere gli agognati sussidi.

venerdì 14 luglio 2023

“La ragione capitalistica genera i mostri della guerra” - Frida Nacinovich intervista Emiliano Brancaccio

Da: https://www.sinistrasindacale.it - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it 

Professore di Politica economica e docente di Economia politica ed Economia internazionale all’Università del Sannio a Benevento, Emiliano Brancaccio è diventato negli ultimi vent’anni uno dei più influenti studiosi del pensiero economico cosiddetto critico, o meglio eterodosso. Lo stesso, confindustriale Sole24ore lo fotografa come un economista di “impostazione marxista, ma aperto a innovazioni ispirate dai contributi di John Maynard Keynes e Piero Sraffa”. Sulla guerra, sul conflitto armato fra Russia e Ucraina (più Occidente), in corso da un anno e mezzo, Brancaccio ha un’idea chiara: “Questo non è uno scontro di civiltà. È uno scontro fra capitalismi. È necessario esaminare le basi economiche di questi conflitti per comprenderli e per cercare di interromperli. Se non ci soffermiamo sui fattori economici, non ci capiremo niente dei venti di guerra di questo tempo”. Nel secolo del finanz-capitalismo, dominante sul pianeta da quarant’anni e passa, anche i conflitti armati devono essere letti con le lenti del pensiero economico. Altrimenti c’è il rischio di perdersi nella propaganda di un’informazione a senso unico, da entrambe le parti, o di riflessioni antropologiche incapaci di cogliere le ragioni alla base non solo di questa guerra ma delle guerre in generale. Allora ringraziamo il professor Brancaccio per avere risposto ad alcune nostre domande.


Il suo ultimo libro si intitola ‘La guerra capitalista’, scritto assieme ai colleghi Stefano Lucarelli e Raffaele Giammetti (Mimesis 2022). Può spiegarcene la genesi?

Nel dibattito prevalente sulla guerra c’è una grave lacuna: manca un’interpretazione economica dei conflitti militari. I commentatori di grido assecondano le narrazioni dei comandanti in capo, che richiamano alti valori e nobili principii per tentare di giustificare i massacri in corso. Da un lato, gli atlantisti insistono sull’esigenza di difendere la libertà dell’Ucraina aggredita. Dall’altro lato, gli avversari dell’imperialismo occidentale avallano l’interpretazione putiniana, secondo cui la guerra si è resa necessaria per tutelare la sicurezza territoriale della Russia contro l’avanzata della Nato a est. In questo tipo di spiegazioni c’è qualcosa di vero, beninteso. Ma nel complesso tali narrazioni sono essenzialmente “idealistiche”, perché non prendono in considerazione le basi economiche, “materiali”, dello scontro in atto. La conseguenza è un dibattito sulla guerra assolutamente ingenuo e fuorviante. Il nostro libro nasce dall’urgenza di rilanciare un’interpretazione più smaliziata, diciamo pure “materialista”, della guerra moderna.  

mercoledì 12 luglio 2023

ChatGPT, valore e conoscenza. Un approccio marxista - Guglielmo Carchedi

 Da: https://contropiano.org - Guglielmo Carchedi, economista presso l’Università di Amsterdam.


In un commento al post di Michael Roberts sull’intelligenza artificiale (IA) e le nuove macchine per l’apprendimento del linguaggio (LLM), l’autore e commentatore Jack Rasmus ha sollevato alcune domande, che mi sono sentito in dovere di riprendere.

Jack ha detto: “l’analisi di Marx sulle macchine e il suo punto di vista secondo cui le macchine sono un valore del lavoro condensato che viene trasferito nella merce quando si deprezza, si applicano completamente alle macchine basate su software AI che hanno la capacità crescente di auto-mantenersi e aggiornare il proprio codice senza l’intervento del lavoro umano – cioè di non deprezzarsi?“.

La mia risposta alla legittima domanda di Jack presuppone lo sviluppo di un’epistemologia marxista (una teoria della conoscenza), un’area di ricerca che è rimasta relativamente inesplorata e poco sviluppata.

A mio avviso, una delle caratteristiche principali di un approccio marxista è la distinzione tra “produzione oggettiva” (la produzione di cose oggettive) e “produzione mentale” (la produzione di conoscenza).

La cosa più importante è che la conoscenza deve essere vista come materiale, non come “immateriale”, né come un riflesso della realtà materiale. Questo ci permette di distinguere tra mezzi di produzione (MP) oggettivi e MP mentali; entrambi sono materiali.

Marx si è concentrato principalmente, ma non esclusivamente, sui primi. Ciononostante, nelle sue opere ci sono molti spunti su come dovremmo intendere la conoscenza.

sabato 8 luglio 2023

Benjamin Abelow: "Come l'Occidente ha provocato la guerra in Ucraina" - Prefazione di Luciano Canfora

 Da: https://fazieditore.it/catalogo-libri/come-loccidente-ha-provocato-la-guerra-in-ucraina 

Prefazione di Luciano Canfora

Quando, nel 1961, lo storico britannico Alan John Percival Taylor (1906-1990) pubblicò Le origini della seconda guerra mondiale1 si sprigionò una bufera mediatica. I detrattori insorsero perché Taylor aveva, tra l’altro, sostenuto e argomentato tesi che in verità oggi non inquietano più nessuno: per esempio che i vincitori del primo conflitto mondiale, con la loro miope gestione della vittoria, avevano posto alcune non secondarie premesse del successivo conflitto mondiale. Perciò al principio dell’opera figurava un capitolo intitolato “L’eredità della prima guerra mondiale”. E merita attenzione, a questo proposito, la periodizzazione proposta da ultimo da Richard Overy: una «Grande guerra imperiale, 1931-1945»2. 

Taylor, militante laburista e avversario della politica conciliante dei conservatori inglesi verso Hitler, non si lasciava intimidire dagli automatismi del “politicamente corretto”. Per esempio – a proposito di un altro scottante tema, sommerso da interpretazioni propagandistiche – argomentava lucidamente che nell’agosto 1939 l’unica strada praticabile per l’URSS – avversata dai governi occidentali, da quello tedesco e dalla Polonia – era il patto di non aggressione con la Germania: «È difficile vedere», scriveva Taylor nel capitolo conclusivo, «quale altra strada avrebbe potuto prendere la Russia sovietica»; e spiegava: «Poiché i polacchi rifiutavano l’aiuto sovietico e gli inglesi tiravano per le lunghe i negoziati a Mosca senza cercare sul serio di giungere a una conclusione, la neutralità, con o senza un atto formale, era il massimo cui la diplomazia sovietica potesse aspirare»3. 

Come si sa, il “patto” del 23 agosto 1939 fu violato dai tedeschi meno di due anni più tardi, con l’attacco alla Russia del giugno 1941. Qualcosa di analogo è successo nel caso della recente guerra NATO-Russia che si sta combattendo sul territorio dell’Ucraina. Al momento del disfacimento del patto di Varsavia (1990), l’assicurazione, non formalizzata in accordo scritto (formulata dal segretario di Stato degli Stati Uniti James Baker a Gorbačëv), da parte statunitense e a nome della NATO, era stata che la NATO non avrebbe cercato di estendersi verso est. E invece nel volgere di pochi anni tutti gli Stati euro-orientali confinanti con la Russia (i Baltici) o con la Bielorussia (la Polonia) o con l’Ucraina (la Romania) – a tacere della fomentata crisi caucasica – divennero membri della NATO. Eppure non erano mancati appelli alla saggezza come, ad esempio, la lettera di George Kennan e Robert McNamara (giugno 1997) a Bill Clinton, che additava il rischio insito nell’espansione a est della NATO. Era un nuovo, pericoloso caso di gestione miope della vittoria: ovvero della vittoria della NATO, cioè di fatto degli Stati Uniti e dei loro più o meno docili satelliti, nella lunga guerra fredda (1947-1991). È in genere l’impulso a “stravincere” che innesca nuove guerre. La lezione del dopo-trattato di Versailles (1919- 1939), così efficacemente posta in luce da Taylor, non era servita a nulla. (E nemmeno esperienze più remote, come l’errore imperdonabile di Bonaparte nel 1812, che mirava a estendere, ancora una volta a est, l’egemonia: in quel caso, dell’impero francese).

giovedì 6 luglio 2023

IL CAPITALE DI KARL MARX - Carlo Sini

Da: Dante Channel - Carlo Sini è un filosofo italiano. Laureatosi in Filosofia, dopo aver conseguito l’abilitazione inizia ad insegnare all'Università degli Studi dell'Aquila per poi ricoprire la cattedra di Filosofia teoretica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, dove ha anche svolto per un triennio la funzione di Preside di facoltà. - CarloSiniNoema

                                                                          


domenica 2 luglio 2023

Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina - JOHN J. MEARSHEIMER

Da: https://italiaeilmondo.com - Testo originale: https://mearsheimer.substack.com/p/the-darkness-ahead-where-the-ukraine?utm_source=profile&utm_medium=reader2 -Traduzione a cura di Roberto Buffagni. 

John_Mearsheimer  è un politologo americano e studioso di relazioni internazionali , che appartiene alla scuola di pensiero realista . È R. Wendell Harrison Distinguished Service Professor presso l' Università di Chicago . È stato descritto come il realista più influente della sua generazione.

Leggi anche: Ucraina, la controffensiva si è già impantanata - Fabio Mini 

La trappola di Tucidide - Andrea Muratore


Questo recentissimo articolo di John Mearsheimer, che traduciamo e pubblichiamo, raccoglie gli argomenti fondamentali degli interventi pubblici recenti e prossimi del grande studioso americano. Difficile sopravvalutarne l’importanza. In esso si ritrovano, corredati da un ampio apparato di note e documenti, gli elementi essenziali della situazione in Ucraina, e dei suoi prossimi, probabili sviluppi. Come d’uso, Mearsheimer li esprime con la massima semplicità e chiarezza, in uno sforzo di obiettività e perspicuità che gli fa onore.

Buona lettura, Roberto Buffagni. 

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Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina

JOHN J. MEARSHEIMER, 23 GIUGNO 2023 

Questo articolo esamina la probabile traiettoria futura della guerra in Ucraina.[1] 

Affronterò due questioni principali.

Primo: è possibile un accordo di pace significativo? La mia risposta è no. Siamo in una guerra in cui entrambe le parti – l’Ucraina e l’Occidente da una parte e la Russia dall’altra – si vedono come una minaccia esistenziale che deve essere sconfitta. Dati gli obiettivi massimalisti di entrambe le parti, è quasi impossibile raggiungere un trattato di pace praticabile. Inoltre, le due parti hanno divergenze inconciliabili per quanto riguarda il territorio e il rapporto dell’Ucraina con l’Occidente. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato che potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra calda. Il peggiore esito possibile è una guerra nucleare, che è improbabile ma non si può escludere. 

In secondo luogo, qual è la parte che probabilmente vincerà la guerra? La Russia alla fine vincerà la guerra, anche se non sconfiggerà in modo decisivo l’Ucraina. In altre parole, non conquisterà tutta l’Ucraina, ciò che sarebbe necessario per raggiungere tre degli obiettivi di Mosca: rovesciare il regime, smilitarizzare il Paese e tagliare i legami di sicurezza di Kiev con l’Occidente. Ma finirà per annettere un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In altre parole, la Russia otterrà una brutta vittoria.

Prima di affrontare direttamente questi temi, sono necessarie tre considerazioni preliminari. Innanzitutto, sto cercando di prevedere il futuro, cosa non facile da fare, visto che viviamo in un mondo incerto. Pertanto, non sto sostenendo di avere la verità; infatti, alcune delle mie affermazioni potrebbero essere smentite. Inoltre, non sto dicendo ciò che vorrei che accadesse. Non sto facendo il tifo per una parte o per l’altra. Sto semplicemente dicendo ciò che penso accadrà con il procedere della guerra. Infine, non sto giustificando il comportamento russo o le azioni di nessuno degli Stati coinvolti nel conflitto. Sto solo spiegando le loro azioni.

Ora passiamo alla sostanza.

sabato 24 giugno 2023

A lezione di Geopolitica con Alberto Bradanini

Da: COMITATOLIBERAZIONENAZIONALE CLN - Alberto Bradanini laureato in Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma, entra in carriera diplomatica nel 1975. Dopo aver ricoperto diversi incarichi, dal 2008 al gennaio 2013 è Ambasciatore d'Italia in Iran, e da allora al maggio 2015 Ambasciatore d'Italia in Cina. 

                                                                           

mercoledì 21 giugno 2023

Ucraina, la controffensiva si è già impantanata - Fabio Mini

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Fabio Mini è un militare e saggista italiano, già comandante NATO della missione KFOR in Kosovo dal 2002 al 2003. 


Ucraina, la controffensiva si è già impantanata 

L’AVANZATA SI LIMITA A POCHI CHILOMETRI  

Quanto potrà durare la retorica degli aiuti militari per far vincere Zelensky? Biden punta a ritrovare l’egemonia economica Usa

In genere le prime dieci ore e i primi dieci giorni sono indicativi dello sviluppo delle operazioni. Le prime ore indicano le linee di approccio facendo capire quali sono le principali e le sussidiarie; i primi dieci giorni danno l’idea degli obiettivi, della consistenza dell’attacco e delle sue potenzialità. In Ucraina, le prime ore non hanno chiarito nulla e anzi hanno sollevato molte perplessità: un attacco, o tre o cinque, su 800 chilometri di fronte non consente di capire molto sulla ratio dell’intera operazione. E anche ammesso che ciò sia voluto per sorprendere l’avversario occorre valutare il rischio che nemmeno i propri comandanti sul terreno la capiscano e siano i primi ad essere sorpresi. 

Dopo dieci giorni la situazione non è migliorata. Il New York Times cerca di rassicurare sui successi ucraini della “estenuante, ma promettente controffensiva ucraina anche se a caro prezzo”. Concordando con ciò che il Fatto sostiene da tempo, il Nyt riferisce che “dopo aver inizialmente riconquistato alcuni piccoli insediamenti e villaggi, i progressi dell’Ucraina nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia si misurano meglio in metri che in chilometri”. Inoltre, il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, e il presidente degli Stati maggiori riuniti, generale Mark Milley, hanno riconosciuto che le forze ucraine stanno incontrando una forte resistenza e subendo perdite sia in termini di vittime umane sia di carri armati e altri veicoli corazzati occidentali recentemente forniti. Queste difficoltà erano attese, hanno detto”. Intanto, sul terreno “a ogni passo in avanti, i soldati ucraini sono sempre più esposti alla potenza di fuoco russa”. Quindi sembra di capire che dopo le riconquiste delle aree distanti dal fuoco russo, l’offensiva ucraina stia procedendo a “passi” e che vada incontro al peggio. Questo accade sul terreno, dove si combatte e si muore. 

Nei luoghi dove invece si chiacchiera e si fanno affari la situazione è migliore e l’Ucraina è già vittoriosa su tutta la linea. La Nato e l’Unione europea si preparano ad accoglierla anche senza i requisiti richiesti e a prescindere dalle previste autorizzazioni dei Paesi “sovrani”. L’impegno a sostenere il “Paese aggredito senza motivo” è anche l’impegno a entrare in guerra contro la Russia e soprattutto la conferma che l’Europa è il primo obiettivo e principale teatro della guerra americana contro la Russia. Le manovre della Nato nell’Europa del Nord per quanto di routine hanno assunto valenza di mobilitazione militare per la guerra e, come si sa, la mobilitazione è già guerra. Anche la chiamata al riarmo con la mobilitazione delle produzioni industriali belliche non ha nessun carattere di deterrenza o difesa, ma tutti quelli della sfida e della provocazione. Il riarmo è la parte militare della preparazione alla guerra che tuttavia innesca e discende dalla preparazione finanziaria ed economica per un conflitto lungo e oneroso affrontabile e sostenibile soltanto con la concentrazione delle risorse materiali e umane sulla guerra. 

Guerra non fine a se stessa, ovviamente, ma preludio del grande scontro Stati Uniti-Cina. Questo vogliono gli Usa e gli europei e questo è l’impegno che l’Ucraina ha assunto nei loro confronti: fornire armi in cambio di sangue per consentire all’Occidente di non soccombere in una guerra economica, commerciale e tecnologica che minaccia il sistema occidentale soltanto perché basato sull’egemonia statunitense. L’Occidente sta infatti cercando di spostare la guerra da un campo in cui ogni giorno perde iniziativa e potenziale a un campo, quello militare, in cui i numeri relativi all’hardware sono ancora favorevoli. Ma a fronte delle chiacchiere e della propaganda, l’Occidente trova già ora molte difficoltà nel perseguire la prospettiva di una guerra lunga e potenzialmente dolorosa. E gli ucraini forse cominciano a capire che della vittoria delle chiacchiere e dei soldi beneficeranno solo pochi e comunque non saranno coloro che combattono. 

Si avvicina sempre di più il momento della verità spesso sollecitato dallo stesso presidente Zelensky: quanto sangue dei nostri figli siamo disposti a versare se e quando l’Ucraina non ce la facesse più? Quanto potrà durare la retorica degli aiuti all’Ucraina perché “essa” possa vincere? Quanto durerà ancora l’ubriacatura della guerra europea che ci costerà più di quanto non si sia disposti a spendere? Ogni giorno che passa, sul fronte orientale e nelle cancellerie occidentali appare evidente che l’Ucraina “deve” vincere per non costringerci a scegliere fra il sacrificio del nostro sangue e la vergogna dell’abbandono.

venerdì 16 giugno 2023

Dov’è il fascismo oggi? Processi di concentrazione neoliberale del potere, stato d’eccezione e ricolonizzazione del mondo - Stefano G. Azzarà

 Da: http://www.dialetticaefilosofia.it, settembre 2022 - Questo testo è stato pensato e scritto su richiesta di una rivista tedesca. Ciò spiega la presenza di alcune spiegazioni che possono essere ovvie e scontate per un lettore italiano. L’analisi sviluppata prescinde inoltre da quelli che saranno i risultati effettivi delle elezioni italiane del 25 settembre, visto che i riferimenti all’attualità più contingente sono solo un punto d’appiglio per un ragionamento più ampio. Alcuni passaggi, tuttavia, potranno essere aggiornati dopo quella data. - 

Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.

Leggi anche: Domenico Losurdo e la comune umanità tra categorie del pensiero e conflitto sociale. - Salvatore Favenza 

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà 


1. Antifascismo degradato a propaganda

Non c’è dubbio che in Fratelli d’Italia – il partito di Giorgia Meloni che tutti i sondaggi indicano come vincitore delle prossime elezioni con il 24% circa dei consensi – ci siano forti nostalgie fasciste o fascisteggianti. Diversi suoi esponenti nazionali e locali rappresentano già per la loro biografia la continuità con il MSI, la formazione che dopo la nascita della Repubblica italiana, aveva raccolto gli eredi del fascismo sconfitto e che è stato a lungo guidato da Giorgio Almirante (un funzionario della Repubblica di Salò che nel contesto della Guerra Fredda seppe subito riposizionarsi in chiave filoamericana e anti-PCI). E la stessa Meloni è stata dirigente del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del MSI incline a un impegno “sociale” e “movimentista” e attiva nelle scuole e nelle Università; un’organizzazione il cui nome venne cambiato in Azione Giovani dopo che quel partito era stato a sua volta ridenominato come Alleanza Nazionale da Gianfranco Fini, allo scopo di essere ammesso al governo, e della quale la Meloni divenne a quel punto leader. Tra l’altro, se Alleanza Nazionale si presentava nel 1994 come un’operazione di fuoriuscita della destra italiana dall’orizzonte della nostalgia e di apertura a un’impostazione dichiaratamente liberalconservatrice, Fratelli d’Italia – che nasce nel 2012 proprio dal fallimento di quell’operazione – ha certamente rappresentato ai suoi esordi un ritorno verso un orizzonte più chiuso. Dobbiamo poi notare un’inquietante ricorrenza storica: il partito che sin dal simbolo si richiama all’eredità del fascismo (la fiamma tricolore che si innalza dalla bara stilizzata del Duce) potrebbe andare al potere esattamente 100 anni dopo la Marcia su Roma di Mussolini. Possiamo già immaginare la soddisfazione e il sentimento di vendetta di quel ceto politico e dei militanti più accesi di quel partito. E possiamo prevedere anche l’operazione di revisionismo storico e di ulteriore normalizzazione o riabilitazione del fascismo alla quale questa infausta coincidenza darà avvio nel dibattito pubblico.

martedì 6 giugno 2023

Catilina, una rivoluzione mancata - Luciano Canfora

Da: Literature for Aliens - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast)



                                                                                      

giovedì 1 giugno 2023

Caso Wikileaks: quando l’ingiustizia silenzia la voce - Giulia Calvani

 Da: https://www.ultimavoce.it - Giulia Calvani 

Leggi anche: Stefania Maurizi, "IL POTERE SEGRETO" 



Dove non c’è libertà di stampa, non può esserci legalità. Se oggi conosciamo crimini e abusi di autorità e governi, è grazie a coraggiosi giornalisti che li hanno denunciati. Tra questi, Julian Assange. 

Le origini del caso Wikileaks

È il 4 ottobre del 2006 quando, dalla mente del giornalista australiano Julian Assange, nasce Wikileaks.
Grazie all’azione di whistleblowers e informatori, e a una profonda conoscenza della Rete, l’organizzazione è in grado di pubblicare documenti compromettenti in sicurezza.
Negli anni porta alla luce crimini di guerra, torture, corruzione di imprese e governi.

Non andiamo contro un Paese in particolare, non andiamo contro un particolare gruppo. Pubblichiamo materiale che abbia un impatto significativo.
Noi vogliamo dare alla gente una scelta.
Se si hanno le informazioni, si può capire come funziona il mondo

La missione di Wikileaks è far emergere l’importanza della libertà di stampa come base per una società corretta e democratica.
Ma questa battaglia non sarebbe stata semplice.

Mi inseguiranno fino ai confini della Terra. Renderanno la mia vita un inferno, ma è mio obbligo assicurarmi che il pubblico veda queste informazioni

Crimini di guerra in Iraq