sabato 22 ottobre 2022

L'Olocausto "dimenticato" di Salonicco - Alberto Negri

Da Bazar Mediterraneo - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021) 

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Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri

Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri


Gli ebrei erano quasi la metà della popolazione di Salonicco: dai campi di sterminio ne tornarono poche centinaia e altri scamparono con carte di identità rilasciate dal console italiano. 

La fine di ogni illusione a Salonicco avvenne di colpo, in un calda giornata d’estate. Fu uno shock quando, senza alcun preavviso, l’8 luglio 1942 il comandante della Wermacht ordinò a tutti i maschi ebrei tra i 18 e i 45 anni di venirsi a registrare. “Chiunque appartenga alla razza ebraica è considerato ebreo, indipendentemente dalla religione che professa oggi”. In piazza Eleftheria, piazza della Libertà, vennero radunati tutti gli uomini ebrei della città per portarli nei campi di lavoro forzato. Quello che colpì gli osservatori furono le umiliazioni e le sevizie imposte pubblicamente agli ebrei. 

Una crudeltà che aveva impressionato il console italiano Guelfo Zamboni: “Finora _ scriveva nei suoi rapporti a Roma _ non erano stati emanati chiari ordini antisemiti. Adesso all’improvviso, dopo alcuni segnali premonitori passati quasi inosservati, la questione è stata sollevata in tutta la sua pienezza”. Zamboni non riuscì a evitare la tragedia, però fece quanto si poteva per salvare gli ebrei italiani. Riuscì anche a estendere la cittadinanza italiana provvisoria a 280 ebrei greci. I certificati di nazionalità italiana, con l'aggiunta a mano “provvisorio”, furono concessi a persone che non conoscevano una parola di italiano, ricorrendo allo stratagemma dei lontani parenti. Il loro numero si accrebbe fino a toccare le 350 unità. Zamboni li salvò dalla deportazione. Lasciò Salonicco il 18 giugno 1943 per tornare a Roma. La protezione degli ebrei venne proseguita dal successore Giuseppe Castruccio che organizzò il “treno della salvezza”, il convoglio che trasportò gli ebrei con passaporto italiano ad Atene, situata nella zona d’occupazione italiana. Zamboni rimase un perfetto sconosciuto in patria fino alla soglia dei 95 anni (nel 1992), quando concesse la prima intervista dopo una lettera inviatagli dall'istituto ebraico Yad Vashem. 

Sephiha, capo negli anni Novanta della residua comunità ebraica di Salonicco, mi accolse parlando il judezmo, la lingua ladina conservata per secoli degli ebrei sefarditi della città e mi confermò tutto: “Ecco vede _ disse estraendo un documento dal portafoglio _ questa è la carta di identità italiana che mi ha consentito di fuggire da qui durante i rastrellamenti nazisti”. Sephiha la portava sempre con sé, come un salvacondotto irrinunciabile. Il console italiano continuava a vivere nella memoria degli ebrei sopravvissuti. 

Le proprietà degli ebrei cominciarono a essere espropriate, accompagnate da una campagna di propaganda di agenti collaborazionisti greci e poco tempo dopo, su richiesta della stessa municipalità di Salonicco, cominciò anche la distruzione del cimitero ebraico con 500 operai che distrussero migliaia di tombe, alcune delle quali risalenti al 15° secolo: il cimitero era assai vasto, 35 ettari, e ospitava centinaia di migliaia di tombe. Dopo qualche settimana di sbancamenti la necropoli sembrava fosse stata bombardata o colpita da un’eruzione vulcanica. Dopo la guerra le autorità greche decisero che quella zona era stata definitivamente espropriata e oggi vi sorge il campus dell’università Aristotele. 

Stava cominciando la soluzione finale anche per gli ebrei di Salonicco. Gli italiani se ne accorsero e informarono gli ebrei con cittadinanza italiana che sarebbero stati protetti se fossero state introdotte le politiche razziali tedesche. Le SS protestarono con Roma mentre Adolf Eichmann, responsabile della logistica, mordeva il freno e nel gennaio 1943 inviò due esperti aguzzini tra cui il suo braccio destro Alois Brunner e Dieter Wisliceny per avviare le deportazioni e mandare gli ebrei nelle camere a gas. La faccenda doveva risolversi in due tre-mesi, questo era l’ordine del “contabile” di Hitler che finì poi impiccato in Israele mentre Wisliceny venne giustiziato in Cecoslovacchia nel 1948. Brunner invece camperà a lungo e, come vedremo, la sua sorte sarà assai diversa e per certi versi sorprendente. 

Brunner e Dieter Wisliceny arrivarono il 6 febbraio 1943 e fecero applicare le leggi di Norimberga in tutto il loro rigore, imponendo l'uso della stella gialla e restringendo drasticamente la libertà di circolazione degli ebrei. Questi furono radunati alla fine di febbraio 1943 in tre ghetti, poi trasferiti in un campo di transito nel quartiere del barone Hirsch in prossimità della stazione, dove li attendevano i treni della morte. Per facilitare l’operazione i nazisti si appoggiarono sul rabbino Zwi Koretz (che morì tre mesi dopo la liberazione dei russi di Bergen-Belsen), che pretendeva la totale obbedienza agli ordini dei nazisti, e su una polizia ebraica diretta da Vital Hasson che percorreva a cavallo mulinando il frustino i quartieri ebraici abbandonandosi al saccheggio e ad atti di inaudita violenza contro il resto della comunità. 

Il primo convoglio partì il 15 marzo. Ogni treno trasportava da 1000 a 4000 ebrei, attraversando tutta l’Europa centrale principalmente verso Birkenau, un convoglio partì per Treblinka ed è possibile che siano avvenute deportazioni verso Sobibor, poiché vi si ritrovarono alcuni ebrei di Salonicco. La popolazione ebrea di Salonicco era talmente numerosa che la deportazione si protrasse per alcuni mesi fino al 7 agosto. 

54000 sefarditi di Salonicco furono spediti nei campi sterminio. Circa il 98% della popolazione ebraica della città fu eliminata durante la guerra. 

giovedì 20 ottobre 2022

Wang Yi all’Onu: "La Cina ha scelto pace e sviluppo, non saccheggio e colonialismo" - Fabio Massimo Parenti

Da: https://www.lantidiplomatico.it -Fabio Massimo Parenti/, Professore associato in Geografia, laureato in Geografia all’Università la “Sapienza”. Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia, Associate Profess or of International Studies alla China Foreign Affairs University, Beijing https://youtu.be/trADw9WpbuA

Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Leggi anche: L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini 

Modernizzazione e popolazione cinese https://italian.cri.cn/2022/10/14/ARTIFP90XAn1ailjn58xEKxr221014.shtml?


L'ultima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è giunta nel bel mezzo di una fase estremamente critica della politica internazionale. La guerra in Ucraina, con il rischio, paventato da più parti, di un'irreversibile escalation, sta chiaramente monopolizzando l'attenzione del pianeta. Nell'aspro confronto, sempre meno a distanza, tra Washington e Mosca, l'Ucraina assomiglia ogni giorno di più ad un vasto campo di battaglia dove si sta decidendo una parte importante degli equilibri globali del prossimo futuro.

Gli attori giocano ormai a carte scoperte, avendo dichiarato i propri intenti. Da un lato, la Russia, che, sentitasi minacciata lungo i propri confini, ha deciso di intervenire prima che il Donbass e le altre aree russofone del Paese fossero prese d'assalto dai battaglioni nazionalisti ucraini, ormai decisi a chiudere la questione con una vasta e massiccia operazione militare. Dall'altro, gli Stati Uniti che, dopo otto anni di forti pressioni ed interferenze nella politica strategica e militare di Kiev, cercano di danneggiare quanto più possibile le forze armate russe per costringerle al ritiro e favorire un regime-change al Cremlino.

In questo quadro, la Cina è tutt'altro che semplice parte terza, come più di qualche osservatore ha sostenuto negli ultimi otto mesi. Sin dalle primissime settimane di conflitto, Pechino ha ribadito alcuni dei principi fondamentali della sua dottrina di politica estera. Se da un lato il Ministero degli Esteri cinese ha sempre sottolineato l'importanza di rispettare la sovranità e l'integrità territoriale di ogni singolo Stato, rimarcando il tradizionale approccio cinese alla non-ingerenza e non-aggressione, dall'altro ha richiamato il principio di indivisibilità della sicurezza, secondo cui quest'ultima è un bene comune condiviso che nessuno può aumentare a discapito di altri, invitando in particolare i governi della NATO a tenere nella dovuta considerazione le garanzie richieste in questo senso dalla Russia negli ultimi anni di fronte all'ipotesi di ingresso nell'Alleanza Atlantica non solo dell'Ucraina ma anche della Georgia.

sabato 15 ottobre 2022

Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra - Joseph Halevi

 Da: https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/index - https://www.sinistrainrete.info - 

Joseph Halevi, Universita' di Sydney in Australia da cui si e' pensionato nel 2016. Dal 2009 insegna economia nel programma Master di giurisprudenza presso l' International University College a Torino. 

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Questa breve nota di riflessione cerca di cogliere le possibili conseguenze del conflitto russo-ucraino sulle prospettive di sviluppo di lungo periodo dello spazio economico che abbiamo definito blocco tedesco. Dopo un excursus storico che ne descrive la formazione, vengono esaminate le caratteristiche dei paesi che lo compongono, osservando che le forze dinamiche che lo caratterizzano si proiettano particolarmente verso la Cina, con un ruolo cruciale della Russia.




In questa breve nota di riflessione tratterò alcuni aspetti dell’economia tedesca nell’ambito europeo, cercando di cogliere le possibili implicazioni delle rotture causate dal conflitto russo-ucraino sulle prospettive di lungo periodo che si andavano delineando nell’ambito di detta economia e della zona con cui è direttamente connessa.

A tal fine verrà descritto uno spazio economico che chiameremo blocco tedesco, termine privo di qualsiasi connotazione politica, utilizzato solo per definire un livello di rapporti settoriali e di scambio molto più interconnessi della semplice egemonia economica.

La nota inizia con un excursus storico il cui obiettivo consiste nel definire il passaggio dall’egemonia della Germania in Europa alla formazione di un gruppo di paesi ad essa strettamente connessi.

In tale quadro verranno esaminate le caratteristiche di alcuni stati dell’Europa orientale. Verrà poi osservato che le forze dinamiche del blocco tedesco si proiettano particolarmente verso la Cina, ma che tale proiezione non può essere mantenuta senza il coinvolgimento della Russia. In tal caso si renderebbe possibile una crescita europea trainata dalle esportazioni nella maniera concepita da Nicholas Kaldor.

Dopo aver sottolineato che recenti studi effettuati in Germania mostrano piena consapevolezza del problema, la nota si conclude con una visione piuttosto pessimista a causa della guerra russo-ucraina.

giovedì 13 ottobre 2022

L’eradicazione della povertà estrema in Cina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it/ - (pubblicato il 23 settembre sul quotidiano cinese “Guangming”) - 

Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura

Leggi anche: Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Economia socialista e mercato in Cina - Vladimiro Giacché


Molto si parla dell’eradicazione della povertà estrema in Cina, ma come è stato concretamente possibile?

Da decenni si è sviluppato un denso dibattito sulla natura socialista o ibrida della società cinese di cui ovviamente non si può dar conto brevemente in questa sede. Mi limiterò a ricordare che per gli studiosi cinesi essa si trova attualmente “nella fase primaria del socialismo”, nella quale lo Stato dà impulso a un’educazione patriottica, collettivista, internazionalista e comunista (articolo 24 della Costituzione del 1982) di tutta la popolazione. Inoltre, secondo lo studioso Zhang Boying, importante esponente del marxismo cinese, il comunismo è il risultato di un processo molto lungo, che può anche subire regressioni, ma che resta “un ideale che l’umanità persegue” ancora oggi (Il Socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona?, 2014: 66).

Meno discussioni e divergenze si sono registrate a proposito dell’eradicazione della povertà estrema nel grande Paese asiatico. Infatti, nell’ottobre del 2021 il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterrez, ha lodato la Cina per il processo di avanzamento nell’eradicazione della povertà ed ha invitato la comunità internazionale a fare fronte comune per risolvere ed affrontare i problemi del nostro tempo, in primis la pandemia. Guterres ha ringraziato la Cina per il ruolo da lei giocato nel delineare e nell’implementare gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, rimarcando inoltre che il Paese asiatico si distingue per l’impegno messo nell’emancipare gli esseri umani da tutte le forme di povertà; fenomeno che costituisce una delle prime missioni del mondo attuale.

Questa affermazione è del tutto condivisibile se, per esempio, prendiamo in considerazione le parole con cui David Harvey, grande marxista britannico, descrive l’imposizione al mondo del cosiddetto neoliberalismo come il risultato della restaurazione del potere di classe ai danni dei lavoratori, che nei Trenta anni gloriosi avevano conquistato molti diritti e migliorato le loro condizioni di vita. Per combattere l’inflazione, la stagnazione dei tassi di profitto, alla fine degli anni Sessanta le élite globali sono intervenute sul costo del lavoro, abbassando i salari, aumentando lo sfruttamento, combattendo le organizzazioni sindacali, precarizzando i lavoratori (Breve storia del neoliberalismo, il Saggiatore, Milano 2007). Ovviamente, dopo la rottura del patto tra lavoro e capitale realizzato nel secondo dopoguerra, evidente per esempio nella Costituzione italiana del 1948, questa svolta ha fatto crescere a dismisura le disuguaglianze e la povertà sia nei Paesi a capitalismo avanzato, secondo Fidel Castro sotto-sviluppanti, sia in quelli sottosviluppati. 

martedì 11 ottobre 2022

LA SVOLTA ANTICOLONIALISTA DI PUTIN - Leonardo Masella

Da: https://www.facebook.com/leonardo.masella1 - Leonardo Masella, già della Redazione Nazionale di “Interstampa” e già della Direzione Nazionale del PRC.


Qui il video del discorso di Putin del 30 settembre per la celebrazione del riconoscimento dell’esito dei referendum delle regioni del Donabass. - https://www.youtube.com/watch?v=vh1psIZLfvE


Lo storico ed economista Hosea Jaffe denunciava nel 2008 in un famoso saggio (“Abbandonare l’imperialismo ?”), il più grande «abbandono» della storia dell’umanità, il «terzo mondo» abbandonato dall’imperialismo del «primo mondo», ma anche dal marxismo occidentale. Quest’ultimo, avendo amputato il capitalismo del suo carattere imperialistico, meritava l’appellativo di «eurocentrico e americanocentrico» e convinceva Jaffe a guardare alla Cina, il paese che ha realizzato la più grande rivoluzione anticoloniale della storia, e alla sua economia «anti-imperialista in sé e nei suoi effetti» quali possibili sostegni di una storia rivoluzionaria alternativa dei paesi anti-imperialisti. 

In Italia lo studioso italiano che ha analizzato e ben sistematizzato questa divaricazione fra marxismo occidentale e marxismo mondiale antimperialista è stato Domenico Losurdo in un libro del 2017 (Il Marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere). Losurdo risale alla rimozione da parte del marxismo occidentale della questione coloniale. Nella sua ricostruzione il divario si manifesta allorquando la Rivoluzione d’Ottobre, proiettando il marxismo in una dimensione mondiale, stimola le rivoluzioni anticolonialiste, le lotte di liberazione dei popoli oppressi dal dominio politico, economico, sociale delle potenze coloniali, assumendole come parte integrante delle lotte per l’emancipazione della classe operaia e per il rovesciamento del capitalismo. 

domenica 9 ottobre 2022

L’inveterata abitudine delle potenze imperialiste di farsi “garanti” di ciò che sono pronte a distruggere - Hassan Hamadé

Da: https://www.voltairenet.org -Traduzione Rachele Marmetti - Hassan Hamadé Pensatore e polemista libanese, membro del Consiglio Nazionale dell’audiovisivo del Libano. 

Leggi anche: Finalmente un ipocrita riconosce di essere tale - Alessandra Ciattini

Da senatore degli Stati Uniti, Joe Biden tentò d’imporre un piano per dividere l’Iraq in tre Stati. Da vicepresidente sovrintese agli Accordi di Minsk in Ucraina. Da presidente sta portando a termine la distruzione dell’Iraq, diventato ingovernabile, e dell’Ucraina, trasformata in campo di battaglia.

Con il Memorandum di Budapest del 1994, Londra, Washington e Mosca si fecero garanti del futuro dell’Ucraina. Con gli Accordi di Minsk del 2015, Berlino, Parigi e Mosca si fecero garanti della pace civile in Ucraina.
Oggi Kiev accusa Mosca di tradimento, ma i fatti dimostrano il contrario.
Sono stati Regno Unito e Stati Uniti che, riprendendo vecchie abitudini imperialiste, hanno organizzato l’attuale conflitto, allo scopo di far precipitare non solo la Russia, ma anche la Germania, in uno scontro devastante.


Hassan Hamadé ritorna sulle garanzie che le potenze imperialiste offrirono a Paesi come Libano, Iraq e Cipro, con il pretesto di preservarne gli interessi, in realtà per distruggerli. 
    «Guai a chi si crede ricco contando sulle promesse di persone che considera amiche».

Questo proverbio arabo millenario calza a pennello all’odierna situazione dell’Ucraina e alla precedente di Grecia e Cipro. 
Destinato dagli Stati Uniti già nel 2014 a provocare la Russia fino a trascinarla in una guerra d’usura, il governo Zelensky, guidato dai “neonazisti”, si è impegnato ad eseguire alla lettera la missione, senza riflettere seriamente nemmeno sulle conseguenze che questa rischiosa impresa avrà sull’Ucraina e sulla propria sopravvivenza. 

venerdì 7 ottobre 2022

"Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros

Da: Visione TV - 
Giorgio-Bianchi è un fotoreporter che ha girato il mondo, documentando con il suo lavoro storie da Siria, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India e tutta l'Europa, compresa l’Ucraina, che segue fin dal 2013. https://www.facebook.com/giorgio.bianchi.photojournalist - 
Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7


                                                                           

martedì 4 ottobre 2022

Finalmente un ipocrita riconosce di essere tale - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura


Apprendiamo che l’Unione Europea nella politica internazionale usa il doppio standard e, nonostante i retorici richiami ai diritti universali, non se ne vergogna. 


Si tratta di una notizia cui i media italiani non hanno dato risalto: Josep Borrell, il capo della politica estera dell’Unione Europea, in un’intervista a “El Pais” lo scorso 13 agosto ha dichiarato (parole sue): “Spesso siamo criticati perché utilizziamo il doppio criterio. Ma nella politica internazionale è necessario utilizzarlo in grande misura. Non usiamo gli stessi standard per tutti i problemi”.

Argomento centrale dell’intervista consisteva in questa domanda: perché l’Ue appoggia con tutti i mezzi l’Ucraina e si disinteressa completamente della Palestina occupata dagli israeliani, i cui abitanti sono quotidianamente vessati e massacrati?

Ricordo uno degli ultimi episodi del massacro: il 15 di settembre in uno scontro con l’esercito israeliano è stato assassinato con un colpo alla testa un giovane palestinese di 17 anni nella zona settentrionale della Cisgiordania occupata e teatro di forti tensioni negli ultimi mesi. Il ministero palestinese degli affari esteri ha condannato con forza il crimine commesso dalle forze di occupazione, dichiarando che è stata una vera e propria esecuzione. Dallo scorso marzo, dopo vari attentati, l’esercito israeliano ha incrementato le sue operazioni nella Cisgiordania settentrionale, occupata dal 1967, provocando scontri anche mortali con la popolazione locale. Solo nella settimana passata ci sono stati sei morti.

Sorprendentemente Borrell ha anche suggerito che la mancata soluzione del conflitto mediorientale (così lo ha definito) ricade sugli Usa, infatti, a suo parere, sarebbe necessario un impegno molto forte della superpotenza sulla questione; purtroppo, attualmente sembra che non ci sia un percorso da seguire per por fine a questa situazione drammatica che si perpetua da decenni.

giovedì 29 settembre 2022

La guerra del gas è l’antefatto del conflitto ucraìno - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq.

 Leggi anche: La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri 

Le pipeline in Siria e Iraq: il vero motivo strategico della guerra* - Alberto Negri

Vedi anche: GLI USA ERANO OSSESSIONATI DAL NORTH STREAM 2: ADESSO ...È STATO DISTRUTTO! https://www.facebook.com/gianluca.marlettaII/videos/3190784584515607


ALTA TENSIONE. 
Usa e Russia si accusano di avere fatto saltare le pipeline NordStream 1 e 2. 
C’è un’unica certezza: il cordone ombelicale che legava Mosca all’Europa sul gas ora è un relitto


Sotto l’acqua ribollente di metano nel Baltico c’è uno dei motivi dell’escalation della guerra mossa da Putin all’Ucraina e ora al punto di non ritorno. Gli Usa e la Russia si accusano, più o meno a vicenda. 

L’accusa reciproca è di avere fatto saltare le due pipeline del Nord Stream 1 e 2 che collegano la Russia alla Germania. In realtà i due gasdotti (dei quali il secondo non è mai entrato in funzione) erano già da tempo al centro del conflitto. 

C’è un’unica certezza. Sia a Est che a Ovest sanno che niente sarà più come prima: ovvero il cordone ombelicale che legava la Russia all’Europa sul gas è spezzato e ora galleggia in alto mare, forse destinato ad affondare per sempre nella ruggine del tempo, tra i flutti, come un relitto. 

UN ADDIO ANNUNCIATO. 
Il 7 febbraio scorso, poco più di due settimane prima dell’invasione dell’Ucraina, il presidente Biden aveva affermato, in presenza del cancelliere Olaf Scholz in visita nella capitale Usa, che la politica energetica tedesca non veniva più decisa a Berlino ma a Washington: «Se la Russia – disse – dovesse invadere, cioè se carri armati e truppe attraverseranno di nuovo il confine dell’Ucraina, il Nord Stream 2 non esisterebbe più. Vi metteremo fine». Immaginate come avrebbe reagito la Casa Bianca se la Germania avesse minacciato di “mettere fine a una grande pipeline americana in caso di invasione dell’Iraq». 

Il caso Nord Stream 2 è emblematico di come confliggevano gli interessi americani ed europei. Non si trattava soltanto di una questione economica ma strategica. Voluto fortemente dalla ex cancelliera Angela Merkel, il Nord Stream era la vera leva politica ed economica che tratteneva Putin da azioni dissennate come la guerra in Ucraina (c’era ancota l’accordo di Minsk 2). Molti non lo avevano capito perché attribuivano al gas russo una valenza soltanto economica: aveva invece un enorme valore politico per tenere agganciata Mosca all’Europa. 

IL NORD STREAM 2 era stato completato il 6 settembre 2021 per trasportare il gas naturale dai giacimenti russi alla costa tedesca, si estende per 1230 km sotto il Mar Baltico ed è il più lungo gasdotto del mondo. Era stato ideato per potenziare il gas già fornito dalla Russia all’Europa raddoppiando il tracciato del Nord Stream 1 che corre parallelo al nuovo progetto. L’infrastruttura costata 11 miliardi di dollari è di proprietà della russa Gazprom. La società possiede anche il 51% del gasdotto originale Nord Stream. 

PERCHÉ PER MOSCA aveva un valore strategico? Prima della costruzione dei due gasdotti Nord Stream, il gas russo passava via terra, attraverso i territori di Ucraina e Bielorussia. Una volta in funzione il Nord Stream 2 avrebbe consentito a Mosca di trasportare verso la Germania ulteriori 55 miliardi in metri cubi di gas naturale all’anno. 

Il progetto Nord Stream nasce nel 1997, quando la situazione geopolitica di quel periodo già prevedeva che il gasdotto non attraversasse né i paesi baltici né Polonia, Bielorussia e Ucraina. Nazioni escluse da eventuali diritti di transito e che non avrebbero potuto intervenire sul percorso per sospendere la fornitura di gas all’Europa e mettere sotto pressione negoziale la Russia. La posa della prima conduttura Nord Stream venne completata il 4 maggio 2011 e il 6 settembre dello stesso anno entrava in funzione, inaugurato l’8 novembre dello stesso anno dall’allora presidente russo Medvedev, dal primo ministro francese Fillon e dalla cancelliera Angela Merkel. Viene poi costruita una seconda linea del gasdotto Nord Stream che entra in funzione nell’ottobre 2012. E poco dopo si comincia a passare a un ulteriore potenziamento: nasce così il progetto di Nord Stream 2. 

USCITA DI SCENA Angela Merkel, gli Usa hanno avuto campo libero. La guardiana di Putin e del gas non c’era più e gli americani hanno capito che il presidente russo era diventato più pericoloso ma anche più vulnerabile. Per due mesi gli Usa hanno avvertito dell’invasione dell’Ucraina perché sapevano che contestando, come hanno fatto, il Nord Stream 2 si apriva una falla. I gasdotti avevano legato Mosca all’Unione all’europea, la dipendenza dava a Putin un senso di sicurezza, lo strumento per condizionare gli europei e renderli più docili e interessati alle sorti della Russia. 

QUANDO MOSCA ha capito che con Scholz il Nord Stream 2 non sarebbe stato al sicuro ha cominciato le minacce all’Ucraina, che in precedenza russi e tedeschi avevano pagato perché non protestasse troppo per la realizzazione del gasdotto, assai temuto dalla Polonia in quanto visto come uno strumento di espansione dell’influenza Putin. Gli americani per altro avevano già messo alle corde anche Merkel, obbligandola ad acquistare quantitativi di gas liquido americano di cui Berlino, allora, non aveva alcun bisogno. E che ora il segretario di stato Usa Blinken ci offre «per passare l’inverno» e che saremo costretti a pagare caro, posto che i produttori americani ne abbiano abbastanza da venderci. 

L’Unione europea ha commesso due errori. Il primo ridurre frettolosamente la dipendenza dal gas russo (45%) senza avere soluzioni alternative. L’Algeria di gas, da venderci, oltre a quello che già scorre nel Transmed, ne ha poco, meno ancora la Libia destabilizzata, cui ci lega il Greenstream di Gela. 

Il secondo errore è stato mettere in crisi economie e governi, per cui sarà più difficile assegnare eventuali risorse all’Ucraina. Come si capisce bene in questa guerra, partita anche dal gas, a perderci saremo in molti. 

domenica 25 settembre 2022

Porcile - Pier Paolo Pasolini (1969)

Da: Gregorio: cabaret dell'800 - Pier Paolo Pasolini è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano.

Vedi anche: Accattone - Pier Paolo Pasolini
Uccellacci e uccellini (1966) - Pier Paolo Pasolini 

Colpisce vedere oggi “Porcile” di Pasolini. Il film è una critica tanto estrema e feroce quanto poeticamente disperata al sistema capitalistico contemporaneo, rappresentato non come una formazione sociale storicamente determinata con i suoi conflitti e le sue contraddizioni ma come una società totalmente dominata dalla logica economica disumana e disumanizzante del mercato e della grande industria monopolistica. 

Perciò attraverso la storia di un conflitto tra padre e figlio, ambientata in una famiglia della grande borghesia industriale tedesca nella Germania occidentale già segnata dai moti giovanili “anti-sistema” del ’68, Pasolini ci suggerisce che il nazismo ha rappresentato in quel paese e quindi nella civiltà europea una forma storicamente determinata ma anche particolarmente tipica ed esemplare della logica del dominio capitalistico in quanto tale: la metafora terribile e violentemente sarcastica del “porcile” allude sia alla disumanità degli esponenti di questo dominio, i grandi capitalisti monopolisti, “maiali” sempre affamati di profitto sia ai processi di “de-umanizzazione” cui sono di fatto sottoposti le loro vittime, sia come produttori che come consumatori dell’industria di massa capitalistica. I “maiali” sono quindi i capitalisti ma anche gli ebrei trattati come tali dalla borghesia tedesca nazista, dal suo sistema sfruttati e insieme cannibalizzati. 

La continuità del nazismo, ben oltre la sua fine storica, sta per Pasolini dentro la logica totalitaria dell’universo capitalistico, in grado perciò di rendere vana ed ineffettuale e disperata qualunque ribellione ad essa che non sia quella irrazionale della disperazione poetica e della pura testimonianza. 

La ribellione dell’intellettuale borghese figlio del grande industriale tedesco si consuma nella pura distruzione di sé in una forma necessariamente infima ed immonda, dandosi in pasto ai maiali di un allevamento. Ma proprio a questo esito tanto estremo quanto, nell’ottica di Pasolini, coerente e lineare della civiltà borghese europea, alla sua precipitazione storica in una nuova “barbarie” segnata dalla de-umanizzazione e animalizzazione dell’umano, Pasolini  accosta e insieme contrappone nell’altra storia raccontata nel film, forse ambientata nel ‘500, su un territorio vulcanico, totalmente arido e desolato, una barbarie ancora al di qua della storia, o appena al suo inizio. La ribellione di un giovane parricida che un po’ come Adamo vaga solitario per le falde dell’Etna, diventato cannibale dopo aver mangiato un serpente potrà culminare con la sua sua condanna a morte nella forma barbara e sacrale di un libero “sacrificio”, prima di essere anche lui divorato dai cani. Di qua o oltre la civiltà e la storia, la natura come ha saputo grandiosamente dirci Leopardi sulle falde del Vesuvio, è pur sempre creazione e distruzione, cambiamento che si curva sempre eternamente in circolo, ripetizione ciclica di se e della sua immane potenza. Ma qui Pasolini allude ad un altro circolo, quello tra mito e storia, tra barbarie e civiltà, tra natura e seconda natura. L’inizio della civiltà moderna, evocato dall’uso delle armi da fuoco da parte del giovane ribelle, e suo culmine e fine nella barbarie del nazismo come sua verità permanente si richiamano a vicenda e insieme si contrappongono. Ma ciò non toglie che Il sacrificio vero del giovane cannibale sia solo il riflesso apparente, il sogno mitico e disperato di quello solo apparente dell’intellettuale borghese. 


                                                                              

venerdì 23 settembre 2022

Karl Marx: umanismo e materialismo - Caterina Genna

 Da: materialismo storico - Caterina Genna  insegna Storia della Filosofia presso l'Università degli Studi di Palermo; afferisce al Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, dove ricopre gli insegnamenti di Storia della filosofia contemporanea e di Storia della filosofia italiana contemporanea.

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Ad inizio del XXI secolo, consolidatasi la crisi delle ideologie, la memoria storica induce a ripensare alle opere di alcuni autori, che hanno caratterizzato il pensiero occidentale contemporaneo. Tra gli autori che di tanto in tanto tornano di moda, oppure sono ricordati con nostalgica memoria, trova posto Karl Marx, troppo spesso legato alle vicende storiche del XX secolo, dalla rivoluzione d’ottobre del 1917 al processo di destalinizzazione avviato in URSS con lo svolgimento del XX congresso del PCUS nel 1956; nonché dall’esplosione del movimento giovanile del 1968 alla caduta del muro di Berlino nel 1989. L’autore de Il capitale, nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di studio e di continue reinterpretazioni alla luce della riscoperta o della pubblicazione postuma di non poche opere giovanili1. Sempre nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di facili entusiasmi, sia in Europa orientale che in Europa occidentale; con la riscoperta di alcuni scritti giovanili, per un verso (in Europa occidentale), è stato osannato per avere posto al centro della sua produzione il cosiddetto problema della persona umana nell’ampio contesto della Sinistra hegeliana2; per un altro verso (in Europa orientale), è stato assunto a simbolo di un sistema politico che riteneva di potere cambiare il mondo3. Venuto meno il sistema politico del socialismo reale, l’opera di Karl Marx costituisce a pieno titolo una delle componenti più interessanti della storia della cultura contemporanea, se si presta la dovuta attenzione, oltre che agli scritti del Marx giovane, a quelli del Marx giovanissimo solitamente trascurati. Se ci si sofferma sui contenuti delle opere dedicate all’economia politica, si può riscontrare che il problema della persona umana continua a costituire il tema centrale del materialismo storico e dialettico, già posto ed elaborato nelle opere giovanili sul piano antropologico e sociologico.

Tuttavia, oltre che sulle opere del giovane Marx, è opportuno soffermarsi sulle opere del giovanissimo Marx, che dal conseguimento della licenza liceale a Treviri e dagli studi in giurisprudenza (compiuti nelle Università di Bonn e di Berlino) giunge al conseguimento della laurea in filosofia nell’Università di Jena, con una tesi incentrata sulla filosofia della natura di Democrito e di Epicuro (ossia sulla filosofia greca che transita dal periodo ellenico a quello ellenistico).

mercoledì 21 settembre 2022

Sequenza e classi: una risposta ai critici della teoria del circuito monetario - Marco Veronese Passarella

 Da: https://augustograziani.com - https://www.marcopassarella.it/it - Marco Veronese Passarella è docente di economia presso la Leeds University (https://www.facebook.com/Marco.Passarella.Adria).

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[M]entre la teoria del processo economico come insieme di scambi simultanei sembra fatta apposta per descrivere una società priva di classi, l’idea del processo economico come circuito conduce immediatamente ad individuare all’interno del processo economico la distinzione di classe.

Graziani 1977, p. 116

[L]a distinzione di classe si impone come dato primigenio del ragionamento: sono i capitalisti imprenditori, e soltanto loro, che possono dare avvio al ciclo impiegando capitale monetario per l’acquisto di forza lavoro, e questa possibilità li differenzia strutturalmente dai lavoratori, i quali altro non possono fare che vendere la propria forza lavoro.

Graziani 1977, p. 117



Descrizione

Quella descritta dallo schema del circuito monetario non è una mera scansione temporale di fatti stilizzati, ma la sequenza necessaria dei rapporti di produzione e di scambio tra classi sociali differenti e contrapposte nello spazio capitalistico.

 

1. Introduzione

Un recente, pregevole, contributo di Sergio Cesaratto, Sei lezioni sulla moneta (Diarkos Editore, 2021), mi ha offerto l’opportunità di riflettere sul lascito teorico dell’approccio del circuito monetario di Augusto Graziani, sugli stimoli intellettuali che continua ad offrire e soprattutto sui numerosi fraintendimenti di cui è stato oggetto nel tempo. Benché, infatti, l’autore del libro riconosca i meriti della teoria del circuito, in quanto ha contribuito a disvelare la natura endogena della moneta in un’economia capitalistica di mercato, non mancano gli spunti critici nei confronti dell’impostazione di Graziani. In particolare, Cesaratto si spinge a definirla “un po’ complottista” (Cesaratto 2021, p. 297), dato che pretenderebbe di spiegare le relazioni tra banche ed imprese private come se ciascun settore costituisse un tutto omogeneo, dotato di una propria volontà trascendente quella dei singoli agenti individuali. In essa, inoltre, la riflessione keynesiana sul ruolo della domanda aggregata nella determinazione dei livelli di produzione e occupazione non troverebbe alcuno spazio.

martedì 20 settembre 2022

Armenia sotto shock, scontri anche tra Kirghizistan e Tagikistan - Marco Santopadre

 Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.


Pagine Esteri, 17 settembre 2022 – La settimana che si chiude ha visto una nuova escalation nello scontro bellico infinito tra Armenia e Azerbaigian; in contemporanea, alla frontiera tra Kirghizistan e Tagikistan, si è riacceso l’annoso conflitto tra le due ex repubbliche sovietiche. Il Caucaso e l’Asia Centrale rischiano seriamente di esplodere e di trascinare con sé le varie potenze regionali e internazionali che manovrano nella regione. 

Dopo la cocente sconfitta dell’autunno 2020, l’Armenia si lecca nuovamente le ferite, scioccata dall’isolamento  internazionale riscontrato dopo l’aggressione militare da parte azera. 

Mentre Baku denuncia 77 perdite, ieri il primo ministro di Erevan, Nikol Pashinyan, ha elevato a 135 il bilancio delle vittime – in gran parte militari – provocate dalle incursioni e dai bombardamenti delle truppe azere contro numerose località nel sud-est del paese. «Sappiamo che questa cifra è destinata a crescere perché ci sono molti feriti, anche gravi» ha detto il premier. Numerosi militari armeni, inoltre, sarebbero stati catturati dalle truppe nemiche nel corso delle incursioni compiute dagli azeri.

Grazie ai droni da bombardamento “Bayraktar TB2” forniti da Ankara, gli azeri hanno di nuovo avuto velocemente la meglio sulle deboli difese armene. L’esercito di Erevan, rifornito principalmente da Mosca, può contare infatti su armi obsolete, mentre le truppe azere da tempo dispongono di armi pesanti e dispositivi di ultima generazione acquistati dalla Turchia e da Israele (oltre che dalla stessa Russia) grazie ai rilevanti introiti dell’industria petrolifera. 

L’assalto di Baku non si è fermato neanche dopo il raggiungimento, mercoledì mattina, di un primo cessate il fuoco mediato da Mosca. Bombardamenti e incursioni sono continuate fino a giovedì mattina finché Russia, Stati Uniti, Francia e Turchia non hanno aumentato la pressione sui contendenti ottenendo la sospensione dei violenti combattimenti.

lunedì 19 settembre 2022

Marxismo e movimenti sociali - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura.

Leggi anche: LE CONTRADDIZIONI DEL CAPITALISMO* Ernest Mandel

In questa fase di grave confusione ideologica e politica è forse il caso di tornare a chiederci chi è nelle condizioni sociali di agire come agente trasformatore.

In un libro pubblicato in Italia nel 1973 (Neocapitalismo e crisi del dollaro), in cui sono raccolti vari articoli scritti in precedenza che sono ammirevoli per la profondità di analisi e la lucidità dell’autore, Ernest Mandel riflette sulla “negazione della funzione centrale del proletariato dei paesi metropolitani nella lotta su scala mondiale contro l’imperialismo e il capitalismo” (p. 118). Come è noto, Mandel era un autorevole economista trotskista, che certo non può esser trascurato per questa ragione in una fase in cui siamo invitati a riflettere a fondo su tutta la nostra complicata e dolorosa tradizione.

Esamina con cura questa tesi perché polemizza con chi sostiene che la stabilità del sistema capitalista non può esser alterata se non sollecitata dalle rivoluzioni avvenute nei paesi ex coloniali (Lin Piao) e con chi invece ritiene che i seppellitori di esso saranno i “gruppi ai margini della società: le minoranza nazionali e razziali, i settori supersfruttati della popolazione, le nuove avanguardie giovanili”.

Queste tesi poggiano su una generalizzazione sbrigativa di fatti inconfutabili: “il proletariato occidentale è passato in secondo piano nella lotta rivoluzionaria mondiale durante gli ultimi 20 anni tra il 1948 e il 1968”, anche per le manipolazioni ideologiche cui è sottoposto. Le tesi su indicate si fondano su argomentazioni tutt’oggi valide che prendono le mosse dalle profonde trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche che hanno investito il neocapitalismo o tardo capitalismo (p. 118).

L’espressione neocapitalismo, ripresa successivamente da molti autori, è usata da Mandel per distinguere tre fasi dello sviluppo capitalistico: laissez faire, capitalismo monopolistico, e ultimo stadio di quest’ultimo, nel quale “le accelerate innovazioni tecnologiche, la guerra economica permanente, l’espansione della rivoluzione coloniale – hanno spostato la fonte principale dei sopraprofitti monopolistici dai paesi coloniali agli stessi paesi imperialisti e reso le gigantesche società più dipendenti e più vulnerabili”.

sabato 17 settembre 2022

"Nell'inferno dei quartieri di Donetsk" - Sara Reginella

 Da: https://www.lantidiplomatico.it - Sara Reginella è regista, filmmaker, scrittrice.(https://www.facebook.com/SaraReginella - https://t.me/sarareginella)


Al ritorno da un’esperienza di tre settimane nel Donbass, credo sia doveroso ritrarre lo scenario articolato con cui mi sono interfacciata.

Il primo aspetto sui cui vorrei porre l’attenzione riguarda la complessità. Non è possibile fare generalizzazioni su un quadro variegato come quello del conflitto ucraino, comprensibile solo nella misura in cui si evitano facili generalizzazioni.

Nel Donbass è in atto un conflitto dal 2014, i cui primi anni sono stati quasi totalmente censurati dai mass media occidentali. Non entrerò in merito alle cause che hanno portato al conflitto, a partire dal golpe di Kiev, durante l’Euromaidan, già oggetto di miei precedenti lavori e reportage, né disputerò sulle questioni geopolitiche legate al pericoloso espansionismo della NATO ai confini della Russia. Mi limiterò a riferire sulla situazione osservata nell’estate 2022 nei territori del Donbass, che ho personalmente visitato.

A Lugansk, capitale della LNR (Luganskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Lugansk), la popolazione vive in una condizione di pace relativa. Sono in molti a combattere al fronte, ma l’ultimo bombardamento risale a circa un mese e mezzo fa. Con l’arrivo dell’esercito russo, da febbraio 2022, il fronte si è spostato di oltre settanta chilometri in avanti, rispetto alla capitale. Nel territorio di Lugansk, ho potuto appurare come la popolazione sia grata all’esercito russo, in quanto le persone riferiscono come dal suo arrivo, nei territori dell’omonima Repubblica, dopo otto anni, l’esercito ucraino non può più colpire.

A Donetsk invece, capitale della DNR (Donetskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Donetsk), il fronte si sviluppa a partire dalle aree periferiche della città. Ho trascorso a Donetsk diversi giorni, durante i quali ho osservato come quotidianamente vengano colpite aree del centro cittadino e della periferia, dove non sono presenti installazioni militari. A Donetsk, i bombardamenti sono continui. Posso affermare, dopo tre precedenti viaggi in Donbass, che la situazione è gravemente peggiorata. A Donetsk, oltre alla morte causata dai colpi dell’artiglieria, la città vive una catastrofe umanitaria, anche a causa della perdurante assenza d’acqua. La popolazione riferisce della distruzione della rete idrica da parte dell’esercito ucraino, avvenuta con l’inizio dell’operazione militare speciale russa.

venerdì 16 settembre 2022

I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra - Donatella Di Cesare

 Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - https://contropiano.org - https://www.sinistrainrete.info - Donatella Di Cesare è una filosofa e editorialista italiana professore ordinario di filosofia teoretica alla Università "La Sapienza" di Roma.

Leggi anche: NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare


Gira ormai perfino uno spot ministeriale in cui una voce dal tono mellifluo invita a modificare le abitudini per risparmiare energia. Spegnere, staccare, ridurre. Finché poi, di misura in misura, si era arrivati persino all’ipotesi di limitare l’orario scolastico depennando il sabato.

Tanto che male c’è? Meno scuola e più armi!

È impressionante la rapidità con cui, nell’arco di pochi mesi, non solo si è imposta come nulla fosse una guerra nel cuore dell’Europa, ma si è inculcata l’idea che per questo sia necessario accettare ogni sorta di sacrifici, anche quelli che minano dal fondo la vita di ciascuno, soprattutto dei più fragili ed esposti.

Questa nuova edizione dell’ideologia del sacrificio viene spacciata come mezzo indispensabile per affrontare il disastro imminente: inflazione, crisi energetica, deindustrializzazione, recessione… Il disastro si annunciava già durante la pandemia, da cui – secondo le promesse – saremmo tuttavia dovuti uscire.

Mentre la pandemia purtroppo prosegue, la guerra ha segnato l’incipit della catastrofe europea. Sennonché tra le due c’è una bella differenza: se nel flagello della pandemia non mancano le responsabilità umane, la guerra è a tutti gli effetti un evento politico che in nessun modo può essere considerato una calamità naturale, una sciagura fatale e inesorabile.

mercoledì 14 settembre 2022

Come l’America si “vende” i nemici - Jeffrey Sachs

 Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Jeffrey D Sachs, professore universitario presso la Columbia University, è Direttore del Center for Sustainable Development presso la Columbia University e Presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre Segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di avvocato SDG sotto il Segretario generale António Guterres.

Leggi anche: Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini




Decine di conflitti, basi militari in giro per il mondo, e una narrazione bellica che di volta in volta inquadra un avversario (lotta al terrorismo, ecc.) e ne fa il “male” del momento

Il mondo è sull’orlo della catastrofe nucleare in gran parte a causa dell’incapacità dei leader politici occidentali di essere schietti sulle cause dell’escalation dei conflitti globali. 

L’implacabile narrativa occidentale secondo cui l’Occidente è nobile mentre Russia e Cina sono malvagie è ingenua e straordinariamente pericolosa. È un tentativo di manipolare l’opinione pubblica, non di occuparsi di una diplomazia molto reale e pressante. 

La narrativa essenziale dell’Occidente è incorporata nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’idea centrale degli Stati Uniti è che Cina e Russia siano nemici implacabili che “tentano di erodere la sicurezza e la prosperità americane”. Questi Paesi sono, secondo gli Stati Uniti, “determinati a rendere le economie meno libere e meno eque, a far crescere i loro eserciti e a controllare le informazioni e i dati per reprimere le loro società ed espandere la loro influenza”. 

L’ironia è che dal 1980 gli Stati Uniti sono stati coinvolti in almeno 15 guerre d’elezione all’estero (Afghanistan, Iraq, Libia, Panama, Serbia, Siria e Yemen solo per citarne alcune), mentre la Cina non è stata in nessuna e solo la Russia in uno (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica. Gli Stati Uniti hanno basi militari in 85 Paesi, la Cina in 3 e la Russia in 1 (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica. 

lunedì 12 settembre 2022

La guerra non è ancora iniziata - Vincenzo Costa

 Da: https://www.facebook.com/vincenzo.costa.79025 - Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell'esperienza (biennio magistrale). 


Leggi anche: Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Filosofia e scienza - Vincenzo Costa

COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa 




Papa Francesco ha parlato di “guerra mondiale”. Un’espressione sulle prime impropria. Si tratta, potremmo dire, di una guerra limitata, per una controversia di confine, al massimo di una guerra tra due paesi, se si vuole di una guerra dettata dalle mire imperiali di Putin. Eppure, forse Papa Francesco vuole invitarci ad allargare lo sguardo, perché è come se questo fosse catturato da due soli pezzi dello scacchiere, e in questo modo non presta attenzione alla posizione degli altri pezzi degli scacchi.

1. Verso una nuova fase della guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina è stata segnata sinora da due fasi. Nella prima la Russia mirava, sbagliando, a rovesciare il governo ucraino. Immaginava di trovare un largo consenso tra la popolazione ucraina, che sarebbe stata una sorta di guerra di liberazione. I russi hanno scoperto che non era così, che era una trappola. L’esercito ucraino era pronto, li aspettava, erano stati per anni costruite le necessarie trincee. La macchina della propaganda era già pronta. La Russia ha dovuto modificare i suoi obbiettivi e la sua strategia. 

È iniziata una guerra di posizione, in cui la Russia ha svolto una funzione di supporto in una guerra civile interna all’Ucraina. Gli obbiettivi sono stati limitati al Donbass, al riconoscimento della Crimea e alla neutralità dell’Ucraina. I russi pensavano che su questa base un negoziato sarebbe stato possibile e una soluzione diplomatica del conflitto percorribile. Si sbagliavano. 

Il governo ucraino ha messo chiaramente in luce che la soluzione era una sola: ritiro dei russi da tutta l’Ucraina, Crimea compresa. Evidentemente, sapevano di poterlo fare.