*Da: http://temi.repubblica.it/
“Mettiamocelo bene in testa: in Europa non c’è nessuna
svolta, nessun vento federalista di cambiamento. La sostanza delle politiche
economiche non è cambiata. L’eurozona resta sull’orlo della deflazione, con
effetti tremendi per le economie più fragili e per i lavoratori di tutto il
continente. Il sentiero che stiamo percorrendo è palesemente insostenibile”.
L’economista Emiliano Brancaccio non ha mai aderito allostorytelling renziano
sulle possibilità di rilancio del progetto di unificazione europea. Anzi, nel
commentare le recenti decisioni di politica monetaria e le proposte di gestione
del post-Brexit, Brancaccio mette in luce l’affiorare di crepe sempre più
profonde nell’assetto istituzionale e politico dell’Unione.
Professore, la settimana scorsa Mario Draghi ha dichiarato che per i prossimi mesi la BCE non immetterà ulteriori dosi di liquidità nell’economia europea. Possiamo affermare che nel direttorio di Francoforte questa volta Draghi ha perso, e che hanno vinto i “falchi” dell’austerity guidati dal tedesco Weidmann?
Il problema non riguarda solo la quantità totale di liquidità erogata, ma anche l’impossibilità di indirizzarla verso i soggetti maggiormente in difficoltà. Le regole attuali impongono alla BCE di acquistare titoli secondo quote pressoché fisse tra i vari Paesi, il che significa che larga parte delle erogazioni della banca centrale finisce in Germania anziché nelle economie che ne avrebbero più bisogno. Per iniziare ad affrontare i problemi di solvibilità dei Paesi più fragili bisognerebbe almeno superare questi aspetti così regressivi della politica monetaria europea. Ma i conservatori, tedeschi e non solo, ormai bloccano anche le più modeste istanze di rinnovamento.
Questo significa che la BCE non riuscirà a perseguire l’obiettivo d’inflazione che si era data?
Le banche centrali non hanno mai avuto il potere di controllare l’inflazione. Il loro vero compito è di definire le condizioni generali di solvibilità delle unità economiche. Con le attuali regole, la solvibilità è del tutto compromessa in Grecia, e in prospettiva non è garantita nemmeno in Italia e negli altri Paesi del Sud Europa.