*Isaac Deutscher, Il
Profeta esiliato,Milano, PGreco Edizioni, 2011, p. 436. https://www.lacittafutura.it/
Ci fu un tempo nel
quale alle labbra del proletariato internazionale perveniva il
medesimo grido: “Viva Lenin! Viva Trotzky!”. Negli anni che vanno
dall’Ottobre rosso fino alla fine degli anni ’20, ma anche dopo,
fino al suo assassinio in Messico, il nome di Lev Davidovic Bronstein
detto Trotzky è rimasto il sinonimo della Rivoluzione in Russia e
nel mondo.
La riedizione nel
2011 della bellissima trilogia biografica di Isaac Deutscher sul
grande rivoluzionario (“Il profeta armato”, “Il profeta
disarmato” e “Il profeta esiliato”), da parte della casa
editrice PGreco, dà modo di apprezzare a pieno lo spessore del
personaggio, la sua dimensione umana, la vastità della tragedia che
non è solo personale, ma di un’intera epoca e ha segnato in modo
profondo il movimento comunista e il pensiero marxista.
Il comunismo post
1991, più che mai in occasione del centenario della Rivoluzione del
1917, non può permettersi ancora abiure e dimenticanze: se vuole
ridestarsi al ventunesimo secolo ha bisogno dell’intera sua storia
e di tutta la ricchezza e varietà del marxismo (o più correttamente
dei marxismi), come già ribadito in altra occasione su questo stesso
giornale (a proposito di Bordiga). Di questa ricchezza e varietà è
parte importantissima l’esperienza politica e teorica di Lev
Trotzky, fondatore dell’Armata Rossa, presidente del Soviet di
Pietrogrado nel corso della prima Rivoluzione del 1905 e poi di nuovo
nel 1917, commissario agli Affari Esteri della Repubblica Sovietica e
firmatario del Trattato di Brest-Litovsk che, per quanto riguarda la
Russia, pose fine alla Prima Guerra Mondiale. Di fatto, al di là
delle opinioni e delle preferenze ideologiche, l’esponente
bolscevico più importante e maggiormente coinvolto nella Rivoluzione
di Ottobre, dopo Lenin.
Certo, a partire
dalla metà degli anni ’20 la marea montante dello stalinismo lo
sommergerà di calunnie e di accuse le più fantasiose e aberranti
fino a dipingerlo prima come un agente di Hitler e del Giappone
imperiale e poi dell’imperialismo Usa. Tuttavia della sua proposta
politica (industrializzazione accelerata e collettivizzazione
dell’agricoltura) prenderà nota lo stesso Stalin che parzialmente
e brutalmente la applicherà a partire dal 1929. Il medesimo Stalin
che rimarrà ossessionato dalla figura dell’esule (pure ormai privo
di qualsiasi potere rilevante) fino al 1940, quando lo farà uccidere
da un sicario del NKVD, Ramon Mercader.
Di tutto ciò e di
moltissimo altro scrive diffusamente Isaac Deutscher nella sua
imponente trilogia pubblicata tra il 1954 e il 1963. Deutscher
(1907-1967) è stato sì un militante del Partito Comunista Polacco e
della sua corrente antistalinista, ma da storico ha dato vita nella
biografia di Trotzky a un’opera assolutamente equilibrata che non
nasconde le sue simpatie e le sue avversioni, ma le fonda sulla
robustezza dei fatti. Così, non viene occultata la funzione
progressiva dello stalinismo a partire appunto dalla scelta di
recidere il cordone ombelicale con la Russia arcaica e contadina,
anche se quel taglio suggerito dalla Opposizione unificata di
Trotzky, Zinovev e Kamenev, fu applicato con una tale violenza e con
i conseguenti gravi squilibri che i tre oppositori di certo non
auspicavano; e non vengono dimenticati gli errori tattici che Trotzky
commise a partire dalla morte di Lenin in poi non ponendo
immediatamente e sino in fondo la questione dell’esautorazione del
georgiano dal ruolo di segretario generale del partito come gli
chiese di fare lo stesso Lenin poco prima di morire oppure con la
stessa fondazione della Quarta Internazionale, creatura nata morta e
di fatto sterile, così come gran parte delle sette trotzkiste
avvicendatesi negli anni seguenti alla morte del fondatore. Di
tutt’altra pasta erano invece i trotzkisti sterminati alla fine
degli anni ’30 in Urss e che andavano alla morte cantando
l’Internazionale.