massimiliano romanello, Segreteria Nazionale, Federazione Giovanile Comunista Italiana, Responsabile Formazione e Cultura https://www.fgci.info.
Vedi anche: Cosmologia - Danilo Babusci
"L'ordine del tempo" - Carlo Rovelli
Cosmologia e nuove tecnologie - Paolo De Bernardis
Questo
articolo ha lo scopo di delineare, nei tratti storici più
essenziali, le basi teoriche ed osservative che costituiscono il
fondamento per poter comprendere lo sviluppo della cosmologia
moderna.
La
parola greca kósmos vuol
dire ordine, mondo e si riferisce all’universo nel suo insieme. La
cosmologia pertanto è quella scienza che si occupa della nascita,
dell’evoluzione e della struttura dell’universo a grande scala.
Per
restare ai greci, la storia dell’universo, allo stadio delle
attuali conoscenze, potrebbe avere come incipit le stesse parole
usate da Esiodo nella Teogonia: “In
principio era Caos”.
E infatti non sappiamo descrivere cosa è accaduto all’atto zero,
dal momento che le moderne teorie fisiche, a scale così piccole e ad
energie così alte come in “principio”, perdono di significato.
Possiamo però delineare, con gradi di speculazione sempre minore e
talvolta con eccellenti capacità di predizione, ciò che è accaduto
nell’universo a tempi successivi1 (da
un’età di 10-36 secondi,
cioè zero virgola e poi altri trentacinque zeri prima di incontrare
l’uno) e temperature più basse (a partire da 10 miliardi di
miliardi di miliardi di gradi), quando l’universo si espandeva e
progressivamente si raffreddava, rendendo in seguito possibile la
nascita delle particelle a noi note, dei nuclei degli atomi e di
strutture via via più legate.
Questo
scenario prende il nome di Hot
Big Bang Model,
modello a Big Bang Caldo e ha necessitato di molti anni prima di
essere proposto, perfezionato e generalmente accettato; lo sviluppo
della cosmologia ha richiesto grandi progressi scientifici per
vincere i forti pregiudizi di carattere logico, metafisico e
concettuale che ancoravano l’uomo ad una errata immagine del cosmo.
Ma partiamo da lontano.
Nel
1915, un noto fisico tedesco pubblicò la sua Teoria
della Relatività
Generale,
essenzialmente una trattazione geometrica della gravità. Einstein
aveva derivato delle equazioni che descrivono il modo in cui
la presenza
di massa-energia modifica lo spazio-tempo,
rendendolo curvo e non più piatto ed euclideo così come siamo
abituati a concepirlo; equazioni secondo cui è lo spazio-tempo curvo
a dire alla materia come comportarsi, determinando di conseguenza il
moto.
Queste
ultime righe possono sembrare innocue, ma in realtà racchiudono una
vera a propria rivoluzione scientifica e del modo di intendere la
realtà. La teoria di Einstein presuppone infatti la scomparsa di
spazio e tempo intesi come concetti assoluti, palcoscenici eterni ed
immutabili in cui si svolgono gli eventi ed il moto, e modifica
radicalmente la concezione di gravità avuta fino ad allora: non più
interazione tra masse, corpi, Sole e pianeti.
Con Einstein si parla di campo, ovvero regione di spazio (e di tempo) che proprio poiché perturbata rende manifesti gli effetti di una forza, e riproduce le orbite che siamo abituati a osservare. Di nuovo, è la massa che incurva lo spazio, è lo spazio a dire alla massa come muoversi.
Ma
ad Einstein, che aveva rivoluzionato così tanto la fisica del XX
secolo, mancò di compiere il passo finale ed accettare ciò che le
sue stesse leggi implicitamente suggerivano: che l’universo non
fosse statico, immutabile, ma dinamico, costretto dal suo stesso
contenuto di massa e dalla sua geometria, ad evolvere ed inesorabile
ad espandersi o ricollassare.
Certo,
all’epoca non si sapeva e non si poteva sapere che l’universo era
in espansione. Mancavano delle osservazioni astronomiche fondamentali
e per di più non si conoscevano galassie al di fuori della nostra.
Fu Aleksandr
Friedman,
un matematico russo, a risolvere nel 1922 le equazioni di Einstein
per ricavarne una che descrive come evolve l’universo in base alla
sua composizione e curvatura. Ciò trovò presto un riscontro
sperimentale con le osservazioni dell’astronomo americano Edwin
Hubble. 2
L’universo
era quindi in espansione. Ma un universo in espansione non presuppone
necessariamente un Big Bang. Potrebbe, come postulato da una teoria
in voga negli anni ’50,3 essere
esistito da sempre e, pur continuando ad espandersi, mantenere
costante la propria densità di materia (cioè quanti chili di gas,
stelle, atomi, persone ci sono in ogni metro cubo) mediante la
produzione, l’aggiunta di un solo atomo di idrogeno per m³ ogni
miliardo di anni, una quantità praticamente irrilevabile.
Un
universo quindi stazionario, costantemente uguale a sé stesso,
poiché di densità immutabile, in cui un ipotetico osservatore
vedrebbe grosso modo lo stesso scenario in tutte le epoche cosmiche.
Occorreva
quindi una prova. Secondo il modello di Hot
Big Bang,
in principio c’era un punto, chiamato singolarità,
di densità e temperatura infinite. Da questo unico punto è iniziata
l’espansione e l’universo
espandendosi, si raffredda.
I
fotoni, nelle prime fasi, sono talmente energetici da produrre coppie
di particelle di materia e antimateria, di elettroni ed antielettroni
(a 1.000 miliardi di gradi), le quali si annichilano per restituire
fotoni, in un equilibrio statistico tra reagenti e prodotti.
L’universo
si raffredda ancora. Adesso, a 10 miliardi di gradi, i protoni e
neutroni si uniscono per formare i primi nuclei atomici. Per
terminare il processo, la formazione di atomi completi occorre legare
gli elettroni ai nuclei. Occorre cioè una temperatura di poche
migliaia di gradi, raggiungibile quando l’universo ha circa 300.000
anni.
È
necessario qui soffermarsi su un aspetto. Un gas ionizzato, fatto
cioè da protoni ed elettroni liberi, non è trasparente alla luce. I
fotoni infatti urtano continuamente con gli elettroni, in un processo
denominato scattering,
diffusione. Ma una volta che gli atomi sono completi e neutri, i
fotoni non vengono più deviati: fanno in tempo ad urtare un’ultima
volta con gli elettroni, poi basta, filano dritti fino ai nostri
giorni, permeando tutto il cosmo e diventando man mano sempre più
freddi. L’universo
diviene trasparente.
Il
modello dell’Hot
Big Bang prevede
quindi in modo naturale l’esistenza di una Radiazione
Cosmica di Fondo (Cosmic
Microwave Background), che è la fotografia, il fossile, l’impronta
dell’ultima interazione dei fotoni primordiali con la materia,
difficilmente spiegabile in un universo stazionario ed immutabile.
Nel
1965, due astronomi della Bell Laboratories, Arno
Penzias e Robert
Wilson,
mentre stavano lavorando ad un nuovo strumento, trovarono un segnale
inaspettato. Inizialmente immaginarono un disturbo radio di natura
terrestre. Ma questa pista fu scartata, perché esso proveniva da
tutte le direzioni e non da una sorgente in particolare. Quindi
pensarono ad un problema strumentale e provarono di tutto per
eliminare ogni possibile contributo di rumore, incluso grattar via il
“dielettrico
bianco”
lasciato dalla coppia di piccioni che aveva nidificato
nell’antenna.4
Disperati, si rivolsero quindi ad un astronomo, R. H. Dicke, una delle massime autorità nella cosmologia dell’epoca ed a capo di un gruppo di ricerca che proprio in quegli anni aveva costruito un rilevatore per la ricerca della CMB, ma con esiti infruttuosi. Qui entra in gioco Peebles.
Disperati, si rivolsero quindi ad un astronomo, R. H. Dicke, una delle massime autorità nella cosmologia dell’epoca ed a capo di un gruppo di ricerca che proprio in quegli anni aveva costruito un rilevatore per la ricerca della CMB, ma con esiti infruttuosi. Qui entra in gioco Peebles.
Dicke
si rese subito conto che Penzias e Wilson avevano individuato ciò
che lui stava da tempo cercando ed annunciò ai suoi colleghi: “We
have been scooped!”. Quindi
il suo gruppo di ricerca si mise al lavoro e pubblicò un articolo,
poi passato alla storia, dal titolo “Cosmic
Black-Body Radiation”,
firmato da R.
H. Dicke, P.
J. E. Peebles, P.
G. Roll e D.
T. Wilkinson.
Qui, dopo aver delineato alcuni scenari cosmologici e discusso la
possibilità di rilevare una “radiazione
termica primordiale”,
i quattro scrivono:
“Mentre
noi non abbiamo ancora ottenuto ancora risultati con i nostri
strumenti, abbiamo recentemente appreso che Penzias e Wilson (1965)
della Bell Telephone Laboratories hanno osservato un background di
radiazione ad una lunghezza d’onda di 7.3 cm. Nel tentativo di
eliminare ogni contributo al rumore osservato all’uscita del loro
ricevitore, hanno concluso con un residuo di 3,5±1
K.5 Apparentemente
ciò può essere solo dovuto a radiazione di origine sconosciuta
entrata nell’antenna“.
Il
tono è cauto, gli scienziati esitano. Ma sanno che la CMB è stata
individuata e correttamente riconosciuta e infatti, un anno dopo, nel
1966, Peebles e Dicke difendono
la scoperta di
Penzias e Wilson e dimostrano l’incompatibilità di una spiegazione
alternativa.
Penzias
e Wilson vinceranno il Nobel nel 1978.
Peebles
invece continuerà i suoi lavori e darà contributi fondamentali nel
campo della cosmologia fisica e dei modelli cosmologici, studiando il
meccanismo di inflazione cosmica, la materia e l’energia oscura, le
fluttuazioni primordiali di massa da cui si sono in seguito formate
galassie ed ammassi di galassie, le abbondanze primordiali di
idrogeno ed elio, cioè la composizione iniziale dell’universo, per
poi occuparsi di aspetti più prettamente astronomici, come la
dinamica delle galassie e la formazione degli ammassi stellari.
Note
1 Consideriamo
qui i tempi di GUT (Grande Teoria Unificata) del modello
inflazionistico del Big Bang.
2 Hubble
dimostrò che le ben note nebulose
a spirale,
erano in realtà delle galassie e con l’aiuto del suo assistente
Milton Humason, individuò in esse un particolare tipo di stelle,
che prende il nome di Cefeidi. Queste sono estremamente importanti
perché permettono di stimare la distanza della galassia che le
ospita. Così Hubble, mise in relazione la distanza delle galassie
con la loro velocità di recessione– cioè di allontanamento –
da noi. Una galassia, più è lontana, più scappa velocemente.
Poiché era irrealistico, da Copernico in poi, pensare che si
allontanino tutte da una Terra posta al centro dell’universo, si
concluse che non erano le galassie ad allontanarsi, ma l’intero
universo a lievitare ed espandersi.
3 Teoria
dello Steady State Universe, Stato Stazionario, formulata da F.
Hoyle, H. Bondi e T. Gold.
4 B.
Ryden, Introduction to Cosmology, Cambridge University Press, 2017.
5 Quando
si effettuano misure in onde radio, l’intensità del segnale viene
riportata come temperatura. Penzias e Wilson trovarono una
temperatura di fondo di circa 3,5 gradi assoluti. Attualmente
sappiamo che la CMB è un residuo a 2,72 gradi assoluti (circa 270
gradi centigradi sotto lo zero).
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