giovedì 11 giugno 2015

L'ASTRAZIONE DELL'ECONOMISTA, Note sul capitolo VI del Capitale di Marx* - Stefano Garroni

Da "Dialettica e differenza", Stefano Garroni, La città del sole


 "Ciò che qui [nella società civile, dunque nella sfera dei rapporti economici moderni o capitalistici] abbiamo di fronte è il mondo dell'apparizione, dell'apparire; Questa sfera è solo apparizione perché i principi non sono nella loro verità, non sono nella loro unità, identità, ma sono reciprocamente contrapposti nella loro diversità ed autonomia; e ciò non è il vero. Ma è al tempo stesso l'universalità che in essi appare, e questo apparire dell'universalità, nella particolarità è ciò che di interessante e di essenziale abbiamo da esaminare... Ciò che è meraviglioso [nell'ambito della società civile] è l'interiore necessità per cui ognuno crede di lavorare per sé, ma l'egoismo si rovescia, e nel lavoro per il proprio fine realizza i fini degli altri."       (G.W.F. Hegel, Le filosofie del diritto)

 ...I margini del gioco, che si aprono alla determinata contrattazione nella compra-vendita della forza-lavoro, danno a me - singolo lavoratore -, che in essa son coinvolto, il senso che quella del salario sia una partita dall'esito non scontato, ché piuttosto è da me che esso dipende: dalle abilità che posseggo, dall'alacrità che testimonio, dalla disponibilità mia al sacrificio, alla costanza. Se, dunque, quella partita si chiude male per me, son io stesso chiamato in causa, è la solidità della mia personalità, che è in questione. Pur se in qualche zona della mia coscienza è presente la consapevolezza che i limiti, entro cui è contenuto il 'gioco' della contrattazione, prescindono da me e dipendono da vicende e situazioni, su cui non ho presa alcuna, proprio questa loro 'distanza', questa loro 'imprevedibilità', 'inafferrabilità', fanno sì, che essa resti sempre sullo sfondo - quasi un inefficace sottinteso.
 Eppure, l'analisi economica - ma questo vuol dire l'assunzione di una prospettiva, che non è più quella del lavoratore in quanto singolo, in quanto coinvolto da persona determinata nell'esperienza della contrattazione - mi dice che è legge economica la sostanziale stabilità del salario medio e che, dunque, lo scacco dei miei sforzi è sostanzialmente pre-scritto.
 Ma ciò significa due terribili conclusioni: che la realtà effettiva del mio impegno contrattuale prescinde da me, essendo orientata da forze, affatto estranee al mio controllo; e che, addirittura, quella media salariale sostanzialmente stabile è attraverso i miei sforzi - e quelli dei tanti singoli lavoratori -, che va affermandosi. Sono io stesso, insomma, che conduco i miei sforzi al loro scacco; paradossalmente, in quanto si inscrive nella cornice dell'organizzazione capitalistica, il senso di responsabilità scade a moralismo, ad illusoria prospettiva. Peggio: si riduce a momento di quell'hegeliano "universale brulichio", attraverso cui si realizza la regola o 'necessità' capitalistica.























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