Da: https://ilmanifesto.it - Alberto Negri - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq.
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Uccidono come assassini non come soldati, mentono come i peggiori mafiosi perché sanno di restare impuniti. L’ordine è: spara, spara subito alla telecamera della Reuters. Cadono i primi morti. Poi un silenzio sospeso, sembra irreale.
Arrivano i soccorsi correndo sulle scale dell’ospedale Nasser di Khan Younis. Ecco di nuovo il momento di colpire. Il thank israeliano spara ancora: il bilancio sarà di 20 morti tra cui 5 giornalisti. È la tecnica del «doppio colpo», illegale per le norme internazionali, ma non per Israele. Che adesso si giustifica come un criminale di strada. L’esercito ieri ha affermato che a Gaza la brigata Golani ha colpito la telecamera «ritenendo che fosse stata piazzata lì da Hamas per monitorare i movimenti dei combattenti».
L’ennesima sanguinosa menzogna di una propaganda senza freni inibitori. Il bersaglio è la camera dell’agenzia britannica Reuters che invia in tutto il mondo in diretta le battaglie e i bombardamenti nella Striscia.
L’inquadratura viene lasciata fissa con piccoli cambi ma deve essere comunque manovrata: a farlo era l’altro giorno Hussam Al Masri, ucciso dall’esplosione. La diretta della Reuters sugli schermi europei si interrompe così all’improvviso. Resta solo un’ultima immagine, la polvere che copre tutto, la fine di Hussam e la morte del giornalismo vero, che dovrebbe spingere, almeno l’Europa ancora libera, a osservare un silenzio stampa per questo che non è un incidente ma un omicidio premeditato.
Questo se non vogliamo, come scriveva ieri Matteo Nucci sul manifesto (
distopie-reali-il-racconto-dei-fatti-e-la-narrazione-della-menzogna), che la menzogna ripetuta in maniera ossessiva e dilagante non diventi verità. Le dimensioni del genocidio palestinese, la devastazione di Gaza, la carestia usata come arma di guerra, l’assassinio dei giornalisti e dei testimoni stanno andando oltre ogni limite. E qui c’è ancora chi sostiene che tutto questo è una falsità. E se proprio tutto questo orrore avviene la colpa è di Hamas. Qui c’è gente ancora incline a credere al premier israeliano Netanyahu, inseguito come Putin da un mandato come criminale di guerra della Corte penale internazionale, il quale sostiene che la carestia è una fake news e la maggior parte dei morti sono terroristi.
Persino i servizi israeliani lo smentiscono: l’83% delle vittime a Gaza sono civili. Ma pure di dare consistenza alle sue menzogne Netanyahu, mentre si prepara a occupare Gaza City, non solo bolla come bugiardi tutti – dagli operatori umanitari ai medici, dalle grandi ong ai sopravvissuti – ma cerca di eliminare tutte le fonti con la strage sistematica e voluta dei giornalisti palestinesi. È semplicemente un assassino.
Ma qui il silenzio stampa, l’indignazione, le condanne morali, il riferimento flebile a una giustizia che forse non verrà mai, non bastano. Qui bisogna fare qualche cosa. Applicare sanzioni. L’Unione europea dovrebbe sospendere gli accordi di associazione e di finanziamento di Israele. Magari annullare pure acquisti e vendite di armi e congelare gli insidiosi accordi di sicurezza con il governo di Tel Aviv: è questo che fa dei governanti europei dei complici del massacro di Gaza. Più si va avanti e più si capisce che l’inazione europea con i suoi proclami ipocriti è la maschera di un verità indicibile per molti: Israele fa parte integrante dei nostri apparati di sicurezza, basti pensare che nel 2023 l’Italia ha appaltato a Netanyahu la nostra cybersecurity. Israele sa tutto di noi e noi voltiamo la testa dall’altra parte, siamo persino spinti a dare credito a lui e al suo alleato Trump. Perché l’Unione europea stenta a intervenire? Abbiamo paura. Dal 2022 gli Usa hanno sanzionato 6mila imprese e individui della Russia e neppure vagamente farebbero una ritorsione a Israele: è l’unico stato al mondo che può influire sulla politica a Washington. È possibile che se la Ue o uno stato europeo varasse sanzioni serie a Tel Aviv, gli Stati uniti interverrebbero per fargliela pagare. L’atmosfera pesante che si respira si è capita bene dall’incontro tra Putin e Trump e dalla «non trattativa» sui dazi con gli Usa.
In ballo però non c’è solo la questione palestinese. Lo si capisce bene leggendo il rapporto di Francesca Albanese sull’economia del genocidio, che ha avuto l’ulteriore conferma del quotidiano britannico Guardian. Nella strage di Gaza, forse anche in questa del Nasser, sono coinvolte le grandi multinazionali americane, non solo del settore bellico. Israele si affida a Microsoft e alle sue strutture per archiviare le intercettazioni dei palestinesi nei territori illegalmente occupati. Sorveglianza e intercettazioni tengono un intero popolo sotto controllo: figuriamoci se non sapevano che la telecamera dell’ospedale era della Reuters. Ecco che cosa dovremmo temere e che forse già temono i governi europei: Israele e gli Usa (che detengono la stragrande quota di mercato mondiale della cybersecurity) possono fare di noi quel che vogliono. Il genocidio e gli omicidi di Gaza ci riguardano.