Da: https://amp24.ilsole24ore.com - Andrea Carli Redattore
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
domenica 10 dicembre 2023
Italiani sonnambuli: il report Censis fotografa una società cieca dinanzi ai presagi - Andrea Carli
venerdì 8 dicembre 2023
Se questo è uno Stato. Intervista a Primo Levi - Gad Lerner
Da: https://www.doppiozero.com - Orig. «L’Espresso», XXX, 30 settembre 1984, n.39 - Gad Lerner è un giornalista, conduttore televisivo e saggista italiano.
Leggi anche: Quattro ore a Chatila - Jean Genet
28 Mi commuove rileggere trentanove anni dopo questa intervista a Primo Levi. Non solo per la sua perdurante, impressionante attualità e il coraggio intellettuale che la innerva. Ma perché ricordo come fosse ieri le circostanze in cui prese forma. Telefonai a Primo Levi dalla redazione di L’Espresso per proporgli una riflessione sui rapporti difficili fra Israele e Diaspora ebraica quando non erano ancora passati due anni dalla sua adesione a un testo di condanna dell’invasione israeliana del Libano che aveva suscitato polemiche per lui dolorose. Mi oppose un cortese ma netto rifiuto: “Basta, non ne voglio più parlare”. Un’ora dopo fu lui a telefonare: “Ci ho ripensato, perché non provarci? Con l’impegno suo di pubblicare solo nel caso l’esito della conversazione mi risulti soddisfacente. Altrimenti non se ne fa nulla”.
Presi il treno e andai a casa sua in corso Re Umberto a Torino. Non una, ma due volte. Perché dopo averne ricevuta una prima stesura, e avere operato qualche correzione, Levi preferì che ci rivedessimo per soppesare insieme domande e risposte, ben conoscendo la sensibilità dei lettori di parte ebraica cui l’intervista era specialmente destinata. Fu allora che inserì quell’inciso autocritico preventivo – “fai presto tu, ebreo italiano in poltrona, a decidere per noi!” – e smussò ogni asprezza lessicale (“Indignazione? Parliamo, più pacatamente, di disapprovazione”) nel sostenere una tesi che sarebbe riuscita comunque difficile da digerire per gli interlocutori cui si rivolgeva: l’eclissi (“spero momentanea”, aggiunse) di Israele quale centro unificatore dell’ebraismo.Una previsione sbagliata forse c’è in quel testo di Primo Levi risalente alla fine estate del 1984: quando indicò come poco verosimile una crescita del fanatismo religioso all’interno della società israeliana. Oggi un seguace di quel rabbino estremista, Meir Kahane, che Levi citava con ripulsa, ricopre l’incarico di ministro della Sicurezza nazionale nel governo Netanyahu. Un’eventualità che peraltro Levi prendeva in considerazione: “Si può temere un contagio fra khomeinismo islamico e integralismo religioso in Israele”.
lunedì 4 dicembre 2023
Sviluppo capitalistico e Guerra. Un testo illuminante di Gianfranco Pala
Da: https://www.lantidiplomatico.it - https://www.marxismo-oggi.it -
Gianfranco Pala (1940 - 2023), Economista italiano. Docente di Economia alla Sapienza di Roma. Direttore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). Studioso marxista tra i più rigorosi.Nel periodo che stiamo vivendo, complesso e difficile da comprendere in tutti i suoi aspetti, è forse utile riprendere analisi scientifiche marxiste già pubblicate in un recente passato (2005), e poco diffuse in quanto politicamente in opposizione alle logiche della visibilità elettorale come priorità esclusiva. “Lo sviluppo economico capitalistico e la guerra” di Gianfranco Pala, ex docente di Economia Politica alla Sapienza di Roma, ora scomparso, aveva messo in luce il rapporto di capitale, la sua necessaria estensione nel mercato mondiale e la guerra, quale sua specifica modalità di rapina del plusvalore ai danni dei paesi dominati, nella gerarchia mondiale mistificata nel termine “globalizzazione”. Nell’imperialismo del capitale finanziario, ormai transnazionale, nella sua unità dialettica con la politica, la guerra è contrasto tra stati il cui fine è costituito dal vantaggio economico, oltre che essere merce. Scarso rilievo se costerà alle popolazioni già sfruttate per appartenenza di classe, anche in termini di perdita di diritti umani e civili o di sofferenze e morti, sterminio, genocidio. La tragica attualità di questa analisi può aiutare a formare una coscienza collettiva più consapevole, e sperabilmente più pronta a lottare contro la distruttività di questo sistema, incapace ormai di riprodursi se non mediante una costante e progressiva violenza senza confini. (Carla Filosa)
gfp.278 - Athanor xvi-9, Meltemi, Roma 2005 [in Mondo di guerra]di Gianfranco Pala
Marx, in conclusione dell’inedita Introduzione del 1857, lasciata nei manoscritti dedicati ai Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, al primo punto di un “notabene: alcuni punti che sono da menzionare qui e non devono essere dimenticati” pose la questione della <guerra> (riportata nell’esergo qui posto a mo’ di occhiello). Non era la prima volta che lui con Engels – ne testimonia il loro carteggio – si occupavano della questione militare. Lo stretto legame tra economia e guerra – ossia tra lo sviluppo delle forze produttive, la base della produzione materiale e sociale, e la loro inesorabile esigenza di estensione all’intero mercato mondiale in continuo allargamento – rappresentò sempre un “punto che non doveva essere dimenticato”. Il tema si connetteva inevitabilmente al carattere della violenza di classe, nell’epoca moderna quella della borghesia capitalistica e imperialistica; senonché, come osservò Engels, dal 1876 allorché cominciò a scrivere l’Anti-Dühring, nel primo capitolo della ii sezione dedicato all’oggetto e metodo dell’economia politica, “la violenza non fa che proteggere lo sfruttamento, ma non lo causa”; e che la “base” di quello “sfruttamento è il rapporto tra capitale e lavoro salariato e che questo è sorto per via puramente economica e niente affatto per via di violenza”. Già nell’Ideologia tedesca, in particolare verso la fine del paragrafo 4 della i sezione rivolta a Feuerbach, Engels e Marx esponevano in fieri la loro "concezione della storia" che “sembra contraddetta dal fatto della conquista. Finora erano considerate forze motrici della storia la violenza, la guerra, il saccheggio, la rapina, ecc.”, facendo l’esempio della “distruzione di un’antica civiltà a opera di un popolo barbaro”: ogni riferimento a fatti bellici attualissimi non è qui per niente casuale. Per cui i due osservavano che “niente è più comune dell’idea secondo la quale fino a oggi nella storia non si è trattato altro che di prendere”. Marx, in una nota agli inizi del Capitale, aveva già scritto che “comicissimo è il sig. Bastiat, il quale si immagina che gli antichi greci e romani vivessero soltanto di rapina. Ma se si vive di rapina per molti secoli, ci dovrà pur essere continuamente <qualcosa da rapinare>, ossia l’oggetto della rapina dovrà continuamente essere riprodotto”. Anche nelle epoche precedenti, dunque, c’era “un processo di produzione, quindi un’economia, la quale costituiva il fondamento materiale del loro mondo, esattamente come l’economia borghese costituisce il fondamento materiale del mondo contemporaneo. Il medioevo non poteva vivere del cattolicesimo, e il mondo antico non poteva vivere della politica. D’altra parte, già don Chisciotte ha ben scontato l’errore di essersi illuso che la cavalleria errante fosse ugualmente compatibile con tutte le forme economiche della società” [c, i.1(4)]. Chi è il don Chisciotte o, peggio perché meno poetico, il Bastiat attuale che, tra i politici e gli economisti moderni, “illuminati” alla Keynes o cupi tipo “neo-con” (i neoconservatori made in Usa, guerrafondai quasi tutti provenienti dalla lotta “sinistra” all’Urss staliniana), crede di trovare nella rapina della guerra imperialistica il grimaldello per il rilancio dell’economia mondiale? Panzane!
domenica 3 dicembre 2023
Il gas di Gaza - Alessandra Ciattini
venerdì 1 dicembre 2023
mercoledì 29 novembre 2023
Calvino è stato marxista. In memoriam - Roberto Fineschi
Presento qui, in occasione della ricorrenza del centenario della nascita e in forma estremamente schematica, alcune idee che sto sviluppando in uno studio di carattere organico sulla “filosofia” di Italo Calvino che uscirà l’anno prossimo. (R.F.)
1. Italo Calvino, sanremese cui “capitò” di nascere a Cuba, è stata una figura di intellettuale tra le più grandi della storia italiana recente, tra i pochi con un ampio respiro internazionale e universalmente apprezzato per originalità e profondità. Viaggiatore del mondo, parigino di adozione, ebbe notoriamente forti legami con il territorio toscano: oltre a morire infaustamente proprio a Siena nel 1985, amò profondamente il litorale prossimo a Castiglion della Pescaia, scenario di alcune delle sue opere; vi passò per molti anni l’estate nella sua residenza immersa nella pineta di Roccamare e scelse la cittadina toscana come luogo per la propria sepoltura.
Al di là della memorialistica locale, mero pretesto per avviare il discorso, è altro il ricordo che vorrei rievocare. Se sempre viene a ragione ricordato il periodo della sua militanza politica diretta come membro del Partito Comunista Italiano - interrotta con le dimissioni del 1957 in seguito ai fatti ungheresi e alla timidezza con cui il PCI procedeva con la destalinizzazione -, meno frequentemente tale esperienza viene collegata a ragioni teoriche e filosofiche - oltre che, ovviamente, pratiche - che lo spinsero a questa adesione e che restarono vive ben al di là del fatidico ‘56. Queste ragioni spingono a sostenere - questa la tesi - non solo che Calvino sia stato e rimasto comunista nell’arco della sua vita, ma che le sue posizioni possano essere identificate come “marxiste”, ovviamente intendendo con questo termine una adesione in senso ampio ad alcune linee di ragionamento derivate da Marx, sulle quali, pur mutando accenti e priorità, non ha mai cambiato idea. Ancora più arditamente credo si possa sostenere che, dieci anni prima della “crisi del marxismo” degli anni Settanta, Calvino ne avesse anticipato i tratti di fondo oggettivi e soggettivi e pure i vicoli ciechi di alcuni dei suoi esiti; ne trasse conseguenze pratiche coerenti dal suo punto di vista, con una sospensione di giudizio che non significò affatto fine della ricerca o assenza di posizionamento critico-intellettuale; si trattò piuttosto di una epochè attiva, inquirente, pungolo costante volto a stimolare la realtà per rendere visibile l’invisibile, dire il non detto. Credo si possa affermare che, in questo senso, non ci fosse intento più realistico del suo interesse per l’utopia e il mondo fantastico-invisibile.
sabato 25 novembre 2023
Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini
Da: https://www.marx21.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it
Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini
Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini
Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi
PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca MerzEdward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva
Vedi anche: La nascita dello Stato d'ISRAELE
Le reazioni dei governi del cosiddetto occidente collettivo e i loro super-controllati portavoce mediatici hanno il potere – come hanno già fatto per la guerra NATO-Ucraina – di stabilire dove comincia la storia, stabilendo ovviamente che il momento iniziale dello scontro è avvenuto il giorno che a loro fa può comodo; scelta che permette ad essi di nascondere le loro numerose e precedenti violazioni dei tanto celebrati diritti umani e del diritto internazionale spesso con la complicità dell’ONU. Nello stesso tempo un’altra loro collaudata tecnica, impiegata da secoli da tutti coloro che debbono aver ragione a tutti i costi, consiste nella demonizzazione dell’avversario, ossia Hamas, coinvolgendo in questo tutta la popolazione della Palestina, e diffondendo notizie sempre più macabre e terribili, ma non verificate, come la decapitazione di inermi lattanti. Già in passato erano state diffuse simili informazioni quando furono a suo tempo additati a pubblico ludibrio i soldati iracheni, che in Kuwait avrebbero strappato dalle incubatrici alcuni neonati per farli morire sul pavimento durante la prima guerra del Golfo. La fonte della notizia non era una povera profuga ma addirittura la figlia dell’ambasciatore del Kuwait a Washington.
La demonizzazione di Hamas può esser fatta senza problemi perché non si ricorda – come ha fatto in questi giorni Seymour Hersch – che è stato proprio Israele a finanziare questa organizzazione terroristica (non meno terroristica dello stesso Israele) con lo scopo di creare divisioni all’interno della comunità palestinese, favorendo la contrapposizione con Al Fatah, altra fazione sconfitta alle elezioni del 2006, con l’obiettivo di ostacolare in tutti modi la formazione di uno Stato degli abitanti originari della regione, nonostante i numerosi accordi in questo senso.
martedì 14 novembre 2023
E’ morto il compagno Gianfranco Pala, un marxista rigoroso. - Francesco Schettino
Da: https://contropiano.org - Francesco Schettino (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli) è un economista italiano.
Ascolta anche: https://gemininetwork.it/yesterdays-papers-in-memoriam-gianfranco-pala-roma-1940
E’ deceduto dopo una lunga malattia il compagno Gianfranco Pala. 83 anni, economista e studioso marxista tra i più rigorosi. Per anni ha curato la pubblicazione della rivista “La Contraddizione” (https://rivistacontraddizione.wordpress.com) che è stata un punto di riferimento, analisi e documentazione marxista.
Negli anni Novanta ci siamo confrontati spesso in forum pubblici con Gianfranco Pala facendo tesoro di alcune sue tesi come la lettura della crisi capitalistica dei primi anni ‘70 come crisi tuttora irrisolta. Ed anche dei suoi lavori sul rapporto tra Stato ed economia. Non sempre siamo giunti alle medesime conclusioni, ma è stato sempre un confronto di merito e di valore, utilissimo per rielaborare un punto di vista comunista che cercasse di stare all’altezza, appunto, della “contraddizione”.
Sulla vita e il contributo di Gianfranco Pala pubblichiamo un ricordo curato da Francesco Schettino che lo ha affiancato per anni e ha collaborato all’esperienza della rivista “La Contraddizione”.
Alla sua compagna di sempre, Carla Filosa, e alla figlia giunga l’abbraccio della nostra redazione. ( Redazione Contropiano)
In memoriam – Gianfranco Pala (Roma, 1940)
di Francesco Schettino
Pala ha speso la propria vita innanzitutto nell’affermazione della correttezza della teoria del valore (e del plusvalore) così come scoperta da Marx, «che è divenuta legge peculiare dello sviluppo del moderno modo di produzione capitalistico e della società borghese da esso generata » (Engels 1883) e che «ha subitamente gettato un fascio di luce nell’oscurità in cui brancolavano prima, in tutte le loro ricerche, tanto gli economisti classici che i critici socialisti» (Engels, ibidem).
sabato 4 novembre 2023
Come siamo arrivati alla situazione attuale - Emiliano Gentili e Federico Giusti
Federico Giusti è delegato CUB nel settore pubblico, collabora coi periodici Cumpanis, La Città futura, Lotta Continua ed è attivo sui temi del diritto del lavoro, dell'anticapitalismo, dell'antimilitarismo. - Emiliano Gentili, docente alla scuola secondaria, è un attivista e uno studioso di problematiche economiche e sociali.
mercoledì 25 ottobre 2023
EMERGENZA ADOLESCENTI IN ITALIA - Massimo Ammaniti e Stefano Vicari
mercoledì 18 ottobre 2023
Guerra capitalista e condizioni economiche per la pace - Emiliano Brancaccio
domenica 15 ottobre 2023
La guerra in Ucraina, e non solo... - Alessandra Ciattini intervista Fabrizio Casari
giovedì 12 ottobre 2023
La nascita dello Stato d'ISRAELE
Da: Alessandro Barbero (Il Regno di Israele non è mai esistito, mag 2021) - Nova Lectio (La nascita dello Stato d'ISRAELE: una storia mai risolta, mag 2021)
STORIA
SI CHIAMAVA PALESTINA, DI Cecilia Dalla Negra (Aut Aut edizioni): la storia dei palestinesi dalla Nakba a oggi, con il racconto di testimonianze dirette raccolte dall' autrice, giornalista esperta del territorio e della sua Storia. Un ottimo inizio sul tema, forse il migliore.
STORIA DELLA PALESTINA MODERNA. UNA TERRA, DUE POPOLI di Ilan Pappé (Einaudi): come dice lui "il racconto che prova ad affiancare le narrazioni degli sfruttatori e degli sfruttati, degli invasori e degli invasi", ricco di documenti in ebraico, arabo e lingue europee. Il più denso, completo, finora inarrivato.
LA PULIZIA ETNICA DELLA PALESTINA, di Ilan Pappé (Fazi Editore): il racconto del piano Daleth, il programma con cui nel 1948 la leadership del futuro stato d'Israele iniziò la Nakba, la cacciata di circa 250.000 palestinesi dalle loro case. Atroce.
LA PALESTINA NEI TESTI SCOLASTICI DI ISRAELE. IDEOLOGIA E PROPAGANDA NELL' ISTRUZIONE, di Nurit Peled-Elhanan (Edizioni Gruppo Abele): testo pazzesco che analizza in maniera molto approfondita la diffusione dell' ideologia sionista nelle scuole israeliane, come viene narrata la Palestina storica a coloro che a diciotto anni si arruoleranno obbligatoriamente nell' esercito. Illuminante.
L'INDUSTRIA DELL' OLOCAUSTO. LO SFRUTTAMENTO DELLA SOFFERENZA DEGLI EBREI, di Norman G. Finkelstein (BUR): libro per pochissime persone, almeno solo quelle che hanno capito la distinzione tra ebreo e sionista. L'autore, figlio di sopravvissuti ad Auschwitz, compie un' analisi rigorosa e talvolta eccessivamente tecnica di come sia stata strumentalizzata la tragedia dell' Olocausto per fini politici, attraverso troppi documenti e tanti esempi. Libro molto amaro che mi suggerì di leggere Alessandra Capone.
HAMAS, di Paola Caridi(Feltrinelli): l' autrice è una giornalista e storica che vive in Medio Oriente. Il libro racconta la nascita di Hamas e il suo evolversi fino alla vittoria delle elezioni gazawe nel 2006 e al conseguente governo, la sua presa sul popolo e le sue rivendicazioni. Giustificare probabilmente non si può, capire si deve.
CRITICA
LA QUESTIONE PALESTINESE di Edward W. Said (Il Saggiatore): il fatto che uno dei più grandi intellettuali del '900 non sia studiato nelle scuole europee la dice lunghe sulle nostre limitazioni culturali. Said è stato un uomo di lettere, un musicista, un professore della Columbia University, ma soprattutto è stato un palestinese. Questo libro, più di altri, aiuta a narrare la storia del suo popolo e la sua peculiare identità scardinando tutte le gabbie interpretative con cui le guarda l' Occidente. La prefazione gliel'ha scritta Robert Fisk. Di lui andrebbe letta tutta l'opera. Insostituibile.
DIETRO I FRONTI. CRONACHE DI UNA PSICHIATRA PSICOTERAPEUTA PALESTINESE SOTTO OCCUPAZIONE di Samah Jabr (Sensibili alle foglie): l'autrice raccoglie i suoi scritti dal 2003 al 2017 , un lavoro clinico che racconta a più voci il trauma transgenerazionale della vita sotto occupazione e che non può trascendere dal contesto socio-politico su cui si innesta. Devastante.
DIECI MITI SU ISRAELE, di Ilan Pappè- aridaje (Tamu Edizioni): dieci clamorose fandonie (e non ho detto cazzate) su cui Israele ha fondato e mantiene salda l'oppressione della Palestina, smontate una per volta. Forse è il caso di dire che l'autore che tanto cito è israeliano.
GAZA E L' INDUSTRIA ISRAELIANA DELLA VIOLENZA, di E Bartolomei, D. Carminati, A. Tradardi (DeriveApprodi Editore): libro un po' vecchio rispetto al ritmo delle guerre a Gaza- è del 2015, ma molto importante per capire il modello concentrazionario che delinea la più grande prigione all' aperto del mondo, le diverse sfumature di violenza attuate e il complesso militare e industriale che gli sta alle spalle.
RAPPORTO ONU: PRATICHE ISRAELIANE NEI CONFRONTI DEL POPOLO PALESTINESE E QUESTIONE DELL'APARTHEID pubblicato da Progetto Palestina: un rapporto, appunto, che vuole dimostrare attraverso il diritto internazionale e l'analisi dei quattro gruppi in cui sono stati frammentati i palestinesi che Israele è colpevole di crimine di apartheid.
VOCI DA
RESTIAMO UMANI, di Vittorio Arrigoni (Manifestolibri): la testimonianza diretta di un ragazzo italiano a Gaza durante i giorni dell' operazione militare Piombo Fuso. Non era un ragazzo qualunque. Il libro è molto prezioso, può essere considerato un classico ormai.
WALKING THE LINE. PALESTINA E ISRAELE LUNGO IL CONFINE CHE NON C'E', testi di Cecilia Dalla Negra e Chicco Elia, foto di Gianluca Cecere (Milieu Edizioni): un incontro che è diventato un viaggio e poi un progetto, lungo una frontiera concettuale e una frontiera eccessivamente fisica, dentro i territori della West Bank. Senza orrore, pieno di dolore, ma anche di resistenza e vita.
PALESTINA E PALESTINESI, di Alternative Tourism Group - ATG - Sverige: pubblicato a Beith Sahour e in vendita presso il Bethlem Peace Center a Betlemme, è una guida turistica dei territori che racconta ogni luogo unendo passato e presente, tra la cruda verità dell' occupazione e la bellezza dei luoghi. Meglio di qualsiasi Lonely Planet, non passerebbe i controlli all' aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Si trova in alcune biblioteche (tipo a Torino c'è) e forse circola ancora la copia che mi rubarono da Necci a Roma tanti anni fa.
THE PASSENGER- PALESTINA, pubblicato da Iperborea Casa Editrice: l'ultimo arrivato della collana, uscito un paio di settimane fa, in lettura. Segue la linea di tutti gli altri volumi pubblicati, mixando reportage letterari, inchieste, fotografie e saggi. Non sta deludendo le aspettative.
LETTERATURA- e ne metto pochi
UNA TRILOGIA PALESTINESE, di Mahmud Darwish (Feltrinelli): Josè Saramago disse che Darwish è "il poeta più grande del mondo". Aveva ragione. Solo che noi europei non lo conosciamo, nonostante questo, nonostante i premi internazionali. In questo volume tre gioielli che attraversano la tristezza dell' esilio, l' invasione israeliana di Beirut nel 1982, la poesia e la lingua araba. "Le tristezze dei vincitori sono inganno e ipocrisia, segnale non di progresso quanto piuttosto d' inferiorità. Hanno partorito le tristezze della Storia e te le hanno rovesciate addosso. Mentre a te viene chiesto di non essere triste". Darwish è la Palestina, è lacrime e viscere, poesia e cuore.
LA TERRA DEGLI ARANCI TRISTI E ALTRI RACCONTI di Ghassan Kanafani ( associazione culturale Amicizia Sardegna- Palestina): sono racconti brevi e completi, crudi e molto dolorosi, che toccano i vari aspetti della diaspora palestinese. Kanafani è stato uno dei più grandi scrittori di questo popolo, ucciso nel suo ufficio, insieme alla sua nipotina, da una bomba del Mossad.
OGNI MATTINA A JENIN, di Susan Abulhawa (Feltrinelli): forse il romanzo più letto sul tema, è la storia di una famiglia palestinese che si intreccia con la Storia della Palestina in circa sessant' anni. Una sorta di casa degli spiriti senza poteri soprannaturali, attraverso guerre, esilio, attesa eterna di una svolta.
SHARON E MIA SUOCERA di Suad Amiry (Feltrinelli): lei è la vera autrice palestinese pop. La protagonista Umm Salim dà voce a un romanzo che è un diario di guerra e vita quotidiana tragicomico e pieno di humor, tale da far incazzare e riflettere tantissimo chi lo legge.
FUMETTI E GRAPHIC NOVEL
FILASTIN. L'ARTE DI RESISTENZA DEL VIGNETTISTA PALESTINESE NAJI AL- ALI (Eris Edizioni): è il vignettista che ha creato Handala, il bambino palestinese che ha voltato le spalle al mondo perché il mondo le ha voltate a lui. Svelerà il suo volto quando la Palestina sarà libera. Naji Al - Ali è stato assassinato nel 1987 a Londra.
GAZA 1956 e soprattutto PALESTINA di Joe Sacco (Mondadori): reportage perfetti e, sopratutto il secondo, capolavoro del genere. Indispensabili.
ALBO ILLUSTRATO
SALAM E I BAMBINI CHE VOLEVANO GIOCARE, di Gianluca Straderini (Red Star Press - Hellnation Libri): libro utopico e dolcissimo sul rapporto tra il muro dell' apartheid e i bambini.
martedì 10 ottobre 2023
L’incubo americano - Alessandra Ciattini
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Ormai nessuno può negare che la masse popolari statunitensi vivano in condizioni da Terzo mondo, tuttavia, nello stesso tempo dobbiamo notare che molti lavoratori di quel paese ricominciano a lottare per migliorare le loro condizioni di vita.
Non si può negare che, nonostante i suoi indefessi difensori, il capitalismo in generale e quello statunitense in particolare abbiano perso legittimità, dal momento che ormai nessuno, tra le gente comune, si aspetta di veder migliorare le propria condizione di vita. Invitiamo chi nutrisse ancora qualche pervicace illusione a cercare un qualche video sulla povertà negli USA, per esempio girato tra i circa 70.000 senza tetto che vivono nella multietnica città di Los Angeles, o tra coloro che sono costretti anche con i figli a vivere in macchina, magari esponendosi al pericolo di essere assaliti.
Le statistiche ci dicono che il 65% degli statunitensi non ha risparmi e, pertanto, se si ammala, se gli muore un familiare, se come di questi tempi l’inflazione sale, rischia di finire in mezzo alla strada, mangiando cibo-spazzatura, che lo fa diventare obeso e quindi ancora più esposto alle malattie.
Si tenga presente che il salario orario minimo dal 2009 è di 7 dollari e 25 centesimi, ragione per la quale per sopravvivere e per pagare un affitto (cresciuto del 30%) 29 milioni di statunitensi sono costretti a svolgere due o tre lavori, incominciando la mattina alle 6 per terminare alle 11 della notte. Si tratta di lavoratori che non possono curarsi, riposarsi, mangiare in maniera adeguata, occuparsi dei loro figli continuativamente e che per queste condizioni di vita disumane soffrono di disturbi mentali, di difficoltà di concentrazione, mancano di lucidità, finendo spesso col far uso di droghe. Alcuni commentatori hanno osservato che assai spesso i centri delle città e i quartieri poveri negli USA sono popolati da veri e propri zombi, ossia da persone che vagano sperdute con la mente offuscata. Un piccolo appartamento nelle grandi città arriva a costare 3.000 dollari al mese, se non si paga regolarmente si viene sfrattati senza pietà e diventa difficilissimo trovare un’altra casa.
Nell’ultimo anno i prezzi dei servizi e dei prodotti basici sono aumentati del 7,1%, il cibo del 15%, la benzina del 65,7%, il trasporto del 14%; oggi una famiglia statunitense per vivere deve sborsare circa 500 dollari in più al mese. Dal 1979 in poi, con l’avvento del neoliberalismo, gli aumenti salariali sono andati estinguendosi, la crescita annuale media è scesa allo 0,7%. A ciò aggiungiamo le forti differenze di reddito tra le famiglie bianche, quelle di origine africana, latina o asiatica, le quali ovviamente sono state più colpite dalla grave crisi che ormai si trascina da molti anni.
Benché i neri costituiscano soltanto il 13,6% della popolazione statunitense, essi sono il 37% di coloro che vivono per la strada; gli ispanici nella stessa condizione sono aumentati tra il 2020 e il 2022 del 16%.
domenica 8 ottobre 2023
Heidegger e la bomba atomica: ovvero la scienza deve pensare - Gianni Vattimo, Massimo Zucchetti

In realtà, Heidegger – nella trattazione che questa frase contiene – non ha affatto intenzioni denigratorie nei confronti della scienza. Se mai, si tratta – come vedremo – di una delimitazione: una definizione dell’ambito entro il quale, secondo il filosofo, ama muoversi la scienza, descrivendo quei confini naturali che è poi la scienza stessa a darsi.
Heidegger, anzi, riflette se questi comodi confini siano giustificati, e sulle ragioni per le quali la scienza, invece, dovrebbe pensare, o perlomeno essere aiutata a farlo.
Sotteso a questa affermazione vi è in realtà il dibattuto concetto di neutralità della scienza. Scienza che secondo alcuni – come ad esempio lo scienziato atomico Werner Heisenberg [D. C. CASSIDY, Un’estrema solitudine. La vita e l’opera di Werner Heisenberg, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, p. 126] dovrebbe occuparsi della ricerca, dell’avanzare della conoscenza tecnica del genere umano, del “progresso”, applicando il metodo scientifico, che tanti successi e miglioramenti materiali ha apparentemente portato all’umanità negli ultimi secoli.
L’indubbio successo del metodo scientifico, e dello “spingere avanti la frontiera della conoscenza”, fraintesa essere quella esclusivamente materiale, ha portato al nascere di una sorta di franchigia, quasi un territorio franco: la ricerca, la scienza, si occupano di acquisire nuove conoscenze, che risulteranno comunque – assommate – in un progresso, contribuiranno in qualche modo al “Progresso”, quello con la P maiuscola: dovrebbero quindi essere libere da legacci ideologici ed impacci morali?
Spingendo all’estremo questo ragionamento scientista, così comune nella concezione di molti scienziati applicati, ogni scoperta, ogni nuova frontiera della “conoscenza” aperta, valgono di per sé.
giovedì 5 ottobre 2023
Considerazioni epocali - Paolo Massucci
Il timore per il futuro premia in Europa i partiti conservatori, allorché si si teme che i partiti progressisti faranno pagare ai lavoratori i costi della riconversione energetica: in ogni caso la soluzione dei problemi ambientali dentro il capitalismo, lo stesso che li produce, rimane poco credibile.
Oggi il panorama dei partiti politici europei si divide tra un polo di centro-sinistra progressista e un polo conservatore di centro-destra. Dal punto di vista della filosofia politica, il primo si può definire neoliberista e semilibertario. Nello specifico, libertario sulle questioni morali, sessuali, religiose, ma autoritario e invasivo, sin nei dettagli, sulla vita economica e sugli scambi in denaro e merce dei cittadini, in un modello di “uguaglianza” estremamente burocratizzata dei diritti civili formali e dimenticanza dei diritti sociali: pari diritti alla nascita, pari diritti “astratti”. La libertà in campo etico favorisce le trasformazioni culturali, aprendo al mercato – quindi all’espansione capitalistica – nuovi bisogni e nuovi spazi.
D’altra parte i partiti dell’area di centro-sinistra hanno abbracciato il tema del “cambiamento climatico”, con particolare riguardo alla questione della produzione di anidride carbonica, responsabile dell’effetto serra (fattore fondamentale, ma tuttavia non unico del reale e gravissimo dissesto dell’ecosistema terrestre in corso), conducendo una complessa, difficile e obiettivamente ambiziosa impresa a medio termine di transizione in ambito tecnologico-digitale, che dovrebbe in teoria salvare il pianeta, spostando sì gli equilibri tra diversi capitali, ma senza intaccare il capitalismo in quanto tale, né la crescente drammatica polarizzazione della ricchezza nella popolazione europea e mondiale.
mercoledì 27 settembre 2023
STORIA EUROPEA - Luciano Canfora, Franco Cardini
domenica 24 settembre 2023
Prospettiva: Ridurre i rischi della guerra nucleare: il ruolo degli operatori sanitari. -
Da: https://www.nejm.org art. originale https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp2308547?query=TOC&cid=NEJM%20eToc,%20September%2021,%202023%20DM2285141_NEJM_Non_Subscriber&bid=1808161300 - Di: (Kamran Abbasi, MD, Parveen Ali, Ph.D., M.Sc.N., Virginia Barbour, MB, B.Chir, D.Phil., Kirsten Bibbins-Domingo, Ph.D., MD, Marcel GM Olde Rikkert, MD, Ph.D., Andy Haines, F.Med.Sci., Ira Helfan, medico, Richard Horton, MB, Cap.B., Bob Mash, Ph.D., MB, Ch.B., Arun Mitra, MB, BS, Carlos Monteiro, MD, Ph.D., Elena N. Naumova, Ph.D., et al.)*.
sabato 23 settembre 2023
Migrazioni. Non c’è “una” soluzione - Sergio Cararo
Leggi anche: La migrazione come rivolta contro il capitale*- Prabhat Patnaik**
"CRISI DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ" - Sergio Cararo intervista Francesco Schettino -
La complessità del fenomeno migratorio e le sue determinanti*- Alessandra Ciattini
Gli arrivi di migranti in Italia, che fanno parlare arbitrariamente la destra e gli idioti di “invasione”, sono un sicuramente un dato rilevante sul piano nazionale, ma che diventa relativo sul piano globale.
I migranti e rifugiati arrivati in Italia nel 2023 sono circa 130.000, partiti soprattutto dalle coste della Libia e della Tunisia. In gran parte si tratta di migranti africani e mediorientali, una cifra più o meno pari allo 0,23% della popolazione italiana.
Per avere un termine di paragone, va segnalato che i rifugiati interni alla sola Africa sono circa 36 milioni, in pratica il 44% dei rifugiati a livello mondiale.
Milioni di persone che sono state costrette a spostarsi per le guerre, la siccità, le violenze tribali. I paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia Iran, Colombia, Germania e Pakistan.
Le Nazioni Unite calcolano che dal 2014 a oggi più di 2,6 milioni di persone hanno attraversato il Mediterraneo in fuga da guerre, violenze e povertà e dirette in Europa. Più di 29.100 sono morti in mare.
venerdì 22 settembre 2023
Irrilevanza delle Nazioni unite, cambiare o morire. - Alberto Negri
Da: https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)
Lrggi anche: L’Onu oggi serve a qualcosa? - Alessandra Ciattini
Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini
Cosa sta succedendo dentro l’ONU?