Il concetto di merce è la chiave della teoria marxiana del
“capitale”. La sua complessa definizione implica una serie di nozioni di
carattere filosofico ed economico che trovano poi pieno sviluppo nello
svolgimento della teoria nella sua interezza. Essa è, infatti, detta “forma
economica cellulare”.
La merce è unità immediata di valore d’uso e valore. Essa è, dunque, da una
parte un oggetto utile, caratteristica che non la distingue dal più generico
“prodotto”, in quanto l’utilità è presupposto comune a qualunque forma del
risultato del processo lavorativo – il prodotto – in qualsiasi forma di
organizzazione della riproduzione umana. Questo è il suo “contenuto materiale”,
condizione necessaria ma non sufficiente alla definizione di merce.L’indistinzione di prodotto e merce, ovvero di produzione in genere e forme storicamente determinate di essa, è uno dei limiti fondamentali dei pensatori che precedono Marx, nonché uno degli assiomi più controversi, ma più o meno indiscussi della dominante ideologia/teoria economica ufficiale.
Torniamo alla merce. Oltre che valore d’uso, essa deve
essere anche valore, ovvero avere “forma sociale” storicamente specifica. Se
pare meno controversa la definizione del valore d’uso, da sempre si discute su
quella di valore. Marx la articola in tre passaggi: sostanza, grandezza e forma
di valore. I primi due punti sono affrontati nel § 1 del I capitolo del I libro
del Capitale, il terzo nel § 3.
Una lunga traduzione interpretativa, che
risale, in parte, allo stesso Engels, ha conferito maggiore importanza al § 1,
dove Marx afferma essere il lavoro astrattamente umano la sostanza del valore
ed il tempo di lavoro socialmente necessario alla produzione di una merce la sua
grandezza di valore. Lavoro astrattamente umano implica che non si tratti di un
genere determinato di lavoro concreto a creare il valore, vale a dire che non
sono la sartoria in quanto sartoria, o la tessitura in quanto tessitura a
farlo; sartoria e tessitura pongono il valore in quanto figure particolari di
lavoro astrattamente umano, di lavoro umano in genere. Sulla base di queste
pagine parrebbe poter emergere una definizione puramente tecnica del valore,
che si ridurrebbe a una certa quantità di “lavoro contenuto” nel prodotto, da
misurarsi attraverso il dispendio di forza-lavoro ovvero il tempo di lavoro.
Questo tipo di lettura era in qualche modo suggerito dal modo in cui Marx
imposta la questione della “trasformazione dei valori in prezzi” nel IX capitolo
(ma non nel X) del III volume. È più o meno questo che si intende comunemente
con “teoria del valore-lavoro”.

















