1. Premessa
Che influenza ebbe la rivoluzione europea del 1848 sulla
teoria marxiana? Quale fu il suo contributo specifico? In che misura fu un
evento determinante? La strada maestra per addentrarsi nel cuore di questo
problema sembra essere fornita dal temporaneo abbandono della militanza
politica, compiuto da Marx agli inizi degli anni Cinquanta. Sicuramente il
mutamento del contesto storico, la vittoria della controrivoluzione in tutta
Europa, la repressione, l’esilio londinese furono tutti fattori che ebbero
un’importanza decisiva. Vi fu però anche una motivazione squisitamente teorica,
un radicale mutamento nella prospettiva strategica marxiana1.
«Nel caso di una
battaglia contro un nemico comune non c’è bisogno di nessuna unione speciale.
Appena si deve combattere direttamente tale nemico, gli interessi dei due
partiti coincidono momentaneamente, e, com’è avvenuto sinora così per
l’avvenire, questo collegamento, calcolato soltanto per quel momento, si
ristabilirà spontaneamente»2.
L’imperativo dell’alleanza di tutte le forze democratiche,
centrale nel Manifesto, sembra ormai, dopo la rivoluzione, avere ben poco di
strategico; il vero compito dei comunisti rivoluzionari è piuttosto la lotta
proprio contro queste alleanze ibridatrici che, lasciando evaporare le
differenze di classe, dissolvono l’autonomia del proletariato e ne distruggono
la coscienza e la forza rivoluzionaria.
« Le diverse beghe, a
cui attualmente si abbandonano i rappresentanti delle singole frazioni del
partito continentale dell’ordine e in cui si compromettono a vicenda, ben lungi
dal fornire l’occasione di nuove rivoluzioni, sono al contrario possibili
soltanto perché la base dei rapporti è momentaneamente così sicura e, ciò che
la reazione ignora, così borghese. Contro di essa si spezzeranno tutti i
tentativi reazionari di arrestare l’evoluzione borghese, come tutta
l’indignazione morale e tutti i proclami ispirati dei democratici. Una nuova
rivoluzione non è possibile se non in seguito a una nuova crisi. L’una però è
altrettanto sicura quanto l’altra»3.
Questo principio teorico fu la scoperta fondamentale e il
grande contributo della rivoluzione del 1848 alla teoria marxiana: non solo fu
il presupposto della nuova strategia anti-ideologica, che spinse Marx a
criticare violentemente i progetti cospiratori dei democratici esiliati a
Londra e provocò la scissione dell’ala Willich-Schapper nella ricostituita Lega
dei comunisti, ma fu anche e soprattutto lo strumento di un’autocritica fondamentale.
L’individuazione dell’intrinseco legame tra crisi e rivoluzione impose infatti
una radicale problematizzazione della teoria marxiana, che dovette essa stessa
liberarsi dai presupposti ancora ideologici, dagli ultimi residui di “filosofia
della storia” che, alle soglie della rivoluzione, ancora inibivano la
formulazione di una teoria rivoluzionaria organica e pienamente coerente. Marx
non ha mai né rinnegato le tesi enunciate nel Manifesto né ha mai
tematizzato una differente teoria politica; eppure le vicende del biennio
rivoluzionario europeo, inintelligibili attraverso tale schema interpretativo,
gli imposero necessariamente l’utilizzazione di altre categorie, non
“filosofiche”, che superarono di fatto la semplicità dell’antico modello
teorico lineare4: dopo il Quarantotto, infatti, la rivoluzione proletaria non
poté più fondarsi semplicemente sull’ “astratta necessità” che accomuna ogni
società umana, destinata a perire con l’emergere della contraddizione di forze
produttive e rapporti di produzione, ma si dovette invece legare alla modalità
peculiare con cui questa “legge generale" si realizza nel modo di
produzione capitalistico, a quel movimento ciclico attraverso il quale si
sviluppa la contraddizione di lavoro salariato e capitale.
Così, proprio a partire dai testi giornalistici scritti a
tra il 1848 e il 1853 è possibile rintracciare preziose indicazioni per una
teoria della rivoluzione ben più problematica, intimamente legata all’essenza
del modo di produzione capitalistico, al suo essere “terra di mezzo” tra il
regno della necessità e quello della libertà, tra la preistoria e la storia
dell’umanità5.