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http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-parte-iii-capitale-e-plusvalore.html
http://www.lacittafutura.it/economia/la-teoria-marxiana-del-valore-merce-denaro-lavoro.html
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La difficoltà o l'impossibilità di misurare gli oggetti non
implica che essi non esistano o che non siano regolati da determinate leggi.
Nella meccanica quantistica, per esempio, secondo il principio di
indeterminazione di Heisenberg, è impossibile misurare con precisione, nello
stesso istante, sia la posizione che la velocità di una particella. Però la
teoria di Marx è stata criticata per via della difficoltà di misurare il lavoro
sociale necessario a produrre una merce oppure di stabilire a quanto tempo di
lavoro semplice corrisponde un'ora di un lavoro complesso, maggiormente
specializzato. È agevole rispondere che per Marx è il mercato a stabilire il tempo
lavoro necessario a produrre una merce. Se la misura immanente del valore è il
tempo di lavoro, quella “fenomenica esterna” è il denaro, quale rappresentante
di ricchezza astratta e quindi di un certo tempo di lavoro. È il mercato che
verifica se e in che misura il lavoro prestato è lavoro socialmente necessario.
Così pure, Marx non si è mai sognato di cercare di risolvere il “puzzle” [1]
della riduzione del lavoro complesso a lavoro semplice, limitandosi casomai a
indicare come ciò sia possibile in via teorica. Anche nei suoi esempi numerici,
ha quasi sempre utilizzato il denaro come misura del valore. La sua teoria non
serve a determinare in vitro il valore delle merci, ma a
scoprire le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico e metterne
a nudo le contraddizioni. Essa deve essere valutata sulla base della sua
capacità o meno di raggiungere questo obiettivo e naturalmente sulla base della
sua coerenza interna.
Le critiche più diffuse all'impianto teorico marxiano, si
riferiscono invece a una presunta contraddizione fra il primo e il terzo libro
del Capitale, fra i valori e i prezzi di produzione. I secondi sarebbero
derivati in maniera erronea, o non sarebbero affatto derivabili, dai primi.
Appena due anni dopo la pubblicazione da parte di Engels del
terzo libro del Capitale, un economista austriaco, Eugen von Böhm-Bawerk,
denunciò tale contraddizione [2]. A lui parve che. nell'avanzamento
dell'analisi di Marx, con l'introduzione dei prezzi di produzione, fosse
superata, la teoria esposta nel primo libro. Il povero Eugen non sapeva che la
stesura dei manoscritti pubblicati da Engels come terzo libro era anteriore
alla redazione per la stampa del primo libro, scritto quindi quando Marx
conosceva già gli sviluppi della sua analisi sulla concorrenza, sul saggio di
profitto e sulla trasformazione. Se insistette a parlare di valore,
evidentemente non considerava questa idea superata.